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Autore: Mirae    04/08/2019    2 recensioni
«È vero... è tutto vero», erano state le sue parole prima di andarsene e lasciarlo in quel luogo da solo, ma solo quando si era specchiato e si era visto nel frammento del vetro aveva compreso: era tornato il mostro di sempre.
Non l’aveva trovata nell’attico e quando era giunto in centrale, lei non c’era e lui aveva perso tempo a cercare di recuperare le piume insanguinate che la signorina Lopez aveva raccolto sul luogo della sparatoria, dove lui aveva ucciso Caino e provocato la morte dei suoi complici. E poi... poi aveva perso altro tempo prezioso andando a piagnucolare da Linda, sperando in qualche suo utile consiglio: dopotutto, non era solo la sua terapista, ma era anche amica di Chloe.
Era stata tutta colpa della sua indecisione se lei era fuggita a Roma, dove aveva incontrato quel ciarlatano di padre Kinley. Era stata tutta colpa sua se Charlie era stato rapito da un’orda di demoni disobbedienti e ora Amenadiel e Linda l’avrebbero odiato per l’eternità. Sì, era tutta colpa sua e per questo meritava di sedere su quel trono.
-EPILOGO ALTERNATIVO-
Genere: Sovrannaturale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Invidia (parte 2)

 

«Oh, è un angioletto questo bambino», Chloe si trastullò Charlie.

«Possiamo prenderlo in braccio anche noi?» Chiese Alma Lucinda. Dopo quel primo giorno di scuola, stava diventando ciarliera.

«Certo, è vostro cugino», rispose Linda, utilizzando il plurale.

«È anche cugino mio?» Chiese perciò Trixie.

Amenadiel stava dicendo a Lucifer che mai si sarebbe aspettato di vedere il fratello così rislassato a una cena in famiglia, anziché a un’orgia, ma alla domanda di Trixie, questi lo bloccò con un gesto, aspettando la risposta di Chloe.

Anche Linda guardò l’amica, in attesa.

Dal canto suo, Chloe si guardò attorno, spaesata: «Io non ho parlato».

«Mamma, ho chiesto se Charlie è mio cugino, ma tutti guardano te», le disse con finta noncuranza la figlia.

«Me ne sono accorta, ma non capisco il motivo».

«È semplice, letenati: Trixie può considerarsi cugina di Charlie, uhm?» La invitò a rispondere in modo affermativo con un gesto della mano e alzando le sopracciglie.

«Beh, penso di sì», concesse alla fine.

Fino a quel momento, Lucifer non si era accorto di aver trattenuto il respiro, mentre Trixie si metteva a ballare e saltare per tutta la stanza: «Che bello, mamma e Lucifer si sposano!»

Il whiskey andò adi traverso a Lucifer, mentre Amenadiel scoppiò in una sonora risata.

In tutto quel fracasso, Charlie scoppiò a piangere.

«Oh, Amenadiel, l’hai fatto piangere», Linda gli diede una piccola pacca sul braccio.

«Io?»

«Sei un orco, fratello, rassegnati», infierì Lucifer.

«E tu, un pessimo inventore di termini. Che diavolo è “letenati”?», si impermalì Amenadiel.

«Significa “tenente”in Samoano: come vedi, non l’ho inventato io. E non è affatto terribile: è molto bello». Si risentì Lucifer.

«È orribile», convenne Chloe, metre cullava Charlie, nel tentativo di calmarne il pianto.

«Che ne dici di una bella festa privata, domani, nell’attico?» La provocò lui.

«Scordatelo, le bambine devono svegliarsi presto per andare a scuola. E anche noi abbiamo molto lavoro da fare, in Centrale», gli negò il cambio di favori.

«Continuo a sostenere che letenati è un termine che ti si addice», si incaponì il diavolo, ricevendo man forte da Trixie: «Piace anche a me».

«Due a uno. Il parere di Amenadiel non conta».

«Sembra una parolaccia», sentenziò invece Alma, lasciando di stucco lo zio: «Ma tu non dovresti essere dalla mia parte?» La bambina si strinse nelle spalle, ma questa volta non era spaventata dalla contrarietà dello zio, sapeva che non era arrabbiato, ma si stava solo scherzando. Infatti gli rispose con un sorriso birichino e una linguaccia.

«Due a due. Palla al centro», sentenziò Chloe, vittoriosa.

«Vostro onore, chiedo che la deposizione non venga registrata: il teste mi ha fatto la linguaccia».

 

§ § § § § § § § § §

 

Il mattino dopo, Ella li stava aspettando con il risultato autoptico.

«Ragazzi, spero non abbiate fatto colazione. O, almeno, una molto, molto leggera», li avvisò.

«Ella, abbiamo già visto in che condizioni versa il cadavere. Non ci può essere nulla di più spaventoso», obiettò Chloe, invitando tutti a sedersi.

«Sìììì, ma non conoscevate ancora i particolari», anticipò.

«Signorina Lopez, abbiamo un assassino da prendere, non abbiamo tutto il giorno», le mise fretta Lucifer, ricevendo occhiatacce da Daniel e da Chloe. «Beh, che ho detto? Non è la verità?»

«Sì, hai ragione, ma cavoli, ragazzi, questa è una notizia fenomenale, lasciatemi creare un po’ di suspense. D’accordo, come non detto. L’infarto lascia una piccola cicatrice sul cuore, ma... in questo caso, l’organo era sano. Allo stesso modo, le ischemie e gli ictus lasciano tracce sul cervello. Il problema è che qui il cervello manca. O meglio, manca una porzione di cervello», precisò, porgendo una cartella al tenente.

«Aveva subito una lobotomia?» Chiese Daniel.

«No, nessuna traccia visibile di operazioni: il cervello che manca non è stato asportato chirurgicamente, ma è stato mangiato».

«Santo cielo», Dan trattenne un conato di vomito.

«Cannibalismo? In alcune regioni italiane il cervello bovino è considerato una prelibatezza», ipotizzò Lucifer.

«Solo che qui stiamo parlando di una persona, non di una mucca. E ci troviamo a Los Angeles, non in Italia», lo squadrò male Chloe.

«Era per restringere il campo», si difese lui.

«Come ho appena detto, niente segni di operazioni chirurgiche, quindi escluderei il cannibalismo».

«Il cadavere, però, è rimasto alle intemperie per tre settimane», riflettè ancora Chloe. «Il cervello potrebbe essere stato mangiato dai vermi?»

«Sì, potrebbe, ma sul corpo non ci sono segni di ferite mortali pre-morte. Anche gli altri esami ci danno il quadro di una persona altrimenti sana. Ubriacone, ma sano», spiegò Ella.

«Era un operaio addetto alle macchine da pressa, non un tecnico zoofilo», obiettò Dan. «Quindi, a meno che non vivesse in una zona infestata da vermi – e noi sappiamo bene che non ci sono zone simili a Los Angeles – si tratta di omicidio... Un momento!» Ebbe un’illuminazione. «Tu», si rivolse a Lucifer, «l’altro giorni dicesti che se avessi dovuto uccidere un invidioso, gli avresti asportato il cervello».

«È così che gli invidiosi vengono puniti all’inferno», spiegò.

«Ricordo che nella Divina Commedia si parla di palpebre cucite col fil di ferro», intervenne Ella.

«No, quello è il Purgatorio e gliel’ho suggerito io a messer Alighieri».

«Hai conosciuto Dante?» Si entusiasmò Ella.

«Ma non ti vantavi di non mentire mai?» Chloe colse la contaddizione.

«Infatti non mento mai, letenati, solo non sempre dico la verità», alzò le sopracciglie.

«Wow, wow, wow. Un momento: di che cosa state parlando? Non stareste mica cominciando a credere ai suoi deliri? Avanti, Ella, Chloe».

«Lucifer...», le si rivolse Chloe, in una muta preghiera.

Questi espirò rumorosamente: non era pienamente convinto di mostrarsi a Daniel, ma a quel punto non aveva più scelta: «Va bene, letenati, sono pronto».

«Grazie. Ella, per favore».

La ragazza si diresse verso la porta, che chiuse a chiave e abbassò la tenda oscurante.

«Nessuno ci disturberà, adesso. Lucifer, puoi mostrarti».

Il diavolo la guardò spaventato: che cosa gli sarebbe successo che la paura avesse avuto la meglio su Daniel e questi gli avesse sparato?

«Io sono dalla tua parte, lo sai», gli posò una mano sul braccio.

“Mi rendi anche mortale, però” avrebbe voluto risponderle, ma non voleva che lo lasciasse solo. Aveva bisogno della presenza di Chloe. Ora più che mai.

«Un momento», proruppe Daniel, «lui è davvero il Diavolo?»

«Sì, Daniel, sono davvero il Diavolo, Satana, Belzebù, chiamami come vuoi, ma sono io il Re degli Inferi», la voce di Lucifer sembrava scocciata.

«E che cosa significa questa messinscena?» Indicò Ella che aveva isolato praticamente la stanza.

«Non vogliamo che un estraneo veda la vera essenza del Diavolo», disse Chloe, con calma.

«Il lato oscuro, voleva dire», la corresse Lucifer. «Tranquilla letenati, oramai sono riuscito ad accettare ogni parte di me e sono pronto a mostrarmi ai miei amici. Sei pronto, Daniel?»

Senza aspettare la risposta, trasformò il suo volto.

Dopo pochi secondi tornò alle sue fattezze umane, in attesa di una reazione da parte dell’amico.

Dan lo stava guardando imbambolato. Nessuno nella stanza osava muoversi.

All’ultimo, Lucifer non resse più: «Dan, amico mio, dimmi qualcosa, qualsiasi cosa».

Ci vollero altri due secondi, prima che Dan riuscisse a pronunciare una parola: «Wow».

«Dan, tutto a posto?» Ella prese coraggio e si avvicinò al suo uomo, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Io... credo di avere bisogno di bere qualcosa». Si alzò dalla sedia, poi si ricordò di essere in servizio: «Una tisana, intendevo dire una tisana. Digestiva».

«Sì, lo capisco: è difficile da digerire», convenne Lucifer.

«Da quanto tempo voi due lo sapevate?» Accusò le due donne.

«Io dalla morte di Pierce, e ho reagito molto male», ammise Chloe.

«Io l’ho scoperto poche settimane fa, ma non avevo ancora visto il suo volto demoniaco», confessò Ella.

«E non avete pensato di avvisarmi che i deliri di Lucifer non erano semplici metafore», convenne amareggiato Dan.

«Non spettava a noi parlartene», lo abbracciò Ella.

«Giusto, scusate, ma wow, lavoro con niente popodimeno che col diavolo in persona. È un onore, vero?» chiese Dan.

«Certo: quanti esseri umani buoni vivi destinati al Paradiso possono vantarsi di essere amici col Grande Tentatore?»

«Messa così, sì, suona come un privilegio».

«Bene ragazzi, se le presentazioni sono finite, direi di mettervi subito al lavoro: voglio il colpevole il prima possibile. Lucifer: non ti azzardare mai più a lasciare Dan a fare anche il tuo lavoro», lo minacciò.

Dan scoppiò a ridere: «Assistere al Diavolo che prende ordini da un’umana è davvero una cosa fantastica».

«Ah-ah, davvero spiritoso. Quella non è un’umana qualsiasi. È una Erinni se provi a contraddirla»

«Non dirlo a me, amico, non dirlo a me».

«Allora, perché punire un invidioso asportandogli il cervello?» Gli chiese.

«Daniel, come definiresti una persona che cerca di copiare me?»

«Stupida, senz’altro», buttò lì, senza riflettere.

«Esatto! E sai perché?» Vedendolo che apriva bocca per rispondere, lo bloccò subito: «È una domanda retorica: non serve che tu risponda. È stupido perché per quanto possa sembrare perfetto, anch’io ho i miei problemi – Linda in effetti ne conosce qualcuno . Capisci che cosa voglio dire?»

«Quindi la vittima dell’invidia di Randall, ha deciso di punirlo così come ha ritenuto lui fosse?»

«È quello che sto cercando di dirti».

«Quale comportamento tanto grave da giustificare un omicidio, può procurare l’invidia?»

«Beh, se io ti vedo felice, mentre io non lo sono affatto, farò di tutto per portarti via l’oggetto che ti rende felice».

«Sì, devo ammettere che c’è una logica demoniaca nel tuo ragionameto. Forza. Andiamo a parlare con i suoi colleghi», lo spronò, anticipandolo verso l’uscita.

 

§ § § § § § § § § §

 

«Randall Smith? Sapete quanti dipendenti ho?» Andre Sparks, capo del personale alla Mega Solution era poco più basso di Lucifer, ma di sicuro poteva competere con lui in quanto ad arroganza. «Non posso conoscerli tutti».

«Oh, ma non ci interessano tutti gli operai», lo derise Lucifer, «a noi interessa solo parlare con chi aveva stretti contatti con lui».

«Sono indietro con gli ordinativi: non posso far fermare gli operai a causa di un attacabrighe», si lasciò sfuggire.

«Pensavamo non li conoscesse tutti», lo provocò Daniel.

Messo con le spalle al muro, l’uomo espirò, passandosi una mano tra i capelli: «Sentite, ho avuto delle lamentele al riguardo, ma gli ho fatto avere un richiamo e pensavo che la cosa fosse finita lì».

«Non si è insospettito che fosse sparito dopo aver ricevuto il richiamo?» Lo interrogò ancora Dan.

«Certo che mi sono insospettito: infatti ho denunciato la sua scomparsa», giocherellò con una penna stilografica.

«Sul modulo c’è la firma di una certa Mildred Robinson», obiettò Daniel.

«È la mia segretaria», spiegò.

«La milf che mi stava saltando addosso», specificò invece Lucifer, all’orecchio di Dan. Questi alzò gli occhi al cielo: gli era, infatti, parso strano che l’amico non avesse ancora fatto battute e che non si fosse vantato del proprio fascino.

«Anche perché», stava continuando il responsabile, «pochi giorni prima era venuto a cercarlo un tizio: diceva di essere un suo parente e che lo cercava per una questione di eredità e affidamento».

«Affidamento?» Lucifer si sporse verso la scrivania.

«Beh, non è sceso nei particolari, e a me la vita privata dei miei dipendenti non interessa. Quel tizio, però non me la cantava giusta: insomma, Randall era un attaccabrighe, invidioso di tutti. Come si può pensare di affidare qualcuno a una persona del genere?» Chiese in modo retorico.

«Non si può, infatti», constatò Lucifer con voce roca, tornando ad appoggiarsi allo schienale.

«Può descriverlo?» Domandò, pratico, Daniel.

«Era alto più o meno come lei», indicò Lucifer con un cenno della testa, «e anche lui indossava un completo di alta sartoria. Era biondo e con gli occhi verdi, il naso dritto e le labbra sottili».

«L’ha osservato bene», sorrise Lucifer, alzando le sopracciglie, modulando uno sguardo di complicità.

L’altro scrollò le spalle: «Sono gay, mi piacciono i begli uomini e gli occhi sono fatti per guardare».

«Oh», esclamò, prima di notare l’occhiata ambigua che gli stava lanciando l’uomo. Quando se ne accorse, si ricompose: «Io non sono più sul mercato», si aggiustò la giacca.

«Ehm... sì», si riprese come da una trance, «non sono solito abbordare gli uomini così, soprattutto i poliziotti».

Dan si chinò verso il suo compagno: «Gli hai fatto quella “cosa”?»

«No, certo che no. Ha solo reagito al mio fascino».

Esasperato, Dan si rivolse di nuovo a Sparks: «Va bene, questo è il mio biglietto da visita: nel caso le venisse in mente qualcos’altro inerente al caso», gli porse un cartoncino bianco col suo numero di telefono. «Vorremo, però, parlare lo stesso con quegli operai che lavoravano più a stretto contatto col signor Smith e in particolar modo con coloro che si erano lamentati».

«Posso farvi parlare solo con uno per volta».

«Non chiediamo di meglio».

«Mildred, per favore», si pieò verso l’interfono, «potresti far venire James Franklin?»

«Come il presidente», soffiò Lucifer nell’orecchio di Dan

L’uomo che entrò era più basso di Daniel, in sovrappeso, con pochi capelli e occhi piccoli.

«James, scusa se ti ho disturbato, ma puoi spoiegare ai detectives perché Randall creava problemi in reparto?»

«Era invidioso di chiunque: se qualcuno cambiava macchina, o magari riusciva a ottenere un finanziamento, faceva insinuazioni su un possibile secondo lavoro della moglie. E sì che anche lui avrebbe potuto permettersi qualche sfizio in più con tutti i benefits che l’azienda ci offre. Ma lui preferiva spendere il suo stipendio in alcol».

«Non attaccava direttamente i colleghi? Preferiva scagliarsi contro le loro mogli?»

«Esatto».

«Interessante», Lucifer si aggiustò la giacca.

 

§ § § § § § § § § §

 

«Garrett Carter è il nostro uomo».

«Chi?» Dan si voltò a guardarlo. L’uomo che gli stava camminando accanto fuori dalla Mega Solution non era il solito Lucifer sarcastico: i pugni erano stretti lungo i fianchi e i muscoli del viso guizzavano.

«L’assassino di Eva e di questo tizio».

«Randall Smith», gli fece eco, aprendo le portiere dell’auto.

Almeno da questo lato, Lucifer non si smentiva: non gli interessavano le persone che non avevano una parte nella commedia della sua vita, perché la sua attenzione era tutta rivolta a se stesso. Ed Eva faceva parte di lui.

«Come puoi dirlo?» Si informò.

«Dopo la scoperta della morte di Eva, ho avuto un’interessante conversazione con mio fratello», Lucifer non si voltò verso il compagno, ma continuava a guardare la strada davanti a sé, segno che era veramente turbato.

«E?» Lo invitò Dan.

Lucifer espirò: «Secondo Amenadiel, Eva sarebbe morta perchè avrebbe difeso una sua collega».

«Sì, questo l’avevi già detto, ma nessuna delle sue colleghe ha confermato questa tua teoria», gli ricordò.

«Questo significa che non è stato Rockwell a ucciderla, ma qualcun altro. Magari in un altro posto e poi ha portato il suo cadavere lì. O forse Rockwell ha venduto Alma Lucinda a Carter e questi ha ucciso Eva perché lei ’ha sorpreso».

«Questo è molto plausibile, ma non vedo il nesso col caso Smith».

«Sempre stando alla teoria di Amenadiel, Eva è stata punita come la moglie di Lot: quest’ultima è stata trsformata in sale perché ha provato pietà per i suoi concittidini. Ora, essendo Carter un umano, non ha il potere di trasformare nessuno in alcunchè, per cui si è limitato a immergere il suo corpo nel sale. Ci ha preso gusto e adesso si è trasformato nell’angelo vendicatore e sta punendo secondo una propria interpretazione biblica».

«Continua a non esserci un nes... Oh, cavolo!»Battè un pugno sul volante.

«Quale brillante lampadina si è accesa nel tuo cervello, Dan, amico mio?» Lucifer sembrava tornato sarcastico.

«Sparks ci ha detto che un tizio (che per è Carter) ha cercato Smith per una causa di eredità e affidamento. E fossero tutti coinvolti in un traffico di minori?»

«Alma sarebbe ancora in pericolo», Lucifer contrasse di nuovo la mascella. «Dobbiamo andare a scuola».

 

§ § § § § § § § § §

 

«Lucifer!» Proruppe Chloe, entrando nell’attico.

«Letenati!» Le rispose, col la voce di un’ottava sopra la media. «Sei uscita prima dal lavoro: mi sorprendi, ragazzaccia», bevve un sorso di whiskey.

«Sono staca costretta a uscire prima perché mi ha telefonato la scuola di Trixie e Alma», la sua voce adesso era bassa.

«Fammi capire: la scuola, cioè un edificio, ti ha obbligato a fare l’assenteista?» La derise.

Chloe chiuse gli occhi, piegando le dita come se stesse stingendo una palla da rugby: «Aaaaah!» Urlò.

«Che cos’è successo?» Dan arrivò trafelato dalla cucina.

Chloe lo guardò con la bocca semiaperta per un secondo, poi, voltandosi di nuovo verso Lucifer, sbottò: «Certo. Mimì e Cocò: dovevo immaginarlo»

«Mimì e Cocò? Mi piace!» Esclamò Lucifer, alzando le sopracciglia e stendendo le labbra in un riso. «Tu sei il detective Cocò. O preferisci Mimì?» Si rivolse a Dan, il quale allargò le braccia e fece un mezzo giro su se stesso.

«È una cosa seria, Lucifer, non un gioco. Perché hai fatto uscire Trixie e Alma prima dell’orario?» Gli si parò davanti con le braccia incrociate.

Lucifer strinse le labbra: «Oh, io ho fatto uscire Alma. A Trixie ci ha pensato suo padre», lo indicò con un gesto del braccio che sorreggeva il bicchiere del whiskey, ormai vuoto.

Chloe si girò in quella direzione, aspettando una spiegazione: «Abbiamo scoperto un possibile collegamento tra Carter, Rokwell e la vittima e temiamo possano essere tutti coinvolti in un traffico di minori», le spiegò Dan.

Chloe scosse la testa, contrariata: «Chi è Carter?»

«Oh, giusto», intervenne Lucifer, «non abbiamo avuto tempo di aggiornati. Alla Mega Solution, abbiamo parlato con un collega di Randall Smith, tale James Franklin, secondo il quale Smith era invidioso di chi otteneva più di lui, ma se la prendeva con le mogli. Inoltre, il capo del personale ci ha detto che qualche giorno prima era stato raggiunto da un tale Garrett Carter (beh, in realtà non ha fatto il suo nome: l’ho dedotto io dalla descrizione che ne ha fatto), per una causa di eredità e affidamento. E, colpo di scena, signori e signore, la descrizione di Garrett corrisponde all’uomo che ha contattato Amenadiel, quando non riusciva a trovare me. Ciliegina sulla tora: gli assistenti sociali di Flagstaff non conoscono nessun Garrett Carter». Allargò le braccia davanti a sè.

«Fatemi capire: voi due avete preso una decisione arbitraria sulla base di qualche supposizione?» Li guardò confusa. «Passi per Lucifer, che, beh, è sempre stato superficiale, ma tu Dan...»

«Io non sono superficiale», si offese.

«Non sempre, ma molte volte ti comporti come lo fossi. Come questa volta», lo sgridò.

«Beh, preferisco essere superficiale, anziché usare mia nipote come un’esca», tornò a sedersi sulla poltrona di pelle.

«A scuola non correvano alcun pericolo, Lucifer, ne abbiamo già parlato».

«Non puoi saperlo, letenati. Non possiamo saperlo», si disperò Lucifer.

Chloe sospirò, sedendosi accanto a lui e coprendo la sua mano con la propria.




   
 
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