Love in
Siberia (prima parte)
Lookin'
out for love in Siberia
Gotta look out for love anywhere you are
Ain't nobody gonna take your love away...
Lookin' out for love in Siberia
Checking out to see what our chances are
Ain't nobody gonna take our love away...
(“Love in Siberia” – Laban)
Tony Stark
non era più lo stesso in quei giorni, parlava a monosillabi e si faceva vedere
il meno possibile all’Avengers Tower. Trovava sempre qualche scusa, un impegno,
una riunione, per rinchiudersi nei suoi uffici alla Stark Foundation e non
vedere altri che Happy e qualche collega.
Tutto era
iniziato tre giorni prima, durante uno degli incontri degli Avengers per fare
il punto sulla situazione: Strange, Visione e Wanda stavano collaborando con
gli scienziati dello S.H.I.E.L.D. per trovare le persone svanite e sembrava che
fossero riusciti a raggiungere una dimensione tra le dimensioni, una sorta di distorsione
spazio-temporale in cui, con molta probabilità, erano imprigionati tutti coloro
che si erano dissolti dopo lo schiocco di
dita di Thanos.
Una buona
notizia, insomma, eppure qualcosa era andato storto. Bucky aveva detto qualcosa
a proposito del fatto che non c’era niente di sicuro e che, comunque, non
sarebbe stato facile riuscire a tirare fuori quelle persone da una simile
situazione.
Tony si era
infuriato.
“Sei un disfattista! Stiamo
collaborando con lo S.H.I.E.L.D. proprio perché loro possiedono tecnologie e
risorse illimitate e tu vieni a dirci che è tutto inutile” lo aveva attaccato
con veemenza. “O forse non t’importa niente, non sono amici tuoi, non sono i
tuoi cari e quindi che restino pure dove sono, non è così? Alla fine non sei
tanto diverso da quella macchina di morte che eri!”
Bucky era diventato livido a quelle
parole e si era trattenuto a stento dal colpire l’uomo.
“Hai perso la ragione, Tony? E’ così
che intendi comportarti? Bel modo di restare uniti contro il nemico” aveva
reagito Steve in difesa del compagno, evitando così che si facesse giustizia da
solo e con i fatti.
“Beh, adesso non siamo in battaglia,
no? Perciò io non sono costretto a restare solidale con quell’assassino!” aveva
reagito Stark, senza mezzi termini. Poi, voltando le spalle a tutti, era uscito
dalla sala riunioni…
Da quel
giorno, Tony non aveva più preso parte alle riunioni degli Avengers e aveva
cercato di evitare il più possibile il quartier generale. Spariva la mattina
presto e non rientrava che a tarda notte, chiudendosi nella sua stanza.
E Peter
soffriva tremendamente per tutto questo, ma Tony era talmente preso dalla
propria rabbia e dal proprio dolore da non riuscire ad accorgersi del male che
stava facendo al ragazzino. Non lo vedeva nemmeno, non era più lui ad
accompagnarlo a scuola la mattina e ad andare a riprenderlo (adesso Peter
veniva accompagnato dal solo Happy), non c’erano più chiacchierate, pizza e
patatine davanti alla TV, niente più cinema, niente di niente.
Peter non
sarebbe riuscito a sopportare quella situazione ancora a lungo, si sentiva
solo, aveva bisogno del signor Stark e si chiedeva se, per caso, l’uomo non
fosse in collera anche con lui. Altrimenti, perché evitarlo in quel modo?
Così, una
sera, il ragazzo decise di affrontarlo e chiarirsi con lui a qualsiasi costo e
lo attese per lunghe e angoscianti ore davanti alla porta della sua stanza,
mentre attorno si faceva sempre più buio, senza mangiare, senza riposarsi,
pensando solo a quello che avrebbe detto il signor Stark.
Quando Tony
tornò era mezzanotte passata. Si diresse verso la sua camera, come sempre, ma
questa volta trovò qualcosa di diverso, una piccola ombra in mezzo alle altre
ombre: Peter, seduto per terra, appoggiato con la schiena alla porta e con le
braccia allacciate attorno alle ginocchia. Si era quasi addormentato, ma
bastarono i passi dell’uomo a ridestarlo.
“E tu cosa
ci fai qui? E’ molto tardi, dovresti essere a letto, domattina hai scuola”
disse Stark, in un tono tra il sorpreso e l’irritato.
Peter si
sfregò gli occhi, svegliandosi del tutto, e si alzò in piedi.
“E’ vero ma,
visto che non riesco a trovare un altro momento per parlare con lei, ho dovuto
per forza aspettarla qui” replicò.
“E di che
cosa vorresti parlarmi a quest’ora? E’ tanto importante?”
“Sì, dato
che non avrò modo di vederla domattina, né durante il giorno, né mai” esclamò
Peter, e adesso nel suo tono si avvertiva un dispiacere a stento contenuto.
“Non mi accompagna più a scuola, non passa più le serate con me, non scambiamo
una parola da giorni… Mi manca, signor Stark!”
Con una
pesantezza insopportabile, la consapevolezza di aver ancora una volta ferito
quel ragazzo tanto sensibile calò sulle spalle di Stark.
Era mai
possibile che non imparasse mai? Aveva evitato l’Avengers Tower per non essere
costretto a incontrare Steve e il suo amico killer e non gli era passato
nemmeno per l’anticamera del cervello il pensiero che, così facendo, avrebbe
trascurato in modo imperdonabile anche Peter, che lo avrebbe fatto soffrire.
Tanto per
cambiare, aveva pensato solo a se stesso.
“Signor
Stark, è arrabbiato con me? Cioè, lo so che il problema è sempre il suo
rapporto con Barnes ma… ma ce l’ha anche con me, pensa che possa essere dalla
sua parte? Lo sa che non è così, io gliel’ho detto fin dalla prima volta in cui
ne abbiamo parlato, le avevo spiegato che il condizionamento mentale è una cosa
terribile e che mi fa paura ma anche che capisco benissimo che cosa prova lei e
che…”
Tony, per
interrompere quel profluvio di parole, non trovò di meglio che stringere forte
a sé il ragazzino.
“Non ce l’ho
affatto con te, il problema è che non ho nemmeno pensato a come tu avresti
potuto vivere queste mie continue assenze” ammise, abbracciandolo forte e
sentendosi meglio già solo con quel corpo delicato e tiepido stretto al suo. “Come
al solito ho pensato solo a me stesso… a quanto non riesca a sopportare la
presenza di Barnes. L’ho tollerato finché combattevamo Thanos, ma adesso siamo
in un periodo di attesa e… e io non riesco nemmeno a guardarlo senza
innervosirmi. Comunque non è colpa tua e non è stato giusto che la facessi
scontare a te. Mi dispiace, Peter.”
Il ragazzo
si aggrappò a lui, già sollevato.
“Va bene,
non fa niente, signor Stark, io voglio solo che lei stia bene e che… non sia
arrabbiato con me” disse.
Sto sempre meglio quando sono con te, pensò Tony senza osare dirlo ad
alta voce, perché non me ne rendo conto
se non quando è sempre troppo tardi e ti ho già fatto del male?
Quell’abbraccio
si trasformò con naturalezza in un bacio, dapprima leggero e poi sempre più
profondo, lungo e intenso. A Stark sembrava che ogni preoccupazione e
nervosismo si dissolvessero nel contatto con Peter, nell’immergersi nel suo
tepore e nel suo sapore, nell’averlo tra le braccia. Peter aveva il potere di
rasserenarlo in qualsiasi situazione e soltanto con la sua presenza. Sempre
tenendolo stretto, lo condusse nella sua camera, sopra il suo letto, allacciato
a lui, coprendolo di baci. Ogni pensiero negativo svaniva mentre Tony abbracciava
e baciava il ragazzo più profondamente e il suo cuore si riempiva di un calore
tutto speciale mentre Peter, affamato di qualunque gesto affettuoso dopo quei
giorni di solitudine, gli si aggrappava e rispondeva in maniera goffa ma
tenerissima a ogni suo bacio.
Quella
notte non lo avrebbe lasciato solo, pensava Tony, perdendosi nella dolcezza del
contatto sempre più intimo con Peter, un contatto che riempiva entrambi di
tenerezza, calore, felicità infinite: un universo che nasceva e si ricreava ad
ogni loro abbraccio, facendo fondere insieme le loro anime proprio come i loro
corpi, senza più alcuna separazione.
Alla
fine rimasero abbracciati, stretti, senza parlare, quasi increduli per il miracolo
che si era ripetuto ancora una volta tra loro. Stark si sentiva più sereno e
pacificato e, in quel momento, si domandava come avesse potuto irritarsi tanto
con Barnes e, ancora peggio, cosa avesse fatto a Peter, abbandonandolo per
giorni senza una spiegazione e lasciandolo a tormentarsi con dubbi e interrogativi.
Che razza di persona era? Non riusciva proprio a non fare del male a chi amava?
Se Peter, prima o poi, si fosse stancato di lui e lo avesse mandato all’Inferno
se lo sarebbe meritato... ma non pensava che potesse succedere. Il tenero peso
del ragazzino stretto al suo corpo, forse già addormentato, gli ricordava una
volta di più quanto fosse fortunato e quanto dovesse dedicare ogni millesimo di
secondo della sua esistenza a renderlo felice piuttosto che ferirlo… Immerso in
questi pensieri, Tony cadde in un dolce oblio, un torpore che lo accompagnò
fino al mattino successivo, senza sogni e senza rancori.
Peter,
invece, non era addormentato. Era rimasto stretto al suo signor Stark mentre un’idea si faceva strada nella sua mente,
un’idea assurda, forse addirittura stupida, ma che in quel momento gli pareva
geniale.
Il
signor Stark non lo aveva trascurato volontariamente, era nervoso perché
soffriva. E soffriva per ciò che era accaduto nel dicembre del 1991, quando il
Soldato d’Inverno aveva assassinato i suoi genitori a sangue freddo.
Questo
ricordo non gli dava tregua, lo straziava e metteva anche a rischio l’unione
fra gli Avengers.
Ma
c’era una possibilità di cambiare le cose, esisteva il modo di farlo, se solo
qualcuno fosse stato abbastanza coraggioso, generoso… e anche sconsiderato,
ammettiamolo!
Il
Dottor Strange aveva ancora quel frammento della Gemma del Tempo, no? E se lui
lo avesse convinto a portarlo a quel giorno di dicembre di tanti anni prima…
magari sarebbe riuscito a fermare il Soldato d’Inverno. Non voleva ucciderlo,
no di certo, solo distrarlo, fare in modo che i genitori di Stark si mettessero
in salvo.
Beh,
insomma, voleva cambiare il passato… sapeva che, in genere, queste cose non
finivano mai bene (aveva visto un casino di film sull’argomento…) ma, questa
volta, sarebbe stato diverso, lo sentiva.
Avrebbe
salvato i genitori del signor Stark, così lui non sarebbe stato più infelice e
arrabbiato. E Barnes non avrebbe dovuto convivere con quel rimorso e non ci
sarebbero stati più attriti tra gli Avengers.
Sì,
sarebbe andata così. Il giorno dopo ne avrebbe parlato con il Dottor Strange.
Felice
al pensiero di poter fare una bellissima sorpresa al signor Stark, Peter si
strinse di più all’uomo e si addormentò soddisfatto.
Fine prima parte