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Autore: TheManiae    18/08/2019    1 recensioni
Due nuovi nemici scendono in campo, e stavolta sono molto più potenti e pericolosi di qualsiasi altri affrontati prima d'ora. I nostri eroi dovranno unire le forze e scavare dentro l'essenza dei loro Miraculous, o il mondo pagherà il prezzo più alto:
La Fine.
Genere: Azione, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7: Il Rituale





«Fatemi capire bene» disse Queen Bee, massaggiandosi le tempie con la mano. «Voi state dicendo che per battere questi nuovi avversari dovremo superare un rituale e che se falliamo perderemo per sempre la possibilità di essere supereroi?»
Fu Chat Noir a rispondere. «Si.»
«Ma non è giusto!» la giovane figlia del sindaco sbatté il piede a terra, infuriata, tenendo i pugni chiusi sui fianchi. «Sono un supereroe da nemmeno tre mesi e devo rischiare di perdere tutto? Non è giusto! Non è giusto!»
Ladybug alzò gli occhi al cielo, o meglio, al soffitto arrugginito del capannone abbandonato dove si trovavano. Per quella speciale riunione aveva deciso un luogo nascosto, fuori città, in modo che nessuno potesse disturbarli, o peggio, rubare loro i Miraculous durante il Rituale. 
«Sono d'accordo con lei» esclamò Rena Rouge, lasciando i presenti stupiti, soprattutto Ladybug, che mai si sarebbe aspettata che Alya appoggiasse Chloé.
«Sia chiaro» aggiunse la rossa. «Non condivido i suoi motivi egoistici.»
«Egoistici?» Queen Bee le rivolse un'occhiataccia. L'altra la ignorò e continuò a parlare. 
«Però da una parte ha ragione. Non staremmo esagerando? E' vero che quei due mostri sono forti, ma forse insieme potremmo sconfiggerli senza dover rischiare la vita, non credete? In fondo abbiamo sconfitto più volte Papillon e Mayura.»
Chat Noir scosse la testa con aria afflitta. «Voi non li avete affrontati e non li conoscete. Non ci hanno semplicemente sconfitto, ci hanno umiliati e presi in giro fin dall'inizio, hanno giocato con noi come un gatto col topo.» Si accarezzò l'anello col dito, come per timore che potesse sparire di colpo. «Se non fosse stato per la voglia di lottare di quell'emo, avrebbero preso i nostri Miraculous e ci avrebbero uccisi, e chissà cosa sarebbe successo alla nostra città.»
«E se non superiamo il Rituale?» chiese Carapace, nemmeno lui troppo sicuro dell'idea. «Se perdiamo i nostri poteri come potremo difendere la città?»
«Lo vuoi capire che se non facciamo nulla non ci sarà più nessuna città da difendere?» esclamò con rabbia Chat Noir, rivolgendogli uno sguardo seccato. Ladybug guardò il compagno di una vita con preoccupazione. Non era nel carattere di Chat essere così serio e rabbioso.
«Ehi broh, calmati!» L'eroe della tartaruga alzò le braccia, mostrando i palmi. «Sono solo preoccupato. Non sappiamo nulla di ciò che affronteremo durante questo Rituale.»
«E secondo te noi due non lo siamo?» rispose Chat, facendo un gesto col braccio per includere anche Ladybug. Prima di chiamare gli altri avevano avuto una lunga chiacchierata a Notre-Dame, sopra una delle torri campanarie. Dopo avergli spiegato la situazione, il Rituale e i rischi che potevano correre, lui aveva risposto con un semplice "Se tu ci stai, io ci sto".
«Essere Chat Noir è stata la cosa migliore che mi sia capitata! Secondo te il pensiero di perdere tutto non mi preoccupa?» continuò l'eroe felino, e a quelle parole i tre eroi novizi abbassarono lo sguardo. Ladybug gli posò una mano sulla spalla, come a confortarlo. Si chiese che vita avesse avuto prima di diventare un supereroe, pensando anche a se stessa. Era davvero felice prima di diventare Ladybug?
Rena fu la prima ad alzare lo sguardo. «Mettiamo pure che superassimo questo Rituale, come sappiamo di non lasciarci la pelle dopo?» Puntò un dito accusatore verso Ladybug e Chat Noir. «Voi avete tenuto i vostri Kwami per quasi un anno e li avete tenuti con voi tutto il tempo. Di certo avrete già creato un profondo legame, ma noi no. Noi in tutto li abbiamo visti appena una dozzina di volte, e ognuna di essere era troppo corta per dire qualcosa in più oltre a un "ciao" e un "trasformami". Corriamo molti più rischi di voi. Non vi interessa se falliamo? Non vi interessano le nostre vite?»
Stavolta fu Ladybug a rispondere con rabbia. Scattò in avanti, afferrando Rena per il costume e fissandola negli occhi, i loro volti separati da dieci centimetri d'aria al massimo. «Certo che ci importa delle vostre vite, razza di imbecille!» Anche se non conosceva la sua identità segreta, il pensiero che Alya potesse davvero credere una cosa simile la rattristava. Trattenne le lacrime, e al suo posto lasciò uscire la rabbia «Non vorrei mai mettervi a rischio con un tare pericolo, ma questa è una situazione disperata, lo vuoi capire?»
Prima che la situazione degenerasse, una mano coperta di pelle nera si chiuse attorno al polso di Ladybug. Voltandosi, lei vide il volto di Chat che la fissava con uno sguardo serio. «My lady, calmati. Non aiuti così.» Nonostante il "my lady", il suo tono non aveva alcuna nota di divertimento.
Ladybug sospirò e lasciò andare l'amica. Le due tuttavia continuarono a fissarsi con astio, restando in silenzio. 
Fu Chat a riprendere la parola. «Ascoltatemi. Siamo una squadra, e non ci sono capi tra noi, perciò non vi obbligheremo a fare nulla. Siete liberi di lasciar perdere questa storia e andarvene.» Indicò la porta del magazzino, mezza arrugginita e mezza rotta. «Però sappiate che le vostre azioni avranno delle conseguenze che potrebbero essere terribili, per voi, per la squadra e per Parigi.»
Rena cercò lo sguardo di Carapace, e Carapace cercò lo sguardo di Rena. Restarono in silenzio, gli sguardi che tradivano l'ansia, la paura per il futuro, il terrore di una morte a dir poco violenta. Sapevano di essere davanti a un baratro nero e oscuro, e avevano paura di tuffarsi, non sapendo cosa avrebbero trovato sul fondo. Chi mai avrebbe avuto il coraggio di tentare un simile azzardo?
«Io ci sto.»
Ladybug spalancò gli occhi.
Chat Noir spalancò gli occhi.
Rena spalancò gli occhi.
Carapace spalancò gli occhi.
I quattro eroi rivolsero lo sguardo verso Queen Bee, le loro espressioni piene di stupore e confusione. Lei rispose con un sorrisetto e una risata maliziosa, aggiustandosi i capelli con un gesto della mano. «Se il mondo finisse, nessuno potrebbe più ammirare la mia grande bellezza.»
Un sorriso si accese sul volto di Ladybug. Forse era la prima volta che era davvero felice nel sentire una delle frasi narcisiste di Chloé.
«Il mondo dev'essere impazzito!» esclamò Carapace con un sorriso, mettendosi a ridere, forse per la felicità, forse per la disperazione, forse per entrambe. «Va bene allora. Facciamo questa follia!» E stavolta fu Chat a sorridere leggermente.
Gli sguardi dei presenti si spostarono su Rena, che manteneva ancora un'espressione insicura. «Non lo so ragazzi... »
Carapace le prese le mani e le chiuse tra le sue, si avvicinò e le sussurrò qualcosa all'orecchio. L'espressione di Rena cambiò, passando dallo stupito al commosso, e con le lacrime agli occhi abbracciò il supereroe della tartaruga, dandogli un bacio sulla guancia. 
«A quanto pare siamo tutti d'accordo» disse Chat, e sul suo volto emerse un ghigno feroce. «Prepariamoci.»







In mezzo al magazzino, sul pavimento di cemento pieno di crepe e muschio, erano stati sistemati cinque sacchi a pelo, ognuno di un diverso colore. Rosso, nero, verde, arancione e giallo. Erano stati disposti a forma di stella, attorno a una candela multicolore, grossa e alta come un braccio. 
«Questa cosa come ci aiuterà di preciso?» chiese Queen Bee.
«Questa candela è stata creata con una speciale cera, i cui ingredienti aiutano nella meditazione.» Ladybug girò la rotella dell'accendino, e sullo stoppino si accese una fiamma dai colori cangianti, verde, azzurra, rossa, dorata, nera e bianca. Un odore di vaniglia e papavero si diffuse immediatamente nell'aria. «Dovrebbe permetterci di entrare in contatto coi nostri Miraculous. Sediamoci.»
«Spero per te che questa cera magica non mi coli sui capelli, altrimenti dovrai affrontare qualcosa più pericoloso di quei due tizi» esclamò Queen Bee, sdraiandosi. Ladybug non riuscì a reprimere un sorriso a quella sorta di minaccia. 
Si sedettero tutti quanti, la testa vicina alla candela. «Ricordate, quello che affronterete sarà una specie di sogno, ma se verrete feriti sentirete dolore. Quindi fate attenzione» li avvertì Ladybug.
Tutti annuirono e chiusero gli occhi, lasciandosi cullare dal crepitio della fiamma, dal vento che filtrava dalle finestre rotte, dallo sbattere di ali nere e dallo zampettio di artigli ricurvi sulle travi arrugginite. 
I minuti passarono lentamente, e pareva che ogni secondo fosse lungo quanto un mese. Queen Bee non era mai stata una persona particolarmente paziente, nécon le persone, né col tempo, ma cercò di sopportare. 
E sopportò. Almeno per cinque minuti buoni. Poi con uno sbuffo seccato, esclamò: «Quanto ci vuole ancora? Non ho tutta la notte Ladybug!»
Non ci fu alcuna risposta.
«Ehi, ti sto parlando!» si alzò a sedere, aprì gli occhi e si voltò. «Ladyb...» si bloccò appena capì di non trovarsi più nel magazzino. 
Il pavimento di cemento polveroso e pieno di crepe era stato sostituito da bianche piastrelle di marmo, tanto lucide che ci si poteva specchiare. Era sdraiata al centro di una piccola piazza rotonda, accanto a una grande fontana dalla quale zampillavano getti di acqua cristallina che brillava come fosse fatta di diamante. Attorno a lei c'erano alti e rigogliosi cespugli coperti di rose dorate. Non dorate nel senso gialle, proprio fatte d'oro puro. In alto, anche il cielo aveva la sfumatura del biondo metallo, con nuvole che parevano fatte di gemme bianche. 
«Dove sono?» chiese al nulla.
«Benvenuta» rispose il nulla alle sue spalle.
Queen Bee scattò in piedi e si voltò, pronta ad affrontare qualsiasi minaccia. 
Davanti a lei c'era una strana ragazza che le sorrideva. La sua pelle era fatta d'oro puro, luccicante nella strana luce di quel luogo. Il viso era delicato e gentile, a forma di cuore, con corti capelli neri  a caschetto divisi da due righe orizzontali gialle. Gli occhi, molto grandi e obliqui, avevano la sclera del colore del cielo, nel quale erano immerse sottili iridi simili a oro ossidato. Sopra di essi, due antenne nere dondolavano leggermente a ogni movimento della testa.
«Chi sei tu?» chiese Queen Bee con sospetto. 
«Mi scuso della confusione, mia regina» rispose la strana ragazza, piegando un ginocchio e facendo un leggero inchino. Indossava un tipico abito da maggiordomo, camicia nera, pantaloni stretti neri, guanti neri e tacchi neri, con una spilla a forma di fiore dorato sul petto. «Normalmente non siete abituata a vedermi così.»
L'eroina bionda si avvicinò e le squadrò il viso, come per osservarla meglio. La rivelazione le si poteva leggere sul viso sorpreso. «Pollen? Sei tu?»
La Kwami umanoide le sorrise e annuì, piegando la testa in avanti. «Esattamente, mia regina. Questa è la nostra vera forma.»
«Nostra?»
All'improvviso, tre figure apparirono da dietro i cespugli. Erano identiche a Pollen, eccetto per il fatto che indossassero abiti da cameriera, non da maggiordomo. Le tre si avvicinarono a lei, raggruppandosi e facendo un profondo inchino, ripetendo in coro: «Benvenuta mia regina».
Queen Bee guardò la Pollen maggiordomo e le Pollen cameriere, spostando lo sguardo più volte dall'una alle altre. «Ma tu... loro...» 
«So che siete confusa, ma se volete seguirmi, vi spiegherò tutto.» Pollen maggiordomo si voltò e non disse altro, incamminandosi verso una delle strade tra i cespugli. Queen Bee la seguì, notando che dalla schiena le spuntavano un paio di ali insettoidi trasparenti. Le tre cameriere le seguirono, in totale silenzio. 
«Vedete, mia regina, ogni Miraculous rappresenta un aspetto dell'universo. Esattamente come le coccinelle rappresentano al creazione e il gatto nero la distruzione, le api rappresentano la regalità, il comando e la legge. Noi rappresentiamo quella parte dell'essere umano che cerca un controllo e una guida superiore.»
«Capisco» rispose Queen Bee. Ladybug le aveva già spiegato vagamente la natura dei Miraculous, ma lei era impegnata con qualcosa di molto più importante. Dopotutto le sue unghie non si smaltavano da sole. Sentire che il suo Miraculous fosse così importante però le piaceva. Peccato che Ladybug non parlasse così, altrimenti i suoi discorsi sarebbero stati più interessanti.
Si trovarono davanti a un cancello dorato, che si aprì da solo per permettere loro il passaggio. Una volta entrate, Queen Bee vide diverse statue di marmo ai lati della strada, ognuna che rappresentava una donna diversa dall'altra, anche se con costumi simili. Alcune erano orientali e portavano lunghi e bellissimi kimono, altre erano europee e indossavano con eleganza abiti vittoriani, con tanto di parrucca e ventaglio. C'erano anche donne azteche, indiane, africane, italiane, eschimesi e del medio oriente. C'era perfino una cowgirl.
«Chi sono?» chiese, anche se nella sua mente se n'era già fatta un'idea.
«Loro, mia regina, sono le antiche portatrici, coloro che in passato hanno posseduto il Miraculous dell'ape e hanno combattuto il male in tutto il mondo. Dalla prima all'ultima, ognuna ha ricevuto una statua in loro onore.»
Queen Bee aveva gli occhi brillanti di gioia. Il pensiero di avere una sua statua e di essere elogiata dalle portatrici future le faceva ballare le farfalle nello stomaco. O forse erano delle Akuma? O Tenshi?
Raggiunsero un secondo cancello dorato, e quando si aprì da solo, Queen Bee rimase a bocca aperta.
Davanti a se si apriva una grande piazza, al centro della quale si trovava una grande fontana di marmo dalla quale zampillava oro liquido. Al centro di essa si ergeva un'alta statua di tre metri, una donna dorata, nobile e bellissima. Indossava un antico abito egiziano con tanto di corona, e nelle mani reggeva un lungo bastone che terminava con un uncino e un Ankh, con un'ape incastonata nel buco superiore. Sciami di api dorate le sciamavano attorno ai piedi, in un vortice di devozione scolpito nel biondo metallo.
Pollen notò l'espressione stupefatta di Queen Bee. «Bellissima, non è vero? Lei è Cleopatra, la prima umana che usò il nostro Miraculous.»
L'eroina per poco non si strozzò con la sua saliva. «C-Cleopatra? Quella Cleopatra?»
La Kwami annuì. «L'ultima regina dell'Antico Egitto, prima Portatrice del Miraculous dell'ape, moglie di Cesare e amante di Marco Antonio, la donna più bella dei tempi antichi.» Pollen sembrò sospirare, un sorriso triste sul volto. «Furono grandi giorni quelli.»
Queen Bee era senza parole. La regina Cleopatra era sempre stata una delle poche persone che davvero ammirasse più di se stessa. Amava la sua storia, il suo regno, il suo rapporto con Cesare e Marco Antonio. Il solo pensiero avessero qualcosa in comune, anche solo il possesso del Miraculous dell'ape, la faceva esplodere dalla gioia.
Era così meravigliata che le ci vollero alcuni secondi prima che vedesse l'immenso palazzo alle spalle della statua. 
Era enorme, coprendo l'orizzonte da destra a sinistra fin dove occhio poteva vedere. Era bellissimo, con mura di marmo bianchissimo e finestre che splendevano come diamanti, circondate da rinforzi d'oro. Un'ampia scalinata coperta da un tappeto nero e giallo conduceva al grande portone di legno.
Queen Bee aveva più volte visitato il famoso Palazzo di Versailles, andando in vacanza con i suoi genitori, quelle rare volte che stavano insieme, e ogni volta pensava che fosse l'edificio più bello mai creato dall'uomo. Ora, davanti a quel magnifico quadro di marmo, diamante e oro, le sembrò che Versailles fosse solo una brutta copia.
Pollen la condusse su per le scale, fino al grande portone di legno. I battenti d'oro erano scolpiti a forma di ape stilizzata. Senza alcun ordine, le porte si aprirono verso l'interno, senza emettere un cigolio. 
L'interno era fatto dello stesso marmo bianco, con le pareti piene di quadri e colonne coperte di piante dalle foglie d'oro, e con la volta a raggiera del soffitto dai sostegni dorati. Camminarono prima in un anticamera e poi in un lungo corridoio, senza incontrare anima viva. Continuarono così per un tempo che pareva infinito, finché non raggiunsero un portone identico al precedente, ma questo era fatto completamente d'oro, col simbolo dell'ape inciso su di esso.
Stavolta, quando le porte si aprirono, furono accolte da un'esplosione di voci gioiose. Decine, no, centinaia di Pollen erano radunate davanti a lei, i loro volti illuminati della gioia più pura. Si trovavano in una grande sala di marmo e oro, con forme esagonali incise sulle pareti, simili a celle di un alveare. Un gigantesco lampadario di oro e cristallo pendeva dal soffitto, le braccia metalliche piene di smeraldi, rubini, zaffiri e diamanti così splendenti che ferivano la vista. 
Pollen condusse l'eroina fino al centro della stanza, passando tra le servitrici che ripetevano con un sorriso "mia signora, mia signora". Là, circondato da un fiume d'oro liquido, sopra un piano rialzato, sorgeva il trono. Era alto e bellissimo, lo schienale costruito a forma di addome d'ape, con due ampie ali fatte di cristallo multicolore, le venature in oro. Dei fiori dorati sbocciavano alla base del trono.
La Kwami la condusse fino al fino al fiume, oltre il ponte e sulla scalinata. Poi, voltandosi, puntò la mano aperta verso il posto vuoto. «Prego, sedetevi.»
Queen Bee spalancò gli occhi, sorpresa e confusa. «C-Cosa?»
«Certo, mia regina» rispose Pollen con cortesia. «Siete la Portatrice, e la Portatrice è sempre stata la nostra regina. Il trono è vostro.»
La giovane ragazza rimase immobile qualche secondo, non sapendo cosa dire, non sapendo cosa fare. Stava davvero succedendo? Lentamente si mosse, salendo uno dopo l'altro i gradini. Si sedette con estrema lentezza, e quando posò le mani sui bracciali un cerchio di luce purissima si accese attorno alla sua testa, brillante come un sole in miniatura.
Pollen le sorrise e si voltò, spalancando le braccia e alzando la voce. «Lunga vita alla regina.»
«Lunga vita alla regina!» risposero le servitrici, urlando e saltando, ronzando e festeggiando.





Un soffio di vento gli accarezzò il volto. Quando riaprì gli occhi, Carapace si trovò sotto un cielo verdognolo, profondo e pieno di nuvole pallide. Alzandosi a sedere, si guardò attorno. Un'immensa distesa di montagne lo circondava, infinite, le punte grigie e spoglie che emergevano da un oceano di nebbia come scogli nel mare. Solo quando si alzò notò con orrore di trovarsi sulla punta di una di esse, fin troppo vicino a un profondo precipizio. 
«Per fortuna non soffro di vertigini» mormorò, cercando di stare al centro del piccolo piazzale roccioso. «Almeno spero.»
Si guardò attorno, in cerca di qualche indizio sulla prova che avrebbe dovuto affrontare. Non trovò nulla, eccetto una lunga scala che scendeva in basso, i gradini sconnessi scavati direttamente nella pietra. 
«Non c'è un altro modo, vero?» chiese al nulla. Il nulla non rispose. 
«Oh beh.» Alzò le mani e si incamminò, facendo attenzione a dove metteva i piedi.




Il silenzio era come assordante. Non una mosca si muoveva, nemmeno un alito di vento. Poi un rumore spezzò quell'incantesimo. Era un suono lieve, un rametto che si spezza, eppure pareva avere la potenza di un tuono che squarcia la tempesta. 
Rena Rouge si alzò di colpo. Attorno a lei, nascosti in una pallida nebbia, si innalzavano decine di alberi scuri e sottili, alti fino all'infinito. Il terreno sotto di lei era grigio come cenere. 
«Chi c'è?» chiese ad alta voce.
Nessuno rispose, ma un'ombra nera emerse dalla nebbia. Era alta e snella, troppo lontana per darle una forma precisa, ma Rena poteva vederne chiaramente gli occhi brillare nel buio, braceri ardenti color del sangue. 
«Chi sei?» chiese Rena, piegando le gambe e mettendosi in posa d'attacco, pronta per qualsiasi cosa. 
La figura non rispose. Si limitò a voltarsi e svanire nella nebbia.
«Ehi! Aspetta!» esclamò la rossa, correndole dietro.





Ladybug riaprì gli occhi, osservando un cielo cremisi dalle nuvole rosa chiaro. Quando si rialzò, notò che stava andando a fuoco.
«Al fuoco!» urlò, cominciando a rotolare e battendosi le mani sul corpo per spegnere le fiamme. Solo dopo diversi e imbarazzanti secondi si accorse che non stava bruciando. 
Si trovava in un campo di strani fiori dorati, fatti di fiamme pure che nascevano da steli neri, come strane candele. Al tocco non bruciavano, anzi, trasmettevano una piacevole sensazione di calore e benessere. Appurato che non c'erano pericoli immediati, Ladybug si guardò attorno. Ovunque, quei fiori di fuoco coprivano il terreno a perdita d'occhio. L'unica eccezione era una gigantesca torre di pietra bianca, lontana, che si innalzava all'infinito, svanendo oltre le nuvole più alte.
«Non è uno spettacolo che si vede ogni giorno.»
«Vero, Chat» rispose lei. Dopo qualche secondo, si voltò, trovandosi faccia a faccia il viso del compagno felino. «Chat!? Che ci fai qui?»
Lui alzò le spalle. «Non ne ho idea. Pensavo tu lo sapessi.»
Una serie di dubbi si instaurarono nella mente della supereroina. Aveva forse sbagliato qualcosa? Forse aveva confuso le parole del maestro, oppure aveva svolto male il Rituale. E se per colpa sua lei e Chat avessero perso i loro Miraculous?
Prima che potesse affondare ancora di più nel proprio tormento, una mano le toccò la spalla. «Scusa se ti interrompo, ma credo che abbiamo un problema urgente» disse Chat, alzando un dito artigliato. Da quella direzione si stava avvicinando un gigantesco nuvolone nero, sotto al quale danzavano fulmini smeraldini. I fiori all'ombra della tempesta si spegnevano, e l'oscurità si avvicinava pericolosamente, strisciando letale verso di loro. 
«Credo sia il caso di andarsene, e alla svelta.» Chat Noir si mise a correre verso la torre, seguito a ruota da Ladybug.




In una stanza buia, al centro di un cerchio di candele illuminate da fiamme azzurre unite da un simbolo magico sul terreno, stava seduta Raven. Un grande specchio d'argento fluttuava davanti a lei, e sulla sua superficie osservava con grande interesse una scena molto curiosa: Cinque supereroi sdraiati a terra, attorno a una candela dal grande potere magico. I loro Miraculous brillavano come stelle colorate.
Le labbra di Raven si piegarono in un sorriso.








 
Qui sotto abbiamo un bellissimo disegno di Pollen fatto dal mio amico Cladzky.
Leggete le sue storie perché è bravo.
Cladzky Wattpad:https://www.wattpad.com/user/SakiBron
E vi consiglio vivamente di seguire anche Aliasor. Scrive benissimo e fa belle immagini su Instagram.
Aliasor Efp: https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=1105035

E ovviamente vi consiglio anche il mio canale Instagram:
TheManiae Instagram: https://www.instagram.com/themaniae/?hl=it



-La Follia mi scorre nelle vene
   
 
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