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Autore: Menade Danzante    24/08/2019    6 recensioni
[Mini-Long ambientata subito dopo gli eventi narrati nella serie e nel libro. Da considerarsi come sequel di "Ride Home", ma non è necessario aver letto prima quella per seguire questa. Buona lettura!]
Sventata l'Apocalisse, angelo e demone si salvano grazie allo scambio dei corpi. La storia seguirà il ritorno alla normalità di Crowley e Aziraphale nell'arco di una settimana e un giorno. Dovranno fare i conti non solo con quello che hanno vissuto negli ultimi giorni, ma anche con il loro rapporto. Sarà cambiato qualcosa tra loro?
Dal testo: "D'istinto, si volta per condividere con Crowley lo sguardo raggiante che gli anima le iridi, ma il demone non è con lui: è probabilmente già arrivato a casa sua e starà innaffiando le piante che gli ha fatto conoscere – con un certo astio, deve ammetterlo – la sera precedente.
Gli ci vuole poco per concentrarsi e tornare sobrio. «Che sciocco» si insulta ad alta voce sforzandosi di ridere e di ignorare l'improvviso senso di mancanza che gli ha riempito il petto."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'How to cope with Apoca-nope and be happy'
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sabato

5. Sabato







Non sono stati gli unici ad aver avuto la brillante idea, ma St. James's Park è abbastanza grande per tutti. Più o meno. Niente che un miracolo non risolva, in ogni caso.

«Li hai fatti andare via, Crowley?» chiede Aziraphale indignato nel vedere una coppia di mezza età allontanarsi in fretta verso un quadrato di prato qualche metro più in là all'ombra di un albero.

«Ho offerto loro una possibilità migliore, angelo» spiega il demone. «Vedi? C'è un bambino che piange perché si è fatto male. Signore e signora possono consolarlo, no? Possono fare del bene. Dovresti essere felice per tutti loro»

«Certo. Perché il tuo era un gesto altruistico, dico bene? Non cercavi proprio il loro posto assolato, giusto?»

«Giusto»

Aziraphale considera le opzioni: a tutti gli effetti la coppia sta risollevando l'animo del bambino dalle ginocchia sbucciate con una barretta di cioccolata. In fin dei conti, Crowley non ha cacciato nessuno dal parco: ha solo ridistribuito la terra. Gli lancia un'occhiataccia per principio e si siede sul plaid colorato trovato nel retrobottega della libreria quella mattina stessa.

Comincia ad apparecchiare l'insolita tavola mentre il demone si stende al sole togliendosi gli occhiali. La sua intera figura è rilassata mentre accoglie il calore della giornata e l'angelo non ricorda altri momenti in cui l'ha visto così pacifico e beato: quello che vede gli dà la conferma di aver fatto bene a proporre quell'uscita che si erano ripromessi da... beh, dagli anni Sessanta. Pensa che dovrebbero farlo più spesso.

Crowley sposta leggermente il viso di lato, verso l'angelo, e mugugna qualcosa che probabilmente è solo un verso di piacere senza senso.

«Serpente» lo rimbecca Aziraphale.

Gli angoli della bocca del rosso si sollevano verso l'alto e gli occhi scattano a guardarlo. «Vecchie abitudini, angelo»

Aziraphale sorride e spinge verso di lui un piattino di frutta e sandwich insieme ad un caffè miracolosamente fumante. Per sé sceglie di svitare il thermos con il tè verde e si impossessa di un tramezzino ben imbottito di formaggio e funghi.

«Pensi che durerà?» chiede d'improvviso Crowley.

«La bella giornata? Spero di sì. Si sta così bene»

Crowley si issa sul gomito, prende una fragola e se la mangia. «Pensavo più a...» fa un gesto con la mano che comprende loro, il cestino, il plaid...

Aziraphale termina di masticare il boccone, perplesso. «Noi?» prova, cercando di nascondere il tremore della voce.

Il demone sgrana gli occhi, ma non nega. «Pensi che la tregua durerà molto?»

L'angelo lo guarda serio: non è passata nemmeno una settimana da quando è stato lui a chiederlo al demone, ma l'argomento è già tornato ad offuscare il loro tempo insieme.

Crowley non è spaventato, Aziraphale se ne rendo conto: è solo lievemente preoccupato. Se l'angelo scava dentro di sé, è sicuro di trovare lo stesso sentimento di velata inquietudine. Se ripensa agli ultimi giorni, Aziraphale ha difficoltà a immaginare che qualcuno possa volere di nuovo tutto il caos che ha preceduto l'Apocalisse. È disoccupato solo da lunedì, ma sente di essersi già abituato molto bene a quella nuova routine che non prevede le missioni per conto di Gabriel e i rischi dell'Accordo con Crowley. C'è il demone, poi, con lui e l'angelo si è abituato anche a questo: si è abituato ad averlo intorno più spesso, più vicino, più partecipe. Doveva rischiare di perdere tutto quello che ha sempre avuto per comprendere quanto fosse importante quell'amicizia per lui, e ora che l'ha capito sa con certezza che non vuole che tutto questo gli venga tolto.

Il suo viso deve esprimere tutto questo perché il demone fa una smorfia prima di dire: «Lascia stare, dimentica quello che ho detto»

Aziraphale si riscuote, fornendo un piccolo sorriso all'altro. «Non posso sapere la risposta, caro, ma spero tanto che non si riorganizzino più»

Il demone annuisce prima di afferrare la tazzina che l'angelo gli aveva porto.

«Come mai me lo hai chiesto?» chiede Aziraphale, tornando alla conversazione.

«Ci hanno catturati qui. Sapevano dove trovarci, siamo prevedibili». Crowley mangia un chicco d'uva e torna a sdraiarsi. «Mi è solo tornato in mente, angelo. Tutto qui»

Aziraphale pondera la questione per un attimo. «Ci avrebbero trovati comunque: era il loro obiettivo, dopotutto»

Crowley annuisce. «Hai ragione». Il tono è dimesso, il viso neutro. Ad Aziraphale sembra di aver già visto quello sguardo undici anni prima, in libreria. Allora il demone era quasi disperato: solo l'appoggio dell'angelo al piano anti-Armageddon lo aveva fatto sorridere di nuovo, vittorioso. Ora, però, Aziraphale non ha nessuna promessa da offrire.

L'angelo sospira, mettendo da parte il piattino. Si toglie il cappotto e lo piega con estrema cura per poi posizionarlo accanto alla testa di Crowley, il quale non perde di vista nemmeno per un attimo la preparazione di quello che sembra un cuscino a tutti gli effetti. Aziraphale lo raggiunge a terra e pigia la testa sul cappotto con un'occhiata apprensiva: sa benissimo che se ne pentirà e che il suo soprabito sarà spiegazzato come non mai, ma decide che potrà miracolare via i segni più tardi.

«Ecco fatto» commenta, la fronte corrugata mentre cerca di stendere le membra il più comodamente possibile, sollevando il bacino per tirare il panciotto in modo che non gli dia fastidio sulla schiena. Quando realizza di essersi mosso abbastanza senza migliorare i risultati, capisce che preferisce di gran lunga essere in piedi o seduto. Ma tant'è.

Si volta per incrociare lo sguardo del demone, ancora fisso su di lui, curioso ed esterrefatto.

«Be', saremo insieme, in ogni caso. Dalla nostra parte» dice Aziraphale, cercando di suonare incoraggiante. Quello è un dato di fatto, per l'angelo: saranno insieme ad affrontarli, non importa quando, non importa come. Sa bene di cosa siano capaci Inferno e Paradiso, ma loro li hanno già sconfitti una volta contro ogni previsione: potranno farlo di nuovo se saranno ancora uniti. «È positivo, non credi?»

I lineamenti di Crowley si addolciscono e gli offrono un sorriso sghembo.

L'angelo sente che timidamente le dita di Crowley sfiorano le sue sulla coperta. Si irrigidisce per un attimo, sorpreso, credendo che sia un errore o uno spasmo dei loro corpi mortali, ma poi solleva la mano lentamente fino a farla intersecare con quella dell'altro, che non protesta e, anzi, gli rende più facile il compito. All'improvviso pensa di potersi abituare anche alla nuova posizione.



È sera inoltrata quando tornano nell'appartamento di Crowley.

«Cosa fai di solito?» si informa Aziraphale mentre poggia il cappotto perfettamente stirato sulla sua poltrona, un saluto veloce alle piante che ricambiano gentilmente con un inchino.

Il demone scrolla le spalle. «Niente di particolare. Perché?»

«Guardi spesso il monitor?»

Crowley non prova nemmeno a trattenersi dal roteare gli occhi al cielo. «Televisione, Aziraphale. E comunque sì, la guardo spesso»

«Io mai» fornisce il biondo, invece, fissando lo schermo nero con sguardo valutativo, come se si aspettasse di veder spuntare a caratteri luminescenti un motivo abbastanza buono per interessarsi a quell'attività.

«Ci scommetto, angelo! Mi sorprende che tu abbia un telefono in quella tua libreria»

Aziraphale gli dedica un'occhiata risentita. «Che male c'è? Non sono interessato alle... nuove tecnologie»

«Ma se è del secolo scorso!»

«Questa qui decisamente no»

Crowley scuote la testa ghignando. «Non mangia i libri. Dovresti provarla. Magari scopri che ti piace anche questa, oltre agli occhialini da lettura e al cibo»

Aziraphale non sa se indignarsi per le derisioni nemmeno tanto velate o se accogliere un consiglio che, non può ignorarlo, ha senso.

«Forse hai ragione» concede alla fine, il viso tirato in una maschera di irritazione. «Guardiamo la televisione»

«Adesso?»

«Hai altro da fare?»

Crowley ci pensa un attimo primo di negare. «Accomodati». Schiocca le dita e compare un divano bianco di fronte allo schermo. Esegue di nuovo il gesto e stavolta lo specchio nero si illumina.

Il demone si siede per primo, le ginocchia divaricate e le braccia invadenti sullo schienale. Quando Aziraphale si avvicina Crowley si preoccupa solo di accostare le gambe per fargli posto e l'angelo non si scompone quando sente il fantasma di una mano accanto alla sua spalla sinistra. Con un movimento elegante della destra il biondo fa apparire una coperta sulle loro gambe.

«Che diavolo è?» esclama Crowley con evidente schifo, momentaneamente distratto dalla scelta del canale.

«È confortevole»

«No che non lo è»

«È divertente». Aziraphale sorride. Per sottolineare il concetto materializza un cuscino soffice – solo per sé, stavolta – che sistema sulle sue cosce. Il demone reclina la testa in preda alla disperazione, ma desiste dal commentare ulteriormente. Continua a schioccare le dita per cambiare canale fino a quando è lo stesso Aziraphale che insiste per vedere una replica di un gioco televisivo che nessuno dei due ha mai visto.

«Chi risponde correttamente a più domande vince?» si informa l'angelo, improvvisamente rapito dalle dinamiche del gioco. Non coglie l'occhiata divertita del demone.

«Come in tutti i giochi»

«Tu sai le risposte?»

«Non mi interessano, non vinco niente io»

«Ma è-»

«Se dici un'altra volta divertente giuro che vado a dormire, angelo»

Aziraphale richiude la bocca con espressione colpevole e torna a guardare la TV.

Il silenzio non dura tanto: l'angelo comincia a commentare il gioco in modo assiduo dopo appena cinque minuti fino alla fine della puntata. Crowley cambia canale, un film. Aziraphale non sta zitto nemmeno a quel punto. Condivide ad alta voce tutte le osservazioni che gli vengono in mente, principalmente rivolto verso lo schermo. Di tanto in tanto si gira verso Crowley, ma solo quando ritiene di aver detto qualcosa su cui il demone dovrebbe commentare a sua volta. Generalmente lo trova a guardarlo, stupito e ammirato, tuttavia molto attento a quello che l'angelo dice.

Solo quando il film finisce Crowley spegne il televisore con un gesto: l'unica fonte di luce è il chiarore della notte che filtra dalla finestra. Il demone ruota il busto verso Aziraphale, il viso ghignante e soddisfatto. «Ti è piaciuto»

«Mm» prende tempo l'angelo: non vuole dargliela subito vinta. Ma alla fine è costretto a cedere: «È stato... piacevole»

«Ma non mi dire»

«Oh, smettila». Aziraphale guarda ostinatamente lo schermo stringendosi il cuscino al petto.

«D'accordo», ma il tono è mellifluo.

«Non ho mai detto che la tecnologia sia malvagia, Crowley» ribatte piccato. «Questa reazione è davvero esagerata»

Il demone gli rifà il verso, divertito. Fa apparire una bottiglia di vino e due calici con uno schiocco di dita. «Forza: alle nuove esperienze»

Aziraphale sbuffa, ma fa tintinnare il suo calice con quello di Crowley con un mezzo sorriso. «Alle nuove esperienze»

È al sesto bicchiere che all'angelo si palesa un problema a cui non ha pensato più per tutto il giorno ma che adesso, con l'ostinazione che solo l'alcol può dargli, gli sembra così imprescindibile da non poter essere ignorato oltre. «Posso farti una domanda?» chiede.

«Mm?». Crowley deglutisce e si volta verso di lui.

«Perché ieri non hai completato la minaccia?»

«Come, prego?»

«Quando ti ho detto che sei romantico, in libreria. Hai detto che non ti devo chiamare così, ma non hai finito la frase»

Aziraphale, nonostante la mente annebbiata, non ha difficoltà a percepire il braccio di Crowley che scivola via sullo schienale, che si allontana da lui e ha subito la sensazione di aver posto una domanda inappropriata.

«E non sei contento?» ride il demone. «Preferisci le minacce?»

«No» Aziraphale aggrotta la fronte, cercando le parole per essere delicato. «È solo che... non è da te»

Crowley sbuffa stancamente. «È vero» concede annuendo. Con la particolare angolazione in cui si trova, Aziraphale vede gli zigomi del demone sollevarsi un po' e deduce che stia assottigliando le palpebre per concentrarsi. Per un lungo momento l'unico suono che occupa il silenzio è l'acuta nota che si spande quando il rosso passa l'indice sull'orlo del bicchiere. L'ambiente e l'atmosfera sono così ovattati che Aziraphale si costringe a tornare sobrio per non cadere nell'ipnosi di quella melodia malinconica: ha bisogno di essere lucido.

Osserva il livello della bottiglia a terra alzarsi mano a mano che torna in sé. Crowley, dal canto suo, non fa la stessa cosa. Si dondola sul divano prima di alzarsi di scatto e raggiungere il tavolo sghignazzando ubriaco. Si appoggia al trono dando le spalle ad Aziraphale, mentre questi non osa avvicinarsi né muovere alcun muscolo neanche per respirare.

«È da Gabriel». Crowley ride di nuovo ma non c'è allegria nella sua voce e nemmeno nella sua postura: rigida, tesa, forse tremante. «Minacciarti, dico. Gabriel ti minaccia e pure io»

Aziraphale ritrova la forza di deglutire e di sbattere le palpebre. Che diavolo sta dicendo Crowley? Che cosa c'entra l'Arcangelo con lui, con loro e con quello che è successo il giorno prima? La sua mente arranca per trovare una risposta a tutti quegli interrogativi, ma senza risultati.

«Cosa stai-?» comincia, confuso ed esitante, ma Crowley lo blocca prima ancora che possa finire la frase.

«Dico...» inizia, ma un granello di polvere sul piano del tavolo lo distrae un momento: deve scacciarlo via con la mano prima di riprendere: «Dico che io non voglio essere come Gabriel»

Quello non ha il minimo senso. «Crowley, tu non sei Gabriel. Di che stai parlando?»

Aziraphale non è sicuro di essere riuscito a nascondere il panico nella voce, ma lo stato di ebbrezza in cui versa il demone gli permette di non curarsene.

«Io mi rifiuto di essere come lui» continua il rosso più deciso, ma seguendo un ordine logico tutto suo con il tono strascicato di prima. La mano che ha spazzato via la polvere si stringe saldamente attorno al braccio del trono fino a farsi sbiancare le nocche.

«Tu non lo sei già» lo rassicura l'angelo, incapace di dire altro. Non ha senso, tutto quello che dice Crowley non ha senso. «Come ti viene in mente?»

Il demone gli lancia un'occhiata liquida al di sopra della spalla e l'angelo si sente mancare il fiato. Vorrebbe allontanare le ombre che non conosce ma che legge nei suoi occhi con la stessa facilità con cui ha materializzato la coperta che ancora gli riscalda le gambe, ma non sa come fare.

«Angelo» mormora Crowley e ad Aziraphale sembra supplichevole. È in quel momento che il biondo sa di essere pronto a compiere qualsiasi miracolo pur di cancellare tutte le preoccupazioni del demone. Ma quando Crowley parla di nuovo si sente sprofondare.

«Ti avrebbero ucciso con le fiamme dell'Inferno»

Aziraphale sgrana gli occhi: è la prima volta che il demone parla di quello che è accaduto in Paradiso quasi una settimana prima. Persino al Ritz aveva glissato quando l'argomento era inevitabilmente tornato a galla. Aveva divagato e aveva proposto un brindisi alla furbizia e alla genialità con cui avevano condotto la loro messinscena. L'angelo l'aveva lasciato fare, comprensivo, e non aveva più riaperto il discorso.

Il modo in cui Crowley lo sta affrontando ora, però, è un pugno nello stomaco: Aziraphale conosce già la punizione alla quale l'avrebbero sottoposto, ma c'è qualcosa nell'atteggiamento del demone che esprime un dolore disperato, un dolore che l'angelo per sé non prova. Non sa dire se Crowley sia sotto shock o meno, ma di certo è ancora estremamente provato da quello che ha subìto.

«Bruciato vivo, angelo» rimarca, ridendo poi di un riso amaro e terribile.

«Non molto diverso dalla condanna per te» rileva Aziraphale, condiscendente e accennando a un sorriso a metà per nascondere il tremore che lo ha colto in tutto il corpo.

Crowley si fa serio e si volta, fronteggiando apertamente l'angelo mentre prende un sorso di vino. «Cazzo, no: è una cosa che da noi ti aspetti»

Non solo, pare, pensa l'angelo, ma non riesce a dirlo perché il demone parla ancora.

«Gabriel mi ha ordinato di morire in fretta» rivela Crowley, ancora ridendo. «E di smetterla di dire stronzate»

Aziraphale sente un brivido lungo la schiena che lo fa raggelare. Ma quello che più lo colpisce non è Gabriel, né il suo atteggiamento: è il demone. Non vuole credere a quello che sta ascoltando, non vuole credere che Crowley abbia sopportato quel fardello per tutti quei giorni senza dirgli niente, senza metterlo al corrente del suo dolore.

Ha il tempo di chiedersi cosa abbia prodotto un cambiamento, cosa l'abbia spinto ad aprirsi ora. Forse può trovare una risposta soddisfacente nel buio, in quel mantello di oscurità in cui parlare e confessarsi senza vergogna è facile perché la notte manterrà il segreto.

«Mi dispiace» fornisce l'angelo, la voce che trema mentre Crowley fa una smorfia. «È tutto passato»

Il demone non ride più: è furente, arrabbiato, terrorizzato. «Ti avrebbero ammazzato senza rimorso e tra le minacce». Lo dichiara con foga, slanciandosi in avanti per sottolineare la gravità della situazione, come se Aziraphale non stesse comprendendo il significato di quello che gli viene detto. «Io-»

«Non sei come lui, non dirlo» lo anticipa l'angelo con gli occhi lucidi di lacrime: non vuole sentirglielo dire, non di nuovo, mai più. «Tu sei buono, Crowley!»

È pronto a essere spinto contro il divano o la parete, se necessario: non gli importa, perché il demone ha bisogno di aiuto e questo è tutto quello che Aziraphale sente di potergli dare al momento.

Il demone è come bloccato, non fa nulla se non fissarlo sbigottito e allo stesso tempo ottenebrato dall'alcol. Aziraphale considera rapidamente la possibilità di mettersi in piedi e di andare più vicino, ma il suo corpo sembra non rispondergli, troppo provato dalle emozioni che vive.

Crowley è scosso da un tremito e Aziraphale spia sospettoso la bottiglia: sta tornando piena allo stesso ritmo con cui il demone torna sobrio. L'angelo si sente avvampare, improvvisamente colto dalla consapevolezza di essere di nuovo davanti a una persona lucida e pienamente consapevole di sé: ha paura di ascoltare di nuovo quelle insensatezze dalla bocca di un uomo che ha riacquistato il totale controllo della mente e del corpo

«No, angelo, non lo sono» nega Crowley, torvo. «Io sono-»

«Non sei Gabriel, non lo sei mai stato!» dice, perentorio e acuto, ma di nuovo non gli importa, nemmeno adesso che l'amico può sicuramente notarlo. Aziraphale non può sopportare di sentirlo mentre si riferisce a sé stesso con il nome di demone con lo stesso odio e lo stesso disprezzo che hanno zampillato finora nelle sue parole. L'angelo ha passato secoli a ricordargli le loro differenze: non vuole che cominci anche Crowley con questa storia, non adesso che il più lento dei due ha compreso i propri sbagli e le proprie colpe.

Passano attimi di profondo silenzio in cui Aziraphale non sa assolutamente cosa dire o fare; nemmeno si accorge di aver chiuso le mani a pugno intorno alla stoffa dei pantaloni. Si concede di prendere un bel respiro solo quando Crowley scuote la testa e si mette di nuovo a sedere sul divano facendo sparire il bicchiere. Il demone è più lontano di prima e sembra stanco mentre si passa una mano sugli occhi sospirando.

«Ieri non volevo dirti di stare zitto e non volevo minacciarti, angelo» spiega Crowley, come per mettere in evidenza il filo rosso che ha condotto il suo sfogo alcolico. «Non veramente»

«Ma certo, Crowley, lo so». Aziraphale è accorato per l'urgenza di farlo sapere al demone. «Non significa niente, caro. Tu non sei come lui. Gabriel è... è... un'altra cosa»

Vorrebbe tanto bestemmiare il nome dell'Arcangelo, ma sta sperimentando la libertà da troppo poco tempo perché questo gli risulti possibile ora.

Crowley apre due dita e sbircia con le iridi gialle la faccia imbarazzata di Aziraphale prima di ghignare.

«Dovrei chiederti scusa, suppongo» fa il demone, piano.

«Per cosa?»

Crowley agita la mano libera. «Per ieri e per questo. Non dovevo farlo»

I movimenti che Aziraphale compie per guardare frontalmente il demone sul divano sono così repentini e infervorati da far sembrare quasi che l'angelo salti sui cuscini nel tentativo di divertirsi invece che di apparire in qualche modo minaccioso.

«Crowley, caro, dici una quantità impressionante di assurdità questa sera» annuncia, serio e intransigente. «Del tutto impressionante»

Il rosso sbuffa e per un lungo momento nessuno parla, ma i pensieri nella testa di Aziraphale urlano così forte da non fargli notare l'assenza di rumori nella stanza. L'angelo si permette di sfruttare quella calma che, lo sa, il demone non interromperà mai di sua spontanea volontà, per analizzare quello che è successo e tutte le implicazioni delle parole sconnesse di Crowley. Si stupisce dell'improvvisa egoistica ondata di calore che lo travolge per il demone che gli siede di fianco. Certo, da una parte è infelice per l'esperienza che il rosso ha dovuto subire per salvarlo, ma allo stesso tempo è estremamente compiaciuto dal fatto che il demone abbia rinunciato a insultarlo, anche se solo secondo le regole di quel rapporto tutto loro, per non ricordargli il trattamento che gli Arcangeli gli hanno sempre riservato e per non essere paragonato a loro. È un piacere egoistico, esclusivo, e Aziraphale ne ha d'un tratto paura: in quanto angelo non ha mai avuto il permesso di sperimentare il gusto dell'egoismo, ma non sa come altro chiamare quel calore nel petto che gli è spuntato nel venire a conoscenza dello stato d'animo di Crowley, del pensiero tenero che il demone gli ha riservato nel tentativo di preservarlo dalla tristezza e dalla sottomissione durate seimila anni.

«Ti ringrazio» dice alla fine, le guance rosse nascoste dal buio della notte. Crowley scosta la mano dagli occhi e lo guarda interrogativo e incredulo. «Per avermelo detto» precisa Aziraphale, deglutendo a fatica. «Sono contento che tu l'abbia fatto»

Il demone lo guarda per un po' completamente immobile e indecifrabile. Poi annuisce in silenzio e sistema il braccio lungo lo schienale del divano, fino a sfiorare appena con le dita la spalla dell'angelo per poi adagiare la mano sull'imbottitura dei cuscini.

Aziraphale non si muove subito: fa fatica a processare quello che sente e quello che vede, quel muto invito ad andare più vicino, ad accorciare le distanze per suggellare l'ennesimo chiarimento e quella fitta allo stomaco che l'ha colto senza preavviso. Aspetta di respirare a fondo per tre volte prima di capire di non avere alcuna risposta razionale in serbo per l'occasione. Non gli resta che muoversi e lentamente scivolare verso Crowley trascinando con sé la coperta, fedele alleata della notte in grado di difenderlo dalla sua stessa confusione.

«Quella resta lì» ammonisce il demone severo quando Aziraphale gli fa segno di avvicinare le ginocchia perché lui possa coprirle.

«Non fare il difficile, caro»

Crowley grugnisce il suo dissenso, ma accavalla le gambe senza ulteriori storie e l'angelo gli sorride grato prima di appoggiare la testa sul suo braccio.

Il rosso schiocca le dita e accende la TV: quando il sole sorge li trova ancora nella stessa posizione.








Angolino di Menade Danzante:
Piccola precisazione sullo sfogo di Crowley. Questo segue il filo logico già avviato in "Ride Home", ma non è necessario averla letta per capire quello che è il mio pensiero: la serie ci ha fatto vedere un Crowley molto furente in Paradiso, al momento della quasi-esecuzione, come se non si fosse aspettato un trattamento del genere da parte della fazione celeste, come se fosse incredulo e non completamente calato nel personaggio dell'angelo. Aziraphale, al contrario, è molto più spigliato e sin da subito a suo agio nei panni di Crowley: sa benissimo quello che sta per succedere e agisce già preparato per l'occasione perché sciogliere un traditore nell'acqua santa è qualcosa che effettivamente l'Inferno farebbe, è prevedibile. In "Ride Home" angelo e demone arrivano alla conclusione di scambiarsi i corpi per salvare Crowley, non necessariamente entrambi, e qui confermo la stessa linea di ragionamento: Crowley sta faticando più di Aziraphale ad elaborare l'accaduto perché non avevano immaginato una punizione del genere da parte del Paradiso.
Spero che il tutto vi risulti credibile e che il capitolo un po' angst vi sia piaciuto!
Ringrazio di cuore tutti coloro che seguono, leggono, recensiscono e mi trasmettono entusiasmo e positività! <3
Alla prossima! :*

   
 
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