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Autore: Teo5Astor    28/08/2019    15 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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29 – La verità sotterrata da una vita
 
 
«La mia carriera nel mondo dello spettacolo probabilmente è iniziata perché mia madre voleva fare un torto a mio padre e alla sua nuova compagna, cioè la mamma di Chichi» mi spiega Lazuli, guardandomi intensamente negli occhi e parlando a bassa voce per non farsi sentire dalla sorella. «Penso che sia per quello che abbia deciso di farmi entrare in una compagnia teatrale e in un’agenzia quando non avevo nemmeno sei anni».
«Non pensavo che fosse stato questo a spingerla a farti entrare in quel mondo. Era come se volesse dimostrare che tu, e di riflesso lei, eravate meglio di loro» sospiro, ripensando all’unico incontro che ho avuto con la mamma di Lazuli. Un incontro che mi è bastato e avanzato, tra l’altro. Da quel che so, nemmeno la mia ragazza l’ha più vista da quando si è trovata una nuova manager ed ha ripreso a lavorare.
«Quando la madre di Chichi lo scoprì, la iscrisse in un’altra compagnia teatrale e in un’altra agenzia, nonostante non avesse ancora compiuto cinque anni».
«Capisco… quindi le vostre madri hanno usato le rispettive figlie come pedine in una loro guerra personale, giusto?»
«Già…» sospira Lazuli, voltandosi verso i tornelli del suo binario. «Ci sentiamo più tardi, Rad. Pensami, mi raccomando».
«Come sempre, Là» le sorrido.
«Ah già, tieni giù le mani da mia sorella anche se è nel mio corpo!» sbotta, voltandosi un’ultima volta di scatto e facendo ondeggiare nell’aria la lunga coda nera in cui ha raccolto i suoi capelli.
 
«Di cosa stavate parlando?!» mi chiede Chichi, stizzita e visibilmente a disagio, quando ci ritroviamo per la prima volta da soli e siamo in piedi uno accanto all’altra sulla banchina, in attesa del treno che ci condurrà a scuola. Stringe nervosamente con entrambe le mani la cartella di Lazuli che ora è la sua e tiene lo sguardo fisso davanti a sé, mordicchiandosi il labbro inferiore.
La guardo, e mi rendo conto una volta di più di quanto sia allucinante e difficile da accettare questa cosa. Sono accanto al corpo della mia ragazza, occupato però dall’anima e dalla mente di sua sorella minore. Mi sembra di impazzire, cazzo. Meglio non pensarci. Meglio sorridere.
«Curiosa, eh?» butto lì con nonchalance, guardando anch’io il vuoto davanti a me con entrambe le mani dietro la nuca. «Tua sorella ha detto che posso anche saltarti addosso e riempirti di baci, visto che il corpo è suo».
«N-non è vero! E tu sei un cretino, ecco!» sbotta Chichi, paonazza, dandomi un pugno sulla testa che mi fa leggermente piegare sulle ginocchia.
«Cazzo, picchi duro anche te però… si vede che sei sua sorella…» sbuffo, massaggiandomi la testa, mentre un gruppo di studenti in attesa del treno ci osserva con aria stranita. «Ti prendo un po’ in giro per farti ridere, no?!»
«S-scusa…» sussurra Chichi, abbassando la testa imbarazzata.
«Non dimenticarti che adesso sei la glaciale Lazuli Eighteen, la celebrità che qui nel quartiere tutti sono abituati a vedere e quindi raramente troverai qualcuno che ti fermerà per un selfie o un autografo» le spiego. «Però penso che questo sia dovuto anche al fatto che Là disincentivi la gente ad avvicinarsi a lei coi suoi modi di fare gelidi e le sue occhiate assassine. Quindi dovresti darti un contegno anche tu in pubblico».
«G-giusto…» sospira, sempre a testa bassa.
«A proposito di celebrità… non avrà problemi Lazuli a fare il viaggio in treno nei tuoi panni? Cioè, non c’è il rischio che la gente impazzisca nel vedere la idol Chichi Gelo?» le chiedo. «C’è gente che va fuori di testa per le idol…».
«Mi stai prendendo ancora in giro?!» ringhia Chichi, sollevando leggermente lo sguardo e guardandomi di sbieco attraverso gli occhi di ghiaccio di Lazuli.
«No, perché? Ti ho anche vista in televisione di recente con le altre Sweet Palette, ma non me ne intendo molto di gruppi idol…» le spiego.
«Bullet! Siamo le Sweet Bullet, scemo!» sibila, irritata. «Dimmi che lo fai apposta! Dimmelo!»
«Eh?!» sbuffo, sorridendole sghembo. «Sarai anche un “proiettile” tu, ma non sei per niente “dolce”. Spero che almeno le altre quattro tue compagne siano un po’ più dolci di te».
«Sei tu che mi fai arrabbiare, e lo fai di proposito per distrarmi… non sono stupida» accenna un sorriso, guardandomi per la prima volta dolcemente e sembrando anche a suo agio. «Comunque stai tranquillo per la mia sorellona. Sarò anche una idol, ma il mio gruppo non è molto famoso. In giro non mi riconosce nessuno, a differenza di Lazuli-san» aggiunge, senza che possa impedire a un velo di tristezza di avvolgere le sue ultime parole. Noto anche come ancora una volta abbia definito Lazuli come “sorellona” parlando con me, prima di tornare a definirla “Lazuli-san” rispettosamente. Mi chiedo cosa le passi per la testa e cosa pensi davvero della mia Là.
 
«Terzo anno, sezione 1. La tua classe è quella laggiù» spiego a Chichi, dopo averla accompagnata fino al piano delle classi del terzo anno.
«Lo so. E il mio banco è quello vicino alla finestra, in ultima fila» ribatte lei, soddisfatta di aver imparato per bene almeno le basi per far funzionare questa cosa. «E mi basterà seguire in silenzio le lezioni, no?»
«Brava, Là è selvatica da morire e non parla con nessuno, ma allo stesso tempo è un cazzo di genio e capisce tutto al volo di quello che c’è da studiare. Andrai alla grande, Chì!» le sorrido, rassicurante. «Sai, passando del tempo con te ho notato che spesso fai le sue stesse espressioni e hai il suo stesso modo di parlare. Reciti bene».
«Non è che recito…» sospira Chichi, dandomi le spalle e facendo gonfiare leggermente la corta gonna della divisa scolastica. «È solo che da piccola imitavo spesso mia sorella. Lei era il mio orgoglio» aggiunge, guardando il cielo azzurro fuori dalla finestra del corridoio. «Lei era tutto quello che io sarei voluta diventare».
 
«Tralasciando le domande su cosa sta accadendo, la soluzione relativa a questo caso non è di per sé scontata?» mi chiede Bulma, armeggiando tra flaconi e provette nel laboratorio di scienze. Lei sì che è quella di sempre: occhiali, camice bianco aperto sopra alla divisa e aria da genio. Ha però legato i suoi capelli turchini in una coda alta, si vede che aveva apprezzato questo tratto distintivo di Bulma II, la sua copia che ci aveva creato tanti problemi meno di un mese fa.
«Non puoi darmi un aiutino?» la imploro, mentre lei finisce di scrivere qualcosa su un’etichetta e mi guarda finalmente negli occhi, sistemandosi gli occhiali sul naso e sospirando. Ovviamente le ho appena spiegato tutte le novità.
«Sappiamo che la Sindrome della Pubertà sia causata da un’instabilità a livello emotivo, giusto?»
«Giusto».
«Se a me sono bastate le poche cose che mi hai detto per capire la natura della causa di questa instabilità, scommetto che anche tu ci sei arrivato da un pezzo. Dimmelo tu, Son-kun».
«Per farla breve, la sorella minore soffre di un complesso di inferiorità nei confronti della sorella maggiore, perfetta in tutto e per tutto» le spiego, enunciando l’idea che mi sono fatto. «Quello che ti chiedo è: come farà a venirne fuori?»
«Magari potrebbe bastarle diventare una idol di fama nazionale. Oppure la questione è più complicata e bisognerà lavorare sul rapporto che c’è tra le due sorelle. O addirittura tra le madri» ribatte, pensierosa, prima di sedersi su uno sgabello e prendere in mano un quaderno.
«Già, che casino…» sospiro, sedendomi anch’io. «Ehi, Bulma, come vanno le cose con Prince? Lui parla a monosillabi della sua vita sentimentale, lo sai!»
«Vanno… vanno bene, no?!» arrossisce lei, distogliendo lo sguardo dal mio, imbarazzata. «I primi giorni sono stati un po’ strani… ma… ma ora sono felice» si scioglie in un sorriso. «E penso che anche lui lo sia, anche se resta sempre uno scimmione».
«Sono contento per voi, davvero. Voi siete i miei amici, è rassicurante anche per me vedervi insieme» le sorrido, alzandomi e dirigendomi verso l’uscita del laboratorio.
«Son-kun?»
«Uhm?»
«Grazie. Per tutto» mi sorride dolcemente.
«Grazie a te, Bulma. Anche per i video che hai fatto durante la partita di calcio. Grazie a te le mie gesta verranno tramandate ai posteri» rido, mentre apro la porta.
«Sì, “La leggenda di Rad e Prince, gli scimmioni che portarono il Liceo Minegahara al Campionato Nazionale”» ribatte lei, ridendo a sua volta.
 
«Una ragazza che si toglie le calze è decisamente sexy, lo sai?» butto lì, accucciato sulla sabbia della spiaggia Shichirigahama, dove sono venuto insieme a Chichi dopo la scuola. La sorella di Lazuli si è appena tolta le scarpe e poi si è sfilata le calze nere della divisa scolastica, rivolgendomi al contempo un’occhiataccia omicida e diventando paonazza. «Soprattutto se ha un corpo come quello che stai occupando tu adesso» sorrido sghembo, sollevando ritmicamente le sopracciglia e alludendo ovviamente al corpo della mia amata Lazuli.
«Smettila di guardarmi, sembri un pervertito!» grida Chichi, imbarazzata, tirandosi leggermente in giù la gonna portando entrambe le braccia tra le gambe, come a volersi coprire.
«In effetti lo sono, non posso farci niente» allargo le braccia.
«Mi… mi fai schifo!» sbraita di nuovo, sempre più rossa. «Se l’avessi saputo, ci sarei venuta da sola a vedere il mare!»
«Ok, ok… la smetto…» mi arrendo, rialzandomi e volgendo lo sguardo verso il mare azzurro e calmo. Mi sale un po’ di malinconia a pensare che non sono qui con Lazuli, nonostante il suo corpo e i suoi occhi siano qui vicini a me. Persino il suo profumo fresco è lo stesso. Ma non è la stessa cosa. «Sei stata brava oggi».
«G-grazie…» sospira Chichi, abbassando lo sguardo, prima di correre all’improvviso a piedi nudi verso il mare.
Lascia che l’acqua le arrivi alle caviglie, per poi voltarsi verso di me e sorridermi dolcemente. I suoi occhi di ghiaccio brillano, mentre il sole basso nel cielo si riflette sui suoi capelli dorati.
«È bellissimo qui! È stupendo il mare!» esclama felice, prima di mettersi a correre e a saltellare in acqua, sollevando schizzi qua e là che le bagnano le cosce. Mi piace vederla finalmente serena.
«Sì, è tutto davvero stupendo…» bofonchio, fissandole le cosce bagnate.
«Ehi! Smettila di fissarmi le gambe, porco di un Rad!» sbraita Chichi, non appena si rende conto del fulcro della mia attenzione.
«Non è colpa mia se sono uno spettacolo».
«Piantala di sbavare sul corpo della mia sorellona!» grida, stringendo un pugno e sollevandolo verso di me con fare minaccioso.
«Vorrei che mi avvolgessero…» le spiego, ignorandola.
«Eh?!» ribatte Chichi, arrossendo di nuovo.
«Vorrei che quelle gambe avvolgessero la mia testa, intendo».
«Tu… tu devi avere qualche problema mentale!»
«Allora deve avercelo anche la tua sorellona» le rispondo, ghignando. «A lei andrebbe bene farlo, nonostante sia una mia senpai. Non che non l’abbia già fatto, in realtà, sia chiaro».
«T-tu… e l-lei…» farfuglia Chichi, paonazza, puntando il dito indice contro di me e fissandomi con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati, mentre esce lentamente dall’acqua.
«Uhm? Non capisco…».
«Ma come fa una come lei a stare con uno come te?!»
«Ah, ogni tanto me lo chiedo anch’io» accenno un sorriso, guardando verso il cielo. «Di sicuro ho avuto una gran botta di culo a trovare tua sorella. E non solo perché è fottutamente bella, sia chiaro».
Chichi sorride a sua volta, guardandomi negl’occhi, prima di sedersi sulla sabbia accanto a me e mettersi a guardare di nuovo il mare.
«Io non capisco se sei scemo o se fai lo scemo. Se sei un immaturo o se sei responsabile» mi dice. «O se sei pazzo».
«Ah, quello non lo so nemmeno io» le rispondo. «O meglio, so per certo di essere pazzo e decisamente scemo… per il resto lascio il verdetto agli altri».
«Sei strano… però sei uno che sa far ridere gli altri. E sei gentile» accenna un sorriso lei, senza distogliere lo sguardo dal mare sconfinato davanti a noi. Si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi fa battere il cuore un po’ più forte per un istante. Sembra davvero Lazuli in questo preciso momento.
«Lo sai perché mi piace tanto il mare? A parte per il fatto che è uno spettacolo meraviglioso, intendo» ribatto.
«Perché puoi vedere la sorellona in bikini?» butta lì Chichi ghignando. Direi che sta imparando a conoscere come sono fatto.
«A parte quello, ovviamente» sorrido. «Mi piace perché se ne frega. Ammiro il mare perché se ne frega».
«Eh?! Il mare se ne frega?! Cosa significa?» mi chiede lei, interdetta.
«Guardalo, Chì. È grande, è forte, è pieno di sé. Cosa cambia per lui se c’è il sole o se c’è una tempesta? Dopo la pioggia il mare torna come prima, calmo e rassicurante» le spiego, mentre mi guarda con aria interrogativa. «Il mare a volte cambia aspetto, ma resta sempre sé stesso. Ogni tanto ci sembra celeste, altre blu, altre trasparente… persino rosso o nero. Ma è sempre lui, è sempre lo stesso mare. Qualunque cosa gli capiti, qualunque cosa succeda intorno a lui».
«Come fa a fregarsene di tutto?» mi domanda, tornando a guardare davanti a sé.
«Boh, lo fa e basta. Non gliene frega niente di me, di te, di nessuno. Delle cose belle, ma anche e soprattutto delle cose brutte. Il mare è sempre sé stesso, che ci sia una splendida giornata come oggi o che gli piova addosso una valanga di merda. Il mare se ne frega, la pioggia lo sfiora appena. Si fa scivolare addosso le cose brutte e va avanti come nulla fosse».
«Per te si può essere come il mare, Rad?»
«Si può essere quello che si vuole nella vita. Io ci provo. Provo a lasciarmi sfiorare appena dalle cose brutte che mi capitano. Ma non sempre è possibile farlo quando ci si trova nella merda fino al collo, non sempre si è abbastanza forti o abbastanza positivi. Il mare lo fa sempre».
«Già, è difficile lasciarsi scivolare addosso tutto… il presente, il passato…» sospira lei.
«Il passato mi ha fottuto, una volta. Non sono stato abbastanza forte da lasciarmi scivolare tutto addosso. Forse ero troppo piccolo, sicuramente ero troppo solo… fatto sta che credo che ne porterò addosso i segni per sempre» replico amaramente, sfiorandomi appena il petto, senza che lei possa capire. «Ma si possono imparare molte cose dal dolore. Anzi, forse vedi nitidamente certe cose davanti a te quando stai soffrendo di più: le priorità, gli obiettivi, il valore delle piccole cose e della quotidianità. L’importanza di aver vicino qualcuno che ti vuole bene, qualcuno che lotta al tuo fianco. Qualcuno per cui valga la pena stringere i pugni, ma soprattutto per cui valga la pena sorridere. Qualcuno che hai voglia di far sorridere».
«Mi dispiace se hai dovuto soffrire in passato. Tu… tu sembri così spensierato, così sicuro di te. Io… io non pensavo che uno come te potesse aver passato dei brutti momenti» ribatte Chichi, quasi in un sussurro. «Anch’io ho sofferto… cioè, soffro ancora in realtà. Non ce la faccio ad essere come il mare, non sono capace di fregarmene. Tu hai imparato a farlo?»
«Ho imparato a modo mio, Ad esempio per due anni ho imparato a ignorare la gente che mi parlava dietro a scuola, che mi considerava un reietto per qualcosa che non avevo fatto.
Oggi mi considerano un eroe della scuola grazie al calcio e alla mia storia con tua sorella, ma fino a pochi mesi fa era tutto diverso».
«Non l’avrei mai detto che a scuola eri emarginato, oggi ti cercavano tutti e tutte. Sei stato bravo a fregartene in questi anni, ad essere come questo mare».
«Io però non voglio fregarmene proprio di tutto come fa il mare» preciso. «Non voglio fregarmene dei momenti belli che vivo o che ho vissuto, come non voglio fregarmene delle persone a cui tengo. Per loro… beh, per loro sarei disposto a fare di tutto. Per tua sorella credo che sarei pronto anche a dare la vita».
«Sai una cosa, Rad?» riprende Chichi, guardandomi di nuovo negl’occhi.
«Uhm?»
«Sarai anche pazzo, scemo, magari immaturo o maniaco… ma sei una bella persona secondo me. Sei uno su cui si può contare».
 
Restiamo in silenzio per un po’ a guardare il sole che scende sempre di più verso l’orizzonte, lasciandoci cullare dal suono rilassante delle onde che si spengono sul bagnasciuga.
«Perché quando sei con Lazuli non la chiami “sorellona”?» provo a indagare. Chichi solleva impercettibilmente la schiena e sgrana gli occhi per un istante, come se fosse stata punta da qualcosa o attraversata da una piccola scossa. «La chiami sempre “Lazuli-san” e ti sforzi di parlarle educatamente. Quando sei con me sei diversa. Mi sembri più te stessa, anche se ti conosco appena».
«M-mi sembra una cosa normale! È una senpai che rispetto molto nel mondo dello spettacolo di cui faccio parte anch’io» sbotta, abbassando la testa e stringendo della sabbia nei suoi pugni chiusi.
«Tutto qui?»
«Sì…» sospira mestamente.
«Allora perché sei andata proprio a casa sua l’altra sera? Io sarei andato da qualcuno con cui sono più in confidenza».
«Forse non tutti sono come te…» sospira di nuovo, in tono malinconico, tenendo sempre la testa bassa. «Io non sono come te».
«Sicura che non c’è qualcosa che vorresti dirle?» le chiedo, notando con la coda dell’occhio che ancora una volta devo aver colpito nel segno, a giudicare dallo scatto involontario fatto da Chichi. Ha anche rialzato la testa. I suoi occhi sono sgranati. «Qualcosa tipo: “Ti odio, sorellona”?»
«No!» grida, voltandosi immediatamente in mia direzione. «Ti… ti sbagli…» aggiunge in un sussurro, abbassando di nuovo la testa. I suoi occhi di ghiaccio sono lucidi.
«Beh, non ci sarebbe nulla di male…» provo a rassicurarla. «Se sei scappata di casa, significa che hai litigato con tua madre. E se la causa del vostro litigio è stata Lazuli, è normale che tu la odi».
«Io… io non ho detto nulla di simile!» si rialza in piedi di scatto, con gli occhi pieni di lacrime e il tono di voce intriso di rabbia. «Tu… tu devi restarne fuori! Tu non sai niente! Nemmeno ti conosco!» mi grida contro, stringendo i pugni.
«Non ci vuole un genio per capire certe cose» le rispondo, guardandola negl’occhi e mostrandomi tranquillo. «E devi sapere che Là è sempre un passo avanti su tutto, quindi l’avrà capito di sicuro anche lei».
«Non… non ci credo…» sussurra Chichi, lasciandosi cadere le braccia lungo i fianchi e fissando il vuoto davanti a sé con sguardo vacuo.
Si rimette a sedere vicina a me, con il mento appoggiato alle ginocchia strette nelle sue braccia. Resta in silenzio, con gli occhi lucidi, non saprei dire per quanto.
«Beh, si sta facendo tardi. Devo andare a casa da mio fratello, adesso» le dico, rialzandomi in piedi.
«Tu hai un fratello?»
«Sì, ha un anno in meno di te ed è un bravo ragazzo. Lui sta lottando da due anni contro questa Sindrome della Pubertà che ora sta rompendo le palle a te».
«Anche a lui è successo?! E adesso non è più nel suo corpo nemmeno dopo due anni?!»
«Da quello che so, questa Sindrome ha effetti diversi a seconda di chi ne viene colpito. Ci siamo passati anche io, tua sorella e due mie amiche. Ma ne siamo usciti».
«Anche la mia sorellona?! Davvero?!»
«Diciamo che è così che ci siamo conosciuti io e lei… in un certo senso dovrei essere grato alla Sindrome della Pubertà» le sorrido, guardandola dall’alto verso il basso, visto che lei è ancora seduta.
«E tuo fratello come sta?»
«Sta bene, è un po’ timido con gli estranei, ma mi piacerebbe fartelo conoscere. Lui ha perso la memoria due anni fa e i suoi ricordi partono solo da quel momento. Allo stesso tempo tutto questo casino l’ha reso un po’ infantile, ma lui è una roccia e so che ce la farà. Noi viviamo da soli nel palazzo davanti a quello di Là».
«E i tuoi?»
«C’è stato un momento della mia vita in cui ho odiato i miei… come adesso Lazuli odia sua madre, ad esempio. Per questo ti dico che può capitare di non sopportare un familiare, non c’è nulla di strano. Anche tra sorelle ci si può odiare in certi periodi, penso. Ma credo anche che certi rapporti si possano recuperare. Io voglio bene ai miei» le spiego, osservando al contempo la sua reazione. Abbassa di nuovo la testa, a disagio. Credo si senta in colpa perché odia Lazuli e non vuole ammetterlo. «Quando mio fratello è stato male, mia madre ha avuto un crollo psicologico e da allora è stata ricoverata. Mio padre è con lei, per quello noi siamo soli».
Mi chino verso di lei e le sollevo il mento tra indice e pollice, fissando i miei occhi neri nei suoi di ghiaccio. «Ma la vita va avanti lo stesso, no? E tutte le notti ce l’hanno una fine, quindi non dobbiamo dimenticarci mai di sorridere. Perché chi sorride è più forte, come mi aveva insegnato una persona tempo fa» aggiungo, spostandole i bordi della bocca per farla sorridere a sua volta.
«Ora devo andare, se tu vuoi restare ancora fai pure. Tanto dovresti aver imparato la strada per tornare a casa» le spiego, mentre mi rialzo. «Dopo vedi di parlare con tua sorella, ok? Ci vediamo domani».
«A-aspetta, Rad!» esclama Chichi, rialzandosi di scatto e tirandomi un lembo della camicia della mia divisa scolastica sulla schiena per fermarmi.
«Uhm?» mi volto, mentre lei guarda verso il basso e non molla la presa sulla mia camicia. È strano vedere il corpo di Lazuli così sofferente, non ci ero più abituato. Mi stringe il cuore, anche se so che non è lei che sta soffrendo in questo momento, nonostante l’aspetto esteriore che ha Chichi adesso. Ma fa male lo stesso, tanto anche.
«N-non puoi ospitarmi per un po’? Non me la sento di andare a casa sua adesso…» sussurra, visibilmente a disagio.
«E come glielo spieghiamo a lei?!» ribatto, sollevando un sopracciglio.
«Basterà che ti inventi una scusa! Per favore, Rad…» mi implora Chichi, congiungendo le mani e chiudendo gli occhi, mentre abbassa la testa.
«C’è qualcosa che dovrei sapere, per caso?!»
Una voce dal tono gelido e impassibile ci fa voltare entrambi di scatto, e a me viene spontaneo sorridere, a differenza di Chichi. Avevo scritto un messaggio a Lazuli per dirle che eravamo qui, e sento il mio cuore battere più forte ora che è qui davanti a me. Nonostante non abbia il suo corpo è stupendo averla qui.
«Chichi-chan dice di voler dormire a casa mia» le spiego, guardandola dritta nei suoi occhi neri che sembrano improvvisamente essere attraversati da una scintilla.
«Perché?» sibila, fredda e distaccata, rivolgendosi a me e non a sua sorella, che la osserva visibilmente a disagio e intimorita.
«Beh, sai com’è… si è già innamorata di me!» esclamo, allargando le braccia e sollevando ritmicamente le sopracciglia. Pessima idea, direi, dato che vengo bruciato vivo dall’occhiataccia congiunta delle due sorelle. E, sempre più convinto che sia stata una pessima idea fare questa battuta, osservo Lazuli che stringe il suo pugno destro, probabilmente pronta a colpirmi.
«Glielo dico io…» sospira invece Chichi, guardando Lazuli e salvandomi di certo dalla sua ira. La mia ragazza posa gli occhi su di lei, sciogliendo al contempo il pugno che stava caricando minacciosa.
«Devi sapere che…» comincia Chichi timidamente, abbassando subito la testa perché non in grado di sostenere lo sguardo gelido e impassibile di Lazuli. In effetti il suo sguardo glaciale fa spavento in questo preciso istante, nonostante questi nuovi occhi neri che sembrano bruciare come carboni ardenti. «Ecco… io ho sempre vissuto nella tua ombra, fin da bambina. Ogni volta che andavo a un’audizione ed eri presente anche tu, eri sempre te ad essere scelta» aggiunge mestamente, riprendendo finalmente a guardare la sorella, che tuttavia non batte ciglio. «Per questo motivo poi mia madre se la prendeva sempre con me…» prosegue, con la voce che si fa via via più strozzata. «Sai cosa diceva?! “Tua sorella ce l’ha fatta! Possibile che tu non possa essere come lei?! Io voglio vederti avere più successo di lei!”»
Si interrompe per un istante, abbassando di nuovo la testa e stringendo i pugni. Sembra stia cercando di non piangere. Anche lo sguardo di Lazuli sembra meno freddo. Forse è dispiaciuta, o magari il carattere della madre di Chichi le ha ricordato quella della sua. Gente senza scrupoli, altro che mamme, per come vedo io le cose.
«Quando ti sei presa una pausa dal mondo dello spettacolo, finalmente sono riuscita a esordire come idol con le Sweet Bullet» riprende Chichi, accennando un sorriso malinconico. «In quel periodo mia mamma iniziò per la prima volta ad essere più gentile e a complimentarsi con me».
Si interrompe di nuovo e riprende a guardare negli occhi Lazuli, indurendo il suo sguardo e stringendo più forte i pugni. «Allora… allora perché sei tornata così dal nulla?!» grida in faccia a sua sorella maggiore. «Hai avuto subito una parte importante in un telefilm famoso, sei apparsa in tantissimi spot e su un sacco di riviste di moda! Quante volte ti hanno già messo in copertina?! Eh, quante?!» sbraita, irritata e rabbiosa, con gli occhi pieni di lacrime. «Perché mi metti sempre i bastoni tra le ruote?! Fai senza problemi cose per cui a me sono serviti anni di duro lavoro! Sei sempre tu quella al centro dell’attenzione! Devi smetterla di mandare all’aria tutti i miei sforzi!» prosegue, urlando in un ringhio soffocato tutto quello che aveva represso dentro di sé da una vita, mentre Lazuli continua a fissarla impassibile, come se la cosa non la riguardasse. «T-ti odio! I-io ti odio… sorellona!» conclude, con la voce rotta da un pianto che fatica sempre più a trattenere.
«Davvero? Buono a sapersi» si limita a commentare Lazuli, che non sembra né stupita e né toccata dalle parole che le ha urlato in faccia sua sorella minore, che sgrana gli occhi e scioglie i pugni, stupita da quella reazione. «Sai una cosa? Quando eravamo piccole anch’io ti odiavo, anche se non te l’ho mai detto» le spiega tranquillamente Lazuli, fissandola con apparente distacco. «Ti odiavo, anche se ho capito in fretta che la colpa non era tua. La colpa era ed è solo della sconsideratezza di nostro padre. E, dopo di lui, le nostre madri hanno completato l’opera» aggiunge, interrompendosi per un istante e osservando il viso di Chichi, che poi sarebbe il suo, sempre più pallido nonostante sia illuminato dai raggi del sole al tramonto. «Non solo nostro padre mi ha abbandonata quando ero appena nata, ma ha poi avuto la faccia tosta di essere stato proprio lui a farci incontrare, visto che gli andava bene che facessimo gli stessi provini. Ho sofferto per questo, non potevo che odiarti. So che tu non potevi farci niente e non è certo colpa tua se lui ti ha messo al mondo dopo avermi abbandonata, ma spero capirai il mio punto di vista» conclude, prima di voltarsi e cominciare a camminare verso la scalinata che collega la spiaggia alla strada. «Andiamo, Rad. Dormirò a casa tua stanotte» stabilisce, prima di voltarsi un’ultima volta verso Chichi, che la guarda con la faccia stravolta e le guance rigate di lacrime. «Tu fai quello che vuoi. Le chiavi di casa mia ce le hai e la strada la conosci, se dopo vuoi venire anche tu a dormire a casa sua decidilo da sola» aggiunge lapidaria, mentre la raggiungo e allo stesso tempo cerco di sorridere in modo rassicurante verso Chichi per consolarla e darle forza. Che situazione del cazzo, a volte vomitarsi in faccia una verità sotterrata per una vita può far male come un pugno in faccia al dodicesimo round di un incontro di boxe o come un gol decisivo subito al novantesimo minuto. «Se tu mi odi non è un problema mio, ho superato quella fase da anni. Cerca di crescere».
 
 
 
 
 
 
 
Note: buona settimana a tutti e grazie per aver letto questo capitolo, prima di tutto. Abbiamo conosciuto un po’ meglio Chichi, soprattutto Rad e lei hanno passato molto tempo insieme e alla fine la verità viene a galla. Una verità che fa male, perché è stato brutto anche per me far litigare così Là e Chì. Ma un confronto sincero era necessario e non rimandabile a questo punto. Chichi esplode letteralmente, tira fuori tutto il dolore accumulato per anni e lo sfoga sulla sorella maggiore. Lazuli ribatte e reagisce a modo suo, senza scomporsi ma facendo malissimo. In ogni caso sappiate che sta soffrendo anche lei per tutto questo.
Non lo so, cosa pensate di questa situazione? Io dico che i sentimenti di Chichi sono condivisibili ed è comprensibile ciò che provi, ma secondo me sbaglia a ritenere Lazuli responsabile del suo dolore. Ma sono sicuro che presa dal momento concitato abbia esagerato anche lei, che abbia fatto di tutta l’erba un fascio, come si suol dire. Io non credo che queste due sorelle si odino davvero, secondo voi?
Altra parte importante del capitolo e a cui tengo molto è quella con Rad e Chì in riva al mare. In quel momento Radish tira fuori davvero tutto sé stesso, dalle battute allusive alla dolcezza, passando soprattutto per l’esposizione di quella che è un po’ la sua filosofia di vita. Io spero che vi sia piaciuta quella parte, che abbiate apprezzato questa cosa del mare che se ne frega, un concetto già comparso in questa storia e anche molte altre volte nei miei passati lavori, per chi mi conosce da tempo. Avevo intitolato persino così la mia prima one shot (con C18 protagonista, tra l’altro) assoluta su efp, una storia a cui sarò sempre legato. Vi ricordo poi che “Il mare se ne frega” è una canzone di Raige cantata dai Onemic, gruppo di cui faceva parte allora. Ascoltatela e cantatela, ne varrà la pena. ;-)
Tra l’altro mi è piaciuto molto tornare a scrivere di Rad e Chichi insieme, immaginare dialoghi tra loro, farli punzecchiare a vicenda. È stato molto da “Beauty and the Beast”, dove li mettevo in scena sempre insieme e mi facevano ogni volta ridere da solo come uno scemo. Spero vi siano piaciuti!
Abbiamo anche saputo che tra Bulma e Vegeta va tutto ok, quindi possiamo stare tranquilli almeno per loro!
Sulla mamma di Chichi invece avete qualcosa da dire? Domanda retorica, immagino.
 
Ok, grazie mille come sempre a chi mi lascia il suo parere e un incoraggiamento, che sono sempre graditi e anzi fondamentale per chi scrive e spera di divertirvi un pochino con quello che fa. Grazie a chi c’è sempre, a chi mi sostiene in questa storia dall’inizio e a chi continua ad amare questi personaggi. Un grazie speciale a chi legge in silenzio e spero che continui ad apprezzare, se volete farmi sapere anche voi cosa ne pensate di Chichi e del nuovo arc ne sarò davvero onorato!
Ringrazio poi tanto Sapphir Dream che ha colorato lo stupendo e commovente disegno di Rad e Là che avevo allegato in bianco e nero al cap. 8, relativo alla scena finale del cap.7 in cui Radish si addormenta davanti a Lazuli dopo tre notti insonni, a causa del sonnifero che gli aveva dato lei nonostante fosse stata ormai dimenticata da tutti e nessuno riuscisse più a vederla. Forse è la scena più bella e toccante dell’intera storia… di sicuro mi aveva abbastanza devastato. ;-)  Ve lo posto qui sotto.
 
Bene, ci vediamo mercoledì prossimo e vedremo un po’ le due sorelle impegnate a vivere l’una la vita dell’altra, con Rad sballottato un po’ di qua e un po’ di là in cerca di una soluzione.
Cosa dite, andrà anche Chichi a dormire a casa di Rad nonostante ci sia Lazuli? E Goku come reagirà nel conoscere (eventualmente) Chichi e, prima ancora, il corpo di Chichi occupato da Lazuli? Vi ricordo che Chichi ha solo un anno in più di Goku in questa storia.
Torneranno anche in scena Lunch e soprattutto la piccola Videl-chan, visto che non ci sono già abbastanza guai in vista, no? :-)
In tutto questo, riusciranno almeno a chiarirsi le due sorelle? Per saperlo, ci vediamo mercoledì con “La vita dell’altra”!
 
Teo
 
 

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