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Autore: T612    30/08/2019    1 recensioni
James vorrebbe solo che Parigi assumesse le sembianze di un punto fermo, un luogo dove gli incubi possono venire dimenticati, lasciando spazio al sole caldo ed ai violini che suonano ad ogni ora del giorno… ma sa che non è possibile, perché i demoni non riposano mai e si annidano nell’ombra, soprattutto se hai insegnato loro come nascondersi.
Natasha vorrebbe solo riuscire a chiamare Parigi “casa”, dimenticando i mostri sepolti sotto la distesa bianca di Mosca per il bene di entrambi, ma ancora esita a voltare completamente pagina e non sa spiegarsi di preciso perchè… forse perchè dai propri demoni non si può scappare troppo a lungo, specialmente se sono l’incarnazione dei misfatti compiuti in Siberia.
Entrambi non possono far altro che procedere per tentativi sperando per il meglio, ma presto o tardi l’inverno arriva anche a Parigi… e la neve è destinata a posarsi inesorabile sui capi di innocenti e vittime, senza discriminazioni e soprattutto senza fare sconti a nessuno.
[WinterWidow! // What if? // >> Yelena Belova]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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PRIMA PARTE - CAPITOLO VII



 

13 agosto 2018, Cimitero Nazionale di Arlington, Washington DC

 

L’avevano trovata.

Circa quattordici ore prima le guardie del deposito militare in New Jersey avevano inviato alla base la segnalazione di un furto e due omicidi, mobilitando l’intero Complesso quando Maria Hill aveva certificato la presenza di Novokov e Natasha attraverso il circuito esterno delle telecamere di sicurezza che i due avevano avuto la premura di non debilitare, ricevendo le coordinate di tre punti di impatto seminati per tutta Washington DC sul transponder recuperato dal cadavere di Stanovich, che aveva mantenuto il suo status di silenzio radio da quando Natasha era evasa dall’Helicarrier informando Novokov del loro flebile vantaggio, tornando funzionante ed improvvisamente operativo in un chiaro richiamo alla trappola proposta.

C’era stata un’accesa discussione tra tutti i residenti del Complesso alla quale James aveva partecipato più per quieto vivere che altro, desistendo dall’impulso viscerale di lanciarsi all’inseguimento appena erano entrati in possesso delle coordinate della compagna… ma come era prevedibile, il briefing non era servito a fare il punto della situazione stabilendo un piano d’azione, anzi, si era rivelata una futile discussione sul coinvolgerlo o meno nell’operazione, ritrovandosi sorprendentemente a ringhiare contro Maria Hill con Steve e Clint a seguito.

James aveva finto un principio di ribellione quando Maria aveva ceduto affibbiandogli il target con un apparente grado di pericolo minore, spedendolo di corsa su due ruote al Cimitero Nazionale di Arlington, un obbiettivo decisamente meno appariscente rispetto al Triskelion o al Campidoglio. Aveva tenuto per sé la considerazione che, stando alle ricerche e le informazioni raccolte su Novokov negli ultimi giorni, a dispetto da quanto ipotizzato il punto d’impatto più probabile era paradossalmente il Cimitero… era ormai palese che Novokov avesse spostato la faida sul piano personale, discostandosi dal raziocinio imposto da quel Capo non ancora reso noto, ritenendo che dopo aver preso Natasha come trofeo, la stilettata finale volta a stroncarlo si sarebbe inevitabilmente verificata di fronte al memoriale eretto agli Howling Commandos, reputandolo il luogo perfetto per rigirare il coltello nella piaga attaccando il mausoleo che incarnava l’inizio della sua fine. 

James guida la motocicletta sotto la pioggia scrosciante che rimbalza gelata contro l’asfalto, aggirando le pozzanghere formatesi lungo la strada, riservandosi un minimo di accortezza aggiuntiva nell’evitare di scivolare sulla carreggiata sdrucciolevole schiantandosi contro il guard rail o un palo della luce proprio ora che si trova ad un passo da Natasha… realizzando con una folgorazione improvvisa di non essersi sentito più bisognoso di così della sua piccola ballerina, temendo un secondo crollo psicotico di fronte al dubbio di essersi sbagliato di nuovo, spaventato dal pensiero ossessivo di ritornare ad essere quel Soldato senza fissa dimora che Natasha aveva salvato dal baratro re-insegnandogli ad identificarsi nel concetto nebuloso di “casa”, fornendogli un porto sicuro a cui fare sempre ritorno.

Sterza sollevando un’onda che torna ad infrangersi contro la pozzanghera da cui era emersa, inchiodando davanti ai cancelli d’entrata del Cimitero trovando la guardia notturna tramortita nascosta da un pilastro, chinandosi portando due polpastrelli alla giugulare dell’uomo certificando le sue condizioni vitali, ottenendo al tempo stesso la conferma inequivocabile di trovarsi nel posto giusto.

James reprime l’istinto di gettarsi nella mischia con fare impulsivo, ragionando sul da farsi valutando le opzioni a sua disposizione, concedendosi un paio di respiri profondi per concentrarsi, perché oltre quel cancello c’è Natasha… che lo aspetta per ucciderlo, non di certo per essere salvata. 

-Steve. -comunica alla ricetrasmittente, assecondando lo sprazzo di buon senso che lo spinge ad avvisare il fratello. -L’ho trovata, sono al cimitero.

-Aspet-... 

-No. -lo interrompe senza dargli la possibilità di articolare più di due sillabe. -Te lo dico per avvisarti, non per chiederti il permesso.

James chiude tutte le comunicazioni prima che il fratello inizi con una sequela di raccomandazioni volte a farlo desistere dall’intervenire prima dell’arrivo della squadra di supporto, impaziente di entrare in azione, fatalmente attratto dalla dalla compagna al pari di una calamita.

Scavalca il cancello muovendosi in avanscoperta, prestando attenzione ai propri movimenti, riparandosi tra le tombe e i mausolei fino a raggiungere il monumento dedicato agli Howlings… sollevando inquieto lo sguardo su Natasha, che se ne sta tranquillamente seduta sopra la sommità della lastra di granito in sua attesa, incurante della pioggia che la sta infradiciando dalla testa ai piedi, voltandosi sorridente nella sua direzione quando percepisce la sua presenza tra le ombre.

-Amore.

James si blocca interdetto trattenendo il respiro quando sente la sua voce… con quel tono, con quello sguardo… realizzando con un secondo di ritardo fatale che Natasha non sta guardando lui, ma sta scrutando quel qualcuno alle sue spalle che ha appena chiamato “amore”.

Ruota il busto appena in tempo per schivare il proiettile che fischia al suo fianco, fronteggiando Novokov con il sangue che ribolle nelle vene, dando inizio ad una cacofonia di spari fragorosi che fanno a gara per sovrastare il rombo dei tuoni in lontananza.

-Non ti bastava averla presa come trofeo, eh?! -urla partendo alla carica, abbandonando le armi a terra nel giro di qualche minuto quando si rende contro che il fuoco incrociato si sta avvicinando pericolosamente a Natasha, timoroso di colpirla di rimbalzo, schivando la traiettoria dei proiettili trovando riparo dietro ad una lastra di marmo poco distante concedendosi di riprendere fiato.

Si puntella alla lastra di marmo, chinando la testa con la fronte premuta contro la superficie fredda, contando i secondi tra un respiro e l’altro impedendosi di iniziare ad iperventilare… distraendosi quando l’acqua gelata filtra attraverso il colletto della tenuta in kevlar scivolando lungo la sua spina dorsale provocandogli un brivido, tradito dalla propria memoria tattile che gli ripresenta inopportuna il ricordo del getto congelato del soffione della doccia quando, con una spinta più forte delle altre, Natasha aveva urtato accidentalmente il regolatore della temperatura l’ultima volta che erano finiti per fare sesso contro le piastrelle del bagno, artigliandole la pelle candida sopprimendo uno spasmo dovuto al drastico cambio di temperatura mentre la sua risata leggera gli aveva invaso i timpani.

Il fatto che la sentisse ridere anche in quel preciso momento, non era per niente d’aiuto.

-Sei qui da solo, non è vero? -lo deride Novokov da un punto imprecisato al di là della lastra di marmo. -Ovvio che sì… non sia mai che il leggendario Soldato d’Inverno si abbassi a chiedere aiuto a qualcuno!

James si riscuote dal momento di debolezza e storce la bocca in una smorfia nel sentirsi ribadire forse il suo più grande difetto, ritrovandosi inconsapevolmente a sorridere ghignando quando realizza che, nonostante la sua testardaggine, nel corso degli anni qualcosa l’aveva imparato sul serio.

-Steve, dove sei? -chiede alla ricetrasmittente riattivando il canale di comunicazione ricollegandosi con gli altri.

-In auto con Barton ad un chilometro dal Cimitero… tu come sei preso? -risponde subito con efficienza il fratello, la voce che si sentiva a stento, coperta dal vento che entrava dai finestrini della macchina e dalle imprecazioni di Clint contro la pioggia, la segnaletica stradale ed i semafori.

-Male. Ad un passo dal collasso e disarmato… gradirei un aiuto.

-Ti avevo detto di aspettare… 

-Non è il momento, Steve. -ringhia in risposta troncando la paternale sul nascere. -Datevi una mossa, io vi creo un diversivo.

James riemerge dal suo nascondiglio mettendosi in bella mostra agli occhi di Novokov pronto all’attacco, cadendo a carponi quando Natasha gli atterra sulla schiena a tradimento, iniziando a prenderlo a calci garantendo una via di fuga al Soldato, reagendo alle percosse sfilandole la pistola dalla fondina sul fianco e rifilandole un calcio allo stomaco che la fa scivolare sulla superficie marmorea delle lapidi interrate, spingendola involontariamente a trascinarsi verso Leonid in cerca di protezione… che la aiuta a rimettersi in piedi mentre James punta la canna dell’arma contro Novokov, osservando orripilato la mano del Soldato che afferra un coltello dal fodero e preme la lama seghettata contro la gola di Natasha, sfidandolo con lo sguardo ad agire.

-Amore, che stai facendo? -la traccia di panico mista a confusione nella voce della compagna gli rivolta lo stomaco sottosopra, fermo immobile osservandola impotente mentre lei cerca una spiegazione negli occhi freddi di Leonid.

-Barnes, quando vuoi, siamo in posizione. -interviene tempestiva la voce di Clint all'auricolare quando James si era ormai rassegnato all'attesa di un miracolo, ritrovandosi a ringraziare mentalmente un dio qualunque per essere intervenuto al momento giusto.

-Ora!

La freccia scocca con precisione millimetrica centrando il polpaccio della donna, che si piega in avanti sfuggendo dalla presa mortale di Novokov, mentre James reagisce fulmineo crivellando il Soldato di proiettili, abbandonando il bersaglio quando Steve si avvicina di corsa prendendo in custodia il corpo in fin di vita di Leonid… era finita, aveva appena vinto, ma James non riusciva ancora a rendersene conto.

-Natalia! -urla precipitandosi al cospetto della donna, saltando in corsa le lapidi che si interpongono tra lui e la compagna… ritrovandosi nuovamente a corto di fiato per colpa di un calcio ben piazzato allo stomaco rifilatogli da Natasha, arrestando la sua corsa prima di riuscire anche solo a sfiorarla con un dito.

-Stammi lontano! -grida con tono furente in risposta, ritraendosi contro la lapide sulla quale si stava puntellando per rimettersi in piedi fuggendo al suo tocco… registrando in sordina la ferita quasi rimarginata sull'arcata del sopracciglio e lo zigomo destro, impedendosi di focalizzarsi su quei dettagli abominevoli nella futile speranza di sbagliarsi almeno per quella volta.

-’Tasha, sono io, sono James… -ritenta avvicinandosi di nuovo di mezzo passo, il panico ben udibile dalla voce… perchè, anche se vuole negare l’evidenza con tutte le sue forze, lo vede chiaramente dalle iridi verdi della donna che non lo riconosce. 

-Chi diavolo è James? -replica Natasha confusa, bastano quattro semplici parole ed il suo stomaco sprofonda all’istante fin sotto le scarpe.

Cade in ginocchio inebetito dalla situazione, perchè nonostante Novokov abbia appena perso, James non sente di aver vinto… anzi, gli sembra di essere appena morto, riconoscendosi nelle lapidi che lo circondano, trovando solo le forze necessarie per chiedersi il motivo per cui i suoi polmoni si ribellino al suo volere continuando imperterriti a respirare.

È esattamente quello il momento in cui James prega che Leo sia già morto… lasciando che la pioggia lavi via le lacrime che gli rigano il volto.

 

***

 

14 agosto 2018, Dark Room - Base operativa, Mosca

 

-Che è successo? -la anticipa bruscamente Madame B appena Yelena varca la soglia dell’ufficio, bloccandosi interdetta stringendo tra le dita il messaggio decriptato inviatogli dai loro contatti in America.

-Novokov è morto, ha fallito. -riassume spiccia porgendo il telegramma alla donna, che lo osserva critica piegando la bocca in una smorfia che dichiara disappunto.

-Alla fine non ha resistito, ha voluto fare sfoggio del suo trofeo… uomini. -riprende con tono tra il seccato e la sufficienza, allegandoci in chiusura un insulto generalizzato, appallottolando il foglio di carta tradendo un moto di profonda irritazione. -Almeno ha fatto qualcosa di quanto mi ha promesso?

-Lei ha detto che se vogliamo affermarci dobbiamo toglierci lo SHIELD dai piedi, quindi direi che Novokov ha quantomeno ottenuto una finestra… -lo giustifica Yelena esponendo le informazioni pervenute. -Momentaneamente siamo senza Nick Fury in gioco e con due dei suoi mastini danneggiati su tre… tuttavia зимний солдат1 ha recuperato la царица2 e a mio avviso… 

Madame B storce le labbra a metà resoconto evitando accuratamente di esprimersi, gettando Yelena nella confusione più totale spingendola a fermare il suo rapporto… credeva di essere stata informata dei piani completi, non di una singola parte.

-Cosa non mi sta dicendo, Madame? -la provoca sottile incrociando le braccia al petto, per una volta incurante del dimostrare al suo superiore quanto sia turbata dalla faccenda.

-La царица2 doveva fare ritorno a casa -brontola Madame B facendo trasparire la confessione dalle labbra mascherandola in una nozione di poco conto, liquidando l’affermazione con una scrollata di spalle. -... ma va bene anche così, abbiamo danneggiato entrambi i mastini russi, non possiamo considerarlo un fallimento completo.

-Non capisco, Madame. -afferma spaesata Yelena, cercando inutilmente un nesso tra la separazione dei suoi due maestri ed il desiderio contrastante del suo Capo nel volere il ritorno della Traditrice tra le fila della Stanza Rossa, trovando la spiegazione in una deduzione che non la aggrada per niente. -Il mio operato non la soddisfa?

-Il tuo operato è eccellente, Yelena. Non ho avuto mai dubbi su questo.

-Grazie, Madame. -finge riconoscenza, abbassando leggermente il capo.

Yelena Belova è ben consapevole di non essere all’altezza della leggendaria Natalia Romanova, ma negli anni aveva sviluppato l’innata dote di capire quando qualcuno le mentiva, anche se quel qualcuno era una bugiarda professionista come il suo Capo.

Madame B non l’aveva espresso a voce ma segretamente desiderava sostituirla, l’occasione era sfumata traducendosi in un nulla di fatto, ma l’intenzione c’era stata… e Yelena aveva faticato troppo a lungo per arrivare a sfiorare la vetta della gerarchia del Leviathan solamente per vedersi soffiare il suo posto da sotto il naso dalla perfetta Natalia Alianovna Romanova, che nonostante un tradimento, un parricidio, una decina di rivolte varie ed una nota rossa sbiadita sul curriculum continuava a vantare immutata il suo status di Zarina2 e di pupilla agli occhi di Madame B.

Non era giusto… nonostante tutti i suoi sforzi, la sua tempra ed il suo essere ligia al dovere, Yelena sapeva senza ombra di dubbio che Madame B non ci avrebbe pensato due volte nell’ordinare il suo assassinio se solo avesse fiutato aria di tradimento. Quella era stata la sorte di sua sorella, dopotutto… ma non di Natalia. 

Poco importava se aveva tentato la fuga in tre occasioni diverse, se aveva costretto i Capi ad anticipare la cerimonia di laurea a sedici anni3, se avevano dovuto resettarla innumerevoli volte, se si era ribellata per difendere l’amore di un Soldato corrotto, se li aveva traditi parteggiando per gli americani in nome di una salvezza emancipata, se aveva ucciso il suo stesso padre per proteggersi dai fantasmi che minacciavano di distruggere il suo castello di fantasie in cui desiderava continuare a vivere… non importava, perché se una sola azione di quelle avrebbe decretato la morte istantanea di Yelena senza causare alcun tipo di rimorso, la stessa legge non si sarebbe mai e poi mai applicata alla Zarina. 

-Comunque, stavo dicendo… a mio avviso, credo abbiano capito che puntiamo al salvavita, Rodchenko deve essersi lasciato sfuggire qualcosa. -riprende Yelena con tono neutro, valutando la reazione di Madame B per agire di conseguenza, interrogandosi sul motivo per cui continuasse a cercare di compiacerla a discapito del trattamento riservatole, riscoprendosi nostalgica del rapporto tra pari che aveva instaurato con Leonid in quei mesi… nonostante fosse un idiota certificato, nonostante fingesse di odiarlo per tre quarti del tempo.

-Non è il salvavita che loro pensano, almeno Novokov non è stato così stupido da condividere tutti i nostri piani con lo psichiatra… Rodchenko si è limitato a fare il suo lavoro, li ha separati… siamo al sicuro Yelena, non preoccuparti. -la liquida Madame B con lo stesso tono inquisitorio che di solito usa per rimproverarla quando lei mette in dubbio la sua autorità.

Il suo Capo si ostina a non capire che a Yelena Belova non importa assolutamente niente di sentirsi al sicuro, che lei ride in faccia a quel genere di pericolo perché sa difendersi in modo egregio da sola… ciò che la impensierisce davvero è che nonostante la separazione, ciò non esclude a priori che i Traditori possano collaborare riassemblando il puzzle di indizi sfuggiti al loro controllo, raggiungendo la soluzione al tranello prima dei tempi previsti… perché la Zarina sarebbe dovuta morire subito dopo lo spettacolo al Bol’šoj come da accordi iniziali per evitare esattamente quel genere di inconveniente, biasimando Novokov per aver voluto dimostrare a tutti i costi al suo Maestro di essere migliore di lui in tutto attuando una vendetta controversa, ma incolpando soprattutto Madame B per averlo assecondato ed essersi intestardita nel non volerle attribuire i suoi meriti bramando in modo del tutto incoerente il ritorno di una Romanov in Patria.

-Madame, non credo… -tenta inutilmente di ammonirla, più per la forza dell'abitudine che per vera apprensione, venendo puntualmente interrotta bruscamente.

-Non discutere Yelena, faccio io le regole. -ci tiene a ribadire la donna con tono autoritario, sfidandola con lo sguardo a protestare, promettendole conseguenze spiacevoli nel caso si azzardi seriamente a contestarla esprimendo la sua vera opinione.

-Certo, Madame. -china la testa in risposta, tenendo a bada il sangue che le ribolle nelle vene, facendo buon viso a cattivo gioco mentre architetta il modo perfetto per entrare nell’ufficio della donna ed accaparrarsi il telefono. -Il Capo è lei… ed io conosco le sue regole.





 

Note:

  1. Traduzione dal russo: “Soldato d’Inverno”.

  2. Traduzione dal russo: “Zarina”, uno dei tanti alias di Natasha.

  3. A sedici anni Natasha ha avuto una figlia (Rose), la bambina è nata morta, ma è stato necessario anticipare la cerimonia di laurea (metodo Kudrin) per evitare altri spiacevoli inconvenienti. In parole povere, ciò che Natasha ha intravisto nella visione di Wanda in AoU.

   
 
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