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Autore: Imperfectworld01    03/09/2019    0 recensioni
Catullo diceva: «Quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus.»
Niente di più vero. Perché è facile dire "mi merito di meglio", "è stato meglio così", "non mi importa più".
Ma non funziona così.
È facile negare i propri sentimenti, ma ciò che non è facile è ammettere la verità: che fa male.
NdA: «Perché tale offesa, costringe l'amante ad amare di più, ma a voler bene di meno.»
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se per cinque giorni sono riuscita a non pensarti e a stare in pace e tranquillità, esattamente come fino a una settimana fa, ecco che oggi mi sono svegliata avvertendo fin da subito una sensazione di inquietudine.

 

Sento una fitta allo stomaco, che mi impedisce di stare tranquilla. Sento anche un'insistente compressione al petto. Mi sento in ansia. Mi sento vuota. Mi sento incompleta.

 

Tutto questo a causa tua? 

 

Perché? Non è cambiato nulla dagli altri giorni. Abbiamo chiuso, non c'è più nulla in sospeso, o almeno così credevo. Ma la verità è che di tutta questa storia io non ho capito assolutamente niente, dall'inizio alla fine.

 

So solo che in tutto questo tempo non ho fatto che accumulare errori su errori, e probabilmente sto per commettere un altro sbaglio perché ti sto per inviare un messaggio.

 

La verità è che non sono mai stata un'amante dei messaggi, di certo non per parlare di cose serie, per quello ho sempre preferito un confronto dal vivo. Quindi la fitta che ho da stamattina non è perché sento che mi manchi o scemenze simili, ma è per me: perché ho lasciato in sospeso qualcosa. E io non riesco a darmi pace se non metto un punto definitivo a ogni questione. 

 

Ecco, quindi, cosa mi sta accadendo: sto impazzendo perché non siamo riusciti a parlare faccia a faccia, abbiamo chiuso la nostra frequentazione prima che potessi dirti quello che per messaggio non ero riuscita a dire, e mi è rimasto l'amaro in bocca.

 

Finché non mi risponderai, quella fitta non se ne andrà. E magari mi manderai a quel paese, dal momento che qualche giorno fa mi sono rifiutata di incontrarti e vederti dal vivo, ma non ti conviene farlo, anzi, me lo devi. Dopo come ti sei comportato, me lo devi. 

 

Dopo quasi due ore passate in affanno, ecco che è arrivata la tua risposta. Pensavo seriamente che mi avresti insultata di nuovo, e invece hai acconsentito a vedermi, dopo che ti ho spiegato che avevo cambiato idea e che ti avrei dato l'ultima possibilità per parlarmi.

 

Ormai la fitta sta scomparendo, ma non l'ansia di dimenticare tutto ciò che devo dirti. È sempre stato difficile per me: di solito sono una di quelle persone a cui vengono in mente dopo le cose da dover dire. Ma oggi non devo permettere che accada. So già quello che devo dirti.

 

Un'altra preoccupazione sta nel fatto che temo che tu possa ingannarmi di nuovo: a differenza mia, tu sei molto più bravo con le parole e ogni volta sei riuscito a farmi il lavaggio del cervello, ma questa volta non posso permettere che accada. 

 

Sto per vederti per chiudere, non per chiarire.

 

E così è successo. Ora che sono tornata a casa, già da un bel pezzo in realtà, posso continuare a scrivere. Non me la sentivo di riprendere subito in mano il telefono e scrivere, volevo prendermi qualche momento per pensarci e ripensarci ancora, fino a giungere alla vera conclusione: il momento in cui realizzo che è davvero conclusa.

 

Non appena sono uscita da casa mia e ti ho visto lì sotto, non posso negare che tu mi abbia fatto un certo effetto, come testimoniato dal mio cuore che non voleva saperne di smetterla di martellarmi nel petto. Già mi davo per spacciata: non sarei riuscita a dirti nulla di quello che avevo in mente. 

 

Tuttavia ho cercato di apparire fredda e distaccata, incrociando subito le braccia al petto, a dimostrarti un atteggiamento di chiusura. 

 

"Quindi, non parli?"

 

ti ho incalzato, affinché mi dessi le tue spiegazioni, o magari occorre anche chiamarle scuse, sulle quali di certo avevi avuto tanto tempo per prepararti.

 

Così hai iniziato a parlare, e parlare, e parlare, come facevi sempre. Mi hai sempre fatto discorsi così lunghi ed elaborati, che ogni volta finivo col perdermi. Perciò di tanto in tanto oggi ti interrompevo per fare le mie considerazioni, così da poter anche rimanere attenta. Attenta a non farmi abbindolare di nuovo. Anche la rabbia ha contribuito a questo.

 

Ma ora riportiamo i punti salienti del tuo discorso.

 

"Ok, è vero che ho conosciuto un'altra",

 

hai ammesso.

 

"Però non è che ti ho presa in giro",

 

hai affermato.

 

"Sono stato anche bravo ad avertelo detto subito",

 

hai ritenuto doveroso sottolineare.

 

"Ti ho riscritto perché ho scoperto che lei era peggio di te",

 

"Mi sono reso conto che io e te avevamo qualcosa di più",

 

hai concluso.

 

Quindi poi è arrivato il mio momento di parlare. E ci sono riuscita, anche se non con la stessa fermezza e decisione con cui avrei voluto, però l'ho fatto. 

 

Ti ho detto che non puoi comportarti come ti pare, prendere in giro le persone e sperare che siano lì ad accoglierti a braccia aperte quando torni. 

 

Ti ho detto che mi hai mancato di rispetto, non solo dandomi come sempre della bambina, ma insultando la mia intelligenza negando inizialmente dell'esistenza di quella ragazza.

 

Quindi poi siamo arrivati al punto cruciale: stava a me decidere. Non avrebbe dovuto essere difficile, sapevo quello che volevo, ossia chiudere definitivamente con te e non doverti vedere mai più.

 

Ma per me non è stato così immediato. Non ci riuscivo. Pensavo di riuscire a essere forte, ma la verità è che lo sono solo a parole. 

 

Ed ecco che ho fatto l'ennesimo sbaglio quando, dopo averti ribadito ancora e ancora che avevamo chiuso, ho poi lasciato che tu mi baciassi. Sì, oggettivamente è stata una mossa insensata, stupida e che non so spiegarmi bene neanch'io, ma la verità è che non me ne pento. 

 

Non sarei riuscita a lasciarti davvero andare, senza averti baciato per un'ultima volta. Anzi, per quanto suoni assurdo, mi conosco e so che mi sarei pentita se non l'avessi fatto. Perché dopo aver passato giorni e giorni a pensarti, fra le tante cose ce n'era una che mi faceva stare male: non mi ricordavo più il nostro ultimo bacio, perché allora non sapevo che sarebbe stato l'ultimo e mi sembrava uno come gli altri. 

 

Ma questo me lo ricorderò, anche perché è stato il più bello che ci siamo dati.

 

Sì, sono stupida, forse anche senza dignità, a maggior ragione perché forse ora, dato che ci siamo baciati, penserai che non è davvero chiusa e che mi hai ancora in pugno. Quello che doveva essere il mio trionfo, il momento in cui riprendevo in mano la mia vita e ne lasciavo te fuori, in fondo non è stata che un'altra tua vittoria.

 

Mi va bene anche lasciartelo pensare, ma io ora sono ugualmente soddisfatta, perché anche se tu dovessi riscrivermi in questi giorni, io non ti risponderò. Forse non ci crederà nessuno, ma io so che è così e mi basta. 

 

Ti ho visto, ti ho ascoltato, ti ho detto ciò che dovevo dirti e, soprattutto, ho scritto questa storia. 

 

Anche se ho iniziata a scriverla come sfogo personale, ho la speranza che possa diventare più di questo e che possa aiutarmi a dimenticare ciò che provo per te.

 

Così mi ha insegnato Jane Austen nel suo "Orgoglio e Pregiudizio":

 

"Ho sempre considerato la poesia come il nutrimento dell'amore», disse Darcy.

«Di un amore meraviglioso, robusto e in salute potrebbe. Qualsiasi cosa nutre ciò che è già forte. Ma quando è solo un debole e leggero invaghimento, sono sicura che un buon sonetto è in grado di estirparlo completamente."

 

Be', la mia non è una poesia, ma mi illudo che possa funzionare nello stesso modo e che la mia cotta per te possa passare dopo aver scritto questa storia.

   
 
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