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Autore: vale_cullen1992    29/07/2009    46 recensioni
Bella, Rosalie e Alice: tre sorelle, ammirate da tutti e con una passione: le scommesse. Edward,Emmett e Jasper: tre fratelli, il rifiuto della scuola, i cosidetti "Sfigati". Cos'hanno in comune?? Una scommessa tra sorelle, che coinvolgerà i tre poveri Cullen.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scommettiamo? - Quando una scommessa ti cambia la vita' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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kiss per tre capitolo 6

Scommettiamo?

Capitolo 6: Kiss X tre.

Pov Rosalie.


Afferrai il secchio dell’acqua, portandolo accanto alla mia Mercedes rossa. Ogni volta che ero nervosa, il modo migliore per distrarmi era pensare alla mia piccolina, lavandola e tirandola a lucida.

Avevo indossato degli shorts rossi e una magliettina nera, lunga quanto bastava per coprire il tatuaggio al centro della schiena. I miei genitori erano assolutamente contro queste cose, mentre io le adoravo.

Il risultato? Un tatuaggio in clandestinità.

Mi tolsi le scarpe, legando i capelli in una coda alta. Alcuni ragazzi passarono lì accanto, fischiando come degli idioti. Che stupidi, non erano altro che sedicenni arrapati con gli ormoni a mille e del tutto insignificanti.

Afferrai il tubo dell’acqua, iniziando a bagnare la macchina, per poi passare a lavarla con acqua e sapone.

Poco dopo sbuffai, stanca e bagnata.

- Ehi!  Hai messo su un autolavaggio sexy e non mi hai avvisato? – Chiese ironicamente una voce.

Alzai gli occhi al cielo, per poi voltarmi con uno scatto, pronta a litigare.

- Senti, ma perché non vai a farti… - mi interruppi, trovandomi davanti Emmett con addosso una delle sue famose tute.

Bene, il nervoso stava facendo ritorno, e tutto il mio piano per calmarmi e non pensare a quanto fosse idiota e sexy, erano andati a farsi benedire. Un momento: avevo detto sexy??

Bene, ora si che eravamo a cavallo…

- Dove dovrei andare? – chiese maliziosamente Emmett, avvicinandosi.

- Stai zitto, è meglio. – borbottai, riprendendo la mia occupazione.

- Sei sempre così acida? No dico, mi immagino come sarai quando entrerai in meno pausa… Povero me. – ridacchiò.

- Perché povero te? Tu che cavolo c’entri? – chiesi, non capendo.

- Ma è ovvio, sciocchina… - iniziò.

- Sciocchina dillo a tua sorella, non a me. – lo interruppi, acida.

- Ho solo fratelli, mi dispiace. – rispose ghignando.

- Fa’ lo stesso. – borbottai.

- Dicevo, prima della tua elegante, quanto utile interruzione… Io c’entro, perché sarò tuo marito. – ironizzò.

La mia risata si diffuse per tutta la strada, attirando l’attenzione di numerosi passanti. Dio, questa era la più grande cazzata che avessi mai sentito!

- Tu sei pazzo, Emmett. Dico davvero, dovresti farti visitare da uno bravo. – ridacchiai, osservandolo.

- Tu sei davvero sicura che io non riesca a farti innamorare di me? – chiese serio. La mia risata si interruppe con un rumore simile ad uno squittio. Questa domanda era l’ultima che mi sarei aspettata da lui!

- Emmett, sii serio, per favore. – lo esortai. Nel suo sguardo, solo determinazione.

- Vedi, sono anni che ti guardo da lontano. Sei bella, fantastica, e mi sei sempre piaciuta. Peccato che la prima volta che andai a parlarti ricevetti uno spintone e guardai Royce portarti via. – disse.

- IO non ricordo. – dissi, facendo mente locale. Buio, solo buio, fu ciò che trovai.

- Ero diverso allora. Mingherlino e stupidotto. Decisi di dedicarmi allo sport e mettere su un bel fisico, così che nessuno mi avrebbe spinto via. – affermò. Beh, sul piano del fisico, nessuna obiezione.

- Poi vidi che questo attirava ragazze, e anche se da una notte e basta decisi di cedere. Sai, se ti dicessi i nomi di alcune non ci crederesti. Solo una, però, è quella che voglio. Stranamente, è anche quella che non mi degna di un’occhiata. –

Ok, dal suo sguardo, forse, e dico forse, parlava di me.

- Emmett, senti… - iniziai, lasciando l’opera di lavaggio e avvicinandomi a lui.

- Non dire che è per Royce, perché non ti credo. Lo vedo come lo guardi, sai? Quello non è lo sguardo di chi è innamorato. – sibilò.

- Io non posso stare con te. Lo capisci? – dissi. Non sapevo neanche io che stavo dicendo, a dire il vero.

- Perché? – chiese, alzando la voce.

- Tu sei Emmett e io sono Rosalie. Siamo geneticamente fatti per stare lontani. Quando due come noi si avvicinano, non possono che soffrire. – spiegai.

Emmett era un bravo ragazzo, infondo. Un po’ rozzo, forse, ma bravo. Forse il problema non era lui. Forse ero io. Come aveva detto lui, una abituata ad avere il mondo attorno a sé, non cambia dall’oggi al domani.

- Chi lo dice? – chiese Emmett.

- Tutti e tutto. Non perdere tempo con me, Emmett. – dissi, cercando di convincerlo.

Emmett scosse la testa, avvicinandosi a braccia aperte. Scattai all’indietro, afferrando il tubo dell’acqua bagnandolo completamente.

- Ehi! Che cazzo fai? – urlò cercando di ripararsi.

- Quello è il tuo spazio, e questo il mio. Io non invado il tuo e tu non invadi il mio. – spiegai.

Ora, una vena di follia doveva scorrere nella mia famiglia. Ma dico, che cazzo di risposta era??

Emmett corse verso di me con un ghigno enorme, ignorando l’acqua che lo inzuppava. Afferrò il secchio con l’acqua e sapone, rovesciandomelo addosso.

Urlai, a contatto con l’acqua gelida. – Ma sei deficiente? – strillai.

- Beh, di che ti lamenti? Pari diritti, no? – sghignazzò.

- Ti ammazzo, Emmett Cullen. – strillai, avventandomi su di lui. Con uno scatto mi caricò sulle spalle, ignorando bellamente le mie urla e i miei poco signorili insulti.

Entrò in casa, tenendomi ancora sulle spalle. – Qual è la tua camera? – chiese, iniziando a salire di sopra.

- Emmett, ti avverto: mettimi giù o sei morto! E stai tranquillo che se non ti ammazzo io, lo farà mia madre, visto il casino che stai facendo sul pavimento. – strillai, iniziando a mollare calci e pugni sulla sua schiena.

Emmett sbuffò indifferente alla cosa, e iniziò ad aprire le porte. – Questa è di Alice, sicuro. – indovinò, appena vide l’enorme cabina armadio che svettava sulla parete.

- Questa è la tua. – indovinò, aprendo la seconda.

- Affatto. – mentii, cercando di liberarmi dalla sua presa.

- Beh, da quando Bella ha una foto di te e Royce sul comodino? – ironizzò lui, mettendomi giù. Era una logica inattaccabile la sua.

- Fottiti. – borbottai, facendolo ridere.

- Hai degli asciugamani? – chiese, guardandosi attorno. Risposi con un cenno del capo, entrando nel mio bagno personale e afferrandone due.

- Che cazzo fai? – ringhiai tornando in camera. Quello stupido scimmione stava frugando tra la mia biancheria! Assurdo!

- Mi prendo un regalino. – ridacchiò, afferrando un perizoma rosso e mettendoselo in tasca.

- Dammelo Emmett! Adesso! – urlai, saltandoli addosso in modalità iena assassina. Una iena assassina piuttosto sfigata, visto che per la seconda volta mi caricò sulle spalle come se fossi stata un bambolotto.

Finimmo sul letto, mentre io continuai l’operazione di recupero.

- E stai ferma! – borbottò Emmett, quando gli arrivò una ginocchiata nelle parti basse. – Stai attenta, qui c’è roba preziosa… - ghignò, ammiccante.

- Tu dammi ciò che mi spetta. – ordinai. Emmett fraintese alla grande,

avvicinò le sua labbra alle mie e mi baciò. Cercai di non rispondere al bacio e lui naturalmente, se ne accorse.

- Che c’è? – chiese.

- Io non credo che sia una buona… - iniziai.

Emmett non mi lasciò finire perché riprese a saccheggiare le mie labbra. Mandai al diavolo il fatto che fossi fidanzata, la scommessa, e le aspettative che avrebbe coltivato Emmett. Avvolta dal suo dolce profumo e dal suo corpo, mi lasciai andare rispondendo al bacio.

La mano di Emmett andarono ad accarezzarmi le cosce e i glutei, ancora coperti dagli shorts bagnati. Mi strinsi alle sue spalle larghe, aprendo la bocca con un gemito e permettendo alla sua lingua di incontrare la mia.

Scesi poi a baciargli il collo, mordendo e succhiando la pelle bagnata e lasciandovi un segno rosso.

Emmett iniziò a fare lo stesso, ma lo scostai.

- Se mi lasci dei segni Royce se ne accorge. – spiegai con un timido sorriso.

Sbuffò leggermente per poi darmi un bacio sulla fronte. – Tranquilla, ora devo andare. Alle 18.00 devo andare ad aiutare mia madre all’agenzia e devo prepararmi. Ti chiamo, ok? – disse.

Ecco, lo sapevo io! Iniziavano a nascere le aspettative, il che era un problema.

- Emmett, senti… -

- No, senti tu. Possiamo vederci qualche volta e tenerlo nascosto, ok? A me per adesso va bene anche così. E nel frattempo mi impegnerò a migliorare, ad esser meno rozzo e selvaggio, d’accordo? – spiegò, sorridendo.

Ridacchiai, afferrando un libro accanto al letto e lanciandoglielo.

- Cos’è? –

- Il Galateo. Inizia a studiarlo. – risposi ridendo.


****

Alice Pov.

Osservai leggermente sconvolta il viso di Jasper, da cui traspariva una determinazione sconvolgente. Non sapevo che rispondere. Insomma, era da pochi giorni che ci parlavamo, ed il motivo era soltanto la scommessa con le mie sorelle.

O per meglio dire: era la scommessa.

Mi trovavo bene con lui, aveva abbandonato in minima parte l’aria da scontroso e tenebroso, per lasciare spazio a quella da ragazzo più o meno normale.

Io non ero come Rose e Bells, la mia situazione era completamente diversa: niente fidanzati psicotici e gelosi tra i piedi.

È anche vero che la mia fama di bella e impossibile andava tenuta alta, e se si fosse saputo di una mia ipotetica relazione con Jasper Cullen le mie quotazioni sarebbero crollate come un castello di carte.

Ma bisognava anche considerare che sarebbe stato un passo avanti nella scommessa, Jasper avrebbe fatto tutto ciò che volevo io, e questo sarebbe stato positivo.

Continuai i miei conflitti interiori e Jasper scambiò il mio silenzio per un rifiuto netto. Si alzò amareggiato e iniziò ad andare via.

- Ehi! – urlai, richiamandolo. Lui non accennò a fermarsi e nemmeno ad ascoltarmi, per cui mi alzai e gli andai dietro. Presi una rincorsa da record e gli saltai addosso, nella mia personalissima “Presa Koala”.

I passanti e le coppiette nelle panchine ci guardarono, ridacchiando.

- Che fai? – chiese, cercando di farmi scendere. Mai azione fu più inutile! Era impossibile scrollarmi dalla sua schiena. Non aveva nemmeno la scusa di non riuscire a reggermi, visto le mie dimensioni.

- Ti bacio. – risposi ridendo, dandoli piccoli baci sul collo lasciato scoperto da una maglietta blu notte.

- E perché? Te l’ho chiesto io e tu… -

- E io ti ho forse detto di no? Siete voi uomini che volete tutto e subito! Noi ragazze abbiamo i nostri tempi, sai? – ironizzai, sciogliendo la presa.

Jasper si voltò, osservandomi intensamente. Sotto gli occhiali, i suoi occhi azzurri erano più scuri che mai, come il mare in tempesta.

Si avvicinò piano, sfiorando le mie labbra. Mi alzai sulle punte, maledicendo mentalmente il mio metro e cinquanta d’altezza. Oltretutto, Jasper sfiorava i metro e ottantacinque e la situazione in altezza era tragica. Sembravamo Gulliver e Puffetta.

Jasper circondò la mia vita con un braccio, sollevandomi. Ne approfittai, circondandoli la vita con le gambe, così da guadagnare una posizione perfetta.

Afferrai i suoi capelli biondi tra le mani, annotando mentalmente di farglieli accorciare. Aprii la bocca, permettendo alle nostre lingue di incontrarsi e di giocare.

Jasper accarezzò con essa il mio palato, con carezze lente e sensuali, che mi mandarono brividi in tutto il corpo e mi fecero eccitare da morire.

Un gemito sfuggì dalle mie labbra, mentre Jasper ghignò soddisfatto, iniziando a mordermi il collo.

Dalle persone attorno a noi si levò un mormorio, simile ad uno sciame di api. – La volete smettere? Siete in un luogo pubblico. – ci rimproverò una vecchia.

- Stai zitta, vecchiaccia. – mormorammo io e Jasper, riprendendo a baciarci con foga e passione.

- Ehi, dico a voi! – urlò una voce maschile.

Jasper si staccò dalle mie labbra con un ringhio. – Che cazzo vuol… - si bloccò, trovandosi di fronte un agente. Magnifico, davvero stupendo.

- Scusate se vi interrompo. – ironizzò. – Siete al corrente del fatto che questo è un luogo pubblico? –

- Ecco, vede… - iniziai, scendendo dalla mia precedente postazione, ovvero Jasper.

- Si, lo sappiamo. Ora è vietato anche baciarsi? – rispose strafottente lui. Bene, per la serie: come guadagnare una denuncia in poche, semplici mosse.

- Ragazzino, non è vietato, ma il vostro atteggiamento stava arrivando al volgare. – ribatté l’agente. Feci per scusarmi, ma Jasper mi precedette e parlò, dimostrando chiaramente la sua voglia di una denuncia.

- Ma quale volgare! Ma non dica cazzate, andiamo. Su quale base lo dice? Sulla testimonianza di una vecchia stupida e racchia? – provocò, indicando la donna di poco prima, che infuriata avanzò brandendo una borsetta enorme.

Borsetta che andò a schiantarsi contro la testa di Jasper, malgrado questi cercasse di ripararsi.

- Ehi, faccia qualcosa! – urlai all’agente. Ora, a conti fatti, era meglio se fossi rimasta in silenzio, visto che l’agente afferro un paio di manette e le mise ai suoi polsi.

- Atti osceni e disturbo delle quiete pubblica. Ragazzo, venga con me in centrale. – annunciò trascinandolo, mentre la vecchia ghignava vittoriosa.

- Ehi! Lo lasci subito. – strepitai, ottenendo un’occhiata di sufficienza. Bene, se l’era cercata. Presi la rincorsa, dando sfoggio della “Presa Cobra”. Attorcigliai gambe e braccia attorno all’agente, mettendo le mani sul suo viso.

- Scenda subito! Ora. – urlò lui, iniziando a girare come una trottola e cercando di afferrarmi. All’improvviso mi ritrovai a terra con un dolore atroce al sedere. – Bene, e ora portiamo via anche questo scherzo della natura. – sibilò un altro agente.

- Ehi, non azzardarti a toccarla, chiaro? – minacciò Jasper, mentre l’altro lo strattonava verso l’auto.

- Scherzo della natura sarà tua moglie, idiota. – lo insultai, ricevendo una spintonata come premio.

- Sai, non ho mai avuto nemmeno una multa per eccesso di velocità. – mi informò divertito Jasper, senza badare minimamente al fatto che stavamo andando all’ufficio dello sceriffo. Che poi questo fosse mio padre, e che mi avrebbe messo in punizione per un secolo, era tutta un’altra storia.

- Beh, visto? Almeno con me non ti annoi… - ridacchiai. Jasper sorrise, avvicinandosi e dandomi un bacio leggero.

- Ehi voi! Avete finito? – disse uno dei due agenti, guardandoci storto.

- Quasi. – sibilai, baciando nuovamente Jasper.

Mi annotai mentalmente questi bei momenti, che andarono in fumo non appena arrivai alla stazione di polizia.

- Capo Swan. Abbiamo due ragazzi che si stavano divertendo un po’ troppo. Quella strega mi ha pure aggredito. – Ma guarda te che stronzo! Per qualche livido e graffio, adesso la metteva sul piano “aggressione.”

- Vediamo chi abbiamo qua. – mormorò mio padre, per poi bloccarsi non appena mi vide.

- Alice? – strillò sconvolto.

- Ehilà papino. Come và? Sono venuta a trovarti sul lavoro. – mentii spudoratamente.

- Capo, conosce questa strega? – chiese l’agente.

- Agente Morrinson, la strega qui presente è mia figlia e ha un nome: Alice. È pregato di chiamarla in tale maniera. – disse freddamente mio padre.

- Ah ah! Beccati questa, Morrinson! – ghignai.

- Tu, signorinella, faresti meglio a stare in silenzio. Voglio proprio sapere che stavate facendo tu e il signor Cullen, qui presente. – minacciò, gelando Jasper con lo sguardo.

- Oh, papi. Non stavamo facendo nulla di male. – mi lagnai.

Quella carogna, alias l’agente Morrinson, si lanciò in una descrizione dettagliata e particolareggiata dell’accaduto, sotto lo sguardo torvo di mio padre e le occhiate truci di me e Jasper.

- Ora vada pure, a loro ci penso io. Ah, chiamate il dottor Cullen. Voglio parlare con lui e comunque và informato che suo figlio è qua. – ordinò.

Ci condusse al suo ufficio, dove svettavano le foto di me, Rose, Bells e Renee, nostra madre.

- Alice, mi hai molto deluso. – iniziò. Mi trattenni dallo sbuffare. Che esagerazione! Manco se avessi ucciso qualcuno!

- Di lei, signor Cullen, non posso dire nulla. Non è mio figlio e penso che ci penserà Carlisle. Sta di fatto, signorina, che ti proibisco di vederlo. – annunciò.

In quel momento la mia mascella toccò allegramente il pavimento. No, dico, ma che avevo diciotto anni mio padre se lo ricordava ancora, vero?

- Ma che cavolo dici, Charlie! – protestai, calcando sul nome.

- È un ordine non negoziabile il mio. Certo, non posso vietarvi di vedervi durante la scuola, ma sta di fatto che oltre l’orario scolastico non vi vedrete. – disse minaccioso.

Jasper si alzò pronto a protestare, ma l’arrivo di suo padre salvò la situazione.

Carlisle Cullen ascoltò in silenzio il racconto di mio padre, scuotendo di tanto in tanto la testa. Sembrava profondamente deluso e ciò sembrò colpire parecchio Jasper.

- Sono d’accordo. – disse quando mio padre espose il divieto.

- Papà! – protestò Jasper, mentre mio padre annuiva soddisfatto. Dannato vecchio, aveva trovato un alleato!!

- Avete fatto una cavolata oggi e non nascondo di essere profondamente deluso, figliolo. Avete dimostrato profonda immaturità. Quando dimostrerete che ci siamo sbagliati, toglieremo il divieto. – spiegò serio.

Jasper annuì, mentre io mi limitai a lanciare occhiate truci al mio genitore e al dottore. Dopo qualche altra parola, il dottor Cullen fece cenno a Jasper di seguirlo fuori.

Dopo avergli lanciato una strana occhiata, corse verso di me e mi diede un bacio a stampo, facendomi ridere.

- Carlisle! Porta via tuo figlio, prima che lo arresti! – urlò rabbioso Charlie, mentre Carlisle spintonava fuori Jasper.

- Bene, e ora a noi due, signorinella. – ghignò sadicamente mio padre facendomi venire i brividi.


****

Bella Pov.  


Analizzai le cose da tutti i punti di vista, raggiungendo una conclusione: nessuno, al momento, poteva essere più soddisfatto di me. In tutto il mondo, ne ero sicura. In ogni angolo, nessuno poteva raggiungere lo stato di pace e soddisfazione che avevo io in quel momento.

Stato di soddisfazione che si ampliò nuovamente, nel momento in cui Edward diede la sua carta di credito alla commessa del negozio di abbigliamento.

Avrei bruciato quelle cose simili a vestiti che aveva indossato sin ora, non appena saremmo arrivati a casa sua, luogo dove stavamo andando in quel momento.

Nella macchina volteggiavano le note di Claire De Lune, una sinfonia bella e rilassante. Era un’atmosfera calda e amichevole, quella nella macchina.

Edward rise come un pazzo, quando raccontai della mia gita alla fattoria dei nonni.

- Mi stai dicendo che sei caduta nel letame? – chiese, cercando di frenare le risate.

- Ehi, non ridere! – mi imbronciai, maledicendomi per non aver tenuto la bocca chiusa.

- È solo che… - risata. – … immaginare te… - altra risata. – … mentre cadi nel letame… - risata fragorosa. - … è assolutamente esilarante! – concluse, con le lacrime agli occhi.  

- Oh, insomma! Avevo otto anni e l’equilibrio di una deficiente ritardata! Non è colpa mia se quello stupido cane mia aveva rincorsa sino lì… - borbottai, mollandogli una gomitata sul fianco.

Quell’episodio mi bruciava ancora, anche perché Alice e Rose non facevano che ricordarmelo. Grazie a Dio avevo migliorato notevolmente il mio equilibrio e ridotto le visite ai nonni!!

- Tranquilla, può capitare. – mi tranquillizzò. Sorrisi felice, osservando la strada. Bene, l’aveva finalmente smessa di prendermi in giro.

Eravamo quasi arrivati da lui, ormai.

Udii uno sghignazzare alla mia sinistra, e voltandomi, vidi quell’idiota ricominciare a ridere come una iena.

- Oh, e basta! – urlai, scendendo dalla macchina ormai ferma.

- Eh dai, Bella. La smetto, ok? – mi implorò, seguendomi.

Lo ignorai, continuando a camminare per il giardino, senza avere la più pallida idea di dove stessi andando. Poco male, dovevo continuare a tenere alta la mia aria offesa.

Offesa che scomparve quando mi fermai, sgranando gli occhi.

Davanti a me niente meno che una piscina enorme, circondata da un prato verde e da alcune sdraio in vimini.

- Ti piace? – ghignò Edward, accanto a me.

- Dobbiamo provarla! – annunciai euforica.

Edward sollevò un sopracciglio, guardandomi scetticamente.

- Beh, che c’è? – ringhiai infastidita.

- Siamo a ottobre e tu vuoi fare il bagno in una piscina all’aperto? Ma sei scema? –

- Uff, che noia che sei. Noioso oltre ogni limite, te lo dico. – dissi. Ignorai ciò che aveva detto, iniziando a togliermi i vestiti e rimanendo in intimo. Mi tuffai in piscina, ridendo alla vista della faccia sconvolta di Edward.

L’acqua era fredda, ma dopo qualche bracciata diventò molto più gradevole.

- Non vieni? Dai Eddy, non dirmi che hai paura! – lo beffeggiai, nuotando verso di lui.

Edward esibì un sorriso sghembo a dir poco sconvolgente, che ebbe l’effetto di farmi arrossire come una stupida.

Ora la situazione era tragica, molto tragica.

Davanti a me Edward Cullen, o per meglio dire, il nuovo Edward Cullen, con una serie di addominali da far spavento.

Rivolsi un pensiero a Mike e al suo fisico, decisamente inferiore a quello che mi trovavo davanti.

Edward ghignò apertamente, per poi tuffarsi in acqua e cominciare a schizzarmi.

Passammo un’oretta così, giocando a schizzarci e ad affogarci. Dopodiché ci stendemmo sulle sdraie in vimini, ad osservare le nuvole che scorrevano nel cielo.

I capelli di Edward si erano fatti più scuri, a causa dell’acqua, mentre gli occhi si erano leggermente arrossati.

Mi girai su un fianco, giusto in tempo per godermi il percorso di una goccia d’acqua, che scese per tutto il contorno degli addominali.

Mi leccai le labbra, desiderando di poter catturare quelle gocce con la bocca.

- Che c’è? – mi chiese Edward, visibilmente imbarazzato a causa del mio sguardo da predatore.

- Edward… - cominciai, gattonando verso di lui ed approfittando della sua idea di unire le sdraie.

- Si? Bells, stai bene? – mi chiese, visibilmente preoccupato per la mia sanità mentale.

Lo ignorai. – Edward… Hai mai baciato una ragazza? – chiesi sensualmente. Sorvolando sulla voglia matta di baciarlo, nella scommessa c’era anche la parte “seduzione”, quindi avrei preso due piccioni con una fava.

Edward spostò lo sguardo, imbarazzato. Era chiaro che il suo era un no.

Sorrisi, salendoli sopra a cavalcioni. Mi chinai sulle sue labbra, fermandomi a pochi centimetri da esse. – Mi dispiace per la tua Belen, ma sarò io che avrò il piacere del tuo primo bacio. – sghignazzai.

Edward sfoggiò il suo sorriso sghembo, dopodiché afferrò maldestramente la mia nuca e fece scontrare le nostre labbra.

Aprii le labbra quando sentii la sua lingua premere, e gli concedetti l’accesso alla mia bocca. I suoi movimenti erano timidi, inesperti, ma dopo poco acquistarono audacia e sicurezza.

Mordicchiai il suo labbro inferiore, succhiandolo piano e facendolo gemere. Ci staccammo per riprendere fiato, per poi tuffarci nuovamente in un altro bacio.

Edward afferrò con forza i miei fianchi, ribaltando le posizioni e scendendo a baciarmi e mordicchiarmi il collo.

Aprii le gambe, per permetterli di sistemarsi meglio. I nostri bacini si toccarono, e sentii chiaramente la sua eccitazione, ben sveglia sotto i boxer. Edward gemette al contatto, mugolando contro la mia bocca.

Dal canto mio, solo un pensiero vagava nella mia mente: sesso, sesso, sesso, sesso…

E a chi cazzo importava di Mike Newton, l’unica cosa che volevo era che Edward strappasse le mie mutandine e mi prendesse lì, su quella sdraio.

Ribaltai le posizioni, mettendomi nuovamente a cavalcioni sul suo bacino ed esercitando una leggera pressione, facendolo inspirare bruscamente.

Ghignai, stavo per realizzare il mio desiderio: mi chinai sul suo petto, leccando le sue addominali una ad una. La mano di Edward andò a stringersi tra i miei capelli, quando leccai e mordicchiai un capezzolo.

- Bella… - gemette lui.

Con lentezza esasperante iniziai a far scorrere la mia mano verso il suo bassoventre.

Delle urla all’entrata mi fecero bloccare. Edward rimase un attimo in ascolto, per poi balzare giù dalla sdraia.

- Sono mio padre e Jasper. Vestiti o succede un casino… - mormorò, rivestendosi velocemente.

Iniziai a vestirmi, troppo lentamente, visto che mi ritrovai i due Cullen che mi guardavano ad occhi sgranati.

- Ora, voi Swan siete in fissa con i miei figli? – mi chiese con voce irritata Carlisle Cullen.

Lo guardai confusa, non capendo che accidenti stesse dicendo.

- Mio figlio e tua sorella si sono beccati un paio di denunce, oggi. – spiegò.

Ridacchiai divertita, per poi smettere, vista la faccia del dottore. Evidentemente, lui non lo trovava divertente come me.

- Edward, accompagna la signorina a casa. – ordinò gelidamente.

Edward mi fece un cenno, e mi apprestai a seguirlo in macchina.

- Dici che è arrabbiato? – chiesi, guardandolo.

- Mah, non so. Con me non credo, forse con Jazz. – rispose indifferente.

Il viaggio proseguì in religioso silenzio, perché nessuno aveva nulla da dire, specie dopo ciò che era successo sulle sdraie.

- Beh, io vado. Grazie del passaggio. – dissi, aprendo la portiera.

- Ehi. – mi bloccò. – Domani ci vediamo? – chiese sorridendo.

Sospirai. – Mi dispiace, ho già promesso a Mike di andare con lui ad una partita di football. Facciamo per dopodomani, ok? – chiesi speranzosa.

- Bene. – ribatté freddamente Edward, offeso. Feci per salutarlo, ma partì sgommando ed ignorandomi bellamente.

Con un sospiro, entrai tranquillamente in casa.

*****

** Note dell'autrice **

Non ho proprio tempo per rispondere alle recensioni, ma vi ringrazio di cuore! siete grandi! *o*

Me lo lasciate un commentino?? Ci conto, eh!! ^^

   
 
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