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Autore: Overlook    17/09/2019    2 recensioni
Dragon Ball/Dragon Ball Z
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"[...] Vegeta si risolse nel constatare che lui lo aveva in effetti praticamente appena ereditato, il titolo di principe e che adesso era il momento di goderselo solo ed esclusivamente per sé. Che, in assenza forzata di femmine della sua razza ed alla sua altezza, poteva anche stargli bene di essere l'ultimo sovrano, di portare con sé la fine totale della propria stirpe, intanto mai, sarebbe caduta nell'oblìo, tanto ampia era da sempre l'eco gloriosa delle loro gesta. Che era meglio essere gli ultimi eredi al trono, che gli iniziatori di una discendenza di mezzosangue mediocri[...]".
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Raccolta breve di momenti tutti incentrati sui Saiyan, dal momento della distruzione del loro pianeta ad opera di Freezer, sino a pochi istanti prima della scoperta dell'esistenza di fantomatiche Sfere del Drago... .
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Freezer, Nappa, Radish, Vegeta
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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Nota dell'autrice: Per la serie, “alle volte ritornano”. Ancora dispiaciuta per la necessaria eliminazione della mia long “L'ombra del Sole” (e speranzosa di poterla presto ripubblicare in versione completa), vi propongo questa raccolta non cronologicamente collegata, un piccolo esperimento volto a mettere la mia firma su un cono d'ombra interessante ed allettante, per gli amanti di Vegeta, tanto in coppia quanto da solo.
Il linguaggio utilizzato è un esperimento con me stessa, prima di me è stato definito "cameratesco" e trovo il termine molto azzeccato. A mio avviso è plausibilissimo che Vegeta, nonostante di stirpe regale, abbia vissuto quasi esclusivamente da soldato, tra ben pochi agi, visto e considerato che ancora in giovanissima età è stato letteralmente strappato alla patria. Nei pochi capitoli che comporranno questa raccolta non mancheranno scene violente, nel senso più ampio possibile. Il tutto, volto ad inquadrare un contesto temporale appena antecedente alla galeotta notizia dell'esistenza delle Sfere del Drago...

Vi auguro una buona lettura e mi fa piacere comunicare a quanti di voi mi abbiano chiesto notizie che, avendo finalmente gestione più autonoma del tempo a disposizione, tornerò più costante, con nuovi lavori. A presto, dunque.


Giulia



Licenza Creative Commons
"Luna Padrona", di Overlook, è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Luna padrona

di Overlook, 2019©


Capitolo I



Lo scrosciare della pioggia sopra i tetti degli edifici ancora in piedi, sui frammenti dei vetri delle finestre, sulla sommità delle lamiere appartenute a vetture volanti, parcheggiate diligentemente lungo intransigenti file orizzontali dalle sembianze infinite, si stava rivelando rilassante, in un certo qual modo... Piacevole; al termine di estenuanti missioni all'insegna della distruzione e del massacro del più debole, udire in maniera ovattata e costante, come una nenia registrata da un vecchio carillon d'altri tempi, quei miliardi di goccioline affilate, gelide ed imperiture, fendere impietose i fantasmi della notte e gli spettri della mente era un vero balsamo per i pensieri, anche per quelli più vilmente celati tra gli anfratti più impervi. Le stridule urla di povere, sciocche, deboli specie imploranti la pietà del popolo guerriero per eccellenza venivano ammutolite da quel tintinnio cristallino che ne scioglieva le note più acute e gementi, riducendo il tutto ad un monotono, noioso e latente guaito divenuto sin troppo familiare, per sperare di avere un qualche peso sulle loro coscienze.
E nel naufragare turbolento, ma quasi divertente, in una tale nenia, il principe di quel popolo celebre e spaventoso, il popolo dei Saiyan, era stato quasi favorito dal sonno. Quasi, giacché, come una seconda cantilena, di stesso timbro, registrata e sovrapposta alla principale, un gocciolare incostante e più vicino, meno abbacinante e più sferzante aveva preso ad alternarsi al rimbombo metallico dentro il lavandino del lugubre bagno annesso alla stanza dove si trovava.

Vegeta, il figlio di quel Re eliminato, insieme alla maggioranza assoluta del suo popolo, da un micidiale meteorite – così era stato riferito ai superstiti – aveva appena superato i ventidue anni d'età. Nessun festeggiamento regale, nessuna particolare cerimonia, giacché di quella casta non esisteva più nemmeno l'ombra, se non nel suo portamento più involontario; praticamente nessun servitore né compagno di sanguinolente scorribande s'era prodigato in auguri, tantomeno in doni. A dire il vero, con un'ombra tangibile di disgustato imbarazzo, Vegeta ricordava soltanto un compleanno, festeggiato nel senso più stretto del termine, in compagnia della Regina, sua madre.
Non più di un quarto d'ora
trascorso accanto, ma non abbracciato, a quella donna dai folti capelli corvini trattenuti da un pesante eppur sottile diadema nobiliare, intarsiato di piccole e lucenti pietruzze del tutto simili ai terrestri rubini. L'evanescenza di un sorriso abbozzato su quelle labbra carminie era il solo frammento inerme a percuotergli di tanto in tanto la memoria, prevalentemente in occasione di quella ricorrenza annuale e totalmente ininfluente sullo scorrere della propria esistenza, secondo il metro di giudizio di quel giovane alieno ricolmo d'odio, delirante ambizione e recondita ferocia.

Nappa, suo fedele servitore e compagno di guerre sin dalla prima adolescenza, stava dormendo fragorosamente, supino e sguaiato, all'interno del vano fatiscente lì vicino: Vegeta poteva udirne, più debolmente della maledetta perdita del lavandino del bagno, il lento russare, pesante e innervato di alcool consumato in eccesso al termine del fugace pasto della vittoria. Lo avevano consumato, insieme, soddisfatti ed assisi sui cadaveri ancora caldi della debole popolazione di Turmuk, appena ultimatone lo sterminio.
Solo un paio di settimane addietro, in maniera del tutto confidenziale e discreta rispetto all'esiguo resto della truppa, Nappa aveva rivolto al suo principe ed amico uno spiccio e sincero augurio, condito dalla proposta di fargli trovare in stanza, all'ora del rientro alla base, un paio di femmine, del tutto simili a loro, fisicamente, non fosse altro che per le pupille incendiate da un bagliore vitreo e purpureo, che in tanti prima di loro avevano trovato particolarmente affascinante, almeno, abbastanza da concedere loro giusto qualche istante di volgari ed elementari fantasie, del tutto prive di poesia e che alla fine, come da copione, non si risolvevano che violentemente, fugacemente, povere di qualunque ardore, forse rese meno sterili, alle volte, soltanto dalle urla femminee intontite dal piacere e dal dolore mescolati con sapiente veemenza.



***



Accampatisi su K44, un insulso pianetuncolo ricco soltanto di viveri di cui fare il pieno, ci avevano messo poco, Nappa ed il terzo saiyan della squadra, Radish, a notare quei corpi snelli, le chiome selvagge e quegli sguardi tanto singolari. Rasa al suolo la maggior parte delle infrastrutture, avevano subdoli proceduto, con la naturalezza con cui ci si prepara ad occhi chiusi un caffè al mattino, ad eliminare, con pochi colpi ben assestati alle viscere, tutti i maschi presenti sulla superficie di quel pianeta. Avevano quindi rincarato la dose, con l'assassinio di tutte le femmine troppo vecchie, di tutte quelle sgradevoli ai loro occhi e di quelle gravide: Il seme di un saiyan non si sarebbe mai sprecato in anfratti già battuti da infime razze e specie. Perciò ne era rimasta sì e no una ventina, di guizzanti corpi disperati e disposti a fare il possibile, per mettere in salvo la pelle. Si erano quindi mostrate sorprendentemente, ma vanamente, ben disposte, quelle poche femmine risparmiate, a seguire l'omone calvo ed il giovane dai lunghi capelli rivolti all'indietro, ancora imbrattati sino al collo del sangue dei loro conterranei, all'interno dell'accampamento reso fatiscente dalla battaglia. Soltanto Vegeta, assiso composto e caustico su una pila di cadaveri irrigiditi, era rimasto lì, impassibile tanto agli inviti scurrili dei suoi, quanto alle sibilanti suppliche invocate dalle femmine fintamente contente di tener compagnia agli altri due. Quegli occhi che Nappa e Radish avevano trovato tanto allettanti, urlavano pietà e clemenza a quel cipiglio oscuro, severo e gonfio di un carisma incorrotto e naturale, degno del rango cui s'era trovato ad appartenere di diritto.

Tsk... Una di quelle puttane è riuscita a sopravvivere alla foga di Radish... Te ne avremmo lasciata una illibata ben più che volentieri, principe Vegeta, ma visto che non mi eri sembrato dell'idea, beh, ecco... Ne abbiamo approfittato... Erano quasi due mesi che non trovavamo femmine, come dire... Adeguate...”.

Ma non farmi ridere... E tu le chiami adeguate? … Quel mucchietto di troie è più falso di una serpe... Se Radish è davvero convinto di averne fatto godere qualcuna, allora è davvero il deficiente che dicevano gli altri. Ti ringrazio, amico, ma non ci penso nemmeno, ad abbassarmi a tal punto, fosse anche l'ultima donna che possa portarmi a letto nella vita!”.

Lo aveva lasciato così, appeso alle sue stesse labbra ispide e socchiuse, prima di serrare la tenda della stanza improvvisata alle sue spalle. Nei minuti precedenti aveva potuto persino udire il tentennante andirivieni del gigantesco saiyan, nell'indecisione se finire o meno di scaricarsi, a turno con Radish, su quell'ultima superstite o emulare l'innata fermezza di Vegeta, da sempre assai restìo a certe debolezze, a suo dire stupide ed improduttive.
A lui, diversamente rispetto ai compagni di squadrone, siccome principe, avevano sempre insegnato che il sesso avrebbe dovuto avere un certo peso, come questione, specialmente data la loro indole indomita e selvatica. Non era cosa semplice, per una razza come la loro, trattenersi, una volta cominciato un amplesso ed il rendere gravida, più o meno involontariamente, una femmina appartenente ad altra razza o specie, giocoforza più debole, significava dar vita a mezzosangue del tutto inetti alla vita in battaglia, nonché vergognosi vessilli di passeggere debolezze evitabili e da evitare. Ed era proprio in virtù di tali crude impartizioni paterne, che Vegeta aveva senza rimpianti trascorso, solitario nelle sue stanze, rari e brevi momenti di vergognosa debolezza, tra sé e sé, sdraiato sul suo letto o in piedi, proprio di fronte alla latrina che fungeva da bagno durante le trasferte mercenarie.
Seppur privo di esperienza davvero carnale, era capitato più volte che egli irrompesse nelle stanze dei compagni, ma solo quando assolutamente necessario, proprio mentre loro si trovavano carponi su qualche femmina depredata di ogni avere e dignità o addirittura fintamente sottomessi ad esse, abbandonati alle loro disperate spinte, ma in verità padroni tiranni dell'intera situazione. E non aveva mai mosso un solo muscolo di più, non un solo poro sulla sua pelle s'era dilatato a fronte di certi scenari davvero privi di pudore, non una sola volta il suo cipiglio era mai mutato di fronte a seni ed intimità che anzi, più che allettarlo, a dire il vero spesso e volentieri lo disgustavano, tale era il loro stato di usura e degrado in vacua funzione di ottenere pietà e salvezza da parte del violentatore di turno. Ma quando arrivavano loro, i Saiyan, tutti, in tutta la galassia, sapevano benissimo che non poteva esserci possibilità di affrancamento, nessuna speranza di condono, neppure all'indomani di un sofferto ed animalesco amplesso che vedeva le femmine più promettenti persino sfiorate alle orecchie da complimenti, seppur volgari e gutturali, come i ringhi subito precedenti all'esplodere dell'orgasmo amaro e disinvolto di quei soldati muniti di coda e di violenza senza pari.



***



"Razza di imbecille...”, aveva borbottato a denti stretti Vegeta, scardinando le improvvisate lenzuola dalla branda e issandosi sulla sua sponda. Strizzando e stropicciando appena gli occhi tetri, s'era accorto che non erano trascorse neppure cinque ore, da quando s'era coricato; l'indomani avrebbero dovuto procedere alla fase finale d'assedio di quel pianeta, per il quale tra l'altro non s'era spiegato l'interesse da parte del loro nuovo sovrano, Freezer, figlio di Re Cold, viscido e ributtante alieno dall'oscena crudeltà nei confronti dei saiyan, in una prospettiva egemonica sull'intero sistema solare.
Di suo padre il re, Vegeta aveva ereditato non solo le fattezze fisiche, ma anche e soprattutto quell'orgoglio inossidabile e cieco che mai gli avrebbe permesso di essere asservito ad un tale assoggettamento, proprio lui, erede di un trono ormai effimero, non fosse altro che per il desiderio feroce di potere, più che per qualunque altro corollario del titolo nobiliare di cui portava l'inconsistente peso.

Il tintinnìo continuo e torturante della goccia all'interno del bagno, l'incostante rombo del russare da parte del compagno, l'incedere tribale del palpito del suo cuore al ritmo di certe, ancora abbozzate, idee di vendetta, lo avevano infine convinto, senza rimpianto alcuno, ad alzarsi e a dirigersi dapprima verso quel maledetto lavandino in metallo, sporco di sangue rinsecchito e fanghiglia fumante; bastò quel suo sguardo funesto ed affilato, puntato sul miscelatore un istante di più, a far implodere su sé stesso l'intero apparato idraulico, il quale ora, quantomeno, zampillava copiosamente ed uniformemente, abbattendosi morbidamente sul suolo non sterrato, ricco di cespugli senza fiori. Risolta quella prima, annosa questione, rivolse il proprio caratteristico passo militaresco, ma felino, in direzione della tenda di Nappa, scostandone senza cura l'uscio in tessuto pesante e grezzo, squarciando l'ubriaco sonno profondo di quel gigante incanutito prima del tempo: “Vuoi piantarla di russare in questo modo?! Mi stai davvero infastidendo, va' a dormire fuori insieme alle troie che hai ammazzato, se non riesci a smettere!”.

L'altro, per tutta risposta, emise un ultimo gemito schiavo del dormiveglia, poi aprì gli occhi infossati uno dopo l'altro, sbadigliando sguaiatamente e, d'un tratto, rizzandosi sulla schiena come se vi avesse ricevuto sopra una scarica elettrica da cento watt almeno. “Eh- Oh... V- Vegeta, scu-scusa, ehm, a-agli ordini principe, che... Che succede, eh? Ahm...”. Quell'automatismo non gli garantì la pazienza dell'altro. “Ti ho detto che devi piantarla di russare in quel modo, non si può chiudere occhio con te nei paraggi. Va' a dormire in una delle tende esterne come Radish, dannazione! Quello si starà scaldando sui cadaveri delle puttane, va' a fargli compagnia e fammi riposare almeno sino all'alba!”. Al vedere Nappa muoversi con riverente testa bassa verso l'uscita, portandosi sotto un'ascella sudata il proprio improvvisato cuscino, Vegeta ebbe da continuare: “Domani, al sorgere del sole, gli ultimi edifici, il 431 ed il 457 dovranno essere definitivamente distrutti, insieme a tutto il loro contenuto. Non possiamo permettere ai fantasmi di queste nullità di lanciare s.o.s. all'indirizzo dei loro amichetti di Yardrat e dintorni, non avremmo il tempo di ingaggiare altre lotte. Dobbiamo tornare alla base di Freezer, te ne sei scordato?”. Dopo un breve attimo di smarrimento, più che altro per risvegliare definitivamente il cervello, Nappa rispose lesto: “N-no, come no, Vegeta, lo so bene. Hai ragione, ci servono tutte le energie possibili, anche perchè al ritorno avremo sì e no il tempo di lavarci via il sangue di dosso e, forse, quello di cambiarci la divisa, chissà quando potremo nuovamente farci una bella dormita...” - stiracchiando le braccia verso l'alto e piegando il cuscino come fosse stato un foglio di carta da inserire in una busta da lettere, si permise di poggiare appena una mano sulla spalla destra di Vegeta - “Ti chiedo perdono, Vegeta. Lo sai, il tuo vecchio amico Nappa è un gran coglione, in fondo, eh eh! Avrei dovuto spegnere definitivamente quella troietta pel di carota subito dopo essere venuto la prima volta, altro che concederle altri tre round!...”. Bofonchiava ancora vagamente gongolante tra sé e sé, mentre si spingeva verso gli accampamenti esterni, quando Vegeta gli diede le spalle deciso ed assolutamente incurante di qualunque cosa avesse da delirare quel bifolco in un tale momento.
Non gli restò dunque che fare dietrofront, con passo più pesante, ma meno funesto. Si gettò senza attenzione sulla propria branda scarnificata, con il torso nudo e con la scompostezza del ciuffo corvino, in fase di progressivo diradamento, a smussare la durezza del volto, ancorchè sfinito.
Con le palpebre serrate, in un miscuglio indefinito tra concentrazione ed assopimento, si paravano dinanzi a sé moltitudini di deliranti scenari, entro i quali i suoi piedi regalmente fasciati dalle calzature resistenti ed impermeabili schiacciavano a morte la testa sferica di quel bastardo di Freezer, riducendogli le cervella a poltiglia facilmente digeribile, una volta cotta sulla brace dei suoi stessi resti.
Lui, era il principe, lui era il solo destinato a regnare su popoli e pianeti sino alla morte. Ed al sopraggiungere di quel momento, della sua morte, soltanto allora avrebbe guardato eloquente e diritto negli occhi, come suo padre aveva fatto con lui, il suo erede, il figlio che una qualche femmina avrebbe avuto l'onore di portare in grembo e di partorire, svezzare e preparare alla successoria missione. Non avrebbe dovuto né potuto essere una femmina qualunque, avrebbe per forza dovuto essere una saiyan di razza pura. Di quelle donne forti, a dir poco esplosive, determinate e caparbie, seducenti e bellicose, dal temperamento sanguigno e dall'intelletto superiore, in grado di far fronte tanto a prole e dimora quanto alla veemenza del proprio uomo, senza mai fargli ostruzionismi dettati dal sentimento né mai lasciarsi andare a supplichevoli tentativi di distoglierlo dal proprio compito, dal proprio destino di guerriero, se così la sorte aveva per lui sancito.
Ma, a quanto gli risultava, di femmine Saiyan non ne era rimasta neppure una, viva, nell'intero universo, tantomeno erano sopravvissuti testi e codici appartenenti alla loro civiltà, tali da poter eventualmente divenir legge su un altro pianeta, al fine di renderlo una, seppur sbiadita, reincarnazione dell'originaria patria.
Al pianeta Vegeta, il principe non pensava con dispiacere, né con inclinazioni luttuose o commosse. Vi faceva cadere, solo di tanto in tanto, un fugace pensiero, fulmineo ed iracondo, carico di furia nei confronti dell'essere che, in piena facoltà di schermare e proteggere l'intero popolo dall'infausto meteorite, a quanto pare non s'era invece scomodato di un millimetro, al sicuro sulla propria base satellitare.

Quando il tormentato dedalo di memorie tornò ad assumere il profilo più aggraziato e suadente di donna, Vegeta si risolse nel constatare che lui lo aveva in effetti praticamente appena ereditato, il titolo di principe e che adesso era il momento di goderselo solo ed esclusivamente per sé. Che, in assenza forzata di femmine della sua razza ed alla sua altezza, poteva anche stargli bene essere l'ultimo sovrano, di portare con sé la fine totale della propria stirpe, intanto mai, sarebbe caduta nell'oblìo, tanto ampia era da sempre l'eco gloriosa delle loro gesta. Che era meglio essere gli ultimi eredi al trono, che gli iniziatori di una discendenza di mezzosangue mediocri, inabili e di infimo valore combattivo, affaccendati soltanto a proteggere la prole sino a che in vita, anziché essere da questa protetti nel corso dell'orgogliosa vecchiaia cui, comunque, ben pochi Saiyan erano sino ad allora arrivati.
Non ne aveva praticamente mai visto uno, con le tempie ingrigite o con qualche ruga più profonda a scavare il divario con quelle presenti per natura. Sarebbe stato lui, il primo, unico ed ultimo sovrano saiyan ad invecchiare spavaldo in barba ad ogni minaccia di distruzione, facendo rimbombare poi anche dall'aldilà l'assordante clamore delle proprie origini.

Si lasciò infine, inavvertitamente, catturare dallo spettro pallido sopra la propria testa, Vegeta, voltandosi su di un lato e lasciando finalmente andare i pugni, sino a quel momento serrati in una morsa carica di voglia di sangue, di potere e di rivalsa.
Il plenilunio, ben visibile anche a quella latitudine, si addormentò con lui, poco più tardi, eclissandosi dietro coltri dense, tetre e funeste.


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