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Autore: Overlook    29/09/2019    3 recensioni
Dragon Ball/Dragon Ball Z
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"[...] Vegeta si risolse nel constatare che lui lo aveva in effetti praticamente appena ereditato, il titolo di principe e che adesso era il momento di goderselo solo ed esclusivamente per sé. Che, in assenza forzata di femmine della sua razza ed alla sua altezza, poteva anche stargli bene di essere l'ultimo sovrano, di portare con sé la fine totale della propria stirpe, intanto mai, sarebbe caduta nell'oblìo, tanto ampia era da sempre l'eco gloriosa delle loro gesta. Che era meglio essere gli ultimi eredi al trono, che gli iniziatori di una discendenza di mezzosangue mediocri[...]".
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Raccolta breve di momenti tutti incentrati sui Saiyan, dal momento della distruzione del loro pianeta ad opera di Freezer, sino a pochi istanti prima della scoperta dell'esistenza di fantomatiche Sfere del Drago... .
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Freezer, Nappa, Radish, Vegeta
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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Luna padrona

di Overlook, 2019©


Capitolo II





Non tutte le battaglie sono uguali.
Ve ne sono alcune che, per essere vinte, necessitano soltanto di uno sguardo, gettato più severamente di altri, sull'avversario, come a sferrare un silenzioso affondo. Ve ne sono altre il cui esito non risulta chiaro nemmeno quando a rimanere in piedi, gravemente feriti e tremebondi, rimangono soltanto gli appartenenti ad una stessa fazione.

Su quella brulla distesa di grigia sabbia mescolata a rivoli d'acqua putrida, quasi si fosse trattato di un preparato istantaneo e diabolico di cemento ai loro piedi, coi corpi ricoperti di sangue e di sudore erano rimasti sulle proprie gambe, ancorché sfibrati, soltanto tre dei membri dell'ultima squadra militare saiyan facente capo all'esercito imperiale di Freezer. Alcuni frammenti dello schermo del proprio scouter si erano conficcati sullo zigomo di Radish come minuscoli cocci di bottiglia tra le fenditure meno aride di un deserto; la sua divisa, crepata e scucita in più punti, segnava come le date su un calendario i giorni da cui essi stavano combattendo incessantemente contro il popolo di Zalfos, qualche migliaio di anime con l'entusiasmo bellico di esaltati e con la cocciutaggine di muli, finanche di fronte all'evidente superiorità combattiva dei propri avversari. Ad uno di loro, Radish aveva sadicamente cavato gli occhi con le dita, arpionandosi poi a quei fossi purulenti per strattonare via, in un sol gesto, l'intera parte frontale del teschio. Indescrivibili, le urla agonizzanti di quei resti, lasciati a terra preda di ischemie nervose ed osservati impassibilmente come si osserverebbe un salmone gettare gli ultimi respiri sul fondo legnoso di un peschereccio industriale.
...Puah... Che schifo... Ma quando la smetterai, dico io, di combinare questi disastri? Non puoi fare come facciamo noi altri!?”. Nappa dovette inasprire il tono di voce nel proferire le sue parole, poiché tra le sue mani, una giovanissima aliena ancora incapace di camminare da sola si stava dimenando un po' troppo, a suo dire, gemendo disperata. Così la sua testolina fragile, ancora imbrattata di crosta lattea, finì per spappolarsi in un'oscena marmaglia di cervella ed ossa, tra i palmi di quelle mani enormi ed immonde che si portarono poi leste alla bocca, per poter avidamente leccarne i succhi bestiali.
Quell'improvviso calar del silenzio, alle loro spalle, aveva preannunciato l'attacco a sorpresa dell'ultima brigata militare dell'esercito, inferocita dalle ultime gesta perpetrate dai due saiyan. Vi si erano lanciati contro sicuri di andare in braccio alla morte, ma altrettanto certi che non sarebbero mai spirati senza aver avuto almeno la decenza di tentare la sorte dinanzi a quello scempio inumano.
Radish e Nappa già se li vedevano addosso, le loro armi ed i loro artigli affilati, nel tentativo di tagliar loro la gola infame ed in verità non erano poi così distanti da tali intenti. Uno dei soldati, brandendo una lama assai lunga ed appuntita, s'era letteralmente lanciato sul fianco scoperto di Nappa, nel tentativo di affondargliela sino dentro al fegato, se vi fosse riuscito, ma ad un tratto fu come se qualche entità superiore avesse fermato, proprio in quel punto, lo scorrere degli eventi: per un secondo che parve durare anni, la truppa in piena offensiva rimase immobile, chi in aria, chi ancora al suolo, pronto a scattare, tutti con una diversa espressione deformata dall'immobilità.

Non così in fretta, signorine...”.
Una voce ancor più affilata di quella lama pericolosamente vicina al fianco di Nappa, maligna e dissacrante, squarciò quel fermo immagine, accompagnata da un sottile raggio luminoso di color verde, fulmineo e violento, che staccò di netto, in un sol colpo, la testa di ognuno di quegli alieni già senza speranza.
Caduto rovinosamente a terra l'ultimo cranio, con passo consapevolmente lento e feroce Vegeta vi si avvicinò, fissando quelle pupille vitree come se ancora potessero ricambiarlo di qualche attenzione. Appena un piede, sulla guancia livida. “Nappa, sei un idiota, quante volte ti ho detto che non devi togliere l'armatura nel mezzo di un combattimento?!”. L'altro fu come ridestato: “Lo so, Vegeta, ma qui non era rimasto più nessuno, chi se lo immaginava sarebbe spuntata quest'ultima banda di rammolliti da chissà dove...”.

Quest'ultima banda di rammolliti...” - ne scimmiottò il tono, facendo esplodere letteralmente il cranio sotto al suo piede come fosse stata la confezione di una merendina - “...Stava letteralmente per colpirti a morte, razza di sprovveduto! Non ti eri accorto della lama tra le mani di questo bastardo, scommetto...”. Nappa sgranò gli occhi scuri un paio di volte, come si fosse accorto in quell'istante del fendente proprio a pochi millimetri dal corpo. “T- ti ringrazio, Vegeta, senza di t-”. “Non osare ringraziarmi!” - tuonò l'altro scostandosi dalla pozza di sangue ed interiora creatasi attorno a lui - “... Non è certo per mettere in salvo la tua pellaccia, che li ho fermati!". Nappa guardò Radish per un istante, poi, confusi entrambi, si volsero all'indirizzo del loro principe. “Statemi bene a sentire: noi abbiamo un piano, ve lo ricordate? Dobbiamo riuscire a diventare più forti di Freezer ed abbatterlo, altrimenti sarà lui a far fuori noi! Come fate a non aver ancora capito... Quel viscido tiranno ha paura di noi! E' stata la sua più grande fortuna, che il nostro pianeta sia andato distrutto, ma nel frattempo è diventato un gran problema. Non possiamo perdere tempo in questo modo, non dobbiamo assolutamente rischiare la nostra vita con gente come... Questa!”. Calcò l'ultima parola con la voce, quasi ad enfatizzare la violenza del calcio assestato in pieno stomaco ad uno dei cadaveri lì intorno. Il corpo si dilaniò in due parti, già irrigidite da qualche minuto ed andò a seppellirne altri quattro insieme a sé, poco distante, dove una buca scavata dalla natura aveva assurto all'ironico, utile compito di fossa comune.
Radish, il tuo scouter funziona ancora?” - chiese Vegeta all'indirizzo del più giovane, sfamatosi nel frattempo con parte dell'avambraccio sinistro di una delle vittime. “N-non lo so, p-penso... Penso di sì, fammi controllare...”. Con un gesto dell'indice, il saiyan premette sul pulsante d'accensione vicino all'orecchio, attendendo poi qualche istante per la calibrazione dell'apparecchio. “... Dannazione! Non ci voleva, la trasformazione deve avermelo fatto rompere, non ne ho il minimo ricordo...”. “Tsk...” - lo rimbrottò il principe - “... Lo sapevo. A meno che non sia assolutamente necessario, mi sembrava d'essere stato chiaro: Non dobbiamo guardare la Luna, specialmente quando è piena, come questa notte!”.
Nel volgerle un fugace colpo d'occhio, con un'espressione di sdegno, riverenza ed irritazione nei confronti dell'ignaro satellite, Vegeta fece mente locale sui fatti avvenuti.

Si trovava ancora all'interno del pian terreno di uno dei silos adibiti a bunker di sicurezza e di deposito armi, con un bambino moribondo poggiato su una spalla alla stregua di un sacco di patate e con il dito dell'altra mano puntato sul pulsante del proprio visore. Stava cercando di scovare gli ultimi ribelli, avrebbe usato il giovane come esca per condurli tutti all'esterno, ma quando gli fu chiaro che l'unica sopravvissuta, lì, era niente meno che la madre del poppante, pensò bene di lanciarle addosso il corpicino gelato del figlio e di decretare la loro dipartita in compagnia, con un efficace gesto della mano. Lo scoppio che ne seguì non fu nulla, in confronto a quello che provenne da fuori, di qualche metro sopra la sua stessa testa. Si librò con naturalezza in volo, sfruttando la fluttuazione stabile del proprio corpo per osservare, a metà tra il divertito e lo spazientito, l'implacabile e mai stancante spettacolo della trasformazione di Radish e Nappa in Oozaru, scostandosi appena di lato ed anticipando il crollo di un colonnato attiguo.

Quella notte la Luna s'era fatta particolarmente invitante, con il suo volto esangue e paffuto a cingere d'assedio la volontà di quella razza spietata incapace di ribellarsi a quegli abbacinanti raggi pallidi e silenziosi, quasi fossero stati indistruttibili fili di seta ricamati sulla loro indole distruttiva da un abile sarto.
Sin da quando era nient'altro che un bambino, a Vegeta era sempre piaciuto parecchio, assistere agli scempi perpetrati dai suoi simili in quei particolari frangenti ed alle volte si rendeva pure lui, in prima linea, partecipe dello spettacolo disumano. Con il tempo, però, aveva compreso che, se non si fossero dati un freno, avrebbero finito per perdere totalmente il controllo, senza che ciò pertanto portasse a qualcosa di buono nei loro interessi. Era per questo motivo che, fatti i dovuti subdoli calcoli, il principe Vegeta s'era risolto nel comandare ai suoi di tenersi rigorosamente alla larga dalla visione di quella Luna tanto amica quanto imparziale avversaria, specialmente durante battaglie di relativamente poco conto, ed ancor più specialmente quando questa si presentava piena e limpida, incastonata nello zenit di cieli tersi.

Eppure, questa volta, Nappa e Radish poco e nulla avevano potuto, di fronte a quella maestosa stella fissa che bisbigliava suadente i loro nomi dall'alto, quasi fosse stato un richiamo divino. Quando ebbe finito di dislocare la spalla ancora intatta di uno dei poveri alieni – così, per puro, malsano godimento -, Nappa si fece abbindolare dal chiarore riverberato sul fiume di sangue proprio di fronte a lui, con lo stesso trasporto emotivo di un poeta maledetto dinanzi ad un oceano infuriato. Il petto, lentamente, aveva cominciato a pulsare, gonfiandosi ad ogni battito; le pupille ritirate all'indietro in un istante, fecero posto a due focolari ardenti e mefistofelici, mentre le vigorose braccia insozzate di morte si ricoprivano di una sempre più folta peluria di colore scuro.

Che stai facendo, Nappa...! Nap-”. Radish, accortosi appena un istante più tardi della mutazione del compagno, gli urlò con tutte le forze di smettere di osservare la Luna, di non continuare... Ma l'incantesimo maledetto di quella sfera opalescente sopra le loro teste, finì per arrabbiarsi tanto da prendersi pure la sua, di volontà, obbligando il più giovane a mollare la presa sulla giugulare scoperta di una femmina ormai morente ed a seguire Nappa nel tribale incedere della loro mutazione. Gli occhi incendiati, un sorriso diabolico che tradiva fin troppo facilmente la soddisfazione di lasciarsi comandare solo dalla Luna, in quella notte di carneficina, entrambi i Saiyan in appena qualche istante divennero alti metri e metri e quelle che erano divenute grosse zampe posteriori mutarono in macigni implacabili con cui affondare qualunque cosa ad ogni passo.
Non ne lasciarono vivo nemmeno uno, neppure l'unico che sarebbe servito, tra quella inutile gentaglia, se non altro per estorcergli informazioni preziose sulle coordinate esatte da impostare sulle navicelle per arrivare con anticipo rispetto a Freezer sul prossimo pianeta, non molto distante da lì.
Vegeta sapeva fin troppo bene che intervenire a cosa fatta sarebbe stato ormai inutile, un rischio contro cui non scommettere la propria pelle. Aveva così deciso di attendere, a braccia conserte ed occhi socchiusi, seppur con una strana e paurosa ombra di sorriso, puramente malvagio, al lato sinistro della bocca, adagiato come una pantera sul ramo più alto della foresta su uno sperone appiattito di roccia ancora fumante, da sotto cui esalavano gli effluvi cadaverici degli uomini da lui stesso trucidati all'interno del bunker sotterraneo.
Presto e fortunatamente, per certi versi, alcune nubi osarono ostacolare l'incedere della distruttività lunare, offuscandone la luminescenza assassina e facendo regredire rapidamente i due scimmioni malefici allo stato normale. Era in quella seconda fase, che le ferite procurate dalla cieca furia scudisciavano i loro corpi stremati, sino a farli svenire, la maggior parte delle volte. Ma in questo rito, non avveniva alcuna lamentela, poiché ogni Saiyan sapeva che a seguito del risveglio comatoso, la propria forza sarebbe stata decuplicata e la resistenza alla lotta resa ancor più elevata.


***


Adesso finitela, immediatamente! Dobbiamo recuperare le nostre navicelle, altrimenti ci troveremo Freezer davanti agli occhi non appena atterreremo sul pianeta Heridor! Quella nullità farà i conti con noi, non ci piove, ma prima dobbiamo acquisire maggiore potenza. Coraggio, seguitemi...”.
Nappa e Radish voltarono entrambi lo sguardo tetro alle loro spalle, prima di eseguire l'ordine del loro superiore. L'ombra di una coltre fuliginosa, nel tentativo di dissiparsi in quell'atmosfera immobile, pesante ed immonda, diede loro modo di scorgere soltanto cadaveri, vere e proprie montagne di corpi smembrati, tumefatti, mortificati sino allo stremo dalla sadica furia di quei guerrieri la cui soddisfazione al termine di un duello andava ben oltre la mera sconfitta del proprio avversario: il sangue del soccombente doveva solcare i palmi delle loro mani, le urla disperate dovevano carezzare i loro timpani come nenie materne, le suppliche vane dovevano solleticare la loro impietosa sete di supremazia. Una più diplomatica negoziazione, una semplice compravendita di territori e di pianeti, non era concepibile per una razza come la loro. Senza la morte, non s'era compiuto alcun affare e, quelle rare volte che il popolo di turno s'arrendeva alla conquista senza opporre alcuna resistenza, i saiyan avevano comunque perpetrato assurde carneficine al solo scopo di... Divertirsi, di rendere meno noiosa la loro comunque breve permanenza su quel territorio, in attesa di rifornire di carburante le proprie navicelle e di rifocillarsi, proprio con i resti di qualcuno dei malcapitati indigeni. Quel che rimaneva erano pianeti deserti, alla completa mercè dei conquistatori, i quali, passati sotto il dominio di Freezer, avevano l'unico dovere di procedere alla costruzione di basi imperiali adatte solo a fungere da roccaforte e da vessillo di conquista di quell'impero sempre più vasto e sconfinato.

Vegeta odiava Freezer, perché s'era preso la sua gente, i suoi sudditi, l'intero popolo Saiyan e l'aveva reso proprio subordinato, approfittandosi della eccezionale forza e della loro indiscussa supremazia per costituire il proprio impero, quando invece avrebbe dovuto essere proprio lui, il principe Vegeta, ad ereditare dal proprio padre il trono, il potere ed il regno, esteso sino ai più remoti confini della galassia. Ignaro della realtà dei fatti, Vegeta non era rimasto più di tanto sconvolto dalla notizia della distruzione del proprio pianeta per mano di un meteorite, ma piuttosto era trasalito alla definitiva comunicazione del passaggio di sovranità su loro superstiti. Per natura, mai aveva gradito star sotto a qualcun altro ed essere il principe dell'intero popolo saiyan ne aveva sempre assecondato l'indole più dominante. Era divenuto sempre più insostenibile, far fronte al fatto che ora non era più lui il sovrano, non erano più i saiyan a predominare sul resto dell'universo. V'era una lurida creatura, viscida, disgustosa nella sua ossequiosità, da cui trasudava fin troppo palesemente il desiderio di schiacciare anche i saiyan rimasti vivi sotto il proprio potere. Così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, di conquista in conquista, Vegeta aveva proceduto a disegnare nella propria mente un piano per liberarsi di quel verme e riprendersi il trono, a lui spettante di diritto. Sapeva che Freezer prima o poi sarebbe morto, se non in battaglia, per cause naturali, ma s'era imposto di non poter assolutamente accettare, di attendere tanto a lungo in silenzio, in finta sottomissione. Non passò molto tempo, perché Vegeta esprimesse i propri sentimenti di ribellione ai suoi fidati compagni saiyan, i quali, ancorché suoi compagni di milizia, sapevano bene di aver a che fare con un principe, con il loro principe e non con un loro simile qualunque. Gli portavano doveroso rispetto e nutrivano un reverenziale timore nei suoi confronti, non fosse stato altro che per quel portamento, sfoggiato sempre in maniera del tutto naturale, da parte di Vegeta, a cui bastava affilare lo sguardo oscuro ed incrociare strafottente le braccia al petto per far tremare il baricentro di ogni altrui sicurezza.


***


I tre saiyan non impiegarono che qualche minuto, a ritrovare le proprie navicelle, incrostate di sangue e di fanghiglia, ma perfettamente funzionanti. Premettero ciascuno il tasto del proprio telecomando, per aprirne il rispettivo portellone e, quando tutti e tre finirono di sistemarvisi all'interno, Nappa sbottò scanzonato: “Sarebbe carino se prima o poi trovassimo qualche pianeta di... Di scienziati, o che so io... Magari potremmo farci fabbricare navicelle che possano essere ridotte di dimensioni, sino a potersele infilare in tasca, pensate... Eh eh!”.

I portelloni si richiusero uno dopo l'altro. Lo scoppio dei motori squarciò il silenzio rarefatto. Soltanto pochi istanti prima di spiccare il volo, alla ricerca della prossima meta, la voce ovattata e sdegnata del principe Vegeta ruppe l'atmosfera lugubre ed immobile: “...Aah, ma sta' zitto, Nappa...”.



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