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Autore: Teo5Astor    25/09/2019    16 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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32 – Idol, attrici, genitori e fratelli
 
 
Suono il campanello della porta di casa di Lazuli e resto in attesa che arrivi Chichi ad aprirmi. Ho pensato infatti di non entrare direttamente in casa usando le mie nuove chiavi per non farle prendere un colpo. Sento il rumore dello spioncino da cui evidentemente Chichi mi sta osservando, anche se non si decide ad aprirmi.
«Dai, Chì… lo so che ci sei! Sono io, Rad, il tuo cognatastro preferito!»
«Cosa vuoi?!» sibila lei, dall’altra parte della porta blindata.
«Posso entrare?» chiedo, senza ricevere risposta. «È inutile che mi dici di no, tanto ho le chiavi! Ecco, sto entrando…» le annuncio, prima di interrompermi. «Aspetta, non sei nuda, vero?!»
«Ma cosa dici, cretino?!» sbotta Chichi, aprendo all’improvviso e trascinandomi dentro casa con uno strattone, prima di chiudere la porta alle sue spalle facendola sbattere. È paonazza. «Per chi mi hai preso, scusa?!» sbraita, isterica, fulminandomi con lo sguardo.
«A parte che non ci sarebbe stato niente di male a vederti nuda, visto che hai il corpo della mia ragazza» le sorrido sghembo, sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«Fai… fai schifo! Dovresti morire!» grida di nuovo, stringendo i pugni e distogliendo lo sguardo dal mio, visibilmente imbarazzata.
Si dirige con fare risoluto sul divano e si siede, accavallando le gambe.
Mi guardo intorno e non posso fare a meno di notare che c’è un disordine atroce. Piatti da lavare, vestiti dappertutto, confezioni di ramen abbandonate in giro per il salotto… forse ho capito per quale motivo Là ha voluto che venissi qui! Quella maledetta e adorabile opportunista mi sentirà dopo!
«Allora?! Perché sei qui? Mi sembrava di averti detto che volevo restare da sola!» sibila Chichi, distogliendomi dai miei pensieri. Probabilmente è anche scocciata perché ho visto le condizioni in cui versa la casa.
«Volevo vedere come te la passavi» le sorrido.
«Non è che… la sorellona ti ha detto qualcosa?» mi chiede malinconicamente, ammorbidendo all’improvviso la sua espressione e distogliendo lo sguardo dal mio.
«È preoccupata perché ha saputo che non sei stata bene, ma non è assolutamente tesa per le riprese dello spot. Sapeva che poteva capitare di non farcela al primo colpo, ma è sicura che la prossima volta andrai bene».
«Davvero?!» esclama sollevata, guardandomi felice e facendo brillare i suoi occhi di ghiaccio.
«Ecco, ti sarebbe bastato fare questo sorriso in quello spot» le sorrido a mia volta. È un sorriso meraviglioso quello che ha appena fatto.
«La fai facile, tu…» borbotta, offesa.
«Stai provando in ogni modo a replicare il sorriso di tua sorella ma, detto tra noi, il risultato è stato una roba tremenda. Adesso invece sei stata fantastica, perché eri semplicemente te stessa».
«L-lo… lo pensi davvero?» domanda timidamente, arrossendo un pochino.
«Sì… come penso che sia un disastro questa casa» sospiro, guardandomi di nuovo intorno. «Dai, vai pure a farti un bel bagno, qui intanto ci penso io a sistemare».
«Non voglio, ho lasciato io in giro tutta questa roba!» ribatte, stizzita.
«Hai già cenato?» le chiedo, senza darle retta e cominciando a buttare via un po’ di rifiuti.
«Non mangio nulla da stamattina…».
«Ecco, allora adesso vai a farti un bagno. Ti preparo qualcosa al volo da mangiare, intanto. Ci vogliono energie per girare gli spot, non lo sai?!» le faccio un occhiolino. «Quindi fai quello che ti ho detto e non farmi incazzare, sono un tuo saggio senpai!»
«E-ecco, io… veramente… grazie…» sospira, alzandosi e dirigendosi verso il bagno, sparendo in corridoio. «Però non provare a sbirciare!» sbraita all’improvviso, facendomi prendere un colpo.
«Secondo me è un modo indiretto per chiedermi di farlo!» le urlo a mia volta. «Ti eccita l’idea di farti guardare da me?»
«Sei un porco, Rad! Dovresti estinguerti!» sbraita, furibonda, facendo capolino dal corridoio e minacciandomi con un pugno chiuso che rotea in aria.  Non posso che scoppiare a ridere mentre la guardo. E lei non può che mandarmi nuovamente al diavolo e andarsene stizzita.
Poco dopo, quando mi rendo conto che è intenta a fare il bagno, mi dirigo nella stanza del tatami. È ovvio che Lazuli voglia che vada a frugare in quell’armadio, altrimenti non mi avrebbe detto di starci alla larga. Per quale motivo avrei mai dovuto sbattere la testa proprio in questo armadietto, altrimenti? Io pensavo di puntare al cassetto della sua biancheria intima, ma sarà per la prossima volta, magari!
Apro l’armadio e ci trovo dentro una scatola rettangolare di latta lucida blu scura, piena di stelle dorate e con una grande mezzaluna al centro. La sollevo e la scruto. È piena, eppure è molto leggera.
Quando la apro e ne osservo il contenuto non posso che sorridere, oltre che commuovermi un po’. Non posso fare altro che pensare che è davvero un casino essere sorelle. Che a volte l’orgoglio è proprio una brutta bestia. E che sarebbe bello restare per sempre come eravamo da bambini, quando avevamo uno sguardo puro sulla realtà che ci circondava e sapevamo sorridere senza porci troppe domande. Quando forse non avevamo paura della vita, quando ci sentivamo protetti. Quando eravamo convinti davvero che tutto sarebbe andato per il meglio. Sapevamo perdonare, sapevamo voler bene. Sapevamo vivere, da bambini, forse meglio che da grandi. La vita ci sembrava più facile probabilmente perché riuscivamo a capire quanto fosse importante la semplicità, quanto bastasse poco per essere felici. 
«Non potete muovervi a fare pace?!» sospiro tra me e sorrido di nuovo, mentre metto al suo posto la scatola e chiudo l’armadio, scuotendo leggermente la testa.
 
«Sono tornato!» annuncio, non appena metto piede in casa mia e appoggio le chiavi sul tavolino all’ingresso.
«Ce ne hai messo di tempo, eh? Ti stavi divertendo?!» sibila freddamente Lazuli, senza guardarmi. È davanti alla televisione del salotto e sta provando per l’ennesima volta i passi di danza del nuovo singolo delle Sweet Bullet. «Ok, stoppa pure, Goku-kun!» sorride dolcemente a mio fratello, seduto sul divano col telecomando in mano. Le sta facendo da assistente, come sempre in questi ultimi giorni.
«Va bene, Chichi-chan! Secondo Goku-kun sei stata strepitosa!» esclama allegramente mio fratello, sempre convinto di essere in compagnia della vera Chichi Gelo. «Ciao fratellone! Ti stavi divertendo con Lazuli-san?!» aggiunge ingenuamente, mentre percepisco su di me lo sguardo di fuoco di Lazuli che mi incenerisce.
«In realtà ho dovuto cucinare, pulire, rassettare e fare il bucato… un disastro…» sbuffo. «Vai a sistemare la cassetta dei gatti, non ne ho la forza…» aggiungo, crollando sul divano a faccia in giù. Grazie al cielo non devo lavorare stasera.
«Urcaaa! È vero, ci pensa Goku-kun, fratellone!» corre via mio fratello, lasciandomi solo con Lazuli.
«Ti ha detto qualcosa in particolare?» mi domanda Lazuli, in tono distaccato. È preoccupata, ma non lo ammette.
«Niente di che, ma se devo essere sincero, penso che dobbiate darvi una mossa a fare pace».
«Capisco…» sospira, infastidita, passandomi davanti e tirando dritta senza guardarmi. «Faccio una doccia veloce e vado a letto».
«Ma come?! Non mi merito un premio per aver visto come se la passava e per averti tirato a lucido la casa?!» piagnucolo.
«Domani mattina devo alzarmi presto perché ho le prove generali del concerto, sarà una giornata molto lunga» fa spallucce Lazuli. «Il premio forse lo avrai quando tornerà tutto alla normalità, ma non montarti troppo la testa» aggiunge, voltandosi in mia direzione e accennando un sorriso, prima di sparire in corridoio.
 
 
9 settembre
 
Oggi Chichi è tornata a scuola nei panni di Lazuli e ha voluto che tornassimo a casa insieme. Ora siamo a casa di Lazuli, seduti sul divano uno di fianco all’altra, a guardare in televisione i dvd dei film girati dalla mia ragazza o, tramite il cellulare, i video dei suoi spot. Chichi mi ha detto di aver bisogno di me per potersi allenare perché domani dovrà girare di nuovo quello spot sulla spiaggia e vuole farlo al meglio stavolta. Vuole avere un sorriso perfetto.
«Ehm… non so come dirtelo, Chì…» esordisco, indicando col dito lo schermo della tv in cui in questo momento si vede una ragazza intenta a farsi una doccia. «Non credo che troverai i giusti spunti per il sorriso di Là in un film in cui interpretava uno zombie assassino».
«Tu non ti intromettere, sei qui come assistente e basta!» sbotta, acida, incrociando le braccia sotto il seno.
«Accidenti, la finestra è rimasta aperta!» esclama l’attrice del film, tutta insaponata, aprendo leggermente la porta del box doccia.
«Già, l’ho aperta io!» sorride follemente Lazuli, palesandosi improvvisamente in bagno sotto forma di zombie e truccata in un modo che la rende quasi irriconoscibile, sollevando una mannaia grondante sangue e piegando leggermente la testa. «Vuoi sapere cosa si prova quando si muore?!» aggiunge, scandendo lentamente le parole e sgranando i suoi occhi di ghiaccio, senza smettere di sorridere.
«Aaahhh!» urla Chichi, spaventata, spegnendo istantaneamente la tv e gettandosi tra le mie braccia con gli occhi chiusi.
«Te l’avevo detto che non era quello il genere di sorriso che faceva al caso tuo...» sbuffo. «Se vogliamo fare altre ricerche su tua sorella, devi puntare su qualcosa di più leggero! Tipo questo» aggiungo, sollevando dal tavolino del salotto un altro dvd.
Lei si solleva dal mio petto e mi guarda negli occhi, arrossendo vistosamente e allontanandomi con uno spintone, prima di guardare il dvd che ho in mano io e poi la custodia dell’horror che abbiamo appena visto.
«Aaahh! E come faccio adesso!» urla all’improvviso, mettendosi le mani tra i capelli e scalciando nel vuoto con entrambe le gambe che penzolano dal divano. «Le riprese sono domani! E io non ho ancora trovato lo spunto per il sorriso perfetto!»
«Ormai non c’è più tempo» le sorrido. «Vedi di darti una calmata!» aggiungo, afferrando un cuscino del divano e tirandoglielo in faccia.
«Questa potevi evitartela, imbecille!» sbraita, scagliandomi a sua volta quel cuscino sul naso.
«Guarda che non devi puntare per forza alla perfezione… e soprattutto non devi essere tua sorella» le spiego, fissandola nei suoi occhi di ghiaccio che sembrano distendersi alle mie parole improvvisamente serie. «Va bene anche la sufficienza per questo spot, sei già stata bravissima nelle interviste e sui set fotografici. Lo sa anche tua sorella. Tu sei incontentabile, non sei diversa da lei» aggiungo, alzandomi dal divano e facendo per andarmene.
«C-cosa?! Te ne vai di già?!» mi domanda, intimorita e perplessa.
«Tua sorella mi ammazza se torno tardi, e poi devo anche andare al lavoro dopo» rispondo, senza voltarmi.
«A-aspetta, Rad!» esclama Chichi, alzandosi a sua volta e afferrando una mia mano. «Aspetta… per favore…» sussurra, abbassando la testa, mentre mi volto per osservarla.
«S-senti… è che… ecco, volevo fare un bagno in tutta calma…» riprende con un filo di voce. «Non… non potresti restare finché non ho finito?»
«E perché dovrei farlo?» la provoco.
«Q-quando faccio il bagno da sola, a volte mi capita di… di avvertire una specie di aura negativa…» sussurra senza guardarmi, visibilmente a disagio. Sembra proprio una bambina indifesa adesso. È tenerissima nella sua ingenuità.
«In pratica mi stai dicendo che te la fai sotto dopo aver visto quel film horror?» le chiedo a bruciapelo, ghignando.
«N-non… non è vero, cretino!» grida, stringendo i pugni e arrossendo.
«Comunque resto solo se mi fai entrare nella vasca con te» riprendo con voce roca, avvicinando il mio viso al suo e sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«Scemo!» sbotta, paonazza, distogliendo lo sguardo dal mio. «D-dovrei chiedere il permesso alla sorellona per queste cose…».
«Ottimo. Chiamiamola subito!» annuncio, tirando fuori dalla tasca il mio telefono e cominciando a digitare sul display.
«M-ma sei pazzo!» sbraita, dandomi un pugno in testa per poi spingermi verso l’uscita appoggiando entrambe le mani contro la mia schiena. «Vedi di sparire dalla mia vista e di estinguerti subito!»
«Ok, ti voglio bene anch’io, Chì!» la saluto con un cenno della mano. «Domani mattina non andrò a scuola nemmeno io, così andiamo insieme sul set» mi congedo, prima di chiudermi la porta alle spalle. Sono certo che ce la farà stavolta.
 
«Sono tornato!» annuncio, non appena entro in casa mia. «Ci sei, Là?»
«B-bentornato fratellone, Goku-kun non ti aspettava così presto» bisbiglia Goku, aprendo a malapena la porta della sua stanza e mostrandomi solo metà del suo volto. «Lazuli-san non c’è, e nemmeno Chichi-chan».
«Perché sei nascosto? È un nuovo gioco?»
«T-ti sbagli di grosso se pensi che Goku-kun non faccia niente per sé stesso tutto il giorno, quando è da solo!» ribatte mio fratello, alzando il tono della voce.
«Non ho mai pensato questo di te, e tu lo sai bene. Non farmi incazzare…» sbuffo, lanciando le chiavi sul tavolino.
«Scusa, fratellone…» sospira Goku. «Comunque Goku-kun ha i suoi buoni motivi se non vuole farsi vedere!» sbotta, chiudendo la porta con veemenza.
«E quale di questi motivi ti ha portato a nasconderti addirittura da me?»
«Prometti di non ridere?» bisbiglia a testa bassa, riaprendo uno spiraglio della porta.
«Te lo giuro» gli rispondo, serissimo.
«Cosa ne pensi?» mi domanda timidamente, uscendo dalla sua stanza a testa bassa e lentamente.
Indossa la divisa scolastica. Non era mai successo negli ultimi due anni. Non mi sembra quasi nemmeno lui.
«Penso che ti sta benissimo, anche se puzzi di armadio» gli sorrido, cercando di non mostrarmi troppo sorpreso e troppo euforico per una cosa che anche per lui dovrà tornare ad essere naturale, prima o poi, se vorrà riprendere a uscire di casa e a condurre una vita sociale come tutti gli altri suoi coetanei.
«Tutto qui? Cosa ti sembro allora?» mi domanda, polemico e un filo deluso.
«Uhm… mi ricordi un ragazzino delle medie…».
«Per forza! Goku-kun è uno studente delle medie a tutti gli effetti!» ribatte con determinazione, stringendo i pugni. «Goku-kun crede che sia arrivato il momento!» annuncia, fissandomi negli occhi. «Il momento di impegnarsi fino in fondo!»
Gli sorrido dolcemente e mi avvicino a lui, appoggiandogli una mano sulla testa.
«Sono fiero di te, lo sai?! E lo sarò sempre e comunque, perché sono il tuo fratellone» gli dico, appoggiando la fronte contro la sua.
«G-goku-kun vuole molto bene a Chichi-chan e vorrebbe vedere un suo concerto dal vivo, prima o poi. Lei è molto carina con lui…» mi spiega, bisbigliando e strappandomi un altro sorriso. «E poi Goku-kun vorrebbe vedere anche uno spettacolo di Lazuli-san e una partita del fratellone».
«Hai proprio tanti obiettivi, bravo! Vuoi vedere altro?» gli dico, sollevandomi e scompigliandogli i capelli.
«Goku-kun vuole vedere anche i dinosauri!»
«Va bene, va bene… ma vedi di non strafare, ok?»
«Sono a casa!» annuncia Lazuli, facendo capolino alle mie spalle con la divisa scolastica della scuola di Chichi, dove ha seguito le lezioni pomeridiane dopo le prove per il concerto sostenute al mattino.
«Bentornata, Chichi-chan!» esclama Goku, felice.
«Hai su l’uniforme?!» gli chiede Lazuli, incredula, prima di sciogliersi in un sorriso meraviglioso. «Stai benissimo! Sei adorabile!»
«Urcaaa! Dici davvero!» grida Goku, saltellando felice e spalancando le braccia.
«Certo! Me lo sentivo che oggi avresti fatto grandi cose, infatti ti ho comprato un pensierino!» gli spiega Lazuli, porgendogli un sacchetto di carta.
«Wow, grazie mille! I panini alla crema! I preferiti di Lazuli-san!» esclama, correndo in camera sua tutto contento.
«Ecco, questi sono i biglietti per il concerto che si terrà dopodomani» mi sorride Lazuli, porgendomi una busta contenente i biglietti per il live delle Sweet Bullet. «Danne uno anche a Chichi».
«Non vuoi darglielo tu di persona?»
«Meglio di no» ribatte lei freddamente, passandomi davanti. «Ce n’è uno anche per te, così verrete insieme voi due. In più, dille che ne ho già spedito anche uno a sua madre».
 
 
10 settembre
 
«Azione!» grida il regista sul set dello spot pubblicitario che sta girando Chichi per conto di Lazuli sulla spiaggia, nella stessa location del fallimentare primo tentativo dell’altro giorno.
Oggi le cose stanno andando meglio. Decisamente meglio.
Chichi sorride, per poi alzarsi in piedi e recitare l’ultima battuta che le mancava, salutando poi con la mano a favore di telecamere.
«Taglia! È buona!» urla il regista, mentre tutti i componenti dello staff applaudono Chichi, che li ringrazia con un inchino, visibilmente emozionata. «Ottimo lavoro!»
Osservo la scena da lontano e non posso che sentirmi felice. Sapevo che oggi Chichi non avrebbe fallito. Lei è una che pensa fin troppo, ma, soprattutto è una che si sottovaluta. È bello vederla così.
«Tutto è bene quel che finisce bene, no?» le dico, seduto sulla spiaggia dove la stavo aspettando. A quanto pare ha detto a Piiza-san che si sarebbe arrangiata per tornare a casa per conto suo.
«”Finito bene” un corno!» sbotta Chichi, irritata, sedendosi al mio fianco e osservando il mare. «È assurdo che mi ci siano voluti ben dodici ciak!» aggiunge, stringendo i pugni e digrignando i denti. «Non potrò mai essere come la sorellona…».
«Non devi essere come lei… smettila di sottovalutarti, Chì» provo a spronarla.
«In effetti non vorrei essere lei… non voglio nemmeno immaginare di dover vivere ogni giorno con tutta quella pressione sulle spalle» risponde, sospirando amaramente e abbassando la testa.
«Quindi sai benissimo anche tu che non vuoi essere come Là… smettila di pensare a lei e di volerla emulare. Fregatene».
«Non so nemmeno se non voglio essere come lei, però…» sospira, alzandosi in piedi e camminando lentamente verso il mare. La spiaggia è deserta, ci siamo solo noi e il rumore delle onde. «In passato sognavo solo di essere come lei. Sai, quando avevo quattro anni e l’ho vista per la prima volta in televisione, ho detto subito a mio padre che sarei voluta diventare come la mia sorellona» aggiunge, voltandosi per un attimo verso di me, prima di darmi di nuovo le spalle. I suoi occhi di ghiaccio sono lucidi. La brezza marina fa ondeggiare il vestitino lilla che indossa e i suoi capelli biondi.
«E ora?» la incalzo, senza ricevere una risposta.
«Tieni. È per te» mi dice freddamente, camminando verso di me e porgendomi il suo telefono. Sul display lampeggia il nome di Lazuli. Che abbia deciso finalmente di tornare a parlarle? Sicuramente era preoccupata anche lei per le nuove riprese dello spot.
«Se sta chiamando il tuo numero significa che vuole parlare con te» ribatto, restando fermo.
«Rispondi te! Per… per favore…» sbotta Chichi, prima di abbassare la testa e porgermi di nuovo il telefono, che stavolta prendo in mano sospirando.
«Ciao Là» rispondo alla chiamata.
«Perché rispondi tu?!» ribatte lei, gelida.
«Tua sorella è in bagno da un po’… forse sta cagando» ghigno.
«Non è vero! Imbecille! Cretino!» sbraita all’improvviso Chichi, colpendomi con una raffica di sberle sulla testa e rischiando di farmi cadere di mano il telefono.
«Ahia, cazzo! Stavo… stavo scherzando…» bofonchio, cercando di ripararmi.
«Ok, deduco che sia lì con te e che stia bene» sospira Lazuli, irritata. «Beh, in ogni caso volevo parlare anche con te».
«Dimmi la verità: ti mancavo troppo» la provoco.
«Se continui così, stasera ti picchio anch’io, Son» sbotta, acida. «Comunque, stamattina presto ha telefonato tuo padre. Non ho risposto ed è partita la segretaria».
«Mio papà?!» ribatto, allibito. In effetti è da un po’ che non lo vedo e non lo sento. Non abbiamo quel genere di rapporto, non dobbiamo sentirci per forza se va tutto bene.
«Ha detto che stasera vorrebbe mangiare qualcosa con te al “Kame House” prima che inizi il tuo turno».
«Ok, grazie mille! Ah, comunque le riprese di tua sorella sono filate lisce come l’olio» le spiego, mentre Chichi, al mio fianco, scalcia nervosamente la sabbia. «Ci sono voluti solo tredici ciak, ma ce l’ha fatta! La applaudivano tutti alla fine!»
«Dodici ciak! Idiota!» sbraita Chichi, colpendomi con un’ennesima sberla sulla nuca. «Dodici! Erano dodici!»
«Ahia!» protesto. «E che cazzo cambia tra dodici o tredici?! Basta che ce l’hai fatta, no?!» aggiungo, mentre sento Lazuli soffocare a stento una risata sincera.
«Bene. Ringraziala da parte mia per quello che ha fatto» mi dice, in tono serio. «Sapevo che sarebbe andata bene oggi! Ora ti saluto, Rad!» aggiunge, sciogliendosi un po’. Io lo so bene che sta sorridendo in questo momento. Che non è solo felice, ma anche orgogliosa della sua sorellina.
«A dopo, Là!».
 
«Quasi dimenticavo: tua sorella ieri mi ha detto di darti questi» spiego a Chichi, poco dopo, porgendole i biglietti del concerto delle Sweet Bullet. «Andremo insieme io e te, domani. E ne ha inviato uno anche a tua madre».
Chichi guarda mestamente i biglietti, senza prenderli. Abbassa la testa, sospirando.
«Ricordo ancora quando da piccole ci siamo incontrate per la prima volta a un’audizione… sono passati undici anni da allora, ma ricordo tutto come se fosse ieri».
«Ti aveva portato lì vostro padre?»
«Sì, era l’audizione per un cortometraggio. La sorellona aveva già esordito l’anno prima in televisione, io volevo essere come lei ma non l’avevo mai conosciuta» risponde Chichi, accennando un sorriso triste. «”Lazuli-chan, questa è Chichi-chan. È tua sorella”. Furono queste le parole che disse nostro padre quel giorno. Io la ammiravo, ma un po’ la temevo vedendo come fissava nostro padre senza tradire nessuna emozione».
«Non deve essere stato facile per Là ritrovarselo davanti dopo tanto tempo» intervengo, sfruttando un suo momento di silenzio. «E deve essere stato strano vederti per la prima volta».
«Già… io almeno l’avevo vista in tv e me l’ero anche idealizzata» risponde Chichi, alzando la testa per guardare il mare. I suoi occhi sono lucidi. Forse è anche nostalgia, non solo malinconia. Nostalgia di giorni in cui tutte le cose sembravano più facili. «Lei mi guardò in silenzio e impassibile per qualche secondo, prima di sciogliersi in un sorriso meraviglioso e appoggiarmi una mano sulla testa, visto che era più alta di me» aggiunge, mentre una lacrima le scende lungo la guancia fino a perdersi sulla sabbia. «”Ho sempre voluto avere una sorellina”, mi ha detto in quel momento. Ricordo di aver fatto i salti di gioia a quel punto e di averla abbracciata. Ero felice, davvero. Mi disse anche che mi avrebbe portato un regalo il giorno delle riprese, se fossimo state scelte entrambe».
«E come è finita?»
«Abbiamo girato insieme quel cortometraggio, qualche giorno dopo. È stato il nostro unico lavoro insieme, prima che lei spiccasse definitivamente il volo, a differenza mia, che infatti ho cambiato campo qualche tempo dopo. Soprattutto da quando mia mamma ha iniziato a occuparsi personalmente della mia carriera» mi spiega, accennando un sorriso. «Durante le riprese ho indossato gli stivaletti che mi aveva appena regalato la sorellona. Era quello il regalo che mi aveva promesso. Li conservo ancora a casa, in cantina. Io invece le portai una molletta per i capelli a forma di testa di coniglio, un po’ come questa» prosegue, indicando la mollettina nera glitterata tra i suoi capelli.
«Mi immagino voi due da bambine… è un ricordo splendido il vostro. E mi piacerebbe vedere quel cortometraggio, prima o poi».
«Non aspettarti nulla di che, non sono mai stata brava a recitare… ricordo che lei indossava una salopette di jeans, mentre io avevo un vestitino giallo quel giorno. Ero tanto felice di essere sul set con la sorellona. Lei… lei mi dava sicurezza» riprende Chichi, asciugandosi un’altra lacrima sfuggita al suo controllo. «Lei era… era fantastica…».
«Anche adesso è fantastica» aggiungo, sorridendole.
«Sarà stata di sicuro anche un po’ spiazzata, anche se io non potevo rendermene conto in quel momento. Eppure non l’ha dato a vedere. È proprio da lei» continua Chichi, strappandomi improvvisamente di mano il suo biglietto del concerto. «Non potrò mai essere come lei, ma non per questo rinuncerò ad essere una idol!» esclama, determinata. «È divertente fare dei concerti e ho anche tanti fans pronti a sostenermi. Ti prometto che mi impegnerò a fondo e farò una meravigliosa esibizione quando finalmente riuscirò a ottenere la parte da solista e il centro della coreografia!»
«Questo è lo spirito giusto, Chì!» la incito, sorridendole.
«Così facendo, magari anche mia mamma cambierà l’opinione che ha su di me!»
«Pensa ad avere successo per te stessa e per la tua carriera, prima di tutto» le dico, mentre mi rialzo. «Andiamo a casa a prendere l’uniforme, facciamo in tempo a seguire le lezioni del pomeriggio a scuola, almeno» aggiungo, aiutandola ad alzarsi.
«Posso farti una domanda, Rad?» mi chiede poco dopo Chichi, mentre stiamo camminando verso casa.
«Spara» sbadiglio, prima di portarmi entrambe le mani dietro la nuca.
«Cosa pensi dei tuoi genitori?»
«Sai già della mia situazione familiare?»
«Sì… la sorellona mi aveva spiegato a grandi linee quello che ti è successo. E qualcosa mi avevi detto anche tu» sospira Chichi, abbassando la testa. «Mi dispiace».
«Non essere triste per questo. Io e mio fratello siamo forti» provo a rassicurarla.
«Tuo fratello… ecco, mi è stato subito simpatico, anche se non ho ancora avuto modo di conoscerlo bene…» sussurra, arrossendo leggermente.
«Penso che anche tu gli stai simpatica, guardava già i tuoi live in tv e ha detto che vorrebbe venire a vederti dal vivo, prima o poi».
«D-davvero?!»
«Da quando sei entrata nelle nostre vite, sembra essere scattato qualcosa in lui» le sorrido, mentre lei diventa sempre più rossa. «Negli ultimi due anni non aveva mai preso in considerazione l’idea di uscire di casa. Ti sono grato per questo».
«Sarà merito della sorellona, c’è lei nel mio corpo, adesso…».
«Sono certo che Goku si troverà bene anche con la vera te stessa. Anzi, meglio… non dimenticare che era già un tuo fan, lui» le faccio l’occhiolino, strappandole un sorriso. «Per quanto riguarda i miei genitori, vuoi sapere cosa penso di loro? Beh, che sono i miei genitori…».
«Eh?! E cosa significa?!» ribatte Chichi, perplessa. «Volevo sapere se gli vuoi bene, se li odi, se li reputi una scocciatura o se ti fanno arrabbiare, ad esempio…».
«Allora facciamo un po’ tutto quanto» le sorrido.
«Non provi rancore nei loro confronti, Rad?»
«Non direi».
«Perché no?»
«Forse perché sono i miei genitori…» le spiego, non trovando una frase migliore per rispondere alla sua domanda, proprio mentre svoltiamo nella via dove abitiamo.
Chichi si blocca improvvisamente, non appena vede scendere da un taxi fermo sotto casa di Lazuli una donna dai capelli neri legati in uno chignon e vestita di un tailleur beige.
«Tutto bene?» le chiedo.
«M-mamma…» balbetta in un flebile sussurro, mentre la donna si avvicina a noi a passo di carica e con un’espressione che definire accigliata sarebbe un eufemismo.
«Dov’è Chichi?!» sbotta la donna, stringendo i pugni e sgranando i suoi sottili occhi neri sprizzanti rabbia. Non può certo sapere che ce l’ha davanti. Che ha semplicemente sembianze diverse.
Per certi versi questa situazione mi ricorda l’unico incontro che ho avuto con la mamma di Lazuli, quando lei era diventata invisibile ai suoi occhi. Una pessima situazione, davvero.
«È un momento fondamentale per lei, domani ha il concerto! La rivoglio a casa!» sbraita di nuovo in faccia a quella che lei ritiene essere Lazuli.
«Mi spiace, ma non capisco dove voglia arrivare» risponde malinconicamente Chichi, mantenendo il sangue freddo.
«Non è a casa tua?!»
«Purtroppo no» ribatte Chichi, abbassando leggermente la testa, incapace di sostenere lo sguardo adirato e anche preoccupato della madre.
«Smettila di mentire! Lo so che la stai nascondendo tu!»
«Le sto dicendo la verità, invece» riprende Chichi, tornando a guardarla negl’occhi.
«Può salire in casa sua a controllare, se non ci crede» provo a darle manforte, facendo un passo avanti.
«E tu chi saresti?! Nessuno ti ha chiesto niente!»
«Sono il suo ragazzo. E penso che stiamo dando spettacolo in strada per niente» rispondo, senza abbassare la testa. «Non è colpa di Lazuli se sua figlia ha voluto isolarsi per preparare al meglio questo concerto. La vedrà domani sul palco, se le ha spedito il biglietto significa che ci tiene a vederla».
Il volto della madre di Chichi si distende leggermente, pur mantenendo un’espressione adirata.
«Non c’è bisogno che venga a controllare» risponde, acida e stizzita. «Se dovessi sentirla, dille che deve tornare immediatamente a casa» aggiunge, rivolta a Chichi, convinta ovviamente di parlare con Lazuli, prima di darci le spalle e salire di nuovo sul taxi, lasciando la nostra via.
«Dai Chì, vai a metterti l’uniforme che poi andiamo a scuola» dico a Chichi, accarezzandole la testa. «A volte bisogna tenere duro per sopportare i propri genitori, altre volte non li capiamo… tu adesso pensa a stare tranquilla e a mantenere la promessa di diventare una grande idol, ok?»
«Ok» annuisce mestamente Chichi, varcando l’entrata della portineria del palazzo di Lazuli. «Grazie, Rad».
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, direi che sono successe un bel po’ di cose in questo capitolo. Partiamo dalla fine: cosa ne pensate della mamma di Chichi? Per il resto, vediamo che Rad va a sbirciare nel famoso armadio che gli aveva vietato Lazuli: cosa conterrà quella scatola che ha aperto?
In tutto questo, Goku prova a reagire e indossa la divisa scolastica, spronato forse dall’ingresso improvviso di Chichi nella vita sua e di Rad. Vi ricordo che Goku e Chichi hanno 15 e 16 anni in questa storia.
Nel frattempo si fa sentire Bardack e Chichi riesce a girare lo spot, con Lazuli che prova inutilmente a fare il primo passo telefonando inutilmente alla sorella minore.
In tutto questo, vorrei che vi immaginaste Lazuli in versione zombie nel film horror in cui ha recitato! ;-)
Spero vi sia piaciuto questo capitolo e che abbiate apprezzato anche il ricordo del primo incontro tra Lazuli e Chichi raccontato da quest’ultima a Radish. Avremo modo di tornarci più avanti, ma spero che siate riusciti a focalizzarvi la scena e quel momento. Credo che erano tenerissime Là e Chì a 7 e 5 anni!
 
Un grazie speciale a chi mi lascia sempre il suo parere, a chi è tornato a farlo nonostante i tanti e comprensibili impegni, a chi è rimasto indietro e si sta rimettendo in pari: sono onorato che questa long vi continui a piacere! Ringrazio di cuore anche chi legge in silenzio, ovviamente!
 
Dal prossimo capitolo, dal titolo “Sweet Bullet”, si comincia davvero a fare sul serio: Rad si vedrà con Bardack al “Kame House” (e dirà una cosa molto interessante) e poi ci sarà tantissimo spazio per il concerto, finalmente. Riuscirà Chichi a tornare in extremis nel suo corpo per quel momento o toccherà a Lazuli esordire sul palco come idol? Andrà al concerto la mamma di Chichi? Preparatevi perché settimana prossima ci sarà anche un disegno davvero bellissimo a tema idol realizzato da Sapphir Dream! Qui, invece, potete godervi la splendida scena tratta dal capitolo scorso di Marion che chiama “Rady” il nostro Rad! Grazie mille a Misatona per questo! E grazie ancora a tutti voi che apprezzate sempre questa storia!
A presto!
 
Teo
 
 
 
 

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