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Autore: foschi    26/09/2019    2 recensioni
[Pierre x Napoleon]
Lui e Pierre erano diametralmente opposti: Pierre sapeva sempre cosa dire e fare, riusciva a tenere alte le aspettative con la sua serietà ed eleganza – quell’eleganza quasi innata, come se gliel’avesse fornita una qualche divinità che non faceva parte di quel – del suo – mondo.
Lui, invece, si sentiva fuori luogo: si comportava sempre nel modo sbagliato, desiderando attirare a tutti i costi l’attenzione del pubblico e reagendo male nel caso mancasse. Faceva lo sbruffone ed era un arrogante impulsivo, ma in realtà voleva solo essere riconosciuto anche lui come un campione; non voleva essere solo l’ombra od uno su cui contare, voleva avere anche lui il merito nella vittoria.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Luis Napoleon, Pierre Le Blanc
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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S'élever

 

 

 

 

 

 

Titolo: S'élever

Rating: Arancione

Genere: Angst, Introspettivo, Erotico

Personaggi: El Cid Pierre, Louis Napoleon

Pairing: Yaoi

Avvertimenti: OOC

 

 

 

 

 

 

  

 

  La tenda bianca ondeggiava pigramente sospinta dal fresco vento notturno che  entrava dalla porta finestra appena aperta. Era l’una di notte ed il giocatore si trovava sull’ampio balcone di marmo ad osservare lo scenario che si estendeva davanti ai suoi occhi azzurri - in netto contrasto con l’oscurità che abbracciava il paesaggio dormiente, si sarebbe potuto dire -; sembravano cercare insistentemente qualcosa e lui sapeva di cosa si trattava: la vittoria per la partita dell’indomani e la rivincita contro il Giappone di Taro Misaki.

Potevano anche essere passati anni, ma il ricordo di quella sconfitta al Torneo di Parigi bruciava ancora. Certo, era stato un bell’incontro, serrato e ricco di emozioni, nonostante le difficoltà incontrate dai loro avversari – anche lui si era arrabbiato non poco di fronte alle ingiustizie dell’arbitro: voleva rendere il suo Paese il numero uno nel calcio a livello mondiale, ma voleva farlo nel più corretto dei modi! E poi, egoisticamente parlando, voleva anche vincere onestamente la sua personale sfida contro il numero undici della nazionale giapponese.

 

 Alzò gli occhi verso la luna piena sospirando, il vento accarezzava piano i suoi ricci biondi che, come una cascata d’oro, ricadevano sulle sue spalle ed il corpo nudo e scultoreo, trasportando il profumo di rose che tanto amava ed usava. Un leggero brivido di freddo gli fece increspare la pelle nivea: gli sembrava che quell’aria lo accarezzasse sensualmente, con la dolcezza e delicatezza di un petalo, come omaggio alla sua bellezza.

Ogni tanto gli piaceva uscire di notte  e far vagare il suo sguardo limpido da un astro all’altro; lo aiutava a riflettere, a distendere la tensione e gli ricordava dove voleva arrivare: lì, fino alle stelle. Era ambizioso come sogno, ma gli avevano sempre insegnato a puntare in alto, a raggiungere i suoi obiettivi, proprio come avevano fatto i suoi genitori per raggiungere quella posizione di benessere che lui si trovava a  vivere.

Forse era per questo che aveva dato il meglio di sé contro i Giapponesi:  anche loro avevano lo stesso sogno e quello scontro non era servito ad altro se non a ricordarglielo. Era grazie a quello se ora era pronto a realizzarlo: questa volta avrebbe portato la Francia alla vittoria, il Mondo l’avrebbe  visto fiorire, scrivere la sua storia. Fino a quando il fiato gli sarebbe rimasto in corpo, nessuno avrebbe dovuto dubitare delle sue capacità, lui credeva in sé stesso e non si sarebbe  accontentato di un pareggio o peggio ancora di una sconfitta; avrebbe combattuto fino all’ultimo per vincere e di questo i suoi avversari sarebbero rimasti meravigliati: il desiderio di vittoria scorreva nelle sue vene; si sarebbe rialzato ogni volta senza negoziare nulla, trasformando le sconfitte, i momenti in cui tutto sembrava stare per finire, in vittorie.

Un sorriso appena accennato si dipinse sul volto, negli occhi splendeva la determinazione: questa volta avrebbe portato la sua squadra ed il suo Paese al trionfo.

 

 

    

  Louis Napoleon guardò la schiena bianca e nuda del capitano quasi con rassegnazione mentre rimaneva  poggiato allo stipite della finestra. Si era svegliato quando il vento gli aveva portato al naso il dolce profumo di Pierre ed aveva sbattuto le palpebre perplesso quando si era trovato solo in quel groviglio di lenzuola, loro campo di battaglia sin da quando quella sera, dopo gli allenamenti, si erano recati a casa del capitano.

Lui e Pierre erano diametralmente opposti: Pierre sapeva sempre cosa dire e fare, riusciva a tenere alte le aspettative con la sua serietà ed eleganza – quell’eleganza quasi innata, come se gliel’avesse fornita una qualche divinità che non faceva parte di quel – del suo – mondo.

Lui, invece, si sentiva fuori luogo: si comportava sempre nel modo sbagliato, desiderando attirare a tutti i costi l’attenzione del pubblico e reagendo male nel caso mancasse. Faceva lo sbruffone ed era un arrogante impulsivo, ma in realtà voleva solo essere riconosciuto anche lui come un campione; non voleva essere solo l’ombra od uno su cui contare, voleva avere anche lui il merito nella vittoria. Invece continuava a sbagliare, ancora ed ancora fino ad arrivare allo scontro diretto con i suoi compagni di squadra e soprattutto con lui – non l’avrebbe mai ammesso, ma quello schiaffo che Pierre gli aveva dato per richiamarlo, insieme allo sguardo carico di delusione che aveva ricevuto quando aveva sbagliato il rigore, ancora faceva male.  Ed era lì che si era accorto di non essere il campione che credeva; era lì che aveva capito che lui quel titolo avrebbe continuato a vederlo solo da lontano, proprio come il capitano che gli dava le spalle, allontanandosi sempre più, fino a sparire dalla sua vista. Forse, al di là dell’approvazione generale, quello che si aspettava era la sua approvazione: le labbra sottili piegate in un sorriso di assenso, la mano dalle dita sottili sulla sua spalla, il suo sguardo di cielo soddisfatto di lui...

Voleva tutto quello e non aveva niente e, probabilmente, quello che più di tutto lo angosciava, lo frustrava, gli faceva passare notti insonni, era il pensiero che non avrebbe  mai ottenuto niente di tutto quello. Perché continuare a lottare allora? Perché continuare a portarsi a letto il numero dieci della Nazionale francese? Nemmeno in quelle circostanze poteva avere la meglio su di lui visto che, quando si addentrava nel suo corpo caldo, Pierre non perdeva la sua eleganza e compostezza. Voleva farlo gridare, voleva sentire il suo nome fra i gemiti ed invece, tutto quello che gli riservava il compagno di squadra, era un sorriso beffardo e ringhi appena strozzati. Allora lui digrignava i denti, come una bestia feroce e si spingeva di più in lui, come a volerlo squarciare e riuscire, finalmente, a prevaricare su di lui. Ma non riusciva mai e si trovava schiacciato dalla maestosità del suo capitano che lo inchiodava sul letto con un bacio.

 Tornò a poggiare lo sguardo azzurro sul calciatore di fronte a sé sospirando: era bello, il suo capitano, e sicuramente le fans non avevano torto ad andare in fibrillazione per lui, ma lui non ne era attratto come lo erano loro – perché sì, tra una negazione e l’altra, non aveva più potuto nascondere quell’attrazione a sé stesso. Lui era attratto dalla grandezza che emanava, dal suo essere la figura di riferimento della squadra, l’orgoglio della Nazione, da quello era e quello che lui non avrebbe mai potuto essere.

Per questo la loro relazione non era basata che su allenamenti, rispetto reciproco e contatto fisico. Avevano imparato a conoscersi, ma da lì a definirsi amici era un’esagerazione: non avevano mai avuto contatti all’infuori degli allenamenti e di quegli incontri di puro sesso.

  

 «Ti verranno le occhiaie se non riposi. Vuoi che le tue ammiratrici smettano di adularti?» la voce era stata poco più di un sussurro gracchiante, ma era stato abbastanza perché Pierre si voltasse a guardarlo, un sopracciglio alzato per lo stupore. Gli occhi azzurri, che fino ad allora avevano scrutato il cielo limpido, si fermarono sulla figura del giovane che se ne stava appoggiato allo stipite, le braccia incrociate sul petto nudo, proprio come il suo corpo – come lui d’altronde, dato che i vestiti erano ancora aggrovigliati in qualche angolo della stanza. Quello che lo lasciava sorpreso prima e perplesso poi, era la nota di rassegnazione nella sua voce: cos’era? Sicuramente non apparteneva al Louis Napoleon che conosceva .

«Smetterò di averle fra i piedi.» si limitò a rispondere senza però interrompere il contatto dei loro occhi: sapeva che c’era qualcosa che turbava quelli del numero venti, ma non gli interessava. Era sempre stato dell’idea che, al di fuori della squadra e del calcio, i fatti altrui erano altrui e lui doveva badare soltanto ai suoi, ma si sentiva stranamente attratto da quelli del giocatore, come se sapere cosa lo affliggeva – perché era palese che qualcosa lo turbava, non avrebbe mai avuto quell’atteggiamento scontroso ed arrogante altrimenti e si rifiutava di credere che fosse solo per la sua indole – avrebbe potuto aiutarlo a trovare un minimo di intesa con Louis.

«Allora ti lascio alle tue occhiaie. Buonanotte, Pierre.» non voleva iniziare a discutere, non ne aveva le forze e si sentiva avvilito; con quello scambio di battute voleva solo ricordargli che era lì, che c’era anche lui, che non si dimenticasse di lui.

 Pierre lo scrutò attentamente, osservandolo allontanarsi fino a scomparire nell’oscurità della stanza ed un sospiro lasciò le sue labbra: era palese che qualcosa non andasse ed era suo dovere di capitano - non di amico: lui e Napoleon non erano amici, ma compagni di squadra e come capitano doveva assicurarsi che tutti i componenti stessero bene – affrontare la questione. La domanda principale era: Louis gli avrebbe permesso di avvicinarsi? Sospirò di nuovo e lo raggiunse, doveva farcela per la squadra e per aiutare lo stesso Napoleon.

«Beh che c’è? Vuoi un autografo?» domandò il francese con il suo solito ghigno da sbruffone  non appena sentì lo sguardo di cielo dell’altro fisso su di sé: non gli piaceva che lo turbasse così e sperava di farlo desistere. Tutto quello che ottenne fu invece il venir afferrato da un braccio, lo sguardo serio di Pierre nel suo e poi ancora le labbra piene e morbide sulle sue sottili e ruvide – incredibile come anche i loro corpi fossero agli antipodi, come a voler marchiare le loro differenze.

Tante volte si era ritrovato ad incastrare le labbra con lui ed incrociare le loro lingue in quelli che non erano veri baci, ma morsi con cui sembrava voler strappare la carne dal suo volto. Quella volta però era diverso: quello era un bacio vero in cui non c’era alcun tipo di violenza o desiderio di prevalere l’uno sull’altro; no, non era uno di quelli che prevedevano il loro rapporto, era qualcosa di più dolce, più intimo, e questo lo destabilizzava, cosa voleva fare Pierre? Cosa stava cercando di dirgli?

Un sorriso soddisfatto si aprì sul volto del ragazzo a vedere la sua espressione perplessa: aveva solo bisogno di tempo, ma sarebbe riuscito a capire cosa si celava dietro al comportamento di Napoleon.

Le labbra scesero lungo il suo collo, i denti lo morsero e macchiarono, facendo tremare appena la voce di Louis; sorrise e continuò a indugiare sui capezzoli, mordendoli e suggendoli.

Da parte sua, vincendo la sensazione di piacere che tutto quello gli causava – ed il suo sesso semi eretto ne era la dimostrazione –, Napoleon spinse il calciatore contro il letto ricambiando il bacio precedente, sentendo Pierre sorridere sulle sue labbra quando si separarono appena. Fu una sensazione nuova quella che li unì: il centravanti si spingeva nel compagno, ma senza la rabbia e forza, quasi dolcemente, come se lo stesse scoprendo per la prima volta – e forse era così, viste le sensazioni nuove che entrambi stavano provando; si sentivano entrambi meno lontani, le loro anime quasi in sintonia.

Fu solo dopo le ultime spinte che vennero entrambi nello stesso momento, quasi a sancire quella vicinanza improvvisa ma, forse, desiderata.

Un ultimo gemito di piacere invase la camera prima di morire fra quelle mura in penombra, la luce della luna le accarezzava, allungando le ombre unite dei due giovani, ora accasciati sul letto, Pierre che stringeva a sé un addormentato e rilassato Louis. Non era ancora la vittoria definitiva, ma il primo match contro la resistenza dell’altro l’aveva vinto; non si arrendeva, così come avrebbe portato la sua squadra alla vittoria, allo stesso modo avrebbe vinto la sua personale sfida con Louis Napoleon.  

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Buonasera a tutti!

Dopo tanto tempo ritorno in questo fandom un po’ per la ritrovata ispirazione, un po’ perché mi era mancato.

Ho deciso di dedicarmi a questi due personaggi per dar loro un po’ di spazio e perché mi piaceva l’idea di loro due insieme: a mio parere, hanno un rapporto non propriamente rose e fiori, essendo completamente diversi caratterialmente ed idealmente, e credo che da un confronto possa uscire una bella amicizia (e magari qualcosa di più).

Ho cercato di indagare nella loro introspezione e spero di averli resi al meglio: per me Louis nasconde qualcosa dietro quell’aria arrogante di cui ho voluto dare una mia interpretazione in questa storia.

Spero sia stata di vostro gradimento!

Chiudo quest’angolo ringraziando i lettori e dedicando la fiction alla carissima Sato! **  

Un bacio alla prossima (sarò presente “a salti”, quindi aspettatevi una mia improvvisa fiction! ;D),

foschi

 

 

   
 
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