Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    07/10/2019    1 recensioni
“Questa canzone mi faceva pensare a te”, mormorò il ragazzo, contro un mio orecchio quando la musica cambiò. Mi concentrai sul testo. Ascoltammo la canzone in silenzio fin quando, verso la fine, Eren non parlò nuovamente, quasi cantando.
“But I just cannot manage to make it through the day without thinking of you, lately.”
Accennai un breve sorriso e mi sporsi verso di lui, senza aprire gli occhi. Riuscii a baciare le sue labbra piene e sentii il sapore delle lacrime su di esse.
“Eren”, sussurrai confuso. Sollevai le palpebre e vidi qualche goccia salata sulle sue guance. Però sorrideva.
“Sono felice, non preoccuparti. E penso che ti dedicherò un’altra canzone perché questa è fottutamente triste”, mormorò e decisi di bloccare la sua parlantina con un altro bacio. Un altro ancora e ancora un altro finché non ci addormentammo con le labbra stanche ma i cuori felici.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Londra - 18 luglio 2020

Eren

"Sembra che stia per piovere", dissi, guardando dalla finestra del nostro hotel il cielo minaccioso. Numerose nuvole grigie coprivano la luce del sole, rendendo la temperatura più bassa e impregnando l'aria di umidità. 

Mi sporsi un po' di più, sentendo l'odore della pioggia avvolgermi. Non amavo il freddo ma non mi dispiacevano i temporali. 

"Fortuna che ho preso i posti in tribuna." 

Levi sollevò lo sguardo verso di me, interrompendo la lettura di un dépliant del museo delle scienze. A quanto parte voleva vederlo a tutti i costi e lo avrei accontentato perché adoravo vedere la sua espressione felice, tanto rara quanto bella. 

Quella mattina non riuscivo proprio a stare fermo al pensiero che avrei visto la mia band preferita per la prima volta, nel loro paese natio. Non ero neanche mai stato a Londra, una città così diversa dalla nostra. 

La ciliegina sulla torta era data dalla presenza del mio ragazzo, comodamente sdraiato sul letto. Le coperte avvolgevano la sua figura minuta fino al busto nudo. Guardai la sua pelle diafana e mi passai la lingua fra le labbra, pensando a come riempire le ore prima del concerto. Una mezza idea mi era venuta. 

Mi allontanai dalla finestra e salii sul letto, gattonando verso la figura di Levi, togliendo il dépliant dalle sue belle dita affusolate. 

I suoi occhi mi fissarono magnetici e intriganti. Amavo il modo profondo con cui soleva guardarmi. Mi faceva fremere, mi destabilizzava e, allo stesso tempo, mi faceva sentire importante. 

Mi sporsi ancora un po', volendo far incontrare le sue labbra con le mie, sentivo già la mancanza dei suoi baci nonostante la notte prima ne avessi ricevuti parecchi. 

Dalla prima volta in cui avevamo fatto sesso le cose erano diventate più semplici. Stavamo capendo cosa ci piaceva e l'atto diventava sempre più naturale. In più, entrambi sembravamo non averne mai abbastanza. 

Pochi millimetri e lo avrei baciato. Mi sporsi ma la mia bocca incontrò una sua guancia: si era voltato all'ultimo. 

Mi scostai incupendomi e lui mi rivolse un ghigno divertito. 

"Voglio andare al museo", disse con decisione e si tolse la coperta di dosso, restando completamente nudo davanti ai miei occhi. 

Lo stava facendo apposta. Mi imbronciai, volendo fargli cambiare idea, potevamo benissimo andare il giorno dopo a vedere quel dannato museo. 

"Domani possiamo vederlo con più calma", sussurrai, tentando nuovamente di baciarlo, sporgendomi per soffermarmi su una sua spalla. Mi misi fra le sue gambe nude che afferrai con le mie mani, costringendolo a tenerle aperte attorno a me. 

La sua pelle rabbrividì sotto al mio tocco e allora sorrisi trionfante. Finalmente raggiunsi la sua bocca e stavolta la baciai, chiudendo gli occhi per concentrarmi solo sul movimento delle nostre bocche. 

Levi mi afferrò le spalle e mi costrinse a cambiare posizione, finendo sopra di me sul bel letto. Premette le ginocchia sul materasso, tenendo saldamente il mio bacino poggiato su di esso. 

Mi piaceva quella posizione dove potevo toccarlo al meglio, facendo scorrere le dita sul suo corpo nudo, raggiungendo il suo fondoschiena che strinsi fra le dita mentre i suoi fianchi si strusciavano su i miei. 

Soffocai degli ansimi durante il bacio, avvolgendo le sue labbra morbide con le mie, mordendole e succhiandole per sentire i suoi piccoli versi di piacere. 

Stavo quasi per far scivolare la mia lingua nella sua bocca quando lui si staccò, spostandosi anche dal mio corpo. Aprii gli occhi velocemente, mettendosi seduto mentre entravo in confusione. 

"Voglio proprio vedere quel museo", disse il mio ragazzo, ignorando le mie lamentele mentre mi alzavo dal letto. 

Fortunatamente non mi aveva provocato fino alla fine sennò gli avrei dato un pugno o qualcosa del genere. 

Alla fine andammo al museo e scattai una miriade di foto al mio ragazzo, sopratutto quando era incantato a guardare qualcosa. 

Mi sentivo felice come se niente potesse scalfirci. Levi stava meglio, io stavo bene, le cose potevano solo migliorare. 

Quella sera andammo al concerto e cantai ogni canzone, dedicandone qualcuna a Levi, prendendogli la mano più volte come per ringraziarlo silenziosamente di essere lì con me.

Quando mi accorsi di star udendo le prime note di Fireside, mi voltai velocemente verso Levi. Non era una canzone molto felice eppure era la nostra canzone. 

Anche lui si accorse del ritmo familiare e avvolse le braccia attorno al mio collo, baciandomi dolcemente, facendomi sentire nel posto giusto, al momento giusto. 

Dopo il concerto ero pieno di adrenalina e non riuscivo a stare fermo in taxi ne a camminare normalmente per il marciapiede. 

Afferrai una mano di Levi, iniziando a correre sul pavimento in pietra, ignorando le sue proteste. L'aria fresca della notte scompigliò i nostri capelli mentre percorrevamo la strada londinese. 

"Che accidenti ti prende?!", esclamò con il fiatone. Le mie gambe lunghe mi permisero di fare passi più estesi mentre Levi faticava a starmi dietro. 

Rallentai, notando il cancello di Hyde Park. Lui mi lasciò la mano per sistemarsi i capelli, assumendo un'espressione confusa. 

"Non è un po' pericoloso di notte?", domandò, sollevando il viso verso di me. Alzai le spalle, non volevo inoltrarmi, mi bastava stare vicino l'ingresso. Non avevo sonno e non volevo andare in nessun locale. 

E poi il cielo si era schiarito, mostrando le stelle che prima erano nascoste dalle nuvole.

"Beh, saresti in grado di spaventare qualsiasi maniaco", commentai con una risatina, ottenendo una gomitata. 

"Figurati, a te neanche guarderebbero", rispose, stando al mio gioco. Amavo i nostri scambi di battute. 

Gli afferrai la mano ed entrai nel parco, prendendo posto sull'erba fresca, ignorando la sensazione di bagnato. Non mi importava di nulla, volevo stare lì e guardare il cielo, al fianco della persona che amavo. 

Levi non sembrava dello stesso avviso e, dopo molte insistenze, si sdraiò al mio fianco ma più di metà del suo corpo finì su di me. 

La sua testa era contro una mia spalla, i suoi capelli mi solleticavano il mento ma avevano un buon profumo così glielo perdonai. Una sensazione di pace ci avvolse, cancellando la stanchezza e il freddo. 

Le labbra fresche di Levi iniziarono a baciarmi il collo, con incredibile dolcezza e senza un secondo fine. Arrivarono al mio viso e allora mi voltai, facendo unire le nostre bocche. 

Ci baciammo pigramente, staccandoci spesso per sorriderci o dirci qualcosa di sdolcinato. 

E poi, di nuovo, un altro bacio, e un altro ancora magari più lungo, dove schiudevamo le labbra. 

"Ti amo", sussurrai, staccandomi per osservare il suo viso. Non riuscii a trattenere un sorriso, davanti alla sua espressione rilassata. Strofinai il mio naso contro la punta del suo. 

Lui arricciò e il mio cuore prese a battere più forte. Incredibile come ogni suo piccolo gesto mi emozionava. Ero diventato dannatamente sdolcinato. 

"Che tenero", ammisi, baciando il suo viso in più punti mentre lui sbuffava. 

"Sei diventato uno sdolcinato del cazzo. Quasi non ci credo che qualche mese fa tu mi abbia chiamato stronzo davanti a tutti", disse, cercando di allontanarsi dalla mia bocca. 

Alla fine si arrese e poggiò il suo viso sul mio petto, guardandomi dal basso. La luce della luna gli donava. 

"Tu non sei meglio. Vorrei ricordarti cosa mi hai detto ier- iei nopfe", bofonchiai contro la sua mano che stava tappando la mia bocca. 

Gli morsi il palmo e lui l'allontanò d'istinto, minacciandomi con lo sguardo. Ma non avevo paura di lui. 

"Oh, Eren, non lasciarmi mai, ti amo da morire", dissi, cercando di imitare la sua voce ma uscì qualcosa più simile a Historia. 

"Io non parlo con un tono del genere." 

I suoi occhi si assottigliarono e mi mostrò la sua espressione offesa. Era adorabile e neanche si rendeva conto di esserlo. Oppure si e usava questa cosa contro di me. 

Gli presi una guancia con una mia mano e lo attirai a me per baciarlo un'altra volta, avvolgendo le sue labbra più gonfie di prima. 

"Neanche tu devi lasciarmi andare. Qualsiasi cosa succeda, parliamone sempre, i segreti non hanno mai fatto del bene. Promettimelo", mormorai, rimanendo vicino alla sua bocca. 

I nostri sguardi si incrociarono e lui divenne serio. 

"Te lo prometto, Eren." 

E lì capii che sarebbe andato tutto bene.

   
 
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