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Autore: GladiaDelmarre    18/10/2019    11 recensioni
Era una danza, ed era sempre stata una danza tra loro.
Crowley chiedeva, Aziraphale rifiutava. Crowley riformulava la domanda, chiedeva scusa, argomentava, e immancabilemnte l’angelo cedeva. Una storia vecchia come il mondo.
Ma cosa succede quando l'angelo si rifiuta davvero? Quando il sogno di un demone si spezza?
Qualcuno dovrà porvi rimedio, con l'aiuto di qualche amico...
p.s. cercherò di aggiungere una vignetta per ogni capitolo... spero tanto vi piacciano! Sono brevi schizzi di un'oretta di lavoro al massimo.
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Subito dopo sopraggiunse il senso di colpa.
 
Sono un angelo! Non posso fare queste cose! E’ disdicevole!
 
Aziraphale se lo ripeteva confusamente, mentre si puliva alla bell’e meglio con un fazzoletto. Fortunatamente per lui – o sfortunatamente – in seimila e più anni di vita nessun cibo, per quanto prelibato, gli aveva fatto provare un piacere tanto intenso. E lui amava il cibo. Pensava che nulla potesse essere meglio ed invece a quanto pareva il sesso batteva perfino un tortino al cioccolato col cuore fondente.
 
Ora capisco meglio gli umani… avranno vite brevi, ma almeno se le godono appieno…
E lui che è un demone, senza le restrizioni imposte da quella che è la mia natura… chissà quante volte lo avrà fatto.
 
Una fitta di gelosia lo attraversò. Andò a fare una doccia, sperando che il getto di acqua bollente gli lavasse via almeno una parte dei pensieri.
 
I giorni successivi furono difficili per lui. Combatteva una battaglia persa. Se da una parte moriva dalla voglia di sperimentare quelle nuove scoperte (possibilmente con Crowley), dall’altra era preoccupato perchè non riusciva a togliersi dalla testa che quello che stava facendo fosse sbagliato. Ma la verità era soprattutto che aveva paura di non essere ricambiato e del confronto con gli innumerevoli altri amanti che – ne era certo – Crowley aveva avuto nel corso dei secoli.
 
Così, l’angelo e il demone continuavano a vedersi, sera dopo sera, e Aziraphale era sempre più sul filo del rasoio, cercando di mantenere un precario equilibrio tra desiderio e imbarazzo. Immancabilmente, quando Crowley tornava a casa e lo lasciava solo, le mani dell’angelo trovavano la strada verso il suo sesso, per appagare almeno in parte quella fame mai provata prima. E Crowley era il protagonista, il re di ogni suo pensiero. L’immaginazione di Aziraphale correva, immaginandoli mentre si baciavano, mentre il suo demone preferito dichiarava il suo amore per lui, per poi concludersi in pensieri indistinti in cui entrambi, nudi, si stringevano l’uno all’altro. Se da una parte non desiderava altro che le sue fantasie si avverassero, dall’altra era spaventato da se stesso, tanto da non riconoscersi quasi più: si sentiva schiavo di quelle passioni così poco opportune.
 
Crowley si era accorto che qualcosa era cambiato. Aziraphale negli ultimi giorni era stato teso come una corda di violino e sobbalzava ogni volta che si sfioravano per qualche motivo. Inoltre, per qualche strano motivo, c’era qualcosa di diverso anche nella libreria, che lui conosceva come le sue tasche da oltre duecento anni.
Crowley stava ciondolando tra gli scaffali, fingendo di guardare qualcosa, mentre aspettava che Aziraphale si liberasse dell’ultimo cliente (che non accennava ad andare via, pur essendo passato l’orario di chiusura da un pezzo), e ad un certo punto si ritrovò ad “assaggiare” l’aria con la sua lingua da rettile. L’odore familiare di quel posto era cambiato, sottilmente ma inequivocabilmente.
 
Sesso.
C’è odore di sesso qui dentro.
 
Come era possibile, per Satana?
Lo invase una sensazione di disagio e di ansia. Riprovò più volte, tirando fuori la lingua, ma non poteva sbagliarsi. Sentiva odore di polvere e carta antica, quello degli orrendi the che Aziraphale si ostinava a proporgli, ma soprattutto quella leggera, fin troppo riconoscibile fragranza di vaniglia pregiata che emanava la pelle dell’angelo, mischiata a qualcosa di più muschiato e primordiale. Era sesso. Inconfondibile.
 
A breve avrebbe sentito l’odore del suo stesso panico se non si fosse dato una calmata. Non poteva essere che Aziraphale avesse fatto sesso con qualcuno. Aveva aspettato seimila anni, SEIMILA, per averlo. E ora lui lo faceva con qualcun altro? Non era possibile. Non poteva accettarlo. Ok, qualche mese prima, quando l’angelo aveva velatamente suggerito che la loro relazione sarebbe potuta cambiare lui lo aveva rifiutato, arrabbiato e ferito com’era, ma questo era un altro discorso! Il SUO angelo che faceva sesso con qualcuno che non era lui?
Era davvero troppo.
 
Chi era?
Quando lo vedeva?
Durante il giorno? Aziraphale aveva sempre chiuso la libreria quando aveva voglia di farlo, senza preoccuparsi troppo degli orari prestabiliti.
Quando Crowley tornava a casa? Dormivano forse insieme?
No questo davvero non poteva sopportarlo.
 
Guardò sospettosamente quell’odioso cliente che ancora parlava con Aziraphale. Era lui? Gli sembrava troppo vecchio, troppo brutto, troppo insopportabile. E se fosse stata una donna? E se fosse stata Madame Tracy? Gli erano già venuti in mente una decina di modi per liberarsi in modo definitivo sia di lei che di quel maledetto vecchio, quando finalmente quello si levò di torno, ringraziando il suo angelo in modo che Crowley giudicò decisamente troppo caloroso.
Possessivo, gli si avvicinò “Chi era?” – “Nessuno caro, solo un cliente” – “Ssssto asssspettando da un’ora” gli disse sibilando. Aziraphale lo guardò incuriosito. Raramente Crowley degnava di qualche importanza gli umani che visitavano la libreria. Di solito nemmeno li vedeva, e quando arrivava prima che lui esponesse il cartello “CHIUSO” sulla porta a vetri, si limitava a sedere sul divano, con le gambe allungate e le mani dietro alla testa, perso nei suoi pensieri.
 
“Che vuoi fare stasera quindi? Cena fuori? Ordino qualcosa?” – “Ho voglia di bere” – “Caro, non puoi solo bere, te l’ho detto centinaia di volte”. Crowley non aveva alcuna voglia di uscire. Doveva indagare, e capire se l’altro (o altra) aveva lasciato qualche traccia riconoscibile. Sfortunatamente la libreria era sempre troppo disordinata per notare qualcosa di fuori posto, e per quanto riguardava gli odori era frequentata da parecchie persone. A parte quello più muschiato che aveva sentito, legato alla fragranza del suo angelo, non c’era nulla di nuovo.
Quindi, avrebbe dovuto chiedere.
Avrebbe messo quell’angelo traditore alle strette, a costo di fargli bere una distilleria intera.
 
Si accordarono per del sushi, una delle grandi passioni di Aziraphale. Crowley non aveva mai capito perchè del pesce crudo dovesse piacere tanto, e gli sembrava che gli umani si fregiassero del loro amore per quel piatto come una medaglia, come se li ammettesse ad un club elitario. Per lui cambiava poco, non aveva tutto questo bisogno di mangiare e a differenza di Aziraphale non faceva grossa differenza cosa effettivamente mettesse sotto i denti. L’angelo invece aveva una sorta di venerazione per il cibo, ed era sempre alla ricerca di sapori nuovi. Era paradossale come Crowley per tante ragioni sembrasse ascetico – dall’arredamento minimal del suo appartamento, alle abitudini frugali nel mangiare – quanto invece Aziraphale fosse decisamente un edonista – amante del cibo, dei dolci, degli abiti pregiati. Colto da questo pensiero, il demone si preoccupò ulteriormente: edonista, amante del cibo… e del sesso anche? Sembrava rientrare tutto nel quadro.
 
Durante la cena, apparecchiata sul tavolinetto del salotto, di fronte al divano dove sedeva di solito Crowley, lui non riusciva a stare fermo. Avrebbe voluto fare a quell’insopportabile cherubino che aveva di fronte almeno un migliaio di domande. Affogò nella soia e nel wasabi del salmone, costretto suo malgrado da Aziraphale, e mangiò qualche boccone. Quella sera bevevano vino bianco, e il demone era fermamente intenzionato a far accumulare un cospicuo numero di bottiglie vuote a fine serata.
 
Alla terza bottiglia, quando l’angelo aveva già le guance arrossate per l’alcool, che iniziava a renderlo più ridanciano e aperto, iniziò a buttare qui e lì qualche domanda inquisitoria “Hey angelo, ma tu dormi mai qui?” – “Non molto spesso a dire il vero… leggo per lo più” – “E non ti capita di sentirti solo di notte se non dormi?” – “Mah… qualche volta… ma lo sai che amo leggere e quindi mi capita molte volte di arrivare a mattino senza nemmeno accorgermi di come sia passato il tempo” – “Quindi non viene mai nessuno qui?”. Aziraphale lo guardava, confuso “Beh… certo, tu vieni tutte le sere! A proposito, si sta facendo tardi, non trovi?”. Crowley trasalì “Perchè? Hai un appuntamento?” – “No, certo che no!” replicò Aziraphale, agitato “Mi preoccupavo solo per te, che invece preferisci dormire…” – “Stanotte non ho sonno, non stare a preoccuparti”.
 
Aziraphale aveva notato che Crowley quel giorno si era vestito in un modo che per lui era particolarmente eccitante (pantaloni di pelle aderentissimi e solo una maglia con lo scollo a V profondo: sembrava pronto per un video rock), e a dire il vero non vedeva l’ora di potersi toccare fantasticando su di lui. Per un attimo perse il filo del discorso che stavano facendo, indugiando col pensiero sulla maglia che disegnava il petto sottile ma ben definito del suo Cavaliere Nero lì di fronte… “Angelo, ti sei addormentato? A che pensavi?” la voce ruvida di Crowley lo riportò alla realtà “Niente, hem… un libro…” gli rispose mentre le gote gli si imporporavano.
 
Sfortunatamente per Crowley però, nonostante le domande, l’ottimo cibo e l’alcool, Aziraphale non si sbottonò molto. Non riuscì a tirargli fuori nulla di nuovo, anche se era sicuro che stesse nascondendo qualcosa. Ma cosa?
Si salutarono che erano le tre passate, ma per nessuno dei due la notte era finita.
Crowley, sospettoso, decise di appostarsi fuori dalla libreria: se una qualsiasi persona si fosse azzardata ad avvicinarsi al suo angelo l’avrebbe polverizzata, e poi gliene avrebbe dette quattro a quello stupido traditore!
Aziraphale dal suo canto si sentiva inebriato dall’alcool e Crowley quella sera gli era sembrato molto attento e curioso… molto più del solito, molto più di quanto non lo fosse stato dal giorno del picnic, quando lui maldestramente aveva creato quella spaccatura che stave faticando tanto a sanare, e che ancora si teneva insieme a malapena.
 
Accidenti com’era bello stasera. Adoro i suoi capelli quando sono così lunghi. Adoro quando si veste così.
 
Sprofondato nella sua poltrona preferita, Aziraphale si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli. Poi, la fece scivolare sul petto, slacciandosi la camicia e sfiorandosi i capezzoli. Il pensiero di Crowley, con quei pantaloni aderenti, gli procurò un’erezione immediata. Sospirò. Si sbottonò anche i pantaloni, seguendo quella specie di rituale che gli era diventato familiare, e infilò una mano nei suoi boxer celeste chiaro.
 
Che effetto mi fai…
 
Con la mano si sfiorò le vene gonfie, e poi la strinse intorno alla sua erezione. Iniziò lentamente a muoverla, in alto e in basso, immaginando che ci fosse il suo demone a farlo. Gradualmente aumentò il ritmo e il respiro gli si accorciò. Piccoli gemiti gli uscivano dalle labbra socchiuse, umide, mentre con la mano continuava a tormentarsi e con l’altra si aggrappava al bracciolo della poltrona. Crowley che lo baciava. Crowley che lo toccava, Crowley che con le labbra scendeva a prendere in bocca il suo membro, fino a farlo sparire in un liquido piacere. I suoi movimenti si fecero più irregolari e sussultori, inizò a tremare, e un gemito decisamente più forte accompagò la prima di una serie di spinte che lo portarono all’orgasmo.
 
Crowley, fuori dalla libreria, aveva sentito quel gemito, anche se attenuato dalla porta. Come aveva potuto un umano entrare senza che lui se ne accorgesse? Forse dalla porta sul retro? Infido, diabolico angelo! Nemmeno il coraggio di farlo entrare dalla porta principale! Si precipitò dentro, pazzo di gelosia, per trovare un Aziraphale sbalordito, con i capelli spettinati, le guance paonazze, la camicia semi aperta e i pantaloni ancora slacciati.
“Dov’è?” urlò Crowley “Dov’è andato quello schifoso umano?”.
Aziraphale era rimasto a bocca aperta, con uno sguardo tra l’inorridito e il panico totale.
“Lo so che nascondi qualcuno, non mi mentire!” urlò ancora.
L’odore di sesso era fortissimo. Crowley si sentiva le narici invase da quel profumo inebriante, di eccitazione e sudore e vaniglia e sperma… e basta. Non sentiva altro. Nessun altra persona. Aziraphale balbettava arretrando, e Crowley notò una chiazza umida sulla sua camicia “Angelo, che stavi facendo?” disse a voce bassa e roca “Ti sei masturbato?”.
Aziraphale si coprì il viso con una mano, cercando di sistemarsi gli abiti in disordine con l’altra “Vattene via Crowley, ti prego! Non mi guardare!” implorò. La voce di Crowley si addolcì un poco “Angelo, calmati. E’ vero, ti ho colto con le mani nel sacco, ma è perfettamente naturale… lo fanno tutti…” – “Ma non io! Non gli angeli! Sono solo un depravato!”. Aziraphale era sull’orlo delle lacrime. Crowley lo raggiunse, gli prese le mani, costringendolo a guardarlo “Calmati! Non sei un depravato. Non esiste persona al mondo che non abbia sperimentato la masturbazione” – “Ah davvero? E conosci qualche angelo che lo abbia fatto?” – “Sei l’unico che abbia avuto un corpo materiale per seimila anni. Ma i demoni lo fanno, tutti. Anche quelli che hanno un corpo da soli cinque minuti. Io lo faccio” aggiunse Crowley, distogliendo finalmente lo sguardo. “Sei sconvolto, ti preparo un the” aggiunse infine, allontanandosi nel retro.
 
Se avesse potuto, Aziraphale si sarebbe smaterializzato, ma era sicuro che Crowley non avrebbe apprezzato. Soprattutto, aveva già fatto abbastanza danni chiedendogli di modificare la loro relazione senza aver fatto in prima persona nulla perchè cambiasse. Era stato leggero e non aveva tenuto conto dei sentimenti di Crowley. Aveva dato per scontato che gli avrebbe detto di sì. Nei mesi successivi aveva fatto di tutto per riconquistare la fiducia e l’affetto del suo amato, ma ora che Crowley lo aveva visto così… cosa avrebbe pensato di lui?
 
Si accasciò sul divano, con la testa vuota e nemmeno una vaga idea di cosa dire a Crowley quando fosse tornato.
Di lì a poco, lui gli porse una tazza di the fumante, e gli si sedette accanto. Aziraphale la accettò, grato di poter guardare qualcosa che non fossero gli occhi gialli indagatori del suo demone. Non poteva evitare però che lui gli facesse domande e si preparò, deglutendo.
Crowely però esitava. Si era reso conto di aver fatto una vera e propria scenata di gelosia, e se ne vergognava moltissimo. A dispetto di tutto quello che gli aveva detto e di come aveva cercato di trattenersi per tutti quei mesi, al primo accenno di un possibile rivale, aveva dato di matto. Non sapeva come correre ai ripari, e si limitava a sedere accanto all’angelo, in silenzio.
 
Aziraphale poggiò la tazza. Raccolse tutto il coraggio che aveva e si voltò verso Crowley.
“Io… mi scuso per lo stato in cui mi hai dovuto vedere questa sera. Mi sento mortificato e se tu non vorrai avere più nulla a che fare con me lo capirò. Ho cercato di recuperare, di farti capire che eri l’unico per me… Ho cercato di esserci, senza chiedere nulla, semplicemente per poter continuare anche per altri seimila anni ad averti accanto così come adesso, ma adesso… Hai visto che non sono quello che pensi. Non sono puro, non sono buono come ho cercato di farti credere. Mi dispiace e mi vergogno infinitamente. Accetterò qualsiasi cosa tu sceglierai stavolta, senza più interferire con le tue decisioni” concluse, abbassando il capo.
 
Crowley continuava a stare in silenzio, investito da quella confessione. I pezzi iniziarono ad incastrarsi meglio. Ripercorse con la mente tutte quelle piccole attenzioni che gli aveva riservato negli ultimi mesi. Gli inviti, il tempo passato insieme, il cambio di look. Si accorse solo con qualche secondo di ritardo che Aziraphale gli aveva preso la mano. Si voltò a guardarlo, ma evidentemente l’angelo aveva avuto la stessa idea, nello stesso istante. Si guardarono per un attimo negli occhi, poi Aziraphale si avvicinò di colpo e lo baciò.
   
 
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