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Autore: Biblioteca    28/10/2019    3 recensioni
Può sembrare una storia di violenza sulle donne. Ma non lo è.
La violenza ha molte forme, alcune insospettabili, a volte si maschera come un maestro che dice di volere il meglio da te, ma in verità finisce per distruggerti.
Chiunque tra noi ha conosciuto un maestro che l'ha tradito/a, ad alcuni purtroppo è andata peggio di altri.
Dedico questa storia ad Ely, la mia amica che è quasi morta per questa esperienza. Che purtroppo ho condiviso sebbene in forma soft. Spero comunque che il tempo possa aver davvero guarito la ferita. E in un ritorno migliore per entrambe.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Mentre il sangue mi scorreva tra le dita e gli occhi bruciavano, nonostante il dolore e la nausea, la mia testa si concentrava solo su un pensiero: dove ho sbagliato?
Stava andando tutto bene, credevo. Ma dovevo aver sbagliato se ora ero in quelle condizioni, non c’erano dubbi.
Sentii una presenza che mi sollevava e subito pensai che si trattava della Morte. Ne ero convinta.
Poi sentii varie urla, tra cui la parola “ambulanza” e capii che la mia ora non era ancora giunta.
Qui si interruppe tutto: la luce, il flusso di pensieri, il dolore, la nausea…
Al risveglio in ospedale, fortunatamente, la nausea non tornò. Il dolore sì.
Mi faceva male tutto il corpo. Ma, dissero, era normale. Una sorta di shock nervoso che presto sarebbe passato. Era dovuto alla ferita sul braccio che fortunatamente era superficiale.
Insieme al dottore c’era anche un carabiniere.
Fu molto gentile, non provò subito a farmi domande, mi disse solo che avevano “preso il mio caso” e “aperto un fascicolo” e presto sarebbe tornato.
A sera, arrivò mamma, con mia zia. Non ci siamo dette nulla. Ci siamo solo abbracciate. Avevano portato del parmigiano fresco, con cui ho condito la minestra che mi hanno servito poco dopo. Zia e mamma sono rimaste, per fortuna riuscivo a imboccarmi da sola.
Ad un certo punto, non so come mai, abbiamo iniziato a parlare di tutto, meno di quello che era successo.
Mi sono addormentata subito dopo la cena.
Ho sognato i bimbi. Quei piccoli terremoti con cui avevo lavorato per tutta l’estate. I miei pulcini.
Ci eravamo rincorsi, avevamo disegnato, avevamo passeggiato tra gli alberi, indovinando quali alberi fossero.
Sognai di accompagnarli insieme a Lisa. Quando ho scelto di riprendere l’università, per specializzarmi e andare avanti, lei è stata la prima persona che ho incontrato e mi ha sempre salutato quando mi ha vista a lezione.
Nella notte mi sono svegliata e ho scoperto di avere con me il telefono, forse lasciato da mamma. Un messaggio da Daniela di pronta guarigione, alcuni dai miei compagni.
Sanno già tutti tutto?
Che poi non c’è molto né da sapere né da dire.
Mi rimisi a dormire, ma una voce mi esplose nella testa.
Era la sua voce.
Non ci vedevamo da quasi un anno. A me, francamente, le cose erano andate meglio, da quando avevamo smesso di vederci.
Forse non era stata la stessa cosa, per lui.
Io ho continuato i miei progetti, ho vinto un concorso con premio in denaro, ho fatto il laboratorio teatrale con in bambini, ho ripreso a studiare.
Lui, per un po’, ho continuato a seguirlo. Ho smesso quando ha aperto l’ennesimo crowfounding, chiedendo soldi agli estranei, facendo grandi promesse che non avrebbe mai mantenuto. L’ultima volta che l’ho guardato aveva ricevuto, in cinque mesi, sette donazioni, guadagnando un centinaio d’euro; sui cinquemila che chiedeva.
Cosa ha fatto, lui, mentre io non c’ero?
Non lo so. E nemmeno mi interessava. Poi aveva fatto quell’invito all’evento, a quanto pare si era auto pubblicato un altro libro. E mentre andavo…
Perché ci sono andata? Per dimostrare che era finita. E che potevamo riprendere dei contatti civili. Mi sbagliavo.
Di solito non concedo mai una seconda possibilità. Quasi tutte le persone con cui ho chiuso, per me sono come dei morti.
Ma con lui era diverso, se non altro per l’affinità intellettuale.
Ma tu puoi anche essere intelligentissimo, se ti manca la sensibilità certe cose non le capisci.
Dal suo punto di vista, credo, sia stato l’equivalente di uno scherzo. Uno scherzo immaturo.
E pensare che ha quasi dieci anni più di me.
L’ho spiegato, con calma, al carabiniere. Dopotutto era anche travestito, quando mi ha aggredito, e rideva mentre io gridavo.
Per lui era solo una provocazione, uno scherzo.
A tutti gli effetti era colpa mia, era capitato mentre tentavo di scappare.
“Lo sta difendendo?” Mi ha chiesto il carabiniere.
“No. È che mi sento idiota quanto lui.” Ho replicato.
Sono rimasta in ospedale per tre giorni, poi sono uscita con gli antibiotici e gli antidolorifici; il mio corpo recuperava velocemente. Era la testa che non funzionava appieno.
“Devo smetterla di mettere gli altri su un piedistallo.” Mi ripetevo.
Non potevo fare a meno di essere arrabbiata. Con tutti. Anche con me.
Perché mi ero fidata?
Fin dal primo giorno avevo capito che era uno inaffidabile. Solo che quello che scriveva era bellissimo. E credevo fosse uno scrittore vero. Vantava già delle pubblicazioni.
Ma pubblicare non è tutto.
E poi, a ripensarci, praticamente scriveva sempre le stesse cose. Alcune parti del suo blog erano interi capitoli. E poi i libri ora erano disponibili, ora no. E di quelli che non si era pubblicato da solo, non hanno mai fatto ristampe.
Ho buttato tutto via, nella carta, al macero. Una cosa che con i libri non avevo mai fatto.
Ho cestinato tutte le lettere che gli avevo scritto. Un anno di scambi che non mi ha creato altro che guai.
“Ti insegnerò io il sentiero della libertà che danno le parole, della trasmissione giusta e neutra delle informazioni. Sarai diversa dagli altri. Sarai migliore.”
Ma a ogni lezione che mi dava poi stavo male.
Le sue “consulenze” costavano molto, per me e gli altri. Ma a me faceva lo sconto. Perché, all’inizio, quanto scrivevo era “interessante”.
Poi sono iniziate le critiche. Sempre di più. Non andava bene nulla. Abbandonai ogni progetto solo per realizzare i suoi.
La mia vita doveva essere quello. Continuava a ripetermi che non dovevo girare attorno a lui, ma, al tempo stesso, teneva lui le regole del gioco. Decideva lui le lezioni. Se ero io a proporre una data, lui la spostava subito. E non lo faceva solo con me.
Ben presto il gruppo di scrittori che ruotavano attorno a lui si sgretolò. Molti erano più grandi di me e capirono presto che un professionista serio non da buca ogni volta che gli va; non dedica lezioni alla stesura di un testo sull’autoerotismo, o se lo fa deve dare alla persona la possibilità di scegliere di non leggerlo al resto del gruppo; non scrive provocazioni su facebook per poi bloccare chi prova a rispondergli.
Fu solo dopo l’ennesimo spostamento di data, all’ultimo momento per giunta, che decisi di chiudere definitivamente ogni rapporto con lui.
Ma come per tutti gli altri allievi, non la prese bene. Solo che a me aveva anche fatto uno sconto. Quindi io avevo osato anche troppo.
Non mi scrisse nulla di diretto. Mise solo una serie di post sulla sua pagina facebook. Che avrebbe chiuso, peraltro, dopo alcuni giorni.
Era molto sregolato, lo era sempre stato.
Io, che credevo che la mia creatività fosse morta, ci ho messo un po’ per riprendermi. Ma gradualmente ho rifatto tutto ciò che facevo già prima di incontrarlo, e anche di più.
Poi è arrivata la notifica, l’invito alla presentazione di un libro. Il suo nuovo “grande successo”, lo chiamò.
Quando mi ha invitato al suo evento, ci ho creduto davvero ed ero contenta per lui. Non sono mai stata invidiosa o gelosa del successo altrui. Ero convinta che avesse trovato un po’ di pace e ripreso a pubblicare. E invece era solo uno scherzo… Una bugia. L’ennesima.
Alla fine non c’è stato alcun arresto, non c’era prova che quanto successo fosse effettivamente colpa sua. Era capitato mentre scappavo. Uno scherzo finito male.
Ma da allora, online non si è fatto più vedere. Ha finito per abbandonare e tradire anche la base di fan più accaniti.
Contro certi influencer e youtuber ne ho sentite tante. Ma ora posso dirvi che molti di questi sono più professionali di lui, anche quando fanno gli scemi.
Da dopo che l’ho conosciuto, cerco di guardare il mondo da un’altra prospettiva.
Quando sono uscita dall’ospedale, credevo di aver perso di nuovo tutto. Che non avrei mai più scritto nulla. Che avevo dimenticato anche le mie storie. Ho festeggiato il mio compleanno circondata dalla mia famiglia e dai più cari tra gli amici, sentendo tutto l’amore che mi davano, ma anche sentendomi morta dentro.
Quel giorno mi hanno regalato un quaderno e una penna.
Per tenere un diario.
Così poi mi sono fatta forza. Mi sono seduta e ho scritto.
E così il giorno dopo.
E ancora. E ancora.
Poi sono andata al computer. Poi su un altro quaderno. Giorno dopo giorno, ho ripreso a scrivere.
Finchè finalmente non ho potuto dire “sono tornata”.
E l’ho anche scritto; ridendo.
  
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