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Autore: giulsisonfire    04/11/2019    1 recensioni
E allora cos'è? Cosa ti serve ancora? A me è bastata un'ora.
Louis e Harry, tutto il resto è inventato. Il primo è uno studente universitario che vive da solo in Inghilterra, il secondo un aspirante fotografo, costretto a vivere in America con sua madre. Il caso li farà incontrare.
Questa fanfiction immaginatevela come un film.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Involtini primavera

Qualche ora dopo aver fatto la doccia Harry aveva risposto a louist91 e i due ragazzi avevano continuato a parlare fino a tarda sera. Innanzitutto il ragazzo fotografato, che si chiamava Louis, come si poteva capire dal nome di instagram, aveva chiesto ad Harry se avesse scattato altre foto quel giorno. Harry aveva riflettuto qualche secondo e poi aveva risposto che sì, ne aveva conservate un altro paio, perché forse dire che ne aveva altre 32 – contate – avrebbe spaventato un po’ il suo interlocutore, e gliele aveva mandate. Poi il ragazzo inglese aveva sviato la conversazione sulla fotografia, ed Harry aveva sinceramente apprezzato perché le foto erano uno dei pochi argomenti di cui riusciva a parlare senza avere la sensazione di essere imbarazzante, cosa che gli succedeva spesso e per la quale, se poteva, evitava i rapporti sociali. Louis aveva fatto domande sul tipo di fotocamera usata, sulle “competenze” del fotografo – che si riducevano ad un video su come usare la macchina fotografica in modalità manuale della durata di 10 minuti su youtube e tante tante prove – e sulla fotografia in generale. Avevano parlato di inquadrature, di tagli, di colori, di esposizione e di luce naturale. Ed Harry si era sentito a suo agio.
In ogni caso dopo circa un’ora, la conversazione era finita con un è stato piacevole parlare con te, grazie per le foto e per la chiacchierata inviato alle 23:14 da quel ragazzo inglese di cui Harry era riuscito a sapere soltanto il nome. Dopo aver fissato lo schermo per un minuto buono ed essersi appurato che quello era effettivamente l’ultimo messaggio e che non ce ne sarebbero stati altri, Harry aveva appoggiato il telefono sul comodino sopra un libro e si era steso sul letto a guardare il soffitto. Grazie al cielo, dopo poco si era addormentato.

Nei giorni successivi comunque, non era riuscito a smettere di pensare a quel ragazzo. Dalla fine della breve conversazione via Instagram i pensieri relativi a Louis erano aumentati giorno dopo giorno – fantasie e visite ai siti over 18 annesse – forse anche perché in generale Harry non faceva niente dalla mattina alla sera e quindi per lui era difficile distrarsi e pensare ad altro. La sua mente tornava a Louis in ogni monotona azione quotidiana: quando faceva colazione e beveva il latte, mentre guardava la televisione, quando andava a fare la spesa nel supermarket di là dalla strada, quando sistemava il letto.

Ad Harry era già capitato varie volte di fissarsi con una persona.

Spesso gli passava dopo qualche settimana, a volte arrivava a durare anche mesi. La prima volta che gli era successo era alle scuole elementari, in Inghilterra, e il bersaglio era stato una bambina bionda della sua classe. Non si ricordava molto di quella sua passata ossessione (tranne quelle orribili trecce che avevano attirato la sua attenzione dal primo giorno che le aveva viste) ma i sentimenti che aveva provato in quel momento erano rimasti indelebili, ed erano gli stessi che sentiva tutte le volte che gli capitava una cosa del genere. Harry non aveva mai saputo spiegare come e perché gli succedesse, in primis a sé stesso, e quindi di conseguenza non aveva mai nemmeno cercato di farlo sapere agli altri. Sapeva solo che questi “chiodi fissi” gli occupavano il cervello 24/7, e che gli facevano provare emozioni forti e contrastanti tra cui, le più comuni, gioia, nel vedere e nel pensare a quella determinata persona, tristezza quando invece era lontano da lei, voglia di passarci più tempo possibile insieme, rabbia quando questa interagiva con qualcun altro. Harry non aveva mai provato a controllare queste sensazioni, e spesso si era risolto col sopprimerle chiudendosi per un po’ in sé stesso, altre volte distraendosi in vari modi.
Il 12 aprile, verso mezzogiorno, mentre guardava la televisione steso sul divano con sua mamma, Harry capì che tutto questo gli stava succedendo di nuovo.
Si alzò tranquillo dal divano, come sotto incantesimo, andò a prendere il cellulare che era in camera, aprì instagram e scrisse di getto un messaggio a Louis, senza nemmeno rileggerlo prima di inviarlo.

Tra qualche giorno torno in Inghilterra per venire a trovare mio padre, ti va di vederci? Magari facciamo qualche foto.

Ovviamente non era vero che in quei giorni sarebbe dovuto andare in Inghilterra. Tornò in sala e disse a sua madre che aveva voglia di vedere papà. Sua madre gli disse che se la sua voglia era così incontrollabile poteva benissimo videochiamarlo una sera invece di mandargli un messaggio la mattina e basta. Harry capì che se voleva andare da suo padre in Inghilterra avrebbe dovuto fare tutto da solo.

La mattina dopo, mentre sua madre era impegnata a servire involtini primavera ai clienti della squallida tavola calda in cui lavorava, Harry aprì l’armadio della sua camera, e dopo aver frugato tra qualche vestito da sera risalente al 15/18 (e più o meno da quella data mai più messo) trovò la cassetta in cui sua madre teneva i risparmi e l’aprì. Prese circa 400 euro, quasi tutto quello che c’era dentro, poi richiuse la cassetta e la rimise al suo posto, avendo cura di risistemare anche i vestiti. Si lavò e si vestì, poi infilò qualcosa a casaccio dentro un borsone e si sedette sul divano. Diede un’occhiata su internet e vide che dall’aeroporto più vicino a casa sua sarebbe partito un aereo per Manchester quella sera verso le 19. Rifletté qualche secondo e poi decise che poteva partire, si sarebbe arrangiato più avanti per riuscire a raggiungere casa di suo padre. Prese velocemente le sue cose e uscì di casa, dopo aver lasciato sul tavolo un bigliettino per sua mamma con scritto sono da papà, ci sentiamo. Sapeva benissimo che sua madre si sarebbe 1) incazzata e 2) preoccupata tantissimo, e si ripromise quindi di chiamarla non appena arrivato in Inghilterra. A vederlo da fuori Harry sembrava tranquillo, come sempre, ma dentro era come se un fuoco vivo gli bruciasse a livello del petto e gli facesse battere il cuore all’impazzata. In quel momento non riusciva a pensare razionalmente a quello che stava facendo, era come se il suo corpo si muovesse in maniera meccanica. Sentì un fischio e per un attimo non si rese più conto di dov’era: la fretta e la confusione gli avevano fatto girare la testa. Si appoggiò allo stipite della porta e si passò una mano sul viso. In quello stesso momento gli si illuminò il telefono e apparve una notifica bianca, con su scritto volentieri, scrivimi quando arrivi. Harry sorrise e chiuse la porta.
Mentre si avvicinava all’ascensore incontrò la vicina di appartamento che gli sorrise cordiale. Ricambiò il sorriso meglio che poteva e affrettò il passo. Appena le porte dell’ascensore si aprirono Harry ci si infilò dentro e scomparve.

Spazio autrice.
Finalmente sono riuscita a finire e a pubblicare questo secondo capitolo. Vi giuro che tra impegni vari di ogni tipo è stato veramente un parto. Mi sono impegnata molto per fargli raggiungere una lunghezza accettabile per un capitolo a modo di una fanfiction e spero di esserci riuscita haha
In ogni caso penso che i capitoli successivi saranno più lunghi perché entriamo proprio nel vivo della storia. Mi scuso per eventuali errori grammaticali. 
Non esitate a lasciare un commento perché mi fa piacerissimo e in particolare se avete qualche critica perché sono quelle che aiutano a migliorare.
Vi mando un bacio.

 
   
 
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