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Autore: Mitsuki91    10/11/2019    1 recensioni
"Edward, se sopravvivo a tutto questo, stai sicuro che la prossima volta ti uccido io."
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Capitolo VIII

 

Era tutto pronto.

Leah aveva portato due prede, due enormi alci maschi. Io ero semisdraiata sul sacco a pelo, con gli zaini e le coperte ad alzarmi il busto.

Non potevo negare a me stessa di aver paura.

Avevo sempre cercato di tenere il passo del soprannaturale e ne ero sempre uscita viva, vero. Ma tutte le volte si era trattato o di una scelta improvvisa o di un futuro lontano.

Quando ero andata verso James, nella sala da ballo, ero in preda al terrore. Guidata dalla paura di perdere mia madre, di poter far qualcosa per salvarla. Non era stato un pensiero coscente; ero andata a basta e avevo fronteggiato la morte perché non avevo altra scelta.

La mia 'seconda' morte, quella che ora mi appariva sempre di più come tale e sempre meno come vita eterna, era un qualcosa al di là dal venire. Mi sarei trasformata in un vampiro, certo. Avrei vissuto l'eternità con Edward e con la famiglia Cullen, vero. Dopo la scuola, però. Dopo aver detto addio a Charlie e a Renee. Eventi che mi sembravano sempre lontani, e quindi non dolorosi.

Per sopportare tutto questo, invece, avrei avuto bisogno di una dose diversa di coraggio.

Non l'istinto, non la salvezza delle persone che amavo, non volontà di iniziare un futuro eterno.

Uno sconosciuto, nella mia pancia. Uno sconosciuto che però era parte di me. Anche di Edward. Una somma di noi e del nostro amore, se c'era stato amore. Dalla mia parte, almeno, potevo esserne sicura.

E quel bambino si sarebbe salvato. Comunque fossero andate le cose con me, il bambino sarebbe sopravvissuto.

Jacob aveva promesso. Non gli piaceva l'idea ma non poteva venir meno alla promessa. A dir la verità, non riuscivo neppure a pensare al contrario. Dovevo credere con tutta me stessa che il mio viaggio fino a qui ed ora fosse significato qualcosa, e avevo scelto di affidare il mio futuro a Jacob.

Non come il futuro della mia vita, che forse avrebbe potuto finire fra meno di due ore.

Il futuro nel senso di una persona che era parte me, e che sarebbe in ogni caso vissuta nel mondo anche se io me ne fossi andata.

Dopo qualche discussione, Jacob e Leah avevano deciso che sarebbe stata Leah a mordere. Lei voleva davvero aiutarmi ad avere il mio bambino e di questa le ero grata. Mi aveva raccontato la sua storia, una sera in cui non riuscivo a dormire per via dei calci che il piccolo mi stava dando.

Ero contenta che ci fosse lei con me, ma soprattutto con Jacob. Lei sarebbe sicuramente riuscita a frenare i suoi impulsi, a farlo ragionare.

Non potevo dare a mio figlio persone migliori per accompagnarlo nella vita. Ne ero certa.

Così affrontai anche quella paura.

Nei minuti precedenti il parto, dopo aver consumato una delle prede, strinsi i denti e mi preparai ascoltando i battiti del mio cuore impazzito.

Dovevo resistere. Anche io avevo fatto una promessa.

E dovevo resistere non solo per Jake, non solo per le parole che gli avevo rivolto. Dovevo resistere perché la cosa che desideravo di più al mondo era potere rivedere mio figlio, un giorno.

Ne avevamo parlato, prima.

Jacob e Leah sarebbero scappati subito, inoltrandosi nella foresta e portando con loro il bambino. Poi, dopo un lasso di tempo ragionevole, avrebbero controllato – forse Jake, forse Jake sarebbe potuto andare, entrare in un internet caffé; Jake era quello che era cambiato di più in tutto quel tempo, con i muscoli che aveva messo su –, avrebbero cercato notizie di me e, se fossi risultata essere ancora viva... Sarebbero tornati.

Non subito.

Non alla loro vecchia vita.

A parte il problema di Charlie, che sicuramente si sarebbe fatto due domande e sarebbe giunto alle conclusioni sbagliate, non avrebbero mai potuto tornare indietro senza abbandonare mio figlio, e questo non lo avrebbero fatto mai.

Ma se fossi stata viva, allora, forse qualcuno sarebbe potuto venire a bussare alla mia finestra nel cuore della notte.

Non chiedevo altro.

Solo la possibilità di rivedere mio figlio. Solo quello.

Così mi preparai.

Stinsi i denti, ignorando il dolore delle ossa rotte e dei lividi sullo stomaco. Osservai Leah inserire il coltello più affilato che avevamo nel mio piccolo pentolino, dove la neve era stata fatta sciogliere e portata ad ebollizione.

"Sarebbe sciocco che tu morissi per una stupida infezione." aveva detto tempo prima, mentre stavamo decidendo tutti i dettagli del parto "Pensa che sfiga, arrivare in ospedale per scoprire che è stato tutto inutile perché io non ho disinfettato il 'bisturi'."

Jacob aveva scosso piano la testa, mentre io avevo annuito.

Andava bene.

Andava tutto bene, io dovevo solo tenere duro.

"... E' pronto." disse infine Leah. Tirò fuori il coltello e si avvicinò.

"Va bene."

Jake mi aiutò a togliermi la giacca e le maglie. La pancia era enorme e svettava sopra ogni cosa, impedendomi la visuale. Forse era meglio così.

"Bella, dovresti bere, ora."

L'unico antidolorifico che avevamo era una bottiglia di rum che Leah aveva rubato quando ci era venuta incontro.

Io annuii e Jake mi passò la bottiglia stappata.

Bevvi e sentii il liquore bruciare nella mia gola. Cercai di bere il più velocemente possibile, perché sapevo che l'alcool non faceva bene al bambino... Ma, al contempo, non ero così idiota da credere che ce l'avrei fatta senza alcun aiuto.

Avrebbero dovuto squarciarmi la pancia. Mi serviva, non essere del tutto lucida.

Infatti sentii tutto girare per un po', poi Leah disse qualcosa che non colsi.

E, all'improvviso, il dolore esplose nel mio ventre.

Vidi il viso di Leah sparire oltre la collina della mia pancia, mentre Jake mi aveva messo una mano sulle labbra per soffocare il mio grido di dolore.

Non che cambiasse molto. I denti non li sentii, forse perché ero stordita o forse perché, con tutto il male che mi faceva, non aveva fatto poi così tanta differenza. Vidi la pancia afflosciarsi, mentre Leah tirava fuori il bambino.

"... E' una femmina." disse.

La mia immagine mentale di un piccolo bambino con gli occhi verdi si ditrusse, lasciandomi confusa. Poi vidi un arto della mia piccola muoversi, e allungai le braccia.

"Non penserai..." iniziò Jacob, lasciandomi la bocca, ma Leah mi aveva già posato la bimba sul seno.

La guardai.

Era la cosa più bella che avessi mai visto, ancora più di Edward. Non piangeva, ma respirava confusa e sbatteva le palpebre.

Era grande. Più grande di quanto sarebbe dovuto essere un bambino.

Aveva il volto di Edward e i riccioli color del rame, o forse quello era solo sangue. Gli occhi, però, erano miei.

Si appoggiò sul mio seno e morse.

Jake imprecò e me la tolse dalle mani.

"Elisabeth." sussurrai "Elisabeth."

Dopo la profonda gioia che era stata vedere mia figlia per la prima volta, stavo sprofondando nel buio. Non riuscivo ad alzare la braccia, a tenderle verso Jacob.

Volevo solo la mia bambina ma lei era sparita.

Stava sparendo anche tutto il resto.

Con l'ultimo barlume di coscenza, sentii qualcuno sollevarmi da terra.

 

***

 

Il parto era stato veloce e devastante. Mi ero tolto da Bella per impedire che quell'idiota di Leah le passasse la creatura, ma non avevo fatto in tempo.

"Sbrigati! Toglile tutto e andate!"

Leah non mi rispose neppure e affondò di nuovo le dita nella pancia di Bella.

Io mi sentivo perso, svuotato.

Tutto il bisogno che avevo avuto di Bella se ne stava andando. Era forse perché stava morendo? Perché era già morta?

Il mio corpo sapeva che la sua anima era già lontana?

E per colpa di chi?

Voltai la testa per concentrarmi sulla creatura, sul mostro che aveva ucciso la mia Bella. La vidi appoggiata sul suo seno – uno scempio, uno scempio coperto di sangue – e imprecai.

La stava mordendo.

La stava uccidendo di nuovo.

Non le era bastato succhiare la sua vita mentre era dentro di lei; doveva prendersi ogni cosa anche adesso, mangiare il cadavere della sua defunta madre e Leah non si sbrigava.

La tirai via da Bella e l'appoggiai sulla seconda preda che Leah aveva cacciato apposta per lei. Non mi girai a guardarla; invece non persi un secondo dell'agonia di Bella.

Leah aveva tirato fuori qualcosa dalla sua pancia e ora si stava alzando, sollevandola fra le braccia.

Non si girò, neppure per un saluto. Non me la presi.

Doveva essere veloce ed efficente. Peccato che fosse già tardi; peccato che avevo visto il viso esangue di Bella e non avevo provato nulla, nessun desiderio e nessun dolore.

Era finita.

Era lontana.

La creatura dietro di me emise uno strillo.

Con riluttanza, strappato ai miei pensieri vuoti, mi girai a guardarla per la prima volta davvero.

Non sentivo il bisogno di ucciderla, e a che pro? Non solo avevo promesso, ma non sarebbe servito comunque a niente.

Non avrebbe riportato indietro Bella.

Non avrebbe fatto morire me, per seguirla.

E la sua salvezza era l'ultima cosa che lei mi avesse chiesto.

Il piccolo mostriciattolo aveva finito di bere e si era voltato, cadendo giù dal pelo morbido dell'alce e finendo pancia all'aria sulla neve, rossa di sangue.

Non vidi i suoi occhi color nocciola, la sua pelle d'alabastro. Non sentii il cuo cuore battere veloce e non badai a nessun aspetto fisico di lei.

Semplicemente, qualcosa scattò.

Non ricordai il mio nome, quello di mio padre o dei miei amici, quello della donna che credevo di amare.

Non pensai a niente e smisi di esistere.

Lei era lì.

Lei aveva bisogno di me. Io avevo promesso ma non me lo ricordavo; non era importante.

Era lei.

Il centro dell'universo.

Con uno scatto la sollevai da terra e la presi in braccio.

"Stai bene?" chiesi, a metà fra lo stridulo e il preoccupato.

Elisabeth non piangeva, ma sorrideva. Sembrava non essersi fatta niente durante la caduta. La sua testa era più forte di quella di un neonato, doveva esserla.

Allungò una mano e mi toccò una guancia.

Se non sobbalzai dalla sorpresa fu perché le stavo ancora guardando il viso e non potevo smettere, semplicemente non potevo.

Vidi anche Bella, però.

Il suo viso devastato dall'alcool e dal dolore, che si apriva in un sorriso tremulo. Così come era iniziata, la visione sparì.

"La mamma non può venire da te adesso, Elsie." le risposi, in automatico – perché lei pretendeva risposta; lei non me l'aveva mostrato per nulla.

Elisabeth fece un'espressione corrucciata.

Prima che potesse aggiungere dell'altro, Leah era già tornata indietro.

"Che fai?! Dobbiamo correre, Jake! Dovevi già essere più avanti!"

Distolsi a fatica l'attenzione dal viso di lei per guardarla. E Leah mi stava guardando con orrore crescente, e comprensione.

"Oh no." disse "Oh no. Okay. Senti." si portò le mani alla testa, incurante del sangue che si stava spandendo addosso "Questo non era previsto ma davvero se ci tieni alla salvezza di Elisabeth dobbiamo andarcene. Credo che qualcuno abbia tentato di seguirmi, anche se i medici erano tutti attorno a Bella e l'hanno portata in sala operatoria."

Priorità.

La salvezza di Elisabeth contava oltre ogni cosa; era più forte del bisogno di guardarla.

"Va bene."

"Tienila in braccio e corri." le disse ancora Leah. "Io ti raggiungo da lupo."

Non me lo feci ripetere due volte. Con la bambina stretta a me, mi lanciai nella foresta.

Sentii Leah buttare il pentolone svuotato e il coltello nella tenda, il crepitio di un fuoco acceso e avvertii le vibrazioni della sua trasformazione. In breve tempo mi superò, con la tenda in bocca, aprendomi la strada.

 

 

Questa è la fine della prima parte della storia. La seconda è, purtroppo, ancora in lavorazione. È tutta nella mia testa ma il tempo materiale per scriverla... Beh, è contro di me.

Sappiate solo che da questa stora si è sviluppato un mondo. È andato così Oltre che io non credo riuscirò mai a raccontarlo tutto. Mi piacerebbe inserire almeno le storie principali ma, beh... Si tratta comunque di un lavoro immenso. Spero di farcela lo stesso, ma non vi posso assicurare niente sulle tempistiche ^^"

Per farvi un'idea, ad ogni modo, ci dovrebbe essere una seconda parte di questa storia, per "chiudere il cerchio" come si dice con gli avvenimenti rimasti in sospeso (dai libri). E altre due che nascono di conseguenza, per dare un senso più definito al mondo in cui i nostri personaggi vivono, diciamo così.

   
 
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