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Autore: Thiare    13/11/2019    2 recensioni
"You're right, sorry," said Ron, but unable to help himself, he added, "Don't get too friendly with him, though, Rosie. Granddad Weasley would never forgive you if you married a pureblood." - HP and the Deathly Hallows
Rose continuò a singhiozzare forte sul grembo del nonno bagnandogli tutto il pigiama.
“Oh nonno, perdonami! Per favore non odiarmi, non voglio che non mi parli più!”
Arthur strabuzzò gli occhi. Che cosa aveva mai potuto fare la sua nipote prediletta perché lui non le parlasse più?
Le posò una mano sulla testa facendole piccole carezze.
“Ma tesoro mio, che cosa è successo?”
Rose non alzò il viso verso di lui, ma Arthur sentì chiaramente i singhiozzi ridursi.
“Promettimi che mi parlerai poi.” Mormorò timida.
“Prometto che non mi arrabbio.”
Rose strizzò gli occhi e mormorò qualcosa.
“Non ti sento.”
“…ata di… angue.”
“Non capisco.”
“Nonno, mi sono innamorata di un purosangue.”
[Rose/Scorpius]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arthur Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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"So that's little Scorpius," said Ron under his breath. "Make sure you beat him in every test, Rosie. Thank God you inherited your mother's brains."
"Ron, for heaven's sake," said Hermione, half stern, half amused. "Don't try to turn them against each other before they've even started school!"
"You're right, sorry," said Ron, but unable to help himself, he added, "Don't get too friendly with him, though, Rosie. Granddad Weasley would never forgive you if you married a pureblood."
Harry Potter and the Deathly Hallows: (Epilogue) Nineteen Years Later
J.K. Rowling
 
 

 


Arthur Weasley, settantacinque anni buoni sulle spalle e il peso di due Guerre Magiche, amava la vecchiaia. Amava svegliarsi la mattina e leggere la Gazzetta del Profeta davanti alla finestra della Tana che avevano ricostruito con amore e fatica. Amava voltarsi e vedere la sua Molly sempre bella e indaffarata e trovarla lì dove l’aveva lasciata: al suo fianco.
Ma c’era una cosa che l’ormai nonno (e quasi bisnonno) Arthur Weasley amava più di tutte: sua nipote Rose. Sua nipote Rose che lo coccolava e lo riempiva di baci la mattina. Con lei si era preso la rivincita di anni passati a lottare con sei figli anaffettivi e Ginny.

“C’è Rosie.” L’aveva avvisato sua moglie dalla porta.
La nonna Weasley aveva spalancato le braccia per salutare quello svolazzo tutto capelli che era sua nipote, ma rimase delusa quando questa la ignorò per gettarsi sulle gambe del nonno.
I coniugi si scambiarono un’occhiata preoccupata.
“Rosie cara, che succede?”

Rose continuò a singhiozzare forte sul grembo del nonno bagnandogli tutto il pigiama.
“Oh nonno, perdonami! Per favore non odiarmi, non voglio che non mi parli più!”
Arthur strabuzzò gli occhi. Che cosa aveva mai potuto fare la sua nipote prediletta perché lui non le parlasse più?
Le posò una mano sulla testa facendole piccole carezze.
“Ma tesoro mio, che cosa è successo?”
Rose non alzò il viso verso di lui, ma Arthur sentì chiaramente i singhiozzi ridursi.
“Promettimi che mi parlerai poi.” Mormorò timida.
Arthur rise. Come avrebbe potuto non parlarle? Da che quello scricciolo con i capelli rossi era nata lui aveva perso la testa. Si sa che i nipoti risvegliano nei nonni quel lato indulgente che non avevano potuto avere con i figli, e, anche se Arthur era stato sempre più che permissivo, Rose aveva avuto comunque unici privilegi.
Il nonno era per Rosie il suo confidente e amico. Era da lui che era andata quando Sophie Thomas aveva messo in giro la voce che non fosse davvero figlia dei suoi genitori. Era a lui che aveva raccontato del suo primo bacio, con lui che prendeva in giro sua cugina Victoire durante quei periodi in cui era insopportabile e assomigliava fin troppo a sua madre.
Certamente era andata da lui a raccontargli anche quell’avvenimento, ma che cosa poteva mai essere successo per farla piangere così?
Arthur scambiò uno sguardo complice alla moglie che si stava avvicinando e le suggerì di lasciarli soli, poi prese a scostare i capelli dal volto della nipote.
“Vuoi raccontarmelo?”
Rose scosse il capo. Aveva diciassette anni ormai, ma a volte ne dimostrava dieci.
“Prometto che non mi arrabbio.”
Rose strizzò gli occhi e mormorò qualcosa.
“Non ti sento.”
“…ata di… angue.”
“Non capisco.”
“Nonno, mi sono innamorata di un purosangue.”
 




*



I anno
Prima ancora di parlare con Scorpius Malfoy, lei sapeva che non doveva neanche pensare di avvicinarglisi. Quando aveva undici anni pensava che non appena gli avesse parlato si sarebbe immediatamente serpeverdizzata, o altre suggestioni simili. Così aveva preso ad abbassare lo sguardo quando lui passava, ad evitare di camminare nello stesso corridoio o fare coppia a pozioni.
“Hai paura di me, Weasley?” le aveva chiesto un giorno con un ghigno.
Aveva sentito il cuore in gola quando si era accorta che stava dicendo a lei.
“No, Malfoy. I leoni hanno forse paura dei serpenti?”
Scorpius la fulminò. “I leoni forse no, ma i ratti…
Si erano presi a parole senza neanche conoscersi, frutto di un astio irragionevole passato su di loro come si passa un testimone.
“Vedi di girare alla larga, Malfoy.”
“Vedi di stare attenta a dove cammini tu, Weasley.”
L’avevano fatto per restare fedeli ai loro cognomi, perché il binomio Malfoy/Weasley non poteva che significare costante attrito.

 



*



“Ti sei innamorata?”
“Non hai capito che cosa ti ho appena detto?” Rose alzò il suo musetto di zucchero sul nonno, non più spaventata come prima.
“Che ti sei innamorata.”
“Sì, di un purosangue.”
“Quindi? Chi è?”
Rose ebbe un fremito. Se, al contrario di quello che le aveva detto suo padre, il nonno non se l’era presa per la storia del purosangue, avrebbe dato di matto non appena scoperto di chi si fosse trattato.
“Papà mi aveva detto che non avresti mai accettato che mi mettessi con un purosangue.”
Arthur scosse il capo. “A tuo padre piace tanto parlare. A me importa solo della tua felicità, bambina. E poi non ho fatto sette figli a caso! Qualcuno mi porterà una nuora babbana!”
 
 

 


*






II anno
Nonostante Rose avesse cercato di evitarlo come si evita un bolide, erano finiti in coppia a Difesa. Dai lati opposti della stanza, si fissavano con astio.
Un semplice Stupeficium, ragazzi, non siate fantasiosi.
Le parole del professore le rimbombavano ancora in testa. Il conto alla rovescia si era esaurito e Rose l’aveva schiantato con la forza di un odio che non le apparteneva, formato dalla delusione che non voleva portare ai suoi genitori perché sì, aveva solo dodici anni, ma non poteva farsi battere da Malfoy. Sfogò su di lui l’ombra di sua madre, al cui genio doveva tenere testa, la fama dei suoi genitori e zii, le pretese dei suoi professori e l’umiliazione che le avrebbe portato perdere quel duello. Sentì l’urlo di Malfoy infrangersi nel suo forse con la stessa intensità – chissà quali mali stava sfogando, lui, in quello Stupeficium.
Il serpeverde venne scaraventato sulla libreria nel fondo con forza e cadde inerme alla sua base mentre quella prendeva ad oscillare in modo preoccupante. Rose ignorò le urla di giubilo e di derisione e accorse davanti a lui, che stava piano alzando la testa.
“Malfoy, stai…”
Ma non concluse la frase perché lui la scaraventò via con uno spintone. Stava per alzarsi e schiantarlo di nuovo per il dolore che le veniva dal fondoschiena, ma quando puntò gli occhi dove prima era accartocciato il corpo del ragazzo ci trovò solo un mucchio di libri.
Tornò su di lui gridando chissà quale impropero, cercando di farlo venir fuori da quella catasta.
Scorpius Malfoy l’aveva appena salvata. Dopo che lei l’aveva schiantato.
“Stai bene?”
Il ragazzo si tirò su con fatica e tossì un po’ mentre il professore accorreva. Annuì piano con il capo e si ricordò all’improvviso di chi era. Le appuntò addosso uno sguardo gelido e le diede uno spintone prima di alzarsi barcollando. Lei sentì chiaramente una vena iniziare a pulsarle sulla fronte, ma represse il sentimento per cercare di essere più solidale. Dopotutto l’aveva salvata.
“Appoggiati.” Gli porse una spalla e Scorpius sembrò considerare davvero l’idea di appoggiarvisi, ma poi la guardò con disprezzo.
“Allontanati, Weasley.”
“Tu mi hai protetta, Malfoy.”
“Non potevo mica lasciarti sotterrare dai libri.” . Era lì che l’aveva visto per la prima volta. Scorpius.
“Cosa?”
Il ragazzo sembrò tornare in sé mentre si faceva visitare dal professore. “Una donnetta come te non avrebbe retto una botta simile.”
“MA DICO, SEI BIPOLARE, MALFOY?”
Scorpius rise internamente. “Togliti di torno, Weasley, non voglio vedere la tua facciona per un po’.”


Finì di leggere la lettera di sua madre con un sospiro. Non c’erano commenti del suo vecchio. Suo padre lo avrebbe picchiato, ne era sicuro. O non gli avrebbe parlato per mesi.
Si era fatto battere da Rose Weasley e l’aveva anche aiutata! Era stato gentile con lei.
Oh, l’aveva fatta grossa.
Sentì una fitta al cuore e la gola chiudersi e bruciare mentre quel groppone di lacrime spingeva per sciogliersi e rigargli il viso. Si guardò intorno – nessuno veniva mai nei sotterranei di Hogwarts, bene, via libera.
Iniziò a singhiozzare piano allentandosi la cravatta. Era a Hogwarts da due anni e dal primo giorno aveva sentito su di sé il macigno del nome che portava. Lui era il mezzo Mangiamorte, traditore come suo padre. Non importava che lui di quella cattiveria avesse ereditato solo il nome e nulla di più, un nome però che doveva difendere e onorare per il rispetto della sua famiglia.
“Tutto bene, Scorpius?” chiese una voce dietro di lui.
La Weasley, se lo doveva immaginare. Era la prima volta che lo chiamava per nome, wow, doveva proprio averle fatto pena. Sei caduto davvero in basso, Scorpius.
“Lasciami stare, Weasley.”
“Perché mi hai protetta prima?”
Il serpeverde si asciugò le lacrime in un gesto di stizza e si girò verso di lei, che si ritrasse d’istinto.
“A pensarci bene hai ragione, avrei dovuto lasciarti seppellire da quattrocento anni di cultura magica.”
“Scorpius.” Il suo tono era fermo, come per dirgli di smettere di fingere perché con lei non attaccava.
Così provò un’altra tecnica: l’insulto. Voleva mandarla via come si spaventa un cucciolo di cane.
“Ma che ne sai tu, sei solo la figlia di una mezzosangue e di un lurido pezzente.”
Rose portò le mani sui fianchi, per niente stupita del colpo basso.
“Vogliamo davvero portare il piano della conversazione sui nostri genitori?”
Malfoy restò in silenzio.
Perché, non si era sempre trattato di quello? Non era nato così il loro rapporto, da quello dei loro genitori?
 
 



*



Rosie tirò fuori dalla tasca del mantello una pergamena con un eccentrico sigillo rosso, della casata dei…
“Malfoy.” Mormorò Arthur sbalordito.
“Mi diserediti?”
Il nonno alzò lo sguardo su quegli occhioni rossi e quel nasino colante e si aprì in una risata.
“Ti sei innamorata del giovane figlio dei Malfoy?”
Rose era diventata rossa come i suoi capelli. “Ridi perché ti sta per prendere un ictus?”
“Mi sembra una storia molto divertente.”
“Non sei arrabbiato?”
“Il ragazzino ha gli istinti omicidi del padre?”
“Molto ridotti.”
“Mi serve almeno un cinque e mezzo su dieci.”
“Diciamo anche tre meno.”
“Approvato.”
Rose rise asciugandosi il naso con la manica del mantello e il nonno le allungò il suo fazzoletto affettuosamente.
“Ti tratta bene?”
Rose sorrise.



 


*



V anno
Da quando Hogwarts aveva riaperto battenti, ogni anno il 2 maggio la scuola organizzava un ballo per festeggiare la vittoria che aveva posto fine alla Seconda Guerra Magica.
“Sei bellissima, Rosie.” Le aveva detto Lily, sua cugina, guardandola con aria sognante. Anche lei lo era e non voleva ammettere di aver dovuto rifiutare più di un invito al ballo.
Rose si guardò di nuovo allo specchio. Quell’anno ci sarebbe andata alla festa, al contrario dei precedenti. Aveva sedici anni e voleva divertirsi, non studiare e basta.
Anche se quel vestito aveva un ventennio, le sembrava bello come pochi. Se lo lisciò in pancia e si arrotolò un boccolo rosso attorno all’indice. Sua madre doveva essere stata bellissima quando l’aveva indossato allo Yule Ball.
La Sala Grande era decorata a festa. Petali e fiori di tutti i tipi scendevano dal soffitto e c’erano quattro tavole imbandite di cibo a fare da perimetro all’immensa pista da ballo.
Lo cercò con gli occhi senza accorgersene e lo trovò in un angolo, solo, intento a sorseggiare quello che probabilmente non era succo di zucca. Distolse lo sguardo. Si erano dati una pausa, dagli insulti, da quei tentativi mutilati di approccio affettuoso, da tutto. Era una situazione, quella, che non riuscivano a gestire. Insomma, lei era una Weasley e lui un Malfoy. Non c’era posto nel mondo per un’accoppiata simile. Che cosa avrebbe detto la gente? Che cosa avrebbero detto i loro genitori?
Sospirò. Eppure Scorpius di Draco aveva proprio poco. E Draco stesso, di Lucius, aveva proprio poco.
Aveva abbandonato la malvagità del marchio nero prima ancora che la battaglia terminasse e quando era tornato a casa se l’era lavata via come si fa con la terra dopo un giorno in campagna.
Draco aveva sopportato per anni le calunnie della gente senza dire niente. Gente che lo incolpava per perdite di cui lui non era davvero responsabile, ma sentiva comunque il peso della colpa gravargli sul cuore. Non aveva detto nulla ad Astoria, figuriamoci a Scorpius, ma si era ripromesso di non commettere gli errori di suo padre.

Scorpius l’aveva osservata per tutta la sera danzare con un tassorosso che sembrava avere una scopa infilata su per il sedere e aveva lasciato apposta la sala poco prima che lei terminasse il suo ultimo ballo. Sapeva che avrebbe inventato una scusa e sarebbe uscita dietro di lui.
La porta della Sala Grande sbatté pesantemente sui cardini e lui si voltò distrattamente per vedere lei in tutta la sua bellezza.
“Mi segui, Weasley?”
“Cercavo il bagno.” Beccata.
“E’ dall’altra parte quello delle donne.”
“Che ne sai tu di che bagno cerco.” Gli sorrise alludendo a qualcosa che sicuramente l’avrebbe fatto incazzare. Bene.
Lo superò non con tanta fretta e aspettò che lui la fermasse.
“Weasley.” Beccato.
“Malfoy?”
“Smetti di ballare con quel frocetto.”
“E perché dovrei?”
“Perché te lo sto chiedendo.”
Rose si avvicinò a lui, era stufa.
“Me lo chiedi ora? È troppo comodo così, Scorpius. Non mi batterò per una relazione in cui neanche tu credi.” Rientrò stizzita nella sala e si buttò su una sedia accavallando le gambe, furiosa. Quello stupido ci era riuscito di nuovo. Aveva scaricato tutta la responsabilità su di lei senza neanche pensare a quello che poteva provare. Ma questa volta era davvero stufa, era pronta a sbattergli tutta la verità in faccia.
Perché c’era una vocina, in fondo in fondo al cuore di Rose Weasley, che le diceva che non c’era nulla di male nell’amare un ragazzo. Soprattutto se quello era un ragazzo premuroso e dolce, la cui unica nota incrinata era il suo nome, al quale aveva sempre dovuto adeguarsi costruendosi quella corazza di menefreghismo e derisione. Ma lei non ci era cascata: lo sentiva, senza neanche che glielo dicesse, che erano quattro anni che Scorpius Malfoy l’amava in silenzio.
E non poteva essere più orgogliosa dell’amore che un ragazzo provava a darle.
Quindi ecco la verità: per un nome, per un nome non potevano stare insieme. Forse però era anche ora che quel binomio venisse sfatato – e lei voleva da sempre diventare una ribelle.
Sovrappensiero com’era, non si era neanche accorta del ragazzo che le si era portato davanti, porgendole una mano.
“ROSE WEASLEY.” Aveva gridato Scorpius e lei era trasalita strabuzzando gli occhi. Tutta la Sala Grande li stava guardando. “VORRESTI BALLARE CON ME?”
Quello scemo. Rose rise sbattendosi una mano in faccia imbarazzata. “NO PERCHÈ A ME TU PIACI TANTO.” Il giorno dopo sarebbero piovute cioccorane. Scorpius Malfoy aveva confessato di avere una cotta per lei davanti a tutta la scuola, per amor suo.
Probabilmente era un Weasley più di quanto credesse.

 
 
 



*



Rose si rigirò la pergamena tra le mani.
“Mi ha invitata a passare le vacanze da lui quest’estate. Solo per un paio di settimane.”
Arthur sorrise di un sorriso un po’ falso e Rose lo capì subito.
“Che c’è?”
“Giocherete a scacchi per due settimane?”
Rose gli lanciò uno sguardo obliquo. “NON È QUESTO IL PUNTO! Dovrei stare due settimane con la sua famiglia. Praticamente il covo dei serpenti!”
“Non eri tu quella che diceva di non giudicare una persona dal nome?”
“Io sì, nonno, ma come pensi che la prenderà papà?”
“Papà capirà. Magari gli ci vorrà un po’ di tempo, ma lo farà, ti vuole molto bene.”
 
 


*





VI anno
“Mio padre non mi ha mai voluto bene.”
Rose fermò la mano con cui gli stava accarezzando la nuca. Erano stesi sul letto di lui, accoccolati.
La ragazza si sporse in cerca di spiegazioni. “Non mi ha mai detto che mi vuole bene.”
Rose sospirò piano. Amava quando si apriva con lei, perché lo amava, ma al tempo stesso lo odiava, perché poi lei non sapeva mai come comportarsi. Quando faceva così Scorpius sembrava un bambino che allunga le braccia verso la madre per farsi stringere, e lei doveva ancora abituarsi a questo suo lato.
“Non significa che non ti vuole bene.”
“Mi parla a malapena.”
“E’ impossibile che non ti voglia bene, è tuo padre. Persino suo padre gli voleva bene, ed era un Mangiamorte.”
Scorpius chiuse gli occhi. “Mi ha detto che se dovessi farmi umiliare in pubblico di nuovo è meglio che non torni a casa.”
Kurt Zabini la settimana scorsa aveva alzato un coro contro di lui appena era entrato nella Sala Grande.
Scorpione Scorpione, via da Serpeverde, sei un mollaccione.
Rose gli aveva preso il mento con una mano e l’aveva baciato piano. Scorpius si era staccato con un sorriso, poi le aveva mostrato una lettera.
“Me l’ha inviata mia mamma. Nonno Lucius è morto stamattina.”
Ecco il perché di tanta dolcezza, tanto bisogno. Voleva essere consolato e non sapeva come chiedere. Rose lo strinse forte, poi prese la pergamena che le stava porgendo. Lesse un paio di righe e posò di nuovo gli occhi sul ragazzo.
“Questa non l’ha scritta tua madre.”
Scorpius si affacciò sulla lettera. “Sì, è la grafia di mia mamma. È uguale a tutte le altre lettere.” Indicò un punto sulla scrivania. “E poi leggi, c’è la sua firma.”
“Ma questa è la grafia di un uomo.”
“Come fai a saperlo?”
Rose scrollò le spalle. “Ho letto molti libri.”
Scorpius si alzò dal letto sottraendosi al suo abbraccio e andò a controllare le altre lettere. Ne rilesse qualcuna al volo interpretandola col punto di vista di uno scrittore maschile e gli sembrò tutto prendere senso. Sua madre odiava scrivere.
Allora era sempre stato suo padre Draco a tenerlo aggiornato, a chiedergli sue notizie, a scrivergli che gli mancava. Ma lui era un Malfoy e non poteva mostrare sentimentalismi, dopotutto suo padre non l’aveva fatto con lui. Con amore, mamma.
Il dolce di zucca lasciato sul comodino ogni sera durante le vacanze di Natale.
Suo padre.
La prima scopa che aveva ricevuto per il suo compleanno.
Suo padre.
Le carezze con cui da piccolo si era sempre addormentato e che credeva fossero di sua madre erano in realtà di
Suo padre.
“Oh Rose, amore mio.” Ora riusciva a vedere. “Hai ragione.”
Anche Draco Malfoy doveva essere un Weasley più di quanto credesse.
 





 
*





Se qualcuno le avesse mostrato quella scena dieci anni prima lei non ci avrebbe creduto.
Sorrise mentre fissava i due uomini che parlavano amabilmente del Quiddich e del Ministero. Sua madre aveva dovuto lottare per settimane prima di convincere suo padre ad andare a cena con Draco, ma non appena si era superato l’imbarazzo della prima mezz’ora, i due ex compagni si erano ritrovati a brindare alla salute. Rose li guardò obliquamente. C’era voluto così poco.
La famiglia Malfoy a una festa alla Tana - una bellissima battuta una volta era iniziata così. Ora non poteva credere invece di stare osservando davvero quella scena.
Scorpius stava giocando con il piccolo Remus, il figlio di suo cugino Ted, Astoria era in cucina con sua madre e il resto dell’infinita famiglia Weasley occupava il tempo prima di cena. George stava mostrando alla nonna l’ultima invenzione della sua ormai avviata fabbrica di scherzi e Molly rideva a crepapelle.
Erano invecchiati bene, i signori Weasley, con una bella spruzzata di bianco sulla testa e le rughe che gli raggrinzivano la faccia. Arthur tese le mani verso di lei e Rose si sedette per terra davanti a lui posandogli la testa sulle gambe.
“Allora mi perdoni?”
Il nonno si aprì in un sorriso beato. La sua famiglia era tutta lì.
“Per cosa?”
“Per aver sposato un purosangue.” 
 
 

 
   
 
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