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Autore: T612    15/11/2019    1 recensioni
James vorrebbe solo che Parigi assumesse le sembianze di un punto fermo, un luogo dove gli incubi possono venire dimenticati, lasciando spazio al sole caldo ed ai violini che suonano ad ogni ora del giorno… ma sa che non è possibile, perché i demoni non riposano mai e si annidano nell’ombra, soprattutto se hai insegnato loro come nascondersi.
Natasha vorrebbe solo riuscire a chiamare Parigi “casa”, dimenticando i mostri sepolti sotto la distesa bianca di Mosca per il bene di entrambi, ma ancora esita a voltare completamente pagina e non sa spiegarsi di preciso perchè… forse perchè dai propri demoni non si può scappare troppo a lungo, specialmente se sono l’incarnazione dei misfatti compiuti in Siberia.
Entrambi non possono far altro che procedere per tentativi sperando per il meglio, ma presto o tardi l’inverno arriva anche a Parigi… e la neve è destinata a posarsi inesorabile sui capi di innocenti e vittime, senza discriminazioni e soprattutto senza fare sconti a nessuno.
[WinterWidow! // What if? // >> Yelena Belova]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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SECONDA PARTE - CAPITOLO XV



 

4 ottobre 2018, Antarctica - Base operativa SHIELD, Antartide

 

Quando Yelena Belova raggiunge la botola d’entrata dell’Antarctica non si sorprende più di tanto della calda accoglienza di due fucili puntati alla sua testa, sollevando all’istante le mani proclamando una resa.

-Agente 56, vengo dalla Centrale, sono qui per dei controlli di routine. -annuncia temeraria esibendo il distintivo contraffatto, vedendo le canne dei fucili abbassarsi con riluttanza.

-Non aspettavamo visite. -afferma una delle due guardie in risposta, facendole cenno con il capo di avvicinarsi mentre il secondo uomo richiude la botola sopra la sua testa.

-Fury è il solito paranoico, è stata una decisione dell’ultimo minuto. -afferma con tono talmente saldo che i due agenti le credono senza battere ciglio, mentre la prima guardia le fa cenno di seguirla lungo i corridoi. -Sapete, questo posto è davvero difficile da raggiungere.

-C’è un reattore nucleare qui sotto, deve essere difficile da raggiungere. -replica la guardia scortandola a passo sicuro, assecondando le sue chiacchiere di circostanza con tono burbero. -È venuta a controllare quello, no? 

-Ovviamente. -ribatte con un cenno studiato del capo, sorprendendosi della facilità in cui era riuscita ad addentrarsi nella base… per essere una missione in solitaria se la stava cavando egregiamente, proseguendo convinta con quella farsa. -Ci sono stati un paio di malfunzionamenti con i server dell’Helicarrier, ai piani alti sospettano ci sia un calo di potenza o un guasto ai quadri elettrici.

-Improbabile, qui sotto lavoriamo giorno e notte perché non ci siano questo genere di inconvenienti dato che basta un solo calo di tensione, anche lieve, e l’intero SHIELD crolla… si perdono i segnali dei satelliti, si tranciano le comunicazioni e la protezione dei dati sensibili si polverizza. -la informa l’uomo con tono apprensivo, svoltando nell’ennesimo corridoio ed arrestandosi davanti alle centraline del reattore, sostando sulla pedana rialzata che si tuffava nella camera di contenimento. -Scusi, sto blaterando… ma riesce ad immaginare il danno che subirebbe l’agenzia se anche solo uno di questi segreti finisse nel Network? Si scatenerà una guerra mondiale come minimo…

-E Nick Fury non ha mai pensato che una guerra mondiale sia la giusta soluzione per insabbiare tutto? Se questa base dovesse cadere sotto il fuoco nemico, intendo… -prosegue Yelena nella sua indagine studiando l’ambiente con sguardo vigile, spillando informazioni facendo tesoro del desiderio dell’uomo di perdersi in discorsi futili.

-Oh si, il Colonnello ha pensato a tutto… c’è un sistema di auto-distruzione regolato da queste due chiavi, tutti i dati si diffonderanno autonomamente in rete rendendo impossibile rintracciare la fonte. -prosegue ignaro di star fornendo informazioni di importanza capitale al nemico, indicandole un pannello nel lato opposto della camera di contenimento dove si intravedevano due fessure in cui inserirle, segnalandole il corridoio di grate malferme che aggirava lo spazio vuoto per raggiungere la seconda pedana rialzata. -Nel caso dovesse sfuggire qualcosa lo SHIELD vuole lasciarsi la possibilità di fingere di non saperne nulla.

-Sarebbe un vero disastro se dovessero cadere nelle mani sbagliate… -sorride affabile mentre l’uomo tira la cordicella agganciata al suo collo mettendo in mostra le chiavi, allungando una mano verso le chiavi in questione intenzionata a strappargliele di dosso.

-Un disastro che vorrei evitare con tutta me stessa, Yelena. -annuncia una voce alle sue spalle, voltandosi fulminea scontrandosi con lo sguardo glaciale di Natasha Romanoff e l’ombra minacciosa del Soldato d’Inverno.

Yelena reagisce d’istinto prima che possano tentare di fermarla, strappando le chiavi dal tecnico spingendolo contro la balaustra di ferro, il quale cade svenuto dopo aver sbattuto la tempia contro la ringhiera di metallo.

-Tu dovresti essere morta… ma ovviamente hai il tuo angelo custode, che ragazza fortunata. -la schernisce incapace di trattenersi, iniziando ad indietreggiare lentamente in direzione del pannello di spegnimento.

-Questo tuo tentativo di cambiare il mondo non porta da nessuna parte, sei solamente una nota a piè di pagina della mia lista di disgrazie. -replica a tono Natasha, avvicinandosi con misurata calma frontalmente, mentre James avanza lateralmente verso i pannelli elettrici nel tentativo di anticiparla. -La gelosia proprio non ti si addice, Yelena.

-Non è gelosia… e non devo dimostrarti nulla, sono migliore di te. -ribatte con un lieve tentennamento a colorarle la voce, continuando ad indietreggiare nella speranza di fuggire dall’accerchiamento prima che uno dei due si decida ad attaccare.

-Migliore di me? -replica con un sorriso derisorio dipinto sulle labbra. -Sei una principiante, è merito dei tuoi errori se siamo riusciti a rintracciarti.

-I miei errori? -sbotta la ragazza liberando una risata spenta. -Siamo in questa situazione per colpa del tuo tradimento, Zarina… conoscevi le conseguenze, ma hai comunque dato Mosca alle fiamme senza battere ciglio, sempre e solo perchè l’unica persona di cui ti è mai fregato qualcosa è il tuo vero amore!

Yelena non prova nemmeno a nascondere l’espressione sprezzante che le distorce i lineamenti quando li indica entrambi con un unico movimento del braccio, sorridendo soddisfatta nel studiare le reazioni dei suoi due avversari, sul come lo sguardo temporalesco di Natasha si illumini puntandolo in direzione del Soldato d’Inverno, mentre quest’ultimo si arresta sul posto con una espressione dipinta sul volto a metà tra il panico ed una richiesta di perdono… e Yelena ne approfitta del momento di stallo per saltare oltre la balaustra e darsi alla fuga, atterrando sulla grata sottostante lanciandosi a passo spedito verso il pannello di spegnimento, stringendo spasmodicamente le chiavi tra le dita.

Sorride soddisfatta quando sente le loro voci incollerite bisticciare sopra la sua testa, ma sa che è questione di secondi prima che si ritrovi uno dei due alle calcagna… e lei non ha tempo da perdere, lo SHIELD non si autodistrugge mica da solo.

 

***

 

-Amore mio

Natasha si volta lentamente verso James trasudando veleno inviperita, trasformando la dichiarazione d’amore in un preannuncio di morte imminente.

-Te l’avrei detto prima o poi. -si giustifica l’uomo con tono di voce teso, avvicinandosi con passo guardingo, ma lasciandosi lo spazio di manovra per fuggire ai fendenti. -Giuro.

-Ne dubito fortemente… perchè diavolo non me l’hai detto? -sbotta irruente puntandogli i pugni al petto spingendolo all’indietro, intuendo la risposta mancata quando il mal di testa, che fino a quel momento era riuscita a tenere a bada, sembra volerle segare in due la scatola cranica.

-Come avrei dovuto dirtelo? Sentiamo. -ribatte piccato avanzando nuovamente verso di lei.

-Boh, non lo so… sei tu quello bravo con le parole tra i due, potevi inventarti qualcosa. -replica assecondando l’arrabbiatura, rendendosi conto da sola di suonare un filo ipocrita mentre lo dice a voce alta, facendolo scattare in risposta indietreggiando di colpo.

-Si certo, come no… e tu come l’avresti presa? Eh? -sbraita di rimando guadagnando i centimetri persi, spingendola di impulso contro la balaustra afferrandola per le spalle… e qualcosa si incrina dentro la testa di Natasha, va in frantumi e l'emicrania sembra avvisarla del collasso imminente con una fitta di avvertimento.

È incazzata, al punto che vorrebbe prenderlo a sberle… ma vorrebbe anche rispondere alla provocazione con un bacio, ricordandosi che la metà delle discussioni tra di loro finivano in parità più o meno così.

-Ne discutiamo dopo. -svicola attenuando lievemente la fitta alla testa, allontanandolo con una delicatezza che negli ultimi giorni forse era mancata troppo spesso. -Io la inseguo, tu trova il modo di contattare Maria.

Si lancia giù dalla grata atterrando silenziosa come una gatta, viaggiando spedita nei cunicoli puntando al pannello di controllo, Fury l’aveva portata lì solamente una volta ma ricordava ancora tutte le scorciatoie.

Sorprende Yelena alle spalle mentre si stava ingegnando per girare entrambe le chiavi in contemporanea, e Natasha rabbrividisce perché se la ragazza ci riesce sul serio si bruceranno tutti i server e le informazioni verranno rilasciate in rete… come a Washington DC, ma diecimila volte peggio perché alla Capitale c’erano solo un centesimo dei segreti che venivano conservati lì sotto.

-Yelena fermati, non sei tenuta a farlo… sei migliore di così. -tenta di dissuaderla, tenendola diffidente sotto tiro.

-Vedi, il problema è che io voglio farlo… voglio mandare in frantumi la tua vita perfetta, voglio portare a termine l’incarico per cui sono stata scelta, ma tu sei sempre un passo avanti… sempre, quindi ho fatto un po’ di calcoli. -la informa con tono risentito, bloccandosi perché almeno non è masochista e non vuole guadagnarsi un proiettile in modo stupido.

-Yelena… vuoi sentirti dire che sei stata brava? -si trattiene dal perdere le staffe, inspirando giusto quel paio di secondi che servono a fingere l’attesa di una risposta. -Bene, lo sei, sei stata bravissima… ma ti prego, ti scongiuro, non farlo.

-Perché no? Hai paura dei tuoi scheletri nell’armadio? -se la gode a deriderla. -Oppure sono gli scheletri di Nick Fury a spaventarti?

-Ti diverti, non è vero? È questo il tuo errore, il tuo lavoro non deve diventare la tua vita… c’è di più… so cosa ti hanno insegnato, lo so che reputi i sentimenti come una debolezza, ma la mancanza di essi ti trasforma in un mostro. -afferma sentendosi vagamente in colpa, perché il pulpito da cui predica non è poi così tanto preso meglio. -Lo so, lo ero…

Yelena sembra volersi fermare davvero, esita quel paio di secondi che le fanno capire di averla presa, ma prenderla non è abbastanza nonostante le sue parole l’abbiano evidentemente scossa.

-Ci hai abbandonate, è vero… ma solo perché hai salvato il mondo un paio di volte non fa di te un eroina, sotto sotto sei ancora quel mostro che il KGB ha creato, quello opportunista e senza scrupoli, che eccelle nel massacro… e prima che tu tenti di smentirmi, ti voglio far notare che sei qui a chiedermi di fermarmi per proteggere il mondo dai segreti che la tua nuova famiglia ha contribuito ad insabbiare, quelli che tu hai fatto in modo che non venissero mai a galla. -la corregge e Natasha ignora il come ribattere… perché non può contrastare ad un'affermazione, una verità del genere -Per curiosità, ora se mi fermo cosa fai?

-Ti porto a casa, con me. -approfitta del dubbio che le colora la voce, permettendosi di sorriderle incoraggiante. -Sei mia sorella Yelena, come lo era Tania.

-No, non credo lo farai… -la sua voce si spezza di colpo, iniziando a palesare un leggerissimo tremore alle spalle… perché si sta distruggendo nel stare sul trono, rendendosi conto per la prima volta di non essere mai stata pronta a salirci. -Ci hai condannate a morte quando te ne sei andata, anche se volessi fermarmi… non posso farlo. Non posso farlo, quindi... provaci se ci riesci.

-No… io non ci provo, io ci riesco. -cambia bersaglio fulminea, puntandolo contro il sistema di allagamento di emergenza.

-Natalia no! -James la vede ed urla dalla cima della grata nonostante sappia che sia inutile, mentre sfiora il grilletto innescando l’onda anomala che investe entrambe le Vedove. 

Natasha tenta di respirare, ma l’acqua sembra solidificarsi in una lastra di cemento che le comprime i polmoni… respira il vuoto, ansima, tentando di inalare ossigeno ma non ci riesce… non riesce a fare molte cose come resistere alle correnti, sprofondando tra i flutti, lasciandosi in balia della lastra di cemento acquoso.

La forza delle onde le fa sbattere la testa contro un qualcosa di duro, freddo e contundente - non aveva visto cosa di preciso, probabilemente del metallo - troppo intontita dall’acqua che continua a tapparle e stapparle i timpani per riuscire a resistere ai flutti, al punto che arriva a pensare che sia passato troppo tempo per continuare a vivere… perché non respira –respira liquido, che di ossigeno ne ha gran poco– e perché l’acqua la sta spingendo sempre più sotto.

Vede bianco, vede nero, vede macchie colorate che si muovono confuse dietro la patina liquida dell’acqua che scivola lontano da lei, mentre una presa d’acciaio la afferra per un braccio e la trascina sulle grate… percepisce il freddo del metallo e la sensazione dei suoi vestiti incollati addosso come una seconda pelle, ma non vede nulla, sente a malapena qualcosa.

-No… no, ti prego no. Dai amore, respira

James. Riesce a sentirlo, come un eco che raggiunge le sue orecchie ad intermittenza, ma non lo vede… percepisce le sue mani che le premono il torace, la forza trattenuta a fatica per impedirsi di frantumarle le costole, sostituendo le dita alle labbra, che si spostano e si posano disperate sulle sue.

-Respira. Cazzo ‘Tasha, forza. -la voce gli si spezza, continuando a comprimerle il torace… e Natasha vorrebbe aprire gli occhi, rassicurarlo, ma non ci riesce… continua a perderlo e recuperarlo ad intermittenza, galleggiando in un limbo indefinito dal quale vuole uscire… deve uscire, perché nel tentativo di rianimarla James sta iperventilando e dal respiro sembra stia combattendo contro una crisi isterica.

-Mi dispiace, amore… mi dispiace… -deve essere rimasta sconnessa per un bel po’, perché ora James la sta abbracciando, dondolando avanti e indietro stringendola a sé con tutte le forze che gli sono rimaste… e stringe, stringe, stringe fino a quando l’acqua non trova altra soluzione se non uscire dalla sua bocca tossendo, sconquassandole la cassa toracica con colpi violenti e secchi, ma troppo deboli perché James riesca a percepirli attraverso la morsa delle sue braccia.

-James… -tenta, flebile, ma un altro colpo di tosse le stronca il fiato donando altra aria ai suoi polmoni. -James… allenta la presa… le costole, mi stai facendo male… 

La sua voce è rauca, lieve, altisonante ed instabile… ma James la sente, non ha idea del come ci riesca ma la sente, e scioglie l’abbraccio all’istante scrutandola con sguardo allucinato incontrando le foreste annebbiate contenute nei suoi occhi, mentre le mani le artigliano le spalle in una reazione che manifesta incredulità, come se fosse davanti ad un miracolo in cui ormai non sperava più.

-Oh mio Dio ‘Tasha… -la voce gli si spezza di nuovo, mentre gli occhi lucidi bruciano definitivamente le sue carte in una prova inconfutabile. -Mi dispiace per le costole… 

-Credo tu sia la prima persona a scusarsi per un paio di costole. -farfuglia debolmente crollando con il capo contro la spalla dell’uomo, mentre le sue tempie esplodono azzerandole il respiro… ed è la goccia che fa traboccare il vaso, perché quelle appena proferite sono le esatte parole che si sono scambiati in Russia la prima volta che hanno parlato sul serio.

Finirà male… questa storia intendo.

Natasha fa fatica a respirare, con le costole incrinate che le impediscono di riprendere fiato in modo indolore, mentre l’attacco di panico la coglie impreparata e contribuisce solamente a spaventarla ancora di più perché non capisce cosa le stia accadendo. Si aggrappa a James, mentre un trapano pneumatico le fora le tempie e tutto ciò che vorrebbe è riuscire ad urlare a pieni polmoni per allentare la morsa che le comprime il cervello… ma il respiro le si accartoccia sulla lingua prima che possa raggiungere la trachea, e non importa se James le ha appena afferrato le guance e la sta inchiodando con le iridi ghiacciate ordinandole di inspirare ed espirare a ritmo con lui, tutto ciò che riesce a fare Natasha è aggrapparsi ai suoi polsi terrorizzata al pensiero di perdere anche quel contatto e scivolare nuovamente tra i flutti generati dalle proprie sinapsi che sfrigolano, divampano, si incendiano e si spengono spingendola alla deriva dell'incoscienza.

Chiunque al di fuori di te è una perdita di tempo.

Urla, perché il trapano pneumatico sembra essere riuscito a perforarle le tempie ed ora è passato ad accanirsi contro le pareti del suo cranio, sentendo le proprie unghie spezzarsi contro le placche di metallo del braccio bionico dell’uomo, a differenza di quelle della mano sinistra che si conficcano nel polso di James incidendogli nella carne cinque piccole mezzelune sanguinanti.

-Era esattamente questo che volevo evitarti… -lo vede mormorare mesto fregandosene del sangue che gli cola dal polso, un'espressione di scuse dipinta sul volto mentre gli legge il labiale attraverso la vista appannata, gridando singhiozzi in risposta.

Se potessi scegliere sposerei te, non Alexei.

Natasha vorrebbe riuscire a perdere conoscenza per non percepire più dolore, ma gli spilli roventi ed acuminati che hanno sostituito il trapano le si sono infilati nel cranio e non glielo permettono, limitandola ad un grido incessante e duraturo nonostante le sue corde vocali abbiano ceduto al silenzio da un pezzo.

-È come un reset al contrario. -cerca inutilmente di tranquillizzarla James spiegandole cosa le stia accadendo, passandole i pollici sulle guance raccogliendo le lacrime sfuggite al suo controllo mentre Natasha cerca di imitare il ritmo del suo respiro, articolando con le labbra un “fa male” silenzioso. -Lo so, sbattendo la testa hai dato l'input definitivo per la ricalibrazione cognitiva… l’emicrania non può ucciderti, ma la mancanza di ossigeno sí, quindi devi continuare a respirare amore, okay

Natasha si sforza di annuire, ma le sue sinapsi sfrigolano generando le scintille che incendiando il suo cervello, liquefacendolo… chiude gli occhi d’istinto figurandosi in una situazione analoga ma inversa, recuperando un ricordo risalente a troppi anni prima quando si era ritrovata sempre ad artigliare i polsi di James, ma per impedirgli di strapparsi la protesi dalle carni quando l’ondata di ricordi gli aveva ridotto il cervello a brandelli senza l’intervento del macchinario della stasi a fargli perdere i sensi.

Ti amo, lo sai vero?

-Non ho un sedativo da darti, mi dispiace amore… -lo vede articolare il labiale in risposta al suo che implora una fine a quella tortura, mentre i contorni del suo campo visivo sfumano ed inizia a sentire le proprie forze venir meno.

Il suo cervello sembra raggiungere una soglia di sovraccarico, spegnendosi di colpo lasciandola stremata, crollando di peso contro James che la culla tra le braccia fin tanto che il suo respiro non si stabilizza. Natasha si sente la testa troppo vuota per formulare un qualsiasi pensiero, annullandosi in quell’abbraccio lasciandosi coccolare, fregandosene di ciò che la circonda relegandoli a dettagli nebulosi che non le competono nell’immediato… avvertendo lo sferragliare delle botole dopo quelle che a lei sembrano ore, percependo lo scalpiccio dei passi degli agenti operativi in avvicinamento che li circondano in attesa di istruzioni.

-Che cosa le prende? -la voce di Maria Hill le giunge ovattata, pensando per un paio di secondi di essersela immaginata.

-È reduce da una ricalibrazione cognitiva, non te la augurerei mai e poi mai Maria. -sente James replicare con tono seccato, scostandosi appena per indicare qualcosa con il mento. -Yelena è priva di sensi là in fondo, sai cosa devi fare. 

La donna non deve farselo ripetere due volte che inizia a sbraitare ordini a destra e a manca, mentre James la solleva da terra senza sforzo ed inizia a risalire la botola d’entrata tenendosela ben stretta tra le braccia… Natasha si sente febbricitante, finendo per posare istintivamente il capo contro la sua spalla, premendo la guancia incandescente contro la placca di metallo congelata. 

Non si rende nemmeno conto di addormentarsi… ma è con James, è al sicuro, non ha nulla di cui preoccuparsi al momento.





 

Note:

Le frasi in corsivo nell’ultimo paragrafo fanno riferimento a stralci di discorsi ripresi da “1956”.
   
 
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