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Autore: shilyss    17/11/2019    50 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Scintille nel buio

 

 

 

 

 

I

 

 

C’è un momento particolare in cui gli occhi registrano il lento e graduale passaggio dalla notte al giorno. L’oscurità si dirada, il cielo nero torna a essere blu, poi azzurro e, infine, i primi raggi del sole scaldano l’aria, la colorano di rosa e d’oro, la tingono di sfumature incantevoli che, per un solo istante, bloccano il respiro, fanno sobbalzare il cuore. Rannicchiata su una poltrona, con le braccia a cingerle le ginocchia, Sigyn si accomiatò con un leggero sorriso dallo spettacolo del sole che sorgeva sul fiordo di Asgard. Aveva fatto lo stesso con il colore delle rose, con le sontuose montagne che emergono dal mare, con i boschi imponenti che, d’inverno, la neve rendeva candidi e immacolati. Ogni giorno tributava il suo muto addio a qualcosa, cercando, al tempo stesso, di fare caso a ogni dettaglio, particolare, aspetto. Il modo in cui il suo gatto ammiccava e socchiudeva gli occhi mentre lei gli spazzolava il pelo morbido, la lucentezza delle pietre che adornavano la sua collana preferita, l’affresco che spesso ammirava nella sala del trono di Odino, l’acqua che scendeva dalle cascate poste a settentrione, la silhouette elegante dei drakkar ormeggiati al porto.  A lui, però, non sapeva dire addio – non riusciva, non voleva.

Scese dalla poltrona cercando di ridurre al minimo lo scricchiolio provocato dai piedi nudi sul pavimento di legno. L’insonnia era una condizione che l’aveva sempre afflitta, fin da quando viveva ancora nella casa di suo padre. Ad Asgard era riuscita a trovare qualcuno che la condividesse. Nelle notti invernali infinitamente lunghe, il solo fatto di leggere anche solo un libro nella medesima ala della biblioteca con lui, in perfetto silenzio, spesso l’aveva calmata tanto da traghettarla in un sonno ristoratore e quieto, proprio lì, in mezzo ai libri scritti fittamente, alle pergamene arrotolate che custodivano incantesimi e segreti e poemi. Si mosse nella penombra, allungando le mani per orientarsi meglio e raggiunse a tentoni la camera da letto; invece d’infilarsi sotto il groviglio delle coltri calde e confortevoli, ancora calde d’amore, le oltrepassò e raggiunse la finestra per scostare la tenda. Le serviva uno spiraglio, solo una piccola lama di luce del primo mattino, quel tanto che bastava per scorgere il suo volto senza, però, svegliarlo.

C’era solo un’immagine da cui non poteva – non riusciva – ad accomiatarsi. Tentava di farlo da giorni, settimane, mesi, ma le serviva più tempo. Più di quanto ne avesse ancora a disposizione, almeno – il mondo diveniva ogni giorno meno nitido e preciso.

Loki dormiva supino e Sigyn gli si accostò, facendo attenzione persino al proprio respiro. Aveva perso il conto delle notti trascorse guardandolo alla luce fioca di una candela. Probabilmente, si era decisa a smettere di farlo nel momento in cui aveva compreso che non gliel’avrebbe detto. E lui non sarebbe mai riuscito a perdonarla, per questo.

 

Fissò la sua figura con gli occhi spalancati, impazienti, avidi di cogliere ogni singolo particolare del suo viso affilato e bello, virile, di cui aveva imparato ad amare ogni particolare. Conosceva a memoria la linea diritta del naso, la cicatrice fine e bianca che gli tagliava il sorriso sbieco e perfido – labbra ironiche, sottili, di cui anche al buio avrebbe riconosciuto il sapore, assaggiate mille e mille volte. Bocca bugiarda che a volte sapeva d’idromele e, all’inizio, non aveva amato – il loro primo bacio sapeva di metallo. Un sussulto le scavò il cuore, basso e doloroso: quel ghigno si sarebbe smarrito, nel reticolo delle sue memorie inghiottite dal buio? Il suo destino era venire sepolto dall’inevitabile oblio che, alla fine, avrebbe dipinto di nero anche i ricordi?

Le si appannò la vista, ma con un gesto rapido della mano scacciò subito via le lacrime. Loki era bello; quando dormiva, poi, pareva persino sereno. Non era più l’uomo tormentato, catturato dalla brama di potere e sempre dedito agli intrighi che aveva accanto durante il giorno, ma un ragazzo addormentato, il principe affascinante che le aveva fatto una corte serrata disobbedendo a un genitore esigente e accorto. Lo aveva notato fin da quando era sceso dal drakkar assieme a Odino e a suo fratello.

S’impresse nella mente l’arco leggermente aggrottato delle sopracciglia scure, lo zigomo affilato, la mascella diritta, per poi scendere giù, verso il collo, le spalle ben sviluppate di guerriero, il petto nudo ampio e largo che s’abbassava al ritmo lento del suo respiro regolare. Sulla pelle alabastrina dell’Ase spiccavano i segni chiari delle cicatrici rimediate nelle passate battaglie. Anche quelle conosceva a memoria, perché le aveva consolate con le labbra, una per una. La prima volta che le aveva sfiorate non sapeva ancora di amarlo.

Non riusciva a smettere di guardarlo e di bere ogni suo particolare, così come non era più capace di stenderglisi di fianco, stringerlo in un abbraccio e, semplicemente, dormire. In fondo, anche lasciarsi avvolgere e cullare nel dolce nodo dei sogni era come vivere nel buio che l’avrebbe inghiottita per sempre e Sigyn non voleva questo.

Loki avrebbe considerato il suo silenzio come un tradimento, perché dagli altri pretendeva una fedeltà incondizionata e assoluta, lui che non credeva in niente. Si sarebbe messo a sostenere che omettere è mentire e lo avrebbe fatto quando lei non avrebbe più potuto vederlo né scorgere se il dolore gli velasse lo sguardo. Poi avrebbe parlato del loro passato e di ciò che aveva fatto e detto.

 

All’inizio era stato un lampo di luce percepito con la coda dell’occhio, nient’altro. Non ci aveva nemmeno fatto caso. Si era passata una mano sul viso, come per scacciare via la scintilla che rappresentava il primo sintomo evidente di un male senza rimedio. Poi, l’intensità e la frequenza di quei bagliori improvvisi era aumentata e, con essi, gli altri disturbi; il mondo attorno a lei aveva iniziato inevitabilmente a perdere la sua nitidezza, a farsi incerto e sfocato, piatto – qual era la reale distanza delle cose?

La sentenza era calata come una mannaia sulla sua testa il giorno in cui si era resa conto di non riuscire più a distinguere le rune che componevano le frasi. Non avrebbe più potuto leggere: la malattia – la maledizione – era diventata qualcosa di reale e tangibile, drammaticamente vero. E se non esisteva alcun rimedio in tutti i Nove Regni, perché dirglielo? Loki avrebbe tentato di rintracciare una cura che non c’era semplicemente perché era incapace di accettare che il fato, a volte, è ingiusto. Doveva sempre intervenire, combattere, lottare, truffare il destino, specie se c’era il seiðr di mezzo. Solo che ci sono volte in cui non esistono scappatoie o alternative e bisogna accettare ciò che le Norne, impietose, hanno filato per noi. Presto, le tenebre l’avrebbero avvolta per sempre, privandola di ogni luce. E, allora, tanto valeva abituarsi, iniziare a prendere confidenza con il nero eterno e con l’oscurità e dire addio a tutto il resto – anche all’amore.

Loki si mosse appena ed emise un sospiro. Il suo sonno leggerissimo era l’ennesimo lascito delle notti passate con l’orecchio teso a captare rumori durante le lunghe campagne militari volute dal giusto Odino, delle ambascerie rischiose intraprese fin da quand’era ragazzo. Non si era mai tirato indietro di fronte a niente, nemmeno al cospetto degli ordini più biechi. Sollevò le palpebre quel tanto che bastava per metterla a fuoco e le accarezzò un fianco fasciato dal raso, indugiando appena sulla curva disegnata dal suo corpo, per poi fermarsi e aggrottare la fronte. Stava fissando una donna che si era reso conto di aver perso. Colpa del suo intuito di lupo, affinato in anni di trappole evitate e tese.

“Sei già sveglia. Perché?” Una domanda inquisitoria, sottile, detta tirandosi su col busto e puntellandosi su un gomito. La luce fredda dell’alba accarezzava i suoi muscoli guizzanti e nervosi, perfetti.

“Avevo sete,” mentì lei.

Gli occhi del dio degli inganni erano d’una sfumatura di verde incantevole, bellissima, che a Sigyn faceva pensare immediatamente alla trasparenza dell’acqua. Luccicavano maliziosi, ma spesso si velavano d’ombre scure – dolori senza nome, cupi come la sua anima nera, ire brucianti e corrosive più della bava acida di certi serpenti immensi che vivevano nelle profondità della terra.

Lui non le credette e si alzò con un gesto fluido dal letto. Si vestì rapido e prese la coppia di pugnali che portava sempre con sé, lasciandola nella stanza che li aveva visti amarsi innumerevoli volte con addosso la consapevolezza che un destino ineluttabile pesasse su di loro.

Avrebbe potuto tornare indietro e interrogarla come sapeva fare, estorcendole la verità grazie alla sua abilità retorica e a un paio d’inganni ben piazzati, ma aveva scelto di approntare un’altra strategia, decisamente più crudele, che si adattava meglio al suo spirito fiero e arrogante. S’allontanò cautamente, ma prima d’infilare la porta e uscire si voltò appena per regalarle un’occhiata lunga, attenta, indagatrice.

Sigyn fu tentata di dirgli la verità. Strinse tra le dita le coperte ancora intrise di loro, schiuse le labbra per confessargli quel segreto di cui era a conoscenza solo il guaritore del palazzo e Odino, ripensò alle frasi graffianti e vere del dio delle forche.

E se Loki, di fronte alla sua malattia, l’avesse davvero fissata con occhi freddi, gelidi, privi di comprensione, carichi di pietà? Se non l’avesse più guardata come una donna, ma come una sventurata inferma? Peggio che sopportare la cecità imminente, c’era solo avvertire il freddo distacco di un uomo che non la voleva più accanto a sé perché guastata, ascoltare la falsa cortesia con cui l’avrebbe allontanata da sé, compatendola. Si sarebbe messo ad argomentare la sua tesi con la stessa abilità retorica con cui, una sera ormai lontanissima nel tempo, si era chinato verso suo padre convincendolo – obbligandolo – ad accettare una proposta indegna che l’aveva fatta tendere sulla sedia. Alla luce fioca delle torce, un ghigno perfido e spavaldo gli aveva increspato le labbra sottili. Era spaventosamente sicuro di sé e della forza del suo esercito. Di fronte a lui, il re di Asgard, Odino, si era lisciato la barba, soddisfatto del patto appena stretto.

“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera nonostante le gravasse sul cuore, sullo stomaco, sulla gola, tanto da impedirle persino di deglutire. Era andata via dalla casa di suo padre con indosso gli abiti e i gioielli della festa: un vestito di velluto scarlatto le fasciava il corpo snello, un diadema inutilmente sontuoso le brillava sulla fronte. La ragazza avrebbe voluto strapparselo di dosso e mettersi a gridare e a maledire tutti, i Vanir perdenti e gli Æsir vittoriosi; invece, era rimasta dov’era, seduta con grazia sul drakkar salpato dal molo con la prima marea utile, il mantello avvolto strettamente attorno alle spalle, le labbra serrate.

Loki aveva ghignato con quel suo sorriso sbieco che lei non amava ancora. “Avrebbe importanza?”

Le si era avvicinato, porgendole un corno d’idromele che lei aveva rifiutato allontanando il viso. “Mia signora, hai preferenze, forse?”

 

Lo lasciò andare via con mille frasi e altrettanti discorsi fermi nella gola. I passi di Loki si fecero sempre più lontani e distanti. Di contro, i pensieri di Sigyn divennero più lucidi e netti, come la vista che le sfuggiva. L’alba aveva lasciato posto a un mattino grigio e freddo, carico di nubi, simile a quello che aveva illuminato Asgard il giorno in cui vi aveva messo piede per la prima volta. Non sarebbe più dovuta entrare in quelle stanze, anche se lui l’avrebbe detestata, per questo. Sarebbe stato crudele, sfoggiando tutto il suo disappunto alimentando vecchie gelosie – quella, mai sopita, verso Sif, per esempio – e dilettandosi in nuove. Poi, un giorno, l’Ase avrebbe scoperto il vero motivo della loro rottura, finendo così per regalarle una fredda indifferenza che l’avrebbe ferita più di tutto il resto. Lo conosceva, lo sapeva – amare qualcuno voleva dire apprezzarne le imperfezioni, i difetti, le storture e conoscerne i moti dell’animo. Il cielo coperto e grigio accolse quella sua ultima decisione; raccolse i propri indumenti sparsi a terra la notte prima con un sorriso mesto. Odino avrebbe tratto un sospiro di sollievo.

 

 

Loki lasciò scorrere le belle dita di mago sulle lame lucide dei suoi pugnali, palesando così il suo manifesto disinteresse per la missiva arrotolata davanti a lui. Aveva ancora i muscoli tesi e contratti per il rapido e violento allenamento avuto con Thor. Suo fratello lo aveva intercettato lungo le scale che conducevano all’armeria proponendogli uno scontro e lui, ovviamente, non si era tirato indietro, sfogando sull’altro tutta la tensione accumulata negli ultimi giorni. I fendenti precisi si era mescolati alle punzecchiature fatte al solo scopo di deconcentrarsi l’un l’altro, ma l’apparizione improvvisa di un messo proveniente da Vanheim, alla fine, aveva distolto lui dal combattimento. Si era ritrovato con la schiena a terra, un forte dolore allo sterno e Mjollnir a sfiorargli il mento.

Thor era scoppiato in una risata fragorosa e soddisfatta e gli aveva teso la mano. Per un momento, uno solo, il gioco si era tramutato in qualcos’altro e l’ingannatore si era rifiutato di accettare l’aiuto offertogli. Era solo un allenamento, eppure il suo spirito s’era infettato di un risentimento sordo e senza nome – no, bugia, non glielo voleva dare perché era ingiusto e meschino, profondamente indegno. Uno che si faceva vivo sempre più spesso e che Loki doveva inghiottire come si fa con una medicina amara, perché tenere tutto sotto controllo era l’unica cosa da fare per non farsi mangiare vivi dal caos.

“Perché non la apri?” inquisì Balder alzando un sopracciglio.

Loki non smise di passare i polpastrelli sulla lama piatta di una delle sue armi favorite. “So già cosa c’è scritto in quella lettera, fratello. Vuole che gliela restituisca perché non siamo stati ai patti,” spiegò con lentezza. Un sorriso freddo e beffardo gli increspò le labbra. Sigyn non era più sua, quella mattina ne aveva avuto la certezza, eppure non intendeva affatto cederla.

 

Cos’era successo, tra loro? Fino a qualche settimana prima, se si fosse svegliato accanto a lei l’avrebbe attirata a sé affondando il naso alla base del collo, per farla tremare e sciogliere insieme, per accendere una brama che la notte acuiva; le sue mani si sarebbero posate sul suo corpo snello e caldo e reattivo facendolo tendere dal desiderio. Un tempo, l’avrebbe agguantata per intrappolarla sotto di sé o si sarebbe beato della sua bellezza invitandola a stare sopra di lui. Ora non più – Sigyn gli sfuggiva, faceva di tutto per evitarlo. La notte prima la passione di un tempo era tornata: l’aveva cercata – si erano cercati – corrosi dalla gelosia reciproca, dalla lontananza, dalla serie di sguardi che, come scintille nel buio, si erano lanciati in mezzo a un banchetto gremito di gente di cui a loro non importava nulla. Avevano sentito l’esigenza di slacciare l’uno gli abiti dell’altra, frenetici e ansiosi, per aversi in fretta, in nome di qualcosa che non era né dolce né tenero, ma che seguiva impulsi impazienti e bassi tali da far fremere le vene dei polsi, le gambe, la pelle tutta.

Lei l’aveva accolto sforzandosi di soffocare ogni ansito – tentativo inutile, la tradiva il suo corpo inarcato, proteso, disponibile, come sempre, fin dalla prima, lontana volta, in cui le dita di Loki le avevano sfiorato le labbra, regalandole un tremito nuovo e sconosciuto che aveva raggiunto ogni terminazione nervosa, arrivando persino all’anima e sconvolgendola con pensieri inopportuni – una parte di lei aveva sperato che non si fermasse e fosse tanto spavaldo da assaggiare la sua bocca. Invece, Loki non l’aveva baciata, quella volta; si era limitato a quel contatto lieve e bruciante a un tempo, accompagnato dal ghigno consapevole di chi sa di stare portando il caos, compiacendosi per il brivido improvviso che lei non era riuscita a camuffare. C’era stato uno sguardo, però. Lungo, intenso, sfacciato. Di sfida.

“Sarebbe un peccato, se Padre Tutto decidesse di donarti a qualche valoroso Ase tanto presto.”

 

 

 

L’angolo di Shilyss

Cari Lettori,

E che è ‘sta storia? Una mia cara amica, qualche tempo fa, mi ha dato un prompt. Sigyn doveva essere affetta da una malattia agli occhi e perdere gradualmente la vista. La notte, sarebbe dovuta rimanere a fissare Loki addormentato, per imprimere nella sua mente la sua immagine. Ho adorato questa immagine propostami e ho cominciato a pensare a una storia – ho iniziato a scriverla – con l’idea che dovesse essere una shot. Tuttavia, con questi presupposti, la storia non decollava. Scrivevo e mancava qualcosa. Oggi, l’illuminazione. Mancava che non poteva essere una shot. Ora, nonostante abbia già più o meno in mente dove voglia andare a parare, ve la faccio leggere sperando che vi piaccia tanto da lasciarmi un commentino o inserirla in una lista, tutte cose che sono l’ossigeno nostro, per noi povere Autrici. Come avrete letto, la condizione di partenza è un po’ differente dal solito e dovrebbe trattarsi di un pre: Thor, con tutti i drammi del caso. Loki e Sigyn qui non sono sposati e lei sta perdendo un senso a causa di una malattia/maledizione… per il resto, leggetela, il primo capitolo dovrebbe aver messo un sacco di carne al fuoco, ma poi che ne so!

Piccola comunicazione di servizio: ovviamente Solo un accordo e Tesori torneranno le prossime settimane. La seconda è quasi agli sgoccioli e, una volta terminata, riprenderò anche con le altre mie long, che non ho dimenticato.

Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.  

Vi ricordo anche la mia ULTIMA SHOT postata su The Avengers ♥ Un'altra volta ancora: leggetela, se vi va ♥ ^^

Ricordo che Vanheim con questo ordinamento sociale, politico e culturale è una mia idea: vi pregherei di non utilizzarla ♥. Anche il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,

Vostra,

Shilyss

   
 
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