Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: shilyss    01/12/2019    39 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2

 

“Non siamo? Non sei,” lo corresse con una punta di fastidio Balder il Buono. Il terzo figlio di Odino non desiderava rimanere invischiato nelle trame contorte dell’ingannatore. Loki, beffardo e insolente come suo solito, sedeva mollemente su una poltrona, con i talloni sfacciatamente poggiati sul legno della scrivania. Non aveva ancora riposto nel fodero i pugnali con cui giocherellava – lame lucide, letali, abituate a colpire i punti vitali degli avversari. Il gesto, in realtà, tradiva una sorta di fastidio. Non era la prima volta che la famiglia di Sigyn gli scriveva, ma lui era rimasto sordo a ogni loro richiesta e, per fortuna, anche Padre Tutto.

E Balder non si capacitava di questo. Avrebbe voluto afferrare il fratello per il colletto e scuoterlo, imponendogli – implorandolo – di fare l’unica cosa giusta, consapevole, tuttavia, che non sarebbe mai riuscito a scalfire lo spirito volitivo dell’altro, incapace di vedere la crepa nascosta dietro il ghigno irriverente che Loki sfoggiava.

L’ingannatore assottigliò gli occhi. “Sei forse superstizioso, adesso?”

“No. Lungimirante e responsabile, piuttosto. E non cieco come Thor,” puntualizzò.

Loki, divertito dalla frecciata, inclinò leggermente il capo di lato. “O come nostro padre.”

Balder contrasse ogni singolo muscolo di fronte a quell’illazione. “Non l’ho detto.”

Un guizzo ferino scintillò negli occhi verdi dell’ingannatore. Voleva cacciare, e la sua preda, davanti a lui, aveva appena infilato il piede dentro una trappola. “L’hai pensato,” l’incalzò sporgendosi appena e facendo sparire i lunghi coltelli. Sfidare Lingua d’Argento sul piano retorico significava incorrere in una sconfitta, sempre.

“È un processo alle intenzioni? È uno dei tuoi soliti trucchi? Divertiti con qualcun altro, fratello.” Balder indietreggiò, sebbene fosse perfettamente consapevole che aumentare la distanza fisica tra lui e il mago non l’avrebbe messo al riparo dalle sue parole sferzanti e, purtroppo, dolorosamente vere. Odino era un sovrano lungimirante, severo, capace, ma assegnava puntualmente le imprese più ardite a Loki e a Thor, escludendolo. I suoi fratelli maggiori erano decisamente troppo orgogliosi e alla perenne ricerca della gloria personale uno, di un’occasione per menare le mani l’altro. Eppure, nonostante i palesi difetti, tutto lasciava presupporre che la corsa all’Hliðskjálf fosse una sfida che riguardava solamente loro. Ne sarebbero stati davvero degni? Una volta, Balder si era fatto coraggio e aveva domandato all’austero genitore per quale ragione non lo mettesse alla prova, spedendolo in una delle missioni da cui i fratelli tornavano spesso leggermente ammaccati, certo, ma senza dubbio vittoriosi e allegri: non poteva immaginare, ingenuo com’era, che l’ilarità ostentata dai due era dovuta, fin troppo spesso, all’idromele bevuto per dimenticare ferite e compromessi, dolori e mostruosità.

La risposta di Odino era stata precisa e netta, inappellabile. Loki e Thor erano cresciuti insieme. I lunghi anni trascorsi ad addestrarsi, a combattere e a giocare assieme li avevano resi una squadra collaudatissima e affidabile. Litigavano continuamente a causa dei loro caratteri fieri, certo, ma di fronte al pericolo sapevano guardarsi le spalle a vicenda e fare fronte comune. Con loro Odino era stato più severo ed esigente, preso com’era dall’idea che dovesse forgiare due futuri re. Li aveva spinti a divenire adulti più in fretta, caricandoli di responsabilità forse anche prima del tempo – ma erano figli della guerra, loro, nati nel momento in cui il conflitto contro re Laufey era all’apice della sua violenza. Inserire un terzo elemento avrebbe rischiato di creare attriti e dissonanze. Balder li avrebbe rallentati e, come se non bastasse, era davvero troppo giovane: rimanere nella Válaskjálf, la sala del trono di Asgard, rappresentava un onore, un privilegio, un compito essenziale di cui essere orgogliosi. I suoi impazienti e iracondi fratelli, sempre pronti a contraddire e a sfidare la pazienza di Odino, non si erano opposti a tale decisione.

 

“Quanto rancore, ragazzino,” sibilò Loki tenendolo d’occhio con fare sornione. Si alzò in piedi con un gesto fluido e prese con sé la pergamena arrotolata. Non gli interessava quella conversazione: dal suo altero punto di vista, le pretese di Balder erano quelle di un bambino furioso che voleva giocare a fare l’adulto. Dimenticava, o non gli interessava ricordare, che alla sua età lui e Thor erano già considerati eroi degni di essere cantati dai bardi. Stirò le labbra in un sorriso sghembo, amaro. Molte delle sue imprese, le più temerarie e spaventose, quelle che gli avevano ghiacciato l’anima e il sangue e portato via il cuore, non sarebbero mai state rievocate a un banchetto. Le avrebbe ricoperte l’oblio, perché la grandezza di Asgard aveva un costo altissimo. Odino gliel’aveva spiegato stringendogli la spalla e sussurrandogli complimenti scarni che non avrebbe mai pronunciato ad alta voce. Thor andava a uccidere a est i Troll e i Giganti e, al suo ritorno, tutti lo acclamavano per il coraggio e l’audacia dimostrati. A Loki sarebbe rimasto il resto – il regno oscuro e dai contorni indefiniti della politica, del non detto, del seiðr mormorato a fior di labbra. Un ruolo che a volte gli andava stretto e tirava e stringeva, che sempre più spesso lo lasciava insoddisfatto – la gloria non splende su chi lavora nell’ombra e agisce d’astuzia. Tutto questo il giusto Balder, l’abile spadaccino, il figlio nato in un periodo di pace dall’animo tranquillo e solare, che obbediva sempre ai suoi genitori e rispettava ogni legge, non poteva capirlo. La sua unica ribellione era stata chiedere di andare a farsi ammazzare prima del tempo, ponendosi sullo stesso piano degli altri fratelli più scaltri ed esperti. Per lui, il mondo non aveva le mille sfumature che il dio dell’inganno aveva visto con i suoi occhi: si divideva in giusto e sbagliato, noi e loro. Una visione miope che faceva arricciare le labbra di Loki e lo aveva convinto una volta di più a non mettersi in mezzo, evitando così di perorare la causa del ragazzo. E Thor, tronfio com’era, aveva finito per fare un ragionamento non troppo dissimile.

La voce di Balder gracchiò fin oltre la porta già oltrepassata.

“Perché non fai mai la scelta giusta, Loki? Liberala, lasciala vivere in pace.”

L’ingannatore si fermò, ma scelse di non voltarsi. “Altrimenti?” sorrise.

 

 

Loki aveva l’età di Balder quando si era preso Sigyn.

Era una notte d’estate e lei indossava un abito rosso. Di quella sera ricordava fin troppi dettagli. Il sapore del vino che gli scivolava in gola, per esempio: dolce, inebriante, fresco, versato in coppe d’oro intarsiate con pietre preziose e perle. Thor gli disse che preferiva bere nei corni, li trovava più comodi. Lui rispose che quella bevanda stordente andava portata con loro ad Asgard a ogni costo. Risero complici e lei, seduta accanto a sua madre, li sentì e rivolse a entrambi un’occhiata di fuoco, carica di curiosità, rancore, e dispetto insieme. Loki l’aveva osservata a lungo, durante il banchetto: si guardava attorno nervosa e spesso giocherellava col cibo, rispondendo a monosillabi ed evitando di guardare chicchessia, ma quando, come in quel momento, alzava lo sguardo dal piatto, i suoi occhi scintillavano, rivelando un animo appassionato e vibrante. E, soprattutto, al contrario delle sue sorelle non si credeva al sicuro. L’ingannatore le regalò il suo miglior ghigno sbieco alzando il calice nella sua direzione – brindando a lei e alla recente vittoria degli Æsir. Sigyn strinse le labbra e raddrizzò le spalle appena lambite dalla stoffa cremisi: lo detestava e la sua sola presenza le incuteva un terrore sordo. E di questo, Loki era più che soddisfatto.

 

Il piano da proporre a Padre Tutto cominciò a delinearsi nella sua mente in quel preciso istante. Dapprima fu un abbozzo che gli gironzolava nella testa, ma poi prese forma, sostanza, peso, divenendo reale, fattibile. Intrigante, persino. Ne ripercorse i passaggi più e più volte, immaginando le obiezioni che gli sarebbero state mosse e prevedendo le risposte, e più si cimentava nel dialettico intrico, più si esaltava. Si leccò le labbra ritrovandovi il gusto del vino speziato, chiedendosi distrattamente come sarebbe stato baciarla, valutando una dopo l’altra le numerose alternative che gli si ponevano davanti. I genitori di Sigyn non avevano accolto Odino e la sua corte col sorriso sulle labbra, affatto. Si erano limitati a tenere lo sguardo basso, consapevoli di aver mancato a uno degli accordi stipulati con Asgard, spaventati all’idea di quello che Padre Tutto avrebbe chiesto o fatto loro. Gli Æsir si ergevano a protettori dei Nove Regni, contrastando qualsiasi avversario o invasione, sacrificando le loro vite e versando il proprio sangue per garantire una pace e una prosperità universali. In cambio, com’era naturale e giusto che fosse, pretendevano annualmente tributi sottoforma di raccolti, omaggi e soldati da spedire al fronte, all’occorrenza. Nulla di tutto ciò era stato inviato da Sigurdr, nel corso degli ultimi due anni. Anzi, durante l’ultima campagna militare l’assenza di una parte degli alleati aveva messo in seria difficoltà l’esercito di Odino. Ecco perché Padre Tutto era lì. Per ristabilire l’ordine, per ricordare agli amici e ai nemici che i patti andavano rispettati sempre, fino in fondo, a qualunque disperato costo. Alcuni l’avrebbero chiamata vendetta.

Thor non sollevò il capo mentre Loki si sporgeva verso Odino per metterlo a parte della brillante idea che aveva avuto. Era abituato ai suoi guizzi crudeli e geniali, del resto. Spesso non condivideva i modi del fratello, vero, ma questi ultimi erano sempre finalizzati a ingigantire la potenza di Asgard e il prestigio della loro famiglia: a volte il dio del tuono aveva la sensazione che l’altro ballasse troppo vicino al baratro che separava il bene dal male, che i suoi bei discorsi pendessero sempre più verso un pragmatismo fin troppo spietato, ma finiva per mettere puntualmente a tacere quel pensiero insistente. Finché Padre Tutto appoggiava i suoi modi andava tutto alla perfezione – un giorno lontano, Thor avrebbe scoperto sulla propria pelle che l’animo feroce di Loki poteva arricchire o distruggere gli Æsir, ma non era quello il momento né il giorno.

Il banchetto si stava concludendo. Odino, come avveniva sempre più spesso, ascoltò con grande attenzione le parole sagaci mormorate dal figlio. Tra le mani stringeva un calice mezzo colmo. Lo vuotò con un paio di sorsi generosi senza palesare alcuna emozione, ma il dio dell’inganno colse con soddisfazione il brillio fugace che attraversò l’unico occhio del genitore.

“Quale delle quattro?” s’interessò il sovrano.

Loki lasciò scorrere lo sguardo su Sigyn, rigidamente seduta a poca distanza da loro. Si compiacque della tensione che individuava nella schiena rigida, ammirò sfacciatamente la scollatura generosa che evidenziava il seno piccolo e ben fatto, il viso dai lineamenti piacevolmente delicati, le folte trecce d’oro che le arrivavano fin sotto ai seni. Lei dovette sentire gli occhi dell’Ase su di sé, perché sollevò le ciglia scure e, rossa in volto, lo fissò a sua volta. Li legava una tensione sospetta, bassa, viscerale, di cui nessuno dei due era pienamente consapevole, nemmeno il principe. Un legame vibrante e sconosciuto che li avrebbe distrutti, un giorno, rendendo vera una storia antica. Quella sera l’aveva scelta perché lo detestava e per lo sguardo infuocato che gli aveva rivolto, bruciante come quello che le stava regalando lui in quel momento. Deglutì. “La più giovane,” mormorò facendo attenzione che nessuno gli leggesse le labbra. “Sigyn.”

Odino si volse appena verso di lui. “Perché?”

 “Non dispone di una dote congrua per tutte. Non la farà mai sposare. La vuole sacrificare agli antenati,” ragionò rapidamente. Fece una pausa, perché ciò che gli era parso di cogliere era poco più di un sospetto suggeritogli dal suo intuito – dal seiðr. “Ha la scintilla,” sibilò, “o è l’unica che potrebbe averla.”

 Il sovrano fece scorrere il pollice su uno degli intarsi della coppa, sovrappensiero. Avvertiva anche lui la presenza di qualcosa, nella ragazza. Riconobbe la validità del piano proposto, rifletté su quanto Loki, a forza di imitarlo, studiarlo e stargli accanto, avesse finito per assomigliargli tanto da parlare e pensare come lui. Valutò rischi su cui forse il suo giovane e arrogante figlio non aveva riflettuto abbastanza o che, forse, non reputava così pericolosi come in realtà erano – la ragazza era carina, dopotutto – e annuì solenne.

“È un buon piano, Loki. Se anche non l’avesse, noi ci garantiremo l’assoluta fedeltà del suo clan.”

 

Il giovane dio dell’inganno non perse tempo. Si fece riempire nuovamente la coppa con il buon vino speziato dei Vanir e si avvicinò con un sorriso sornione a Sigurdr, incurante del ritmo sempre più lento e ipnotico dei canti, degli sguardi curiosi che lo seguivano con manifesto interesse Parlare di affari e strategie a quell’ora della notte sarebbe stato un vantaggio solo per lui, ancora lucido nonostante l’alcool. Il suo ospite, preso totalmente alla sprovvista, stanco per la lunga giornata e desideroso di compiacere gli Æsir, sarebbe capitolato dopo qualche obiezione, cui lui avrebbe risposto in maniera sferzante e arguta. Inappellabile. Loki, grazie alle sue trame argute e alla sua capacità dialettica, avrebbe trionfato pubblicamente.

Sigurdr aggrottò la fronte, sorpreso dall’elegante familiarità con cui l’Ase gli si sedette accanto, intimorito dal suo mezzo sorriso appena accennato, sbieco e sornione.

“Esulta, nostro buon amico: Padre Tutto ha deciso che ti perdonerà per la tua codardia,” esordì Loki poggiandogli una mano sulla spalla.

L’uomo impallidì e scosse la testa: fino ad allora nessuno aveva fatto menzione del mancato invio dei soldati, ma in cuor suo sapeva che, presto, l’argomento sarebbe emerso. Il fatto che a tirarlo fuori senza alcun preambolo fosse proprio lo scaltro Loki, però, aveva in sé qualcosa di oscuro e inquietante a un tempo – merito anche della scintilla folle che gli brillava negli occhi, decise.

“Non è stata codardia, principe,” si difese Sigurdr. “C’è stata una carestia. Sono anni difficili – voi lo sapete. Non ho più figli maschi che mi aiutino,” spiegò. Era teso e a disagio, eppure si sforzava di mantenere il controllo della situazione e comportarsi come il capo che era.

“Siamo a conoscenza di tutto, sì.” Loki giocherellò con la coppa. “Ma non hai inviato neanche un uomo. Avresti potuto dimostrare la tua lealtà in modo simbolico. Noi ne abbiamo persi molti, di soldati.”

Tutti sapevano che il dio dell’inganno aveva rischiato di morire, nell’ultima battaglia. Si raccontava che era stato suo fratello Thor, a salvargli la vita. Se lo era issato in spalla sebbene tutti gli avessero detto che aveva perso troppo sangue ed era inutile soccorrerlo. Sigurdr si era ben guardato dall’indagare quanta verità ci fosse in quella storia. Loki era lì, davanti a lui, pericoloso e beffardo più di quanto si diceva fosse, a pochi passi dal possente fratello e dal furbo genitore.

“Cosa posso fare per Asgard e per Padre Tutto?”

“E per i Nove Regni,” lo corresse Lingua d’Argento. “Abbiamo scelto qualcosa di tuo, che ti appartiene, ma sono certo che cederai senza troppe storie,” spiegò lentamente, leccandosi le labbra che sapevano di vino. Pareva una fiera pronta a scattare di fronte alla sua preda. “Lei,” disse, rivolgendole un ghigno lupesco. “Sigyn.”

Così fu dato il via a una serie di eventi che avrebbero scosso la casa di Asgard e Lingua d’Argento più di quanto non avesse fatto il terribile colpo che gli aveva squarciato il fianco durante l’ultimo scontro. Si era ritrovato steso sul tavolaccio dei guaritori a farsi ricucire un fianco squarciato, imprecando tra i dolori, tremando per gli effetti devastanti di un fendente infettato con una magia scura e corrosiva. Era sopravvissuto a stento e la cicatrice gli tirava ancora.

Sì, Loki aveva l’età di Balder quando si prese Sigyn scoprendo che non avrebbe mai potuto averla davvero.

 

 

L’angolo di Shilyss

Cari Lettori,

Qualche precisazione: il fatto che il padre di Sigyn sia Sigurdr è un mio headcanon. Non sono riuscita a capire di chi sia figlia ‘sta benedetta ragazza e non voglio utilizzare nomi che non compaiono nell’Edda o che non siano ufficiali, quindi se tanto devo inventare, almeno invento di mio. Che Loki abbia una cicatrice deturpante al fianco è un mio headcanon presente anche in “Ossessioni, whisky e oro/Tesori.” Per il personaggio di Balder, consideratelo un po’ come un OC con qualche commistione tra il fumetto e il mito.

Come avrete capito, essendo una pre-Thor alcune interazioni tra i personaggi sono DIFFERENTI: esempio? Loki che, per ora, va d’accordo con Odino. Ciò significa che ci saranno alcuni momenti iconici, più avanti e che questa è anche un po’ una mezza sfida per me, che li racconto sempre almeno da Avengers in poi. Qui abbiamo avuto un lungo flashback e qualche piccolo, piccolissimo indizio sul perché Sigyn stia diventando cieca.

 

Colgo l’occasione per ringraziarvi dell’affetto, del sostegno e della presenza. Il sostegno, per chi scrive, è importante mettere su carta una storia è condividere un pezzo di cuore, di anima, di noi. E quando, come in questo caso, si abbandona la “comfort zone”, la questione si fa ancora più spinosa!

Per chi lo volesse, ci sono le liste in alto a destra, oppure lasciate una recensione ♥!

Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.  

Vi ricordo anche la mia ULTIMA SHOT postata su The Avengers ♥ Un'altra volta ancora: leggetela, se vi va ♥ ^^

Ricordo che Vanheim con questo ordinamento sociale, politico e culturale è una mia idea: vi pregherei di non utilizzarla ♥. Anche il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,

Vostra,

Shilyss

   
 
Leggi le 39 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: shilyss