II
I'd Like it if you Stayed
We're
never done with killing time
Can
I kill it with you?
La
situazione in cui Stormy l'aveva cacciata non le piaceva per niente:
fare ciò che avrebbe dovuto fare aveva un prezzo troppo
alto, che
non era sicura di voler pagare.
Eppure
aveva già composto il numero, era tardi per tirarsi
indietro: anche
qualora avesse chiuso la chiamata, sua sorella maggiore avrebbe
trovato la notifica e l'avrebbe ricontattata per sapere cosa avesse
voluto da lei. Non la chiamava da un anno ormai, una reazione simile
sarebbe stata più che plausibile.
Non
credeva sarebbe stata in grado di litigare in quella maniera e
finalmente togliersi dalle spalle il peso che Icy le aveva addossato:
l'obiettivo che la ossessionava, del resto, non sarebbe mai stato
realizzabile. Era solamente lo stupido sogno di una folle, e mai una
volta si era pentita di aver preso le distanze, portando con
sé la
sorella minore: nemmeno in tale frangente.
Ripassando,
nel giro dei pochi secondi che aveva, l'accesa discussione che le
aveva divise, Darcy si lasciò prendere dalla voglia di
mettere giù
il cellulare e non rispondere più ad una qualsiasi chiamata
della
sorella; ed allontanò la mano dal telefono proprio quando
l'altra
rispose.
“Ascolta,
immagino quanto tu abbia dovuto sotterrare l'orgoglio per chiamarmi.
Facciamola breve e dimmi di cos'hai bisogno.” il fatto che
Icy
avesse saltato i convenevoli non la stupiva per niente.
Pensò che
non fosse cambiata affatto e che stesse solo perdendo tempo:
tuttavia, per non dimostrare paura nel confrontarla, la mezzana non
si permise di esitare più che mezzo secondo, inasprendo
leggermente
il tono.
“Cosa
ti fa credere che abbia bisogno di qualcosa? Potrei averti chiamato
per un altro motivo.”
“Non
credo tu mi stia chiamando per invitarmi al tuo – ed il
disgusto
nel tono fu palpabile – matrimonio.
Quindi devi
aver bisogno del
mio aiuto.”
La
risposta giunse immediata, nel solito tono sbrigativo che
caratterizzava la strega dei ghiacci: non amava perdere tempo con
chiacchiere inutili ed andava dritta al punto. Darcy cominciava a
pensare che volesse solo prenderla per il culo con quella sua aria di
superiorità, quindi non
trattenne la punta di scetticismo che
rese la sua voce più dura.
“Quindi
vuoi dirmi che mi aiuteresti.”
“Ma certamente. Sei mia sorella
dopotutto.” la frase la disorientò per qualche
attimo, ma non lo
lasciò intendere: la voce dell'albina era rimasta piatta ed
impassibile, eppure sembrava appena più calda del solito.
Che le importasse, anche solo
minimamente?
La strega delle illusioni sentiva
che, anche se all'altra fosse interessata la loro
incolumità, ciò
non avrebbe fatto alcuna differenza.
“Stormy ha fatto un casino
bello grosso, qualcosa di abbastanza grave che ora non sto qui a
raccontarti, sarebbe fin troppo lungo. Per ripagare i danni ed
evitare le conseguenze ho dovuto dare tutti i soldi che avevamo,
quindi siamo al verde.
Non
ci è rimasto letteralmente niente e ci servirebbe qualcosa
per
sopravvivere: nulla di troppo, solo per tirare avanti un paio di mesi
e cavarcela.” sputò, vergognandosi ancora del
dover dipendere
nuovamente da sua sorella, dopo tanto impegno nel tagliare i ponti
del loro rapporto. L'altra sembrò non far troppo caso alla
richiesta, come se sentire la sorella dopo tanto tempo solo per
parlare di soldi fosse una cosa più che normale.
“Visto
che lo ritieni grave avresti dovuto chiamarmi prima, sorella.”
Darcy
non riuscì a trattenere un sospiro scocciato: la ramanzina
avrebbe
voluto evitarsela.
Le
ricordava troppo da vicino i tempi in cui la maggiore la riprendeva
per qualsiasi cosa non fatta come avrebbe voluto lei; in particolare,
le ricordava con che freddezza le aveva parlato della “questione”
riguardante
Riven.
Ma
per sua fortuna, almeno per quella volta, la paternale era
già
finita lì.
Ogni
tanto l'aspetto pratico e sbrigativo dell'albina le piaceva almeno un
po': e tale era il caso.
“Di
qualsiasi somma si tratti, non sarà troppo. Me ne occupo io,
passa a
prenderli domani all'ora che ti va: tanto hai ancora le chiavi ed io
abito nello stesso posto di prima. Io non ci sarò, ho da
fare e
molto probabilmente non entrerò in casa fino a sera
inoltrata.
Vedi
di tenerla d'occhio: se continua così si farà
ammazzare un giorno,
dovrebbe essersene resa conto ora. E fatti sentire.”
Onestamente
non pensava sarebbe stato così facile; prese un bel respiro
e fece
per ringraziarla per il suo aiuto, magari allungando la conversazione
per una volta, nonostante risentire un soggetto simile dopo tanto
tempo non l'avesse messa esattamente a suo agio.
Magari
avrebbe saputo cosa stesse facendo o come avesse in mente di
continuare la sua vita: le avrebbe chiesto se anche lei avesse
rinunciato all'obiettivo.
Invece
si ritrovò a ringraziare la schermata del cellulare.
“Non
è proprio cambiata.” si disse sospirando, e ripose
il telefono con
il volto un po' meno teso. In fondo non aveva dovuto perdere troppo.
Eppure c'era un dubbio che andava formandosi nella sua mente,
prendendo forza man mano che sfiorava i suoi pensieri: chiamarla e
chiederle dei soldi era stato semplice.
Troppo
semplice.
“Allora,
com'è andata?” Stormy fece capolino dalla sua
stanza, rendendo
palese il fatto che avesse origliato l'intera conversazione.
“Hai
sentito tutto, non devo spiegarti niente che non sai già
– le
rispose la mezzana con un sorrisetto, avvicinandolesi – E'
andata
bene. Domani vado a prendere i soldi ed a quanto pare non la
incontrerò nemmeno, quindi meglio di così non
poteva andare.”
“Vengo
anche io.” disse l'altra, aprendo l'armadio per prendersi
qualcosa
da mangiare. Non era strano che facesse uno spuntino a quell'ora: era
più strano che fosse ancora sveglia. Ma, data la brutta
situazione
in cui versavano, poteva comprenderla pienamente.
“Va
bene. Allora è meglio che andiamo a dormire tutte e due,
tanto ormai
è risolto.” la risposta non suonava molto convinta
e la minore se
ne accorse: ma non disse niente, limitandosi ad annuire ed a
ritirarsi in camera sua. Darcy, inusualmente, la seguì.
Il
ragionevole dubbio che cresceva nei suoi pensieri si stava
rafforzando in modo notevole, tanto da spingerla a cercare in qualche
maniera il dialogo con la strega delle tempeste.
Sua
sorella maggiore non era mai stata così…
Arrendevole? Era
l'aggettivo giusto?
Non
avrebbe mai pensato di poterlo affibbiare proprio a lei.
Non
l'aveva rimproverata più del dovuto, non le aveva
rinfacciato il
fatto di averla, a suo dire, tradita.
Dopo
che il sollievo, dato dal non aver perso del tutto il suo orgoglio,
l'aveva abbandonata aveva trovato qualche secondo per riflettere; ed
aveva capito che ciò che aveva vissuto non aveva il minimo
senso,
soprattutto trattandosi di Icy.
Non
riusciva a spiegarsi perché, se non sembrasse cambiata
affatto da
come la conosceva, i suoi comportamenti, guardati sotto la
superficialità, fossero completamente diversi dal suo essere.
“Darcy?
Non dovevamo andare a letto?” finalmente Stormy si era
voltata e
s'era accorta di non essere la sola ad aver varcato la soglia della
camera. Guardava la sorella con un sopracciglio inarcato, gli occhi
leggermente dischiusi dalla stanchezza.
“Non
è niente di preoccupante, volevo solo assicurarmi che le
ferite non
ti facessero più male.” e studiò un po'
le parti scoperte del suo
corpo per avvalorare il suo dire.
La
minore la guardò scettica.
“Non
mentirmi, cazzo. Arriva al punto, che voglio andare a letto.”
tagliò corto.
“C'era
qualcosa di veramente strano nel comportamento di Icy: insomma,
è un
bene che abbia accettato subito perché non ho dovuto
sprecare tempo
a convincerla, però allo stesso tempo perché
farlo?
Avrebbe
ottenuto una specie di vendetta nel dirci di no e lasciarci nei
nostri casini: lei non ne era coinvolta. E poi non mi ha neanche
chiesto la cifra, credo voglia lasciarci una cifra abbondante, e non
sarebbe da lei.” rispose subito, aspettando a malapena che la
sorella finisse.
“Una
cifra abbondante? Pff, non dire cazzate. Sei solo tu che ti fai le
paranoie, come al solito.” fece Stormy, gesticolando sopra
alla
propria testa con una mano come a dissuadere la sorella dal pensarci
troppo.
Per
quanto potesse parere un po' inusuale, il comportamento della maggiore
non bastava per far venire alla strega delle tempeste la minima
voglia di uscire di casa: e di sicuro era troppo poco per spingerla a
rivedere l'altra. Stava meglio senza di lei, quindi non avrebbe avuto
motivo di sforzarsi inutilmente.
Quindi
Darcy, consapevole di cosa sua sorella minore stesse pensando, non
poté che arrivare al punto.
“Stormy,
non mi ha rimbeccato nulla. E' stata fin troppo sbrigativa e non si
è
divertita a farmi notare che, nonostante tutto, dobbiamo ancora
dipendere da lei.” disse in modo piuttosto affrettato, pur
sempre
mantenendo il contatto visivo.
E
la sorella minore decise finalmente di ammutolirsi per qualche attimo
e pensare a ciò che aveva appena capito: la
guardò, sgranando
leggermente gli occhi alla risposta.
“Okay,
questo è strano. Nessun cazzo di insulto? Ma sei sicura che
hai
parlato con la persona giusta?”
“Sì,
era lei. Secondo me ha in mente qualcosa e l'idea non mi piace per
niente.”
Nonostante
la stanchezza, dopo mezz'ora entrambe le streghe erano già
davanti
alla porta dell'appartamento di Icy.
Al
di là di essa regnava il silenzio assoluto e ciò
non faceva altro
che preoccupare ulteriormente Darcy: se la conosceva ancora bene non
poteva essere già andata a letto, inoltre era troppo tardi
perché
fosse uscita. Sua sorella era un'abitudinaria, raramente andava oltre
gli orari che aveva sempre rispettato in modo scrupoloso; e quando
l'aveva chiamata era sicura, dall'assenza di rumori in sottofondo,
che si fosse trovata a casa.
“Allora?
Su, metti dentro quella chiave che voglio fare più in fretta
possibile.” disse Stormy, coprendo con la mano un grosso
sbadiglio;
era dannatamente curiosa, si vedeva lontano un miglio, ma allo stesso
tempo avrebbe voluto liquidare in breve tempo la situazione per
andare finalmente a dormire.
“Va
bene, va bene, datti una calmata – le rispose la mezzana,
rivolgendole un'occhiataccia – Ho solo un brutto
presentimento,
tutto qui.”
La
serratura scattò e Darcy accompagnò lentamente la
porta.
Quello
che vide al suo interno parve confermare le sue infelici sensazioni.
Il
salotto appariva esattamente come lo ricordava, da quanto poteva
vedere la sorella non si era impegnata nell'arredarlo a suo
piacimento e nemmeno a spostare ciò che già era
presente. Erano
scomparse le decorazioni che lei e Stormy si erano portate via ed
erano rimasti solamente gli spazi vuoti che avevano lasciato.
L'albina
non aveva aggiunto niente di personale, come se effettivamente vivere
in quell'appartamento non le avesse dato nessuna emozione; Darcy,
pensandoci bene, non seppe dire cosa le desse una qualsiasi emozione.
Là
dentro, a quanto pareva, non era successo niente di particolare;
eppure l'ambiente appariva sinistro e terribilmente freddo, troppo
freddo anche per essere la dimora della strega dei ghiacci.
Dei
grossi teli bianchi, che coprivano tutta la mobilia, alimentavano di
molto la preoccupazione della mezzana: erano ovunque, dal divano al
tavolino da caffè; sugli armadi e le credenze, perfino sul
tavolo
della cucina. Ogni cosa era nascosta alla vista nella medesima
maniera, bianca come la vernice delle pareti.
Dal
fatto che anche la minore aveva serrato la bocca, Darcy capì
che
stesse dando ragione alle sue paranoie.
C'era
davvero qualcosa che non andava in tutta la faccenda, era proprio
davanti ai loro occhi.
Forse
la mezzana l'aveva chiamata appena prima che decidesse di lasciare
l'appartamento, inconsciamente con un ottimo tempismo: non poteva
aver fatto coprire tutto nel giro di un quarto d'ora, nemmeno con
l'aiuto della magia.
Un
leggero strato di polvere si era adagiato sui teli, segno che essi
erano lì da almeno tre o quattro giorni.
“Andiamo
a vedere in camera sua.” dichiarò la mora,
guardando per un breve
attimo la sorella: l'altra annuì.
La
stanza di Icy era l'unica con la porta socchiusa: le altre, come ebbe
modo di constatare la mezzana, erano state chiuse a chiave; ma era
pronta a scommettere che l'albina avesse coperto tutto quando se
n'erano andate. Anche quel locale era esattamente come lo ricordava:
asettico, impersonale e troppo bianco; i libri erano ancora in
ordine, il posacenere colmo sulla scrivania insieme ad un pacchetto
vuoto della solita marca di sigarette; le tende chiare erano chiuse a
coprire la finestra ma, senza le tapparelle abbassate, le luci della
città filtravano all'interno.
I
teli celavano tutto anche lì.
“Non
ha svuotato il posacenere. Però quello è normale,
non lo faceva
mai.” fece notare Stormy.
“L'avrebbe
fatto se avesse avuto intenzione di cambiare appartamento.”
Darcy
intanto aveva scoperto l'armadio quanto bastava per poterlo aprire,
inclinando la testa per poter spiare tra le ante cosa c'era al suo
interno.
“Forse
tornerà tra un paio di giorni.”
commentò la minore, alzando le
spalle ed avvicinandosi alla sorella: sollevandosi un po' sulle punte
cercò di guardare anche lei all'interno dell'armadio della
maggiore.
Vederlo
pieno di vestiti, appesi o piegati ordinatamente a coprire tutto lo
spazio che l'interno del mobile poteva offrire, la fece trasalire.
“Senti,
Darcy, non saltiamo a conclusioni affrettate. Chiamiamola e
facciamoci spiegare che cazzo di scherzo ci sta giocando con tutta
questa messinscena.” la voce di Stormy si era ridotta ad un
mero
sussurro, ma bastò a destare la mezzana dai suoi pensieri;
ogni cosa
pareva al suo posto e del tutto normale, ma quei teli…
Sentire
le spiegazioni della diretta interessata le suonava come
l'alternativa migliore.
“Hm,
hai ragione.” disse, richiudendo l'armadio e sistemando la
copertura. Con più fretta del solito estrasse il telefono
dalla
tasca posteriore dei jeans, selezionando il numero della sorella
maggiore dalle ultime chiamate.
Un
po' inquieta se lo portò all'orecchio, percependo la
tensione
appesantirsi nei primi due squilli; dopo un breve silenzio, lei e
Stormy sentirono la suoneria provenire dalla cucina.
Si
guardarono entrambe con la stessa espressione.
“No,
cazzo. Avevi ragione.” dichiarò la minore.
Poteva
essere una coincidenza che Icy avesse dimenticato in casa il
cellulare; ma non tutti i vestiti nell'armadio coperto da un lungo
telo bianco.
Darcy
era ormai sicura che la sorella stesse per fare qualcosa di estremo:
bastava capire cosa e fermarla in tempo. Se lei e la sorella avessero
agito subito, le conseguenze non sarebbero state del tutto
irrecuperabili; oppure si stava preoccupando per niente e sua sorella
si era semplicemente ubriacata prima di portar via le sue cose, ed
era uscita a prendersi delle altre sigarette o qualche altra
bottiglia. Tuttavia, al telefono le era sembrata sobria.
“Guarda
che secondo me è successo qualcosa – la distrasse
Stormy, seduta
sul divano coperto a gambe incrociate – Dentro gli armadi
c'è
ancora tutto, anche nel frigo. Ha lasciato tutto qua e l'unica cosa
che è sparita è lei. Quando ti ha chiamato poi,
tipo un'ora fa?”
“Mi
hai detto tu di non saltare a conclusioni affrettate.” si
giustificò la mezzana, andando ad aprire la finestra per
prendersi
una boccata d'aria fresca. Chiuse un attimo gli occhi, ragionando su
ciò che aveva trovato per risalire ad una pista verso la
sorella:
che non le aspettasse a quell'ora era ormai ovvio, allora
perché non
era in casa?
La
strega delle tempeste roteò gli occhi.
“Lo
so cos'ho detto; ma Icy non lascia mai in giro il cellulare a meno
che non sia strafatta, e non sento odore di erba qui, o a meno che
non voglia farsi trovare. E se non vuole farsi trovare
chissà cosa
cazzo le è passato per la testa.”
Non
credeva l'avrebbe mai pensato, ma Stormy aveva ragione. Dovevano
assolutamente trovarla prima che avesse fatto qualcosa di cui
pentirsi; ma poi parve cambiare idea repentinamente.
“E
se l'avessero scoperta?”
“Chi?
Nessuno sarebbe potuto arrivare fin qua e beccarla, ti sei
dimenticata di quanto sia una paraculo?” le rispose la
minore,
trattando la sua frase come l'ennesima paranoia.
“Non
lo so, ma forse le fatine che stanno passando qui sotto possono
dircelo.”
“Cosa?!”
la strega delle tempeste raggiunse subito la sorella alla finestra,
sporgendosi un po' troppo dal davanzale per poter vedere meglio.
Quando le mise a fuoco e notò che fossero in cinque, ma
cinque delle
sue acerrime nemiche, non esitò a saltare: a Darcy venne da
pensare
che avrebbe fatto la stessa identica cosa, se fosse stata altrettanto
impulsiva.
Invece
si prese un attimo per riflettere su ciò che stava guardando.
Il
fatto che le Winx fossero proprio da quelle parti poco dopo la
misteriosa scomparsa di sua sorella non le faceva decisamente pensare
ad una semplice coincidenza. Alcuni dettagli ancora non tornavano, ma
l'assenza di Bloom suggeriva che l'albina fosse da qualche parte a
combattere contro la sua rivale; la mora si chiese se ciò
che le
avrebbe permesso di vivere normalmente sarebbe stata una battaglia
all'ultimo sangue contro la sua acerrima nemica di sempre.
In
tal caso, aveva la seria paura che Icy fosse andata incontro ad un
suicidio.
“Che
cazzo ci fate voi qua?!” sentì urlare Stormy, e fu
abbastanza per
farla muovere; teletrasportandosi di fianco a lei, incrociò
le
braccia ed assunse una finta espressione minacciosa. A volte
invidiava la minore, che in situazioni simili non si doveva sforzare
affatto a fingere.
“Lo
sapevo che c'entravate qualcosa, streghe! Diteci dove avete portato
Bloom o vi gonfiamo la faccia a furia di incantesimi!” fu
Stella ad
intervenire, visibilmente su tutte le furie per la scomparsa della
migliore amica. Era talmente arrabbiata da non notare l'ovvio, che
alle altre non era sfuggito: l'inspiegabile assenza di Icy.
“Provaci.”
fece Stormy, pronta a tirare un destro carico di elettricità
sulla
bella faccia della biondina.
“Dov'è
Icy?” chiese la fata della tecnologia, osservando con
attenzione la
reazione delle due nemiche. Stava per caso sospettando che fosse
successo qualcosa tra di loro?
Darcy
si sforzò di mantenere un'espressione impassibile: il suo
sguardo
passava sulle nemiche senza lasciar trapelare nulla. Non avrebbe
saputo dire se la stessero prendendo in giro nel farle credere di non
sapere dove fossero le due rivali: conoscendo Bloom non sarebbe stato
troppo strano pensare che avesse agito da sola, ma non le sembrava
tanto intelligente da scoprire dove si nascondesse la strega dei
ghiacci. Escluse che le stessero mentendo: dal loro comportamento
emergeva la chiara preoccupazione per la sorte della compagna, cosa
che la strega non poteva permettersi di mostrare.
Poteva
anche trattarsi di una banale coincidenza.
Data
la loro ignoranza sulla situazione, sarebbe stato meglio dar loro una
risposta vaga, che non avrebbe permesso di capire che qualcosa non
andasse; altrimenti avrebbero potuto usare il loro distacco –
che
era andato allargandosi nell'ultimo anno – per sconfiggerle.
Le
osservò con aria di superiorità, e dischiuse le
labbra per parlare.
“Dovremmo
chiedervelo noi, stronze!” la precedette Stormy, mandando
all'aria
la copertura che voleva costruirsi. Darcy le rivolse un'occhiataccia
molto eloquente, che la sorella capì quasi all'istante: ma
ormai era
troppo tardi.
Si
era preparata la risposta perfetta per depistare i dubbi che le fate,
qualora avessero acceso il cervello, avevano; la strega delle
tempeste non aveva fatto altro che confermarli.
“Volete
dirci che non sapete dove sia?” intervenne Aisha, inarcando
un
sopracciglio. Non che la fata di Andros avesse voluto credere ad una
sola parola che fosse uscita dalla bocca delle Trix, ma le reazioni
della strega delle tempeste le erano sempre sembrate troppo sincere
per essere costruite.
E,
negli anni di battaglie, aveva potuto constatare che la sua
impulsività era un'arma a doppio taglio: pericolosa per il
suo
avversario, ma altrettanto letale per lei, come in tale occasione.
Era
stato evidente come Darcy non avesse calcolato le immediate risposte
della sorella dal modo in cui l'aveva fulminata con lo sguardo: il
fatto che volesse far finta di nulla non la convinceva, così
come
con ogni probabilità non convinceva nemmeno le compagne.
“Vi
state facendo fregare da Stormy, ve ne rendete conto?”
cercò di
recuperare la mezzana, guadagnandosi una gomitata, neanche troppo
nascosta, dalla sorella.
Musa
incrociò le braccia al petto, un'espressione scettica si era
dipinta
sul suo volto. Non avrebbe creduto ad una sceneggiata simile neanche
se le avessero assicurato che fosse genuina.
“Non
pensare di fregarci, Darcy: abbiamo visto tutte come avete reagito.
Si può sapere cosa sta succedendo?”
“Di
sicuro veniamo a dirlo a te.” sbottò la strega
delle tempeste,
assottigliando lo sguardo per apparire più minacciosa.
L'aria si
stava facendo tesa, uno scontro a tal punto era imminente: era da
troppo tempo che le Winx non testavano le proprie capacità
sulle
odiate nemiche e, nonostante fosse controverso, avevano in qualche
modo atteso il confronto.
Stormy,
dal canto suo, non vedeva l'ora di potersi sfogare:
l'elettricità
correva tra le sue dita, ed il cielo aveva già iniziato a
rannuvolarsi. Il fatto che fosse sveglia a quell'ora, poi, non
contribuiva di sicuro a conciliare la sua calma.
Darcy
invece esitava: una battaglia le avrebbe fatto solo perdere tempo. Se
le fate non sapevano dove fosse sua sorella maggiore, le sue ipotesi
tornavano al punto di partenza.
La
telefonata dov'era sembrata insolitamente accomodante; la somma
esagerata che le aveva lasciato nella busta sul tavolo; tutti i
mobili coperti da teli, che le facevano scartare l'idea che fosse
solo uscita a farsi un giro; il cellulare che squillava dalla cucina.
Qualsiasi
cosa stesse succedendo, Icy l'aveva preparata da giorni, forse da
settimane; si chiese cos'avrebbe potuto fare di tanto importante da
farle impacchettare tutto l'appartamento.
Non
dovette ragionarci molto, in quanto poteva risalire ad una sola cosa
di vitale importanza per la sorella: era precisamente ciò a
cui
aveva dedicato la vita.
Capì
che non aveva intenzione di tornare, ed aveva ragione a pensare che
sarebbe andata incontro ad un suicidio. Ma non si trattava di Bloom:
il ruolo della fata nell'impresa era a dir poco marginale.
L'albina
aveva deciso di non aver bisogno del loro aiuto e doveva esser
passata all'azione.
“Stormy,
tienile a bada.” le comunicò telepaticamente:
l'altra, incapace di
contenersi, cambiò decisamente espressione.
“Che
cazzo stai dicendo?” le rispose bruscamente.
“Non
ho tempo di spiegarti tutto. Credo che Icy sia su Whisperia a portare
a termine il nostro obiettivo: e se la raggiungono prima che abbia
finito sai anche tu cosa potrebbe succedere.”
Poteva
essere ovunque: Whisperia non era un pianeta esattamente piccolo e
non avrebbe avuto abbastanza tempo per trovarla prima che si fosse
decisa a recitare le parole dell'incantesimo.
Sempre
se non avesse già cominciato.
Darcy
si schermò il viso dalla neve, spinta contro la sua pelle da
un
vento violento. Alzarsi in volo avrebbe impiegato più
energie che
proseguire a piedi e, data la situazione d'emergenza, avrebbe dovuto
tenere del potere magico per salvare quell'incosciente di sua sorella
maggiore.
Cominciava
a pensare che avrebbe dovuto aspettarselo.
Non
era da Icy rinunciare a qualcosa che aveva cercato di ottenere per
anni, era convinta di poter avere tutto ciò che voleva,
quando lo
voleva; tuttavia la mezzana si era ritrovata a chiedersi da quanto
stesse pianificando di compiere il sogno che un tempo aveva condiviso
con loro da sola.
In
tre era già rischioso, eseguire un simile incanto in
solitudine
avrebbe potuto portarla alla morte nel peggiore dei casi; nel
migliore, le avrebbe prosciugato la magia per mesi, impedendole di
difendersi.
La
strega delle illusioni, seppure preoccupata, non se ne stupì
più di
tanto: la bassa considerazione che aveva sua sorella della propria
vita non era affatto una novità. Ma all'inizio aveva sperato
che
anche lei, come sé stessa e Stormy, avesse superato il
periodo che
le aveva fatte sentire prive di uno scopo; ricostruire da capo la
loro esistenza una volta che le fondamenta erano crollate era stato,
per usare un eufemismo, quasi impossibile.
Non
sapevano cosa avrebbero dovuto fare, raggiunto tale punto; e dopo
essersi arrovellata a lungo sulla questione – nel caso della
minore, dopo aver perso la voce a furia di urlare in ogni litigio
–
aveva scoperto che la soluzione fosse più semplice di come
pensava.
Aveva trovato il modo di guadagnarsi dei soldi senza destare troppi
sospetti, in una libreria lontana da Magix dove nessuno si sarebbe
sognato di controllare se stesse usando un incantesimo di
trasformazione: aveva evitato di chiedere soldi alla maggiore per
smettere definitivamente di dipendere da lei e, con lentezza, anche
la strega delle tempeste aveva cominciato a riprendersi.
Erano
state in grado di trovare altro per tenere la loro mente impegnata.
Bastava
adattarsi in fondo, ed aveva creduto che anche l'albina, realizzando
di non essere nella posizione di tornare si suoi folli piani di
conquista, vi si sarebbe rassegnata.
Aveva
sottovalutato ciò che aveva rimbeccato loro quando lei e
Stormy se
n'erano andate: l'obiettivo era realmente il motore della sua vita,
che così com'era cominciata con esso, con esso sarebbe
finita.
Si
era quasi scordata che Icy sapesse fare solo ciò che aveva
sempre
fatto, e nient'altro: come quando s'era messa a crescerle in un modo
che, a detta sua, non aveva la stessa violenza del metodo materno; ed
era finita per essere la copia sputata della loro defunta
progenitrice.
Si
mosse con la neve alle ginocchia, ignorando come i suoi polpacci
cominciavano già a congelare, siccome scoperti dai pantaloni
a zampa
che portava. Ricordava a malapena le colline sulle quali stava
faticosamente camminando, come in un flash di immagini delle sorelle
e dei suoi genitori; la voce della madre, più dolce del
solito, che
le parlava dell'animale che era stata in grado di scorgere nella
foresta.
Non
riusciva più a risalire alla forma di quell'animale, non
rimembrava
come a quel tempo fossero arrivate fino a lì per risalire ad
un
percorso verso la capitale: le memorie di Whisperia erano avvolte
dalla stessa nebbia che ne avvolgeva ora i paesaggi.
In
futuro avrebbe finito per dimenticare anche la sorella se non si
fosse data una mossa.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Non
abituatevi al ritmo, lo dico per voi: purtroppo non riesco ad essere
mai costante.
Ma
bando alle ciance: questa storia è la seconda della serie
“Victory's
Contagious”, con il punto di vista di Darcy per quanto
riguarda la
vicenda descritta nella prima storia. Ho cercato di differenziare un
po' il suo punto di vista da quello di Icy, dato che per quanto
riguarda loro la vicenda parte nello stesso modo e si separa nel
momento in cui finisce la telefonata.
Spero
davvero che non risulti noiosa come tecnica.
La
prossima sarà la parte di Stormy, per me la più
divertente ma anche
la più difficile da scrivere; e spero nel tempo che ho ha
disposizione e nella mia ispirazione per farvela avere in un tempo
utile.
Ringrazio
infinitamente Ghillyam che
mi sopporta sempre, si legge le mie bozze e trova anche il tempo per
lasciarmi delle recensioni lunghissime che mi fanno sempre piangere
dall'emozione. Ti voglio bene, anche se ti rispondo sempre con un
ritardo imbarazzante.
Ringrazio
tutti i lettori silenziosi arrivati fin qui, grazie per la pazienza!
E
per Applepagly: cerco
di mettercela tutta affinché questo ciclo di storie sia di
tuoi
gradimento.
Alla
prossima missione!
Mary
(che sta ancora in fissa con Metroid)