Centro
perfetto
Seduto a gambe
incrociate
sul retro di Villa Nanpar, in attesa di sua madre, Isryl
sbadigliò. Faceva così
caldo; avrebbe voluto addormentarsi lì, ma no, doveva
resistere!
Raccolse un
rametto da
terra e iniziò a giocherellarci, tracciando sul terreno
privo di erba tutto
quel che attirava il suo sguardo: prima una foglia, poi il bersaglio
alla sua
destra, che da lì vedeva molto bene, la freccia che
andò a conficcarsi in uno
dei suoi cerchi più esterni… un momento. Da
dov’era partita? D’un tratto molto
più consapevole di ciò che lo circondava, trovare
la responsabile di quel tiro
non fu difficile. Abbastanza lontana, ma esattamente in linea con il
bersaglio,
c’era una bambina, un arco grande quasi quanto lei tra le
mani. Sembrava
delusa, o la distanza che gli impediva di decifrare correttamente la
sua
espressione? Isryl aveva una buona vista, ma in quel momento non era
sicuro. In
ogni caso, l’aria fiera che emanava da lei –
probabilmente una sua coetanea, o
quasi – lo colpì.
Mentre lei
incoccava un’altra
freccia e si sforzava di tendere la corda, lui prese a tracciarne il
volto con
una precisione maggiore di quella riservata ai soggetti precedenti.
Quel
ritratto improvvisato assorbì tutta la sua attenzione per
diversi minuti. Notò
la cascata di capelli castani davanti ai suoi occhi solo rialzando lo
sguardo
per confrontare il risultato con l’originale;
scattò istintivamente
all’indietro.
«Sono
io?» domandò la
bambina. «Vicina a un bersaglio».
Sollevò la testa, senza preoccuparsi di
riordinare i capelli – si accontentò di scostare
un ciuffo ribelle dagli occhi
– e lo fissò sospettosa, assottigliando gli occhi.
«Sei una spia? Devi ritrarmi
per i rapitori?»
Isryl
impietrì. «N, no!
Non sono un rapitore!» esclamò appena si fu
ripreso dalla sorpresa.
Lei lo
esaminò,
serissima, ancora un po’ – poi scoppiò a
ridere. «Sì, ti credo. Non hai la
faccia da rapitore».
Isryl
avvampò. «Non lo
sono!» ripeté d’istinto.
«Sì,
sì, va bene»
accondiscese lei, sedendogli accanto. «Che ci fai qui? Non ti
ho mai visto
prima!»
«Aspetto
mamma» rispose
lui, indicando l’enorme abitazione alle loro spalle. Poi non
resistette: «e tu
chi sei?»
Lei gli sorrise.
«Mi
chiamo Reda».
La long principale è in pausa/revisione e non conto di potermici rimettere seriamente prima di qualche mese ancora, ma avendo qualche flash sul passato dei protagonisti ho deciso di pubblicarle a cadenza irregolare.
Se seguite Storie di Fisis, vi chiedo scusa. Spero che possiate apprezzare queste flash.
Grazie per aver letto e alla prossima!