Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Aperonzina    26/11/2019    7 recensioni
Un breve flusso di coscienza che cerca di spiegare un conflitto interiore
*Questa storia partecipa al concorso indetto da kira-bakapot sul forum di EFP*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One-shot, drammatico, personaggio confuso
“Partecipo al concorso indetto da kira_Bakapot”
Secondo posto nel contest "Codici Casuali" di kira_Bakapot
Storia vincitrice dei premi:
“Miglior IC”
“Più gradito”

 
Credo che il nostro cervello sia uno strumento estremamente interessante, può diventare la più grande salvezza, come la più spaventosa arma di autodistruzione.
Io mi trovavo soggetto di una disputa allora e senza un avvocato difensore aspettavo paziente di scoprire quale sarebbe stato il giudizio finale. 
Potevo uscirne come un soldato di guerra, con in premio una medaglia d'onore e tanto orgoglio personale, o al contrario, come il peggiore dei criminali, condannato ad una morte lenta e dolorosa.
 
La disputa ebbe inizio più o meno nel periodo della mia adolescenza.
Consideravo gli specchi i miei peggiori nemici.
Certe volte, guardando il mio riflesso, faccia molliccia, bassa statura e dita tozze e piccole, pensavo che il mio aspetto non rappresentasse affatto la mia personalità. 
 Altre volte, scrutandomi attraverso lo specchio, non potevo fare a meno di pensare che esso mi mostrava esattamente per quello che ero. 
Stessa faccia molliccia, stessa bassa statura e stesse mani tozze e piccole.
 
Ho sempre pensato che il lavoro fosse tutto. Mi è stato insegnato, fin da bambino, che l’impegno e la dedizione sono il segreto per raggiungere il successo e la realizzazione personale.
C’erano volte, in cui una nota stonata dopo dodici ore di prove, mi spronava ad impegnarmi più a fondo, perché essa era solo una briciola in confronto all’impegno e la passione che mi legavano alla musica.
Altre volte invece, una nota stonata rappresentava il mio impegno vano, diventava motivo di rassegnazione e sconfitta.
Stessa canzone, stessa nota.
 
Ero convinto che essere gentile con le persone mi avrebbe regalato una vita felice e serena, amicizie vere e legami affettivi appaganti. 
C’erano momenti in cui il mio sorriso era naturale e spontaneo, mi riempiva di gioia e serenità. 
Altre volte, il mio sorriso era così forzato che mi sentivo bruciare dall’interno, finché esso non diventava per me solo motivo di sofferenza. 
Stessa situazione, stesso sorriso. 
 
Una lotta simile non è facile da gestire e io ho sempre fatto l’errore di aspettare in silenzio il mio verdetto. 
Perché che io non avessi voce in capitolo non era scritto da nessuna parte, nessuna legge mi impediva di intervenire, ma era stato più facile aspettare, lasciare ad altri in mano il mio destino e attendere pazientemente che venisse compiuta la mia disfatta. 
Così mi sono fatto schiacciare, mi sono prostrato ai piedi di me stesso e ho concesso una vittoria senza nemmeno provare a partecipare alla mia battaglia. 
Mi sono privato di me stesso, finché della mia anima non era rimasto quasi più nulla. 
Non rimpiango la mia sconfitta, rimpiango il fatto di non averci provato, rimpiango la resa e quello a cui mi ha portato. 
 
La cosa bella di queste guerre però, è che non hanno mai una vera e propria fine, la fortuna di combattere sé stessi è che si può sempre ricominciare, ci si può rialzare dopo la più terribile delle sconfitte, si possono riportare le carte in tavola e questa volta, ci si può battere per la vittoria. 
Si può riiniziare e stare di nuovo a guardare, oppure si può partecipare attivamente e combattere. 
La guerra è la stessa, ma io ho deciso di cambiare. 
   
 
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