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Autore: MisSilvieLemon    01/12/2019    0 recensioni
-Forse è arrivato il momento- sorrise lei, una mano sull'avambraccio caldo e dorato del ragazzo.
-Sei già stanca?- una risata appena accennata sulle labbra reduci da uno sbadiglio, e ora sorridenti
insieme a quegli occhi gonfi e pieni.
Erano settimane che tiravano avanti sino a notte fonda, così fonda che spesso diveniva mattina presto.
-Non hai capito…- lei continuava a sorridergli, ma lo sguardo iniziò a vagare oltre la spalla di lui, lontano, verso il mare.
Sguardo proiettato in un futuro non troppo lontano del quale lui non voleva saper niente ma che, loro malgrado, era proprio quello verso cui si stavano dirigendo; forse da sempre, da ancor prima di conoscersi.
Un lampo rapidissimo e lui scorse una tristezza nuova, un'ombra di dolore, forse.
Ma era passeggera e lei ritornò a lui con gli occhi carichi di coraggio.
-Forse..è ora che torni casa Harry-
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III

Ernie viveva poco distante dal market, la sua porta era sempre aperta, la veranda sempre a pezzi ma mai, mai, Anna l'aveva visto senza un sorriso, senza qualcosa sul fuoco e senza una canna.
Dall'interno della casa proveniva il solito cd usato e strausato dei Paragons (On the beach suonava piano), tanto che qualcuno poteva aspettarsi che fossero risuscitati con l'unico proposito di cantare nel salotto malandato di Ernie. Anna accaldata e arrossata saltò giù dalla bici, aveva pedalato in fretta perché fremeva per la nuova piega che aveva preso quella lunga e bollente giornata.
Poggiò la bici contro il parapetto di legno della veranda e inscenò una piccola danza mentre si avvicinava ad Ernie che sorrideva e "Piccola mia, non dovresti essere a lavoro?".Anna rise scuotendo la testa mentre si avvicinava, un passo avanti, uno indietro, mentre muoveva i fianchi a tempo con quella musica che era impressa nella sua pelle da che aveva memoria. Ernie rise con lei e si alzò andandole incontro per un ballo improvvisato, la su quella veranda scricchiolante che tanti altri ne aveva visti.
-Stai bene?- le disse mentre le faceva fare una giravolta, le mani a scorrere su quel tessuto leggero che gli scivolava via dalle dita, fresco.
-Sono stufa Ernie- sospirò con la testa sulla sua spalla, i spread che le pungevano la pelle delle guance la fecero sorridere per la familiarità del corpo del suo amico. Il peso dell'ennesima lite era tornato inesorabile.
-Lo so, lo so- sospirò lui, avrebbe desiderato vederla libera, davvero libera, c'erano volte in cui sperava di non rivederla più sull'uscio di casa sua, e se la immaginava altrove, più felice.

Poco dopo erano seduti sorridenti sugli scalini del portico, spalla contro spalla, Ernie con una canna a pendergli dalle labbra e Anna con una bottiglietta ghiacciata di ting* tra le mani.
-Cazzo, Annie, oggi è una giornata meravigliosa, benedetta da Jah, credimi- rise Ernie con gli occhi lontani da lì, attirandola a se con un braccio e facendola ridere di gusto.
-Sai cosa? Hai proprio ragione, ho davvero visto un angelo poco fa- sorrise ironica, una mano su quella di lui che penzolava dalla sua spalla,
-È questo il motivo per cui non sei a lavoro?- disse mentre il fumo sfuggiva dalle sue labbra appena piegate in un sorriso.
-Diciamo che è questo...quindi, mi presteresti la chitarra?- rispose Anna, i progetti per quel venerdì che si delineavano risoluti nella sua mente. Il venerdì sera, solitamente, coincideva sia con uno dei suoi turni al bar e sia con il palco aperto a chiunque volesse cantare qualcosa, e lei non perdeva mai l'occasione per stare lontana da casa sua.

Il suo desiderio di fuggire si concretizzava solo in queste piccole e rare occasioni in cui poteva giocare ad essere chi voleva, senza il pensiero a spaccarle la testa di quello che aveva lasciato dietro la porta di casa, senza il pensiero per una notte di dover tornare nel suo letto, senza il pensiero di dover essere se stessa con tutto quello che si portava dietro questa espressione.
Voleva essere una sconosciuta e vivere nella pelle di qualcuno senza necessariamente un passato o un futuro da raccontare o da cui provenire. E le riusciva maledettamente bene questo gioco.
-Qualcosa mi dice che stasera sarà il tuo angelo ad avere un'apparizione- scosse la testa Ernie, da tempo sapeva quanto dolore avrebbe portato tutto questo alla sua amica, la quale però, non aveva il coraggio di fermare. C'erano dei venerdì sera, infatti, nei quali Ernie assisteva ai tentativi di scappare da se stessa di Anna, i più disperati tentativi di far credere a qualcuno di essere al centro del mondo, delle sue attenzioni, i disperati tentativi di rendere tutto più interessante solo per una notte. Quelle volte la guardava negli occhi e ci cascava, ci cascava anche lui e si convinceva di vederla felice, di vedere del sollievo in quegli occhi perennemente addolorati. E allora non faceva niente, non diceva nulla. Raccoglieva i pezzi quando poteva forse non era abbastanza ma una soluzione per lei, ancora, lui non ce l'aveva.
-Non mi chiedi nemmeno chi è?- fece pochi istanti dopo con gli occhi scintillanti, la chitarra sulle spalle mentre inforcava la sua bicicletta rossa.
-Sentiamo, brownie*...- scosse la testa contrariato, ma incapace di trattenere un sorriso, si era appena posta un obbiettivo e niente l'avrebbe distolta da quello che aveva in mente.
-Harry, quello che sta alla villa, al quale son destinate queste banane per altro- disse lei mentre le sollevava dal cesto, controllando il loro stato dopo tutto quel tempo al caldo.
-Tu sei matta, completamente- sgranò gli occhi Ernie che riuscì a prendersi un bacio volante da Anna che già si stava allontanando.
-A stasera Ernie...e grazie!- si voltò per l'ultima volta, il braccio alzato per salutarlo.

Anna sulla strada di casa non sapeva bene come le fosse venuto in mente di invitarlo quella sera, sapeva solo che finché lui non aveva mentito non era diventato così interessante. Pensò anche a come le era sembrato impacciato mentre le mentiva e la cosa più bella è che sembrava portare con fierezza anche il suo impaccio, senza nasconderlo, per quello, si disse, rideva così tanto, rideva anche di se stesso. 

 

Harry aveva fatto ritorno a casa, o quella che era la sua casa da un po', aveva allungato il cammino, tirato la strada più del dovuto, il naso all'insù e dei passi lenti e piccoli che non rendevano giustizia alle sue gambe lunghe. Si riempiva i polmoni di aria, concentrato a metterci il più possibile a tornare, aveva bisogno di schiarirsi le idee, uscire gli aveva fatto bene, parlare con quella ragazza gli aveva dato una nuova prospettiva per la giornata, decisamente più allettante che tornare a discutere sull'album, ormai quasi giunto alla fine, e che sembrava un'intero fallimento a tutti in quegli ultimi giorni.
Non aveva forma, non aveva niente che gli piacesse e se n'era accorto quando quella lista di poco meno di venti canzoni non aveva per nulla l'aspetto del suo primo album da solista. Aveva deciso quindi di uscire quella mattina, in realtà praticamente scappato, dallo studio e dai ragazzi, per prendersi del tempo con l'unica voglia di non essere lui, per un po'.
Si era detto che avrebbe colto ogni occasione che quella giornata gli metteva sotto gli occhi, limpidi per accogliere tutto ma decisamente stanchi. Aveva deciso di esplorare, parlare e conoscere, di spingere negli angoli più lontani di se ciò che richiedeva la sua attenzione, fare spazio così da far entrare tutto il resto.
Quindi, Anna, come poteva non essere un messaggio dal cielo?

Cenò in veranda, impaziente, gli occhi persi come al solito nella fitta vegetazione, e ripercorreva forme scure che ormai conosceva a mena dito, la pompa, la bicicletta nascosta tra le piante, gli piaceva quel posto. Gli piaceva quel portico, quelle folate d'aria fresca che gli facevano chiudere gli occhi di tanto in tanto, non si sentiva solo e non si sarebbe mai mosso da lì.
Il peso del lavoro di quelle settimane ritornò però a spingere tra i suoi pensieri e farsi spazio, occupando tutto il posto che gli spettava. Aveva di nuovo paura, paura come quella che aveva lasciato in Inghilterra. Certo erano belle canzoni, ma il mondo è pieno di belle canzoni, e se lui non ce l'avesse fatta?
"Lo scrittore o il cabarettista", pensò con il cuore pesante.
Ma erano le dieci e un quarto e c'era l'altissima probabilità che quella ragazza lo stesse aspettando da qualche parte e lui non sarebbe mancato. Si incamminò verso la spiaggia, conscio che non sapeva esattamente dove andare se non fosse che era tutto troppo piccolo per essere perso in quel villaggio.
Quindi trovò una piazza, trovo un bar e trovò anche la ragazza che cercava.

La piazza era piccola, immersa nel rumore del mare, e l'unica cosa luminosa era qualcosa che somigliava ad un grande locale all'aperto, di legno con un piccolo palco arrangiato. Lì i suoi occhi corsero subito e vi si fermarono sorpresi di trovarla lì, in mezzo a signori troppo grandi e tante sedie di plastica.
-Adesso l'ultima, giuro- rise lei, togliendosi il plettro dalle labbra e scatenando dei "no" tra l'esiguo pubblico che le sedeva davanti.
Harry rimase impalato per qualche istante, prima di cercare una sedia libera abbastanza vicino al palco.
-L'ultima perché un ragazzo si è fatto attendere troppo- aggiunse al microfono davanti a lei, pessima acustica, fantastica freccia scoccata a Harry che finendo con gli occhi nei suoi non potè fare altro che ridere, incredulo. Alzò le mani in segno di scusa. Ma lei lo guardò solo con due occhi forti e un lato delle labbra appena alzato prima di iniziare a cantare.

"Go 'way from my window"

Gli sembrava di diventare matto, con quegli occhi puntati nei propri, gli sembrava di star essendo mangiato vivo.

"Leave at your own chosen speed"

Muoveva il corpo con forza, ma era leggera, leggera, lo stavo catturando, divorando anzi. Gli veniva quasi da ridere, e rideva, scuoteva la testa e si copriva il volto. Mentre quella ragazza non aveva occhi che per lui, non lo lasciava scappare, vagare con lo sguardo. Il braccio che si muoveva costante, a ritmo su quella chitarra scordata e le dita veloci che premevano gli accordi.
Muoveva i fianchi e continuava a cantare, guardandolo negli occhi:

"But it ain't me, babe

No, no, no, it ain't me, babe. 

It ain't me you're lookin' for, babe". 

La vedeva sorridere, e gli sembrava di sognare, la sedia di plastica che quasi gli pungeva, Harry si smosse e si spostò in avanti le mani a coprirgli la bocca e i gomiti poggiati sulle ginocchia.
C'erano solo loro due.

Appena si mosse la camicia larga che portava si abbassò facendogli sentire un peso all'altezza del cuore, ricordandogli pieno di stupore che nella taschina portava un'armonica a bocca. Non esitò a tirarla fuori, rigirarsela tra le dita prima di sventolarla, scintillante sotto le luci davanti a quella ragazza.
La vide annuire nella sua direzione, mentre continuava a cantare ma ora con il sorriso sulle labbra.
Splendida, mentre con la testa gli faceva cenno di andare lì.

"...I'm not the one you want, babe

I will only let you down

You say you're lookin' for someone

Who will promise never to part..."

Harry si alzò, la testa completamente vuota, l'armonica già sulla bocca mentre si sedeva sul bordo del palchetto, ai piedi di lei che non aveva smesso di guardarlo un solo istante. Iniziò a suonare e accompagnare quella chitarra così scoordinata ma assurdamente celestiale alle sue orecchie.
Senza rendersene conto, iniziò anche lui a cantare con lei, si dimenticò di tutto quello che gli pesava e cantò e suonò come se non ci fosse altro da fare al mondo. Altro da fare per risolvere il suo problema, e forse era davvero questo, l'unico modo.
Insieme, si chiese, se sembrassero terribili agli occhi degli altri, ma lui, in ogni caso, non voleva stare negli occhi di nessuno se non nei propri, spettatori di una scena riservata solo a lui.
Guardava le sue gambe scure e lucide da quell'aria umida e appiccicosa che non lasciava respirare nessuno in pace, un vestitino diverso da quella mattina ma delle stesse dimensioni striminzite.
Saranno state le birre bevute prima di arrivare, ma poteva dirsi innamorato per quella sera. Anche se, no, non era proprio lei che stava cercando.

"...io ti deluderò soltanto" cantava. 

Johnny Cash sulla sua bocca era qualcosa di troppo per l'impreparato cuore di Harry.

 

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-ting: tipica bevanda giamaicana, soda al gusto di pompelmo

-brownie: vezzeggiativo dal termine "browinin'" che nella lingua creola giamaicana significa "mulatto"

  
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