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Autore: Zoe__    02/12/2019    0 recensioni
"Guarda, sembra che sia sempre pronta a spiccare il volo, Harry.” Tornò a voltarsi e lo avvicinò a sé, stringendogli la mano.
“Ha le ali per farlo, forse ha solamente paura.” Sussurrò accanto al suo orecchio. Livia sollevò per un attimo gli occhi nei suoi, poi li allontanò e raggiunse il suo sguardo sulla maestosa statua di marmo che li vegliava dall’alto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva assecondato l’istinto e si era svegliata che era ancora buio. Aveva aperto le tende, socchiuso le finestre ed acceso la lampada sul comodino. Erano appena le sette e Livia aveva intenzione di trascorrere il suo penultimo giorno a Parigi fuori dal letto, lontana dalla camera d’hotel. La sera prima aveva preso una mappa della città dalla reception, l’aveva portata con sé in camera ed aveva segnato minuziosamente ogni località da visitare sulla carta plastificata. Sfortunatamente era caduta in un sonno profondo prima di poter definire un vero e proprio itinerario. 
Quel mattino, dopo essersi svegliata mentre la luna lasciava spazio al sole, sedeva alla scrivania con il laptop, la mappa, l’agenda e diverse penne colorate davanti a sé. Ultimò l’itinerario in pochi minuti, dimenticandosi della colazione ed ignorando il cellulare che vibrava alle sue spalle. La Torre Eiffel, i giardini del Trocadero, l’Arco di Trionfo ed infine il Louvre. Era ancora incerta se lasciarlo per ultimo, quando sentì bussare e balzò dalla sedia per la sorpresa. Si alzò e si diresse verso la porta a passi lenti. Non aveva ordinato nulla, non era certo l’orario delle pulizie, quindi intimorita aprì l’uscio.
“Buongiorno signorina” un signore paffuto, ma impeccabile nella sua divisa, la guardava con occhi stanchi ed amichevoli “la colazione è gentilmente offerta dall’ospite della camera 405. Posso portarla dentro?” strinse le mani attorno al manico del tavolino ed aspettò pazientemente il cenno che Livia fece col capo. 
“Sì”, rispose titubante “grazie mille.” Parlò confusa e si avvicinò al tavolino attentamente.
“Signorina?” la chiamò ancora. Livia sollevò subito lo sguardo verso di lui, sbatté le palpebre e cercò di concentrarsi sulla sua figura senza farsi distrarre ancora dal profumo che quel vassoio coperto emanava.
“Sì?” lo vide avvicinarsi a lei e prendere un bigliettino dal taschino. 
“Quasi dimenticavo” glielo porse con un sorriso, che lei ricambiò, ancora incerto “buon appetito.” La congedò, ed in pochi istanti fu al di là della porta. 
“Grazie ancora.” Mormorò, più a se stessa, lui non poteva udirla più. 
Livia non esitò altri minuti e lesse attentamente il bigliettino che ancora custodiva fra le mani, gelosamente. 
Ti aspetto alle nove davanti alla reception,
non puoi dormire a Parigi. 
Avrai bisogno di energie,
 mi sono accertato che tu ne abbia a sufficienza.
Buon appetito, non fare tardi. 
Sorrise dolcemente e solo in quel momento, quando prese il telefono per chiamarlo e ringraziarlo, si rese conto dei suoi numerosi tentativi di rintracciarla in quella mattinata. Decise di rimandare i ringraziamenti a più tardi, a pochi minuti più in là. Sollevò il vassoio e venne investita da un dolce profumo invitante.
 
Harry osservava smarrito e spensierato l’arazzo alle spalle dei receptionist. Era un arazzo? Era un quadro? Era un arazzo incorniciato? Teneva le mani nelle tasche del cappotto e con i polpastrelli teneva il ritmo della musica che risuonava delicatamente nell’ampia sala. Sembrava essere stato danneggiato, i colori delle figure non erano chiari, quest’ultime non erano perfettamente definite. Il drappeggio dei loro abiti era, diversamente, colorato con tinte vivaci, come lo sfondo verde della natura alle loro spalle. Il suo sguardo si soffermò per diversi secondi anche sui fiori posti sull’angolo della scrivania: il pensiero che potessero essere finti lo distrasse dall’arazzo/quadro che aveva osservato fino a quel momento. Soprattutto, lo distrasse da Livia che usciva dall’ascensore e si avvicinava sorridente a lui. Lo osservava divertita, quell’espressione corrucciata sul volto lo faceva sembrare un bambino più che un uomo. Si fece ancora più vicina e posò la mano sul suo braccio, baciandogli delicatamente una guancia. 
“Grazie.” Sorrise quando lui la notò e si voltò verso di lui. 
“Buongiorno,” le rispose e strinse la mano di lei sul suo braccio “sei pronta?”
“Ho abbastanza energie, almeno credo.” Rise divertita, lui con lei.
“Ti posso assicurare che è esattamente così.” Insieme si avviarono verso la porta scorrevole che li avrebbe lasciati uscire, ma lei si bloccò improvvisamente. Harry si voltò verso Livia puntando il suo sguardo interrogativo in quello di lei.
“E se ci vedessero insieme?” domandò preoccupata. 
“Sei un avvocato, puoi far causa a tutti i tabloid che ci vogliono in prima copertina.” Le rispose con serenamente. Lei rise, lui le accarezzò il volto delicatamente. 
“Sto uscendo dal letto solo per te, bramavo questi giorni come assoluto riposo, ma non so starti lontano quando sei nei dintorni.” Confessò e sollevò le spalle con rassegnazione. Livia gli rivolse un sorriso affettuoso, si avvicinò alla sua guancia e vi lasciò un bacio delicato. 
“Grazie” ripeté “grazie mille.” Si guardò attorno, osservò la strada trafficata e tornò a guardare Harry. 
Metro?” Domandò, imitando l’accento francese, che fece voltare una signora verso di lei, quasi indignata. Entrambi risero alla sua espressione, poi Harry le indicò un punto non lontano da loro. 
“Si chiama Yvan e ci accompagnerà, senza lasciarci un attimo. Non è la mia guardia del corpo, semplicemente il mio autista, ma oggi sarà entrambi perché potrei aver accidentalmente prenotato due biglietti per il Louvre e non è molto sicuro andarci da soli.” Livia lo guardò a disagio, pronta a replicare, ma lui la anticipò. 
“Il Louvre, Livia. Le Louvre” imitò anche lui il francese “non puoi dire di no.” Lei scosse il capo.
“Non posso” confessò sottovoce, lui rise e la portò con sé verso la macchina “come posso ringraziarti?”
“Essendo felice” aprì la portiera per lei “accompagnandomi in un paio di negozi che devo vedere prima delle prove del concerto” lei sorrise ad annuì, aveva previsto qualcosa di simile “e venendo alle prove del concerto, magari?” sorrise, sedendosi accanto a lei. Si avvicinò a Yvan e questi partì immediatamente. 
“Posso farlo.” Affermò, voltata verso il finestrino.
“Allora posso offrirti anche il pranzo.” Le accarezzò la gamba, lei gli colpì la mano.
“Harry!” Lo rimproverò, certamente non per la mano. 
“Livia, non ci vediamo mai e quando ci vediamo siamo sempre da te.” Si appoggiò al sedile, la strinse contro il suo petto. Livia sospirò e incastrò i polpastrelli fra il tessuto del suo maglione. 
“Non dovrebbe essere un problema per te, se non lo è per me.” Le lasciò un bacio fra i capelli ed avviò la musica nel piccolo abitacolo. Livia sollevò lo sguardo verso di lui, che sorrise. Lei scosse il capo e tornò a poggiarsi sul suo maglione ed a tracciane la trama con le unghie. 
 
“Dicono che Champoiseau fosse attratto dal seno in maniera ossessiva.” Sussurrò voltandosi verso di lui “È la mia preferita.” Mormorò, quando si fece più vicino. Guardava la Nike di Samotracia con occhi sognanti ed Harry sorrideva alla vista di una Livia tanto insolitamente spontanea.
“Non lo biasimo” entrambi risero, lui si avvicinò ulteriormente “credevo fosse Amore e Psiche.” Livia scosse il capo, lui la osservò interrogativo. 
“Quella non vale” sollevò le spalle “guarda, sembra che sia sempre pronta a spiccare il volo, Harry.” Tornò a voltarsi e lo avvicinò a sé, stringendogli la mano. 
“Ha le ali per farlo, forse ha solamente paura.” Sussurrò accanto al suo orecchio. Livia sollevò per un attimo gli occhi nei suoi, poi li allontanò e raggiunse il suo sguardo sulla maestosa statua di marmo che li vegliava dall’alto. 
 
Livia aveva insistito perché pranzassero nel ristorante del museo: era una sua personalissima usanza, era solita farlo perché, lei diceva, chiudeva la visita con bellezza. Harry non si era imposto, sorridente aveva accettato la sua proposta solo per vederla sorridente negli attimi successivi. 
Durante il pranzo avevano parlato d’arte e di musica – anche la musica è arte, aveva detto lui, e Livia non aveva osato replicare. Prima di lasciare il museo avevano speso un’altra ora nel negozio di souvenir ed entrambi ne erano usciti a mani piene. Livia diventava una bambina in posti come quello, Harry poteva dire senza vergogna di perdere tutta la sua dignità fra quelle tele a basso costo e quelle inutili matite, ma così belle, che non avrebbe mai usato. 
L’aveva portata sugli Champs-Élysées, ed entrambi incantati dalle luci natalizie che già costellavano la famosa avenue parigina, avevano passeggiato per gran parte del pomeriggio. Inevitabilmente avevano speso molto del loro tempo, e denaro, in alcune delle boutique più prestigiose, ma il tutto non era stato seguito da alcun rimpianto. Era Harry a portare il maggior numero di buste con sé, Livia custodiva gelosamente la borsa di Chanel nelle mani e temeva anche lo sguardo dei passanti.
“Non ti ruberanno un profumo, Livia.”
“Potrebbe entrarci una borsa qui dentro!”
 
L’AccorHotels Arena la incantava come il resto degli edifici che aveva avuto modo di vedere in quella lunghissima giornata, e si chiedeva come fosse possibile che a Parigi ogni cosa la incantasse in quel modo. 
“Sembra emergere dalla natura” disse Harry “ma ci sono molti altri motivi per cui la adoro.”
“Come ad esempio?” Lui sorrise e la curiosità di Livia aumentò in pochi secondi.
“Cosa c’è?” Incalzò. Harry si avvicinò al suo corpo infreddolito, Livia si scontro col muro freddo del backstage. 
“Vieni al concerto domani?"

Salve a tutti, cari lettori! Spero che la lettura scorra per voi piacevole, come per me la stesura di queste pagine. Non esitate a lasciare la vostra opinione se vi va. Vi ricordo che gli aggiornamenti saranno quotidiani, questo è il vostro calendario dell'avvento. Un bacio e a domani, Zoe xx
   
 
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