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Autore: Zoe__    09/12/2019    1 recensioni
"Guarda, sembra che sia sempre pronta a spiccare il volo, Harry.” Tornò a voltarsi e lo avvicinò a sé, stringendogli la mano.
“Ha le ali per farlo, forse ha solamente paura.” Sussurrò accanto al suo orecchio. Livia sollevò per un attimo gli occhi nei suoi, poi li allontanò e raggiunse il suo sguardo sulla maestosa statua di marmo che li vegliava dall’alto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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24 Dicembre
 
Non poteva odorare la cannella, ma poteva udire il focolare scoppiettare, in casa poteva provare emozioni simili a quelle Parigine, nonostante fosse ancora sola e la casa fosse perfettamente in ordine, senza chiasso e musica ad alterarne la perfezione. 
L’appartamento era stato decorato da Livia con dedizione ed impegno. Aveva deciso di mantenere un solo tema, scegliendo il bianco come colore predominante – avrebbe reso la casa in perfetta armonia con l’esterno sommerso dalla neve. Completò l’allestimento la mattina della Vigilia di Natale, poche ore prima dell’arrivo della sua famiglia ed il resto dei suoi ospiti.
Il corrimano era cinto da una folta ghirlanda verde, a sua volta decorata con lucine gialle ed intermittenza – Livia le aveva impostate in modo che si accendessero e spegnessero lentamente, senza dare troppo nell’occhio. Aveva aggiunto dei piccoli fiocchi rossi seguendo la trama delle lucine ed insieme avrebbero guidato gli ospiti al piano superiore per il bagno e le camere, in caso di estrema necessità. Aveva disposto, rispettivamente, un pinguino, un orso polare, una renna ed un Babbo Natale di pezza alla base delle scale, davanti alla porta che conduceva alla seconda rampa, e davanti alle porte. Si consolava pensando che avrebbe donato tutte quelle decorazioni, aveva speso fin troppo tempo e denaro, ma non se ne pentiva se c’era quel pensiero a consolarla. L’albero di Natale era posizionato accanto al pianoforte, all’ingresso. Sperava che qualcuno sapesse come suonarlo, sarebbe stato un momento memorabile nella sua nuova casa – affittata. Era decorato con palline rosse e dorate, ornato da festoni e fiocchi bianchi. Lo guardava con una certa punta d’orgoglio e si vedeva in piedi accanto ad esso ad accogliere i suoi ospiti. Il soggiorno e la libreria avevano ricevuto attenzioni speciali, con ghirlande e candele ad illuminarle. C’era una grande ghirlanda anche sul portone d’ingresso, decorata con fiocchi rossi. Era stata la prima cosa che i suoi genitori avevano notato non appena le porte dell’ascensore si erano aperte, lasciando modo ai loro occhi di posarsi su di essa ed osservarla stupiti. Non era la sua bellezza ed eleganza, ma il semplice fatto che fosse tutto ad opera di Livia e di nessun’altro ad ammaliarli. Non era mai stata una persona creativa ed incline a decorazioni sfarzose, ma aveva imparato ad amare il Natale dopo il primo trascorso in Inghilterra, nel suo studio Londinese. Di conseguenza non aveva potuto fare a meno di portare con sé a New York lo spirito inglese che l’aveva contagiata. Con lei c’era anche il suo maglione natalizio, ma lui non le aveva risposto e Livia aveva continuato ad ignorare il senso di disagio che provava ogni volta che lo vedeva piegato sulla sedia ai piedi del letto. Aveva reagito a quel rifiuto decorando la casa al meglio, per se stessa, per i suoi ospiti e per la convinzione che prima o poi avrebbe bussato alla sua porta chiedendole il maglione piegato sulla sedia ai piedi del letto. Simili pensieri patetici le offuscavano la mente quando doveva rimanere lucida, specialmente davanti alla sua famiglia.
Fece un ultimo giro della casa prima di una lunga doccia calda, prima di prepararsi e presentarsi al suo pubblico come una perfetta padrona di casa – affittata. 
 
“Che bella casa che hai trovato, Livietta.” Il papà teneva fra le mani un bicchiere di spumante, elegante e posato. Livia gli sorrise e gli accarezzò una guancia prima di rispondere. 
“Grazie, papà. C’è parte del mio lavoro dell’ultimo anno in questa casa, ne sono molto gelosa.” Gli pizzicò la guancia e si allontanò per controllare la cena, in forno. Gran parte degli ospiti era già arrivata, alcuni affollavano il soggiorno, altri la cucina nel tentativo di aiutarla con la cena che aveva deciso di ultimare in totale autonomia.
“Io ne sarei molto fiera.” Sua madre si avvicinò a lei e sorrise dolcemente, sistemandole una ciocca di capelli dietro le spalle, lasciando che i suoi ricci sfiorassero la stoffa vellutata del suo abito rosso. Livia ricambiò il suo sorriso affettuoso e subito venne stretta in un caldo e forte abbraccio, fatto d’amore e braccia materne, incredibilmente accoglienti. 
Si guardava attorno fieramente e gelosamente, esattamente come le aveva suggerito la mamma e come lei stessa aveva confessato a suo papà. Tutto quello era opera sua e non esitò ad annunciare un brindisi in onore di quella serata. Tutti si unirono, anche il suo collega seduto al piano ed improvvisatosi pianista. Li guardava tutti con grande riconoscenza, un sorriso dolce in volto, le sue labbra pitturate di rosso dimostravano tanta serenità, così diritte all’insù. E tutti ricambiavano il suo sorriso, lieti e grati per una personalità simile, quella dolce e sincera di Livia. 
 
Harry aveva certamente ricevuto il messaggio, visualizzato il messaggio ed ignorato il messaggio, non prima di aver segnato il suo indirizzo nell’agenda ed aver deciso di ignorare anche questo. Sei qui a New York, in questo costosissimo-ma-non-per-te albergo tutto solo, Harry, perché Livia non pensa ne valga la pena di lottare per voi due ed ha deciso di partire per New York da sola. Quei pensieri tanto stolti gli provocavano inspiegabili ed incurabili mal di testa, cercava di evitarli e di arrovellarsi tanto su domande così faticose. Nei giorni successivi alle registrazioni, al lavoro ed alle interviste, Harry aveva deciso di prendersi cura di se stesso, inaugurando così uno dei propositi per il nuovo anno con qualche giorno in anticipo. Fiero di se stesso, aveva mantenuto un ritmo costante diligentemente, fin quando il giorno della Vigilia di Natale si era ritrovato completamente solo, senza alcun impegno. Oh, gli inviti strabordavano e la sua casella delle e-mail da leggere era colma ed esausta. Tutti volevano Harry Styles a Natale, ma evidentemente Harry Styles non voleva nessuno di tutti loro con lui. Si svegliò di cattivo umore e cercò di allontanare quella sensazione correndo, poi nuotando e finendo per trascorrere l’intera mattinata in palestra. C’era qualcosa che poteva pur funzionare sul suo umore precario, semplicemente non riusciva a trovarlo, forse aveva il suo indirizzo, ma preferiva tenerlo in agenda ed ignorarlo.
Da quanto tempo sei cosi orgoglioso?, si chiese, guardandosi allo specchio, un solo asciugamano legato in vita ed il petto nudo e gocciolante. Cercava motivazioni reali, non voleva limitarsi a definizioni come “sei uno stupido”, “sei un bambino”, “sei infantile”, “sei sostenuto”, perché erano etichette facilmente adattabili su ognuno e molte volte si erano adagiate scomodamente accanto al suo nome. Andiamo, perché tutto questo orgoglio, Harry? Posò le mani sullo specchio, la fronte contro di esso ed inspirò profondamente. Per niente al mondo avrebbe desiderato una punta d’orgoglio nel suo corpo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per liberarsene, se solo fosse stato in grado di muoversi ed uscire da quelle quattro mura che ormai erano per lui un rifugio insicuro. Guardò ancora una volta la stanza spoglia da qualsiasi addobbo, la neve che cadeva lente al di là della finestra e le decorazioni che ornavano bar, ristoranti e negozi. Avrebbe trascorso il giorno pattinando al Rockefeller Centre, sicuro dell’assenza dei giornali e dei fotografi, ma Livia non era con lui e non aveva mai amato pattinare da solo. Se fosse caduto, nessuno avrebbe riso per poi risollevarlo. Uscì, i capelli ancora bagnati sulla nuca ed un cappellino scuro a ripararli dal freddo. In mano, la sua agenda. 
 
Era da poco scoccata la mezzanotte, New York festeggiava il Natale e la neve la ricopriva lentamente, dolce e silenziosa. La casa di Livia profumava di cioccolata calda e dolci alle noci, quelli che sua mamma aveva portato per lei dall’Italia. L’aria calda ed accogliente era palpabile in ogni angolo di quella casa e nessuno era da solo, tutti parlavano animatamente e gioiosamente, e lo sguardo di Livia si posava su ognuno dei loro volti felici, serenamente. Tutto procedeva ordinatamente, secondo le sue modestissime aspettative. I suoi colleghi inglesi avevano apprezzato la sua cena più di quanto potesse immaginare, mentre sul successo delle bevande non aveva avuto dubbi. La mamma era rimasta al suo fianco per tutta la durata della cena, aiutandola, ma non soffocandola. Livia le doveva anche quello, ogni cosa e ne era pienamente riconoscente. Il fatto che non l’avesse lasciata neanche per un istante, dal momento in cui era entrata in quella casa al momento in cui ne era uscita, le aveva scaldato il cuore per tutta la serata ed aveva distolto la sua mente da pensieri superflui.
Prese le loro giacche dalla sua stanza, il suo sguardò inciampò nel maglione, ma scese velocemente le scale per vedere i genitori che la aspettavano sulla porta. Li aiutò, li attese mentre finivano di prepararsi e li strinse quando furono pronti a salutarla verso l’indomani. 
“Thomas ha dimenticato qui il suo zaino, sta tornando a riprenderlo.” Bloccò il cellulare e si avvicinò alla porta non appena sentì il campanello suonare. 
Harry stava in piedi sulla soglia della porta, il naso rosso e le labbra dello stesso vivido colore. Guardava Livia senza battere ciglio, provando un forte disagio alla vista dei genitori alle sue spalle, che per diversi istanti lo tentò a voltare i tacchi andarsene. 
“Harry?” Livia si avvicinò a lui, socchiudendo la porta alle sue spalle. 
“Livia” sputò fuori, quasi urlando, la ragazza davanti a lui aggrottò un sopracciglio “Livia” ripeté, più calmo “Livia, sono… sono ancora in tempo?” la porta alle spalle di Livia si aprì, timidamente ne uscirono i genitori, salutando entrambi. 
Livia attese che fossero sufficientemente lontani, poi senza parlare lasciò ad Harry spazio per entrare. Il calore lo investì immediatamente, come una folata di vento caldo sul volto ed i suoi occhi balzarono su ogni decorazione, luce, pupazzo di stoffa, prima di fermarsi su Livia, che silenziosamente lo osservava. Il suo sguardo rimase su di lei più a lungo e le sue pupille verdi si spostarono lentamente sul suo corpo, soffermandosi sulle curve messe in risalto dal velluto rosso e finirono sul suo volto, evitando il suo sguardo interrogativo. 
“Vuoi darmi la giacca?” Livia si avvicinò a lui, le mani le tremavano a mezz’aria, ad un passo dal suo corpo. Posò i polpastrelli attorno al suo braccio, lo accarezzò col pollice. Si fermarono entrambi in quel momento, Harry le circondò il polso e la avvicinò a sé.
“Harry” lo richiamò, stringendo ulteriormente le dita attorno al suo braccio “Harry” Gli sollevò il volto, stringendolo nella sua mano “che ci fai qui, oggi?”
“Non volevo stare con nessun altro” deglutì “posso stare con te?”
Livia non lo lasciò parlare ancora, si fece più vicina alla sua bocca e lo baciò. Le braccia di Harry la cinsero immediatamente, stringendola forte al suo corpo, quasi a volerne imprimere la forma sul suo. 
   
 
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