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Autore: BabyLolita    10/12/2019    1 recensioni
Ricordi di un passato ormai lontano. Di come un'amore ormai decaduto, sopravviva ancora ad un presente che, sempre più, ti allontana da ciò che hai amato di più al mondo. Un racconto un po' romanzato un po' reale. Qualcosa che il tempo non sta riuscendo a cancellare in nessun modo...
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La pioggia cadeva incessante. Lo ricordo come fosse ieri, ma non resta che un ricordo lontano. Pioveva, faceva freddo, eppure io sentivo un dolce tepore. Nella città senza tempo, dove le luci ti abbagliano, giro scoperta dei miei timori. Le gocce mi bagnano, i capelli si inzuppano, i vestiti gocciolano. Le lacrime si mescolano con l’acqua.
Ma per cosa sto piangendo? Perché lo sto facendo? Non sento dolore. Il dolore è sparito da tempo, ormai. Che siano lacrime di gioia? Ah. Forse è così. Non lo so, non mi era mai successo prima. Però… è bello. Questa sensazione, questa emozione. L’imprudenza di viaggiare da sola nel buio non mi fa paura. Questa città la conosco. Mi appartiene. Questi luoghi sono ormai casa mia.
Chiudo gli occhi e cammino nel buio della mia mente. Non c’è più nulla di doloroso. Solo luce nel buio.
Ah, si, ora lo ricordo quel calore.

   «Si può sapere cosa stai facendo?! Perché non mi hai aspettato dentro?!»

Ahhh… quella voce.
Ora ricordo. Ricordo dove sono. Ricordo perché sono qui. Ricordo chi sono. Mi volto, ed il ricordo si trasforma in realtà. Ha la faccia corrucciata, preoccupata nel vedermi zuppa d’acqua. Si avvicina a me con passo svelto arrabbiato perché, come al solito, ho fatto di testa mia.

   «Ti ammalerai, razza di incosciente.»

Lo guardo mentre mi avvolge con la sua sciarpa e mi mette addosso il suo cappello che mi va grande. Scivola oltre le mie orecchie. Sorrido. Amo quel cappello. Sollevo lo sguardo, incrociando il suo ancora duro. Gli sorrido, perché so che non è arrabbiato davvero. Non ci diciamo niente. Ma, infondo, fra di noi non è mai servito. Ed eccolo lì, finalmente. Quel sorriso, il suo. Quel sorriso che ho visto mutare nel tempo. Quel sorriso che è cambiato per me. Quel sorriso che ha cambiato me.

   «Sono tornata.»

Lui ride, ed è il suono più bello di sempre.

   «E sei bagnata.» Lo squadro, divertita, e lui mi pizzica il fianco. «E sei incorreggibile.»

Gli faccio la linguaccia e lui si avvicina. Io mi allontano.
Non ancora, penso, anche se il mio corpo grida altro.

   «Che c’è?» mi chiede, allarmato.

Adoro vederlo allarmato, mi fa capire quanto tiene a me.

   «Non lo hai ancora detto.»

   «Cosa?»

   «Mmmm…»

Lo osservo, divertita.
Lui alza gli occhi al cielo, rassegnato.

   «Ti amo, scema.»

Ora sono io a scoppiare a ridere. Tutto torna al suo posto con tre semplici parole. La pioggia perde di importanza. Il tempo smette di girare. Si ferma a guardare noi, nell’attimo perfetto. A quel punto, lo lascio avvicinare. Ogni volta è un’avventura diversa. Ogni gesto, anche se uguale, sembra sempre nuovo.
Che sapore ha la felicità? Non saprei dirlo con certezza. Ma, sapete, non molti hanno il lusso di poter dire di averla scoperta e vissuta davvero.

   «Adesso andiamo, ci aspettano. Ma prima a casa, devi cambiarti.»

Ordini. Sempre a darmi ordini. Ma gli ordini dati con affetto, alla fine, sono ordini che ascolto volentieri. Sono sempre stata un po’ pazza, fuori dalle righe, al di là degli schemi. Mi sono sempre sentita inadatta per questo. Pensavo che nessuno mi avrebbe mai accettata per quella che ero. Tutti, in un modo o nell’altro, avevano sempre cercato di cambiarmi. La rassegnazione era parte di ciò che vivevo quotidianamente. Ma poi, quando si è pronti (dicono), le cose cambiano. Arrivano persone che ti cambiano senza farlo davvero. “Ma sei pazza? Io ti amo proprio perché sei così, non cambiare mai”. Essere accettati per quello che si è il regalo più bello di sempre. Il tempo passa, ma ci osserva curioso. Due casi fuori da ogni logica che si incontrano, dandosi fastidio fin dal principio, finendo poi in quello che si doveva essere.
Che gusto ha la felicità? Che domanda sciocca. Da quando la felicità ha un sapore? Beh, forse ha anche quello, fra le tante cose che può offrire. Ha il sapore di un bacio sotto la pioggia, il calore di una sciarpa calda mentre il corpo congela, i brividi di un sorriso che ti scuotono nel profondo. Che colore dai alla felicità? Il colore del mondo che vedo in quello sguardo. Vi siete mai accorti delle sfaccettature che hanno gli occhi? Di come, un semplice colore, possa racchiudere tutti gli altri? Avete mai visto l’arcobaleno nello sguardo di qualcuno mentre vi osserva? Avete mai guardato il cielo, osservandone la vastità, rendendovi conto che non ve ne fregava nulla perché tutto ciò di cui avevate bisogno lo avevate proprio accanto? Il mondo è magico perché è inaspettato. La magia è ovunque, basta sapere dove guardare. Un gesto, un silenzio, un sorriso. Quante parole gettiamo al vento quando basta un semplice sguardo a dire tutto? Quanto tempo perdiamo nel farci domande, quando basterebbe godersi la magia del presente?
Le lancette corrono sull’orologio, ed io cerco di afferrarle. Mi sembra tutto così rapido, così irreale.
Come sono arrivata qui? Mi merito davvero tutto questo?

 

La macchina è calda, i sedili riscaldati. Mette in moto, e tutto riprende a scorrere. Le luci, le auto, i clacson, il caos. Ho sempre bramato il caos, il caos è casa mia. Le persone gridano, imprecano, impazziscono ed io rido. Rido perché, nella disperazione generale, io riesco a ridere di felicità pura. Non ho bisogno di altro. Il cielo non è più un limite, sono ormai ben più su di lì. Nelle profondità della mia oscurità, sono stata trovata. Nella parte più buia della mia anima, qualcuno è arrivato a fare chiarezza. Le immagini scorrono, ma io sono ferma nella mia bolla. In questa bolla che è stata creata non so quando, ma che mi culla ogni volta, trovo conforto.

Casa è fredda, ma anche qui, non sento freddo. I ricordi riemergono ancora. Diventano elementi preziosi. Fotografo ogni cosa, non sapendo mai quando arriverà la parola “fine”. Il pessimismo mi prende, spesso quando non dovrebbe. La paura mi mangia, spesso quando la felicità arriva a traboccare dal vaso.

   «Posso chiederti perché fotografi sempre tutto?»

   «Perché sono pazza.»

Come esprimere la verità? Come dire che non voglio perdere nulla, sapendo che la mia mente cancella rapidamente?

   «Cambiati pazza, ci aspettano.»

Apro il borsone e tiro fuori un cambio. Jeans neri, maglia con i teschi, anfibi ai piedi. Lego i capelli ormai arricciati e tolgo le lenti mettendo gli occhiali. Lui osserva ogni mio movimento, come se stesse guardando un film. Allora rallento. Mi piace la sensazione di essere osservata da lui.

   «Faremo tardi.»

   «Possono aspettare. Io ho aspettato una settimana, loro possono attendere qualche minuto.»

Lui scoppia a ridere, ancora.

   «Pensi di essere l’unica ad aver aspettato?»

Si alza, avvicinandosi a me. Lo fermo.

   «Beh… tu sei sempre cooooooosì impegnato.»

   «Eppure riesci sempre a venire a rompermi le scatole.»

   «Solo perché so di poterlo fare. E perché tu me lo lasci fare. Se non lo facessi, saresti triste.»

   «Già. Terribilmente triste.»

La sua sincerità mi trapassa. Non mi aspettavo quella risposta. Rimango stordita qualche secondo, e lui ne approfitta.
Ahhh... gli effetti a sorpresa. Mi coglie sempre alla sprovvista, fa parte del pacchetto “stare con uno così”. Come può qualcosa essere così in perfetto equilibrio? Com’è possibile che riesca sempre a fare qualcosa che non mi aspetto?
Domande. Alla fine, mi pongo sempre delle domande.

   «Ti ho preso una cosa.»

Si allontana da me, controvoglia, ed estrae dalla tasca del cappotto una scatoletta.

   «Che c’è? Vuoi chiedermi di sposarti, per caso?»

Il suo sguardo si fa serio. Per un attimo, mi paralizzo. Restiamo fermi ed in silenzio. Il tempo, ancora una volta, si mette in attesa. Le gocce di pioggia battono incessanti sul vetro della finestra. Deglutisco a fatica, in trepidante attesa.
Cosa mi aspetto? Cosa risponderò? Oh, andiamo, nemmeno sai cosa c’è in quella scatoletta. Ma se fosse… a chi importa? Lo sai benissimo che ti andrebbe bene. Sai benissimo che hai già accettato tutto di lui, come lui ha accettato tutto di te.

Apre la scatola. Una collana con un brillante fiocco di neve compare sopra una stoffa di velluto nero. Il cuore si ferma, un po’ deluso ed un po’ emozionato.

   «Per la mia regina dagli occhi di ghiaccio.»

   «Che si è sciolta per te.»

   «Rischi del mestiere. Avresti dovuto saperlo, quando ti sei avvicinata a me.»

   «Come tu avresti dovuto sapere cosa ti sarebbe successo avvicinandoti a me.»

Ci sfidiamo con lo sguardo. Due teste dure che si fanno la guerra ogni giorno, solo per la gioia di far pace subito dopo. Estrae la collana dalla scatola e si avvicina a me. Me l’avvolge al collo. Sento le sue mani calde sfiorarmi, mentre la collanina fredda accarezza il mio collo. Mi avvicino allo specchio e mi osservo, lui compare accanto a me, appoggiandosi con il mento alla mia spalla. Vorrei scattare una foto ma decido che, almeno per questa volta, sono certa che la mia memoria non cancellerà quest’immagine così perfetta. Mi appoggio a lui.

   «È bellissima.»

   «L’ho vista e ti ho pensata. A nessun’altra sarebbe stata così bene come sta a te.»

Il mio cuore perde un battito, di nuovo.

Da quando ho iniziato a sentirmi così? Da quando il mio fiato si taglia? Da quando sento le farfalle nello stomaco? Da quando tremo al solo pensiero della sua presenza?

Lo osservo e per l’ennesima volta mi perdo nei suoi occhi.

   «Hai un mondo dentro.» Gli ripeto per l’ennesima volta.

Quelle parole ci legano da molto prima. Quelle parole, gli hanno fatto capire che io lo capivo.

   «Già, e sei l’unica che riesce a vederlo.»

   «Solo perché me lo permetti.»

   «No. Solo tu ne sei in grado.» Mi afferra la mano, le dita si intrecciano. «Tu mi vedi per quello che sono, e nessun’altra ci era mai riuscita prima. Ti amo per questo, non sai quanto. Sono il tuo guerriero, e ti proteggerò sempre.»

   «Ed io sarò sempre qui per darti forza. Qualunque cosa accada.»

   «Per sempre?»

   «Per sempre.»

   
 
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