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Autore: viola_capuleti    18/12/2019    2 recensioni
Raven ha sempre avuto la certezza di essere una ragazza normale, nonostante la famiglia ristretta alla madre Elen e l'amico di famiglia Andrea che non la lasciano mai sola, i numerosi traslochi e la vistosa cicatrice che ha sul petto.
Ma tutto cambierà quando un misterioso uomo comparirà davanti a casa sua, insieme ad un particolare trio di ragazzi, proprio quando sua mamma dovrà andarsene di casa per lavoro e un misterioso coniglio albino le farà compagnia nei suoi sogni per avvertirla di un pericolo.
Scoprirà ben presto di far parte di una relatà ben più grande di quanto avrebbe mai potuto immaginare...
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 24
Fidarsi è bene, prepararsi a soffrire anche

 
Raquel guidava adagio sulla strada bagnata dalla pioggia insistente del pomeriggio. Beast, seduto davanti, stava con il gomito appoggiato alla portiera dell’auto e la mano puntata sotto il mento, intento ad osservare le gocce di pioggia scivolare giù per il vetro.
La pioggia gli dava un senso di… pericolo.
Nei film non succedeva mai nulla di buono quando pioveva e lui era convinto che succedesse la stessa cosa anche nella realtà. Insomma, era una cosa buona solo per l’ambiente quando scendeva in buona misura, altrimenti anche lì diventava un pericolo: nubifragi, alluvioni, per esempio.
Perché mai Milord aveva deciso di dividerli? Forse i loro inseguitori avrebbero lasciato perdere il gruppo senza la Portatrice, vero, ma potevano anche essere un buon bersaglio. D’altra parte Raven era sorvegliata da due miseri mezzo demoni: quanti uomini poteva chiamare Regina per catturarla? Tantissimi, quindi aveva anche un minimo di senso il fatto di lasciar andare i deboli per i conti loro, per incontrarsi in un punto prestabilito.
Se così era, erano già stati attaccati? Avevano già preso Raven?
Forse.
Per distrarsi, chiese a Matisse come stava, dato che non la sentiva parlare da un pezzo e, guardando nello specchietto, aveva il viso terreo e un’espressione che non gli piaceva affatto.
-Tutto bene Mati? Hai una faccia da fare spavento. -.
-Ho una brutta sensazione. -.
-Anche tu? Siamo a posto. Raquel, anche tu hai brutte sensazioni? -.
Lei non rispose.
Beast studiò il suo modo di tenere il volante, la rigidità delle braccia e lo sguardo fisso alla strada. Sì, anche lei era nervosa.
Attraversarono una città che avevano già attraversato durante l’andata verso la baita. Erano quasi a casa quindi. Non vedeva l’ora di scendere da quell’auto e vedere Milord.
Sarebbero andati all’Inferno, nella Resistenza. Non stava nella pelle dall’emozione, finalmente sarebbe andato nella sua terra natia (da parte di padre).
Si ricordava a stento il viso del suo genitore demoniaco: capelli fulvi, occhi a mandorla e un bel sorriso. Sua madre era una donna di origini americane, da cui aveva preso molto dall’aspetto fisico. Dal padre solo gli occhi dal taglio orientale, ma non per quello somigliava ad un orientale.
Sua madre un giorno l’aveva abbandonato spiegandogli brevemente cos’era e da cosa doveva stare in guardia, poi lo aveva lasciato per sempre. A quattro anni. L’aveva odiata per quello.
Per qualche settimana aveva girovagato senza meta sfuggendo ai Cacciatori di Regina, incredibilmente sempre per un pelo, fino a che non si era imbattuto in uno strano mezzo demone che si occupava di una bambina di razza angelica che lo aveva tirato fuori dai guai quando lo avevano sorpreso a rubare.
Jaguar poteva essere considerato senza problemi un secondo padre più che un fratello, dato che aveva dovuto educarlo una seconda volta (stando nelle strade si era inselvatichito molto e si comportava da vero cane randagio), vestirlo, mantenerlo e dargli un tetto.
Gli aveva regalato una chitarra e gli aveva insegnato a trasformarsi completamente, dato che prima d’incontrarlo sapeva solo tirare fuori le orecchie e la coda da Akita.
Poi incontrarono Milord e la loro vita prese una piega decisamente migliore: si trasferirono in una casa lussuosa, dove non mancava niente, e iniziarono a lavorare per una causa di cui andare fieri.
Aveva ammirato Milord dal primo istante in cui lo aveva visto: naturalmente il suo bell’aspetto dava da solo una buona impressione.
A quanto pare però a lui non piaceva un granché, dato che non si era mai rivolto a lui chiamandolo per nome, ma solo con nomi che si sarebbero dati ad un cane che si comportava male o Lessie. Solo recentemente lo aveva chiamato Beast, quando stava male.
A quanto pare stava male davvero.
Si distrasse dai suoi pensieri a causa del profumo sprigionato da Matisse, che gli fece pensare ad altro per un attimo, prima che l’auto si bloccasse di botto.
 
***
 
Sembrava il set di un film degli orrori: era in un corridoio con pareti di pietre cementate fra loro, illuminato da alcune fiaccole, una ogni cella che oltrepassava. Erano prigioni, sicuramente.
 Perché stava sognando delle prigioni?
Si sentiva stranamente emozionata al pensiero che stesse per incontrare Morfeo di nuovo. Che avrebbero fatto questa volta? Sperava non le facesse qualche scherzo, in un posto così lugubre. L’ultima volta si erano parlati abbastanza a lungo e lei aveva trovato che oltre ad essere attraente era piuttosto simpatico e divertente, nonché galante.
Quella cosa che lui aveva chiamato Legame se lo sentiva scaturire dal petto per tutto il tempo in cui restarono insieme e a volte anche quando pensava a lui.
Le celle erano tutte vuote. Faceva un bel po’ di freddo là sotto e lei si strinse la felpa addosso, accelerando il passo. Sembrava non avere fine quel corridoio maledetto.
Passò davanti ad una cella in cui intravide una macchia bianca e tornò indietro per ricontrollare. Non aveva visto male: incatenato alla parete c’era Morfeo. Quando lui alzò il viso un incredibile livido bluastro attorno al suo occhio destro la fece inorridire.
Si slanciò verso la porta della cella e l’aprì, scivolando ai suoi piedi all’altezza dei polsi incatenati. Provò a forzare la serratura, ma non successe un accidente.
-È inutile. – l’avvertì lui –Mi spiace mia cara. -.
-Cosa ti è successo? Chi è stato a farti questo? – chiese sentendo un formicolio alla cicatrice.
-Gli uomini di Regina. Sono stanchi di aspettare e mi useranno per convincerti a consegnarti spontaneamente. – rispose lui lasciandosi accarezzare sotto il livido –Tu non stare a sentirli e vai alla Resistenza, ignorami. -.
-Cosa ti faranno? Se non mi presenterò? -.
-Di questo non ti devi preoccupare. -.
Morfeo girò la faccia dall’altra parte, ma Raven lo costrinse a guardarla e ripeté la domanda, sperando che non desse la risposta che pensava. Il demone albino chiuse gli occhi e rispose: -Mi faranno altro male, non preoccuparti. Lo sopporto abbastanza come l’ho sopportato fino ad adesso. -.
-Se decidessero che non basta? – sbottò lei prendendolo per le spalle –Se ti uccidessero? -.
-Almeno ti ho conosciuta. -.
-Non scherzare. -.
-Io sono serio Raven, mia cara. -.
Lei si guardò attorno, odiando quelle pareti che trasmettevano freddo e le facevano venire un groppo alla gola pensando a cosa Morfeo aveva passato tra quelle mura.
-Cambia sogno, subito, mi sento male qui. – balbettò.
I muri cambiarono e la cella prese l’aspetto dello studio del demone, un ambiente sicuramente più confortevole e familiare a lei, avendoci passato un sogno intero con lui a parlare come se fossero amici che si conoscevano da un pezzo senza preoccupazioni, invece che due persone che si conoscevano da quasi due settimane l’una con una missione da compiere e l’altro imprigionato in una cella da anni.
-È colpa mia se ti hanno fatto del male. – disse con sensi di colpa che le facevano salire le lacrime agli occhi fissando quel livido bluastro che rovinava il bel viso del demone albino –Mi dispiace. -.
-Non è colpa tua. – la smentì lui facendola sedere sul confortevole divano -Devi sapere che è un po’ colpa mia se sono in prigione. -.
-Ti useranno come esca per attirarmi. Perché sono il tuo Legame e sono la Portatrice. -.
-Mia cara, non voglio che vieni a liberarmi. Sii testarda ed insensibile e vai alla Resistenza: lì sarai molto più utile che al posto mio. Tanto non sarei accettato fuori dalle prigioni. Sai com’è… ho rovinato tutto già una volta, sarebbe la seconda questa. Andando dai ribelli ti allenerai e potrai liberarmi con calma. -.
-Potrebbe essere troppo tardi. Non potrei sopportare che tu non ci fossi più a causa mia. -.
Morfeo ammiccò, perplesso: -È il Legame che ti fa dire queste cose? -.
-Non lo so. -.
-In ogni caso non venire. – ribadì serio Morfeo–Anche io non sopporterei di saperti qui, al posto mio, a subire le mie stesse torture. Sono una persona codarda ma… questo devo dirtelo: mi è piaciuto stare con te. -.
-Anche a me, ma non usare il passato. Troverò il modo per portarti con me. Ho già perso Andrea… -.
-Andrea? L’angelo Andrea? – chiese Morfeo.
Raven annuì mestamente e il demone albino disse: -Sta bene, non preoccuparti. Se qualcuno può sognare vuol dire che è vivo. -.
La ragazza sentì la cicatrice emanare calore per un attimo.
-Davvero? -.
Morfeo annuì: -Lui è il figlio di una cara amica: lo tengo d’occhio da molto tempo, da quando è Caduto. -.
-Quindi sta bene davvero? -.
-È solo ferito, mia cara. Si rimetterà molto presto. -.
-Oh signore… - gemette Raven appoggiandosi allo schienale del divano, coprendosi la faccia con le mani –Grazie grazie grazie… -.
Avrebbe pianto se non fosse stata così contenta per quella notizia.
Morfeo si mosse accanto a lei, a disagio.
-Non posso impedirti di fare qualcosa. – continuò, stringendosi le mani l’una con l’altra –O fartelo promettere, se è per questo. Ma vorrei che mi promettessi comunque di fare attenzione. In ogni caso. -.
Raven abbassò le braccia e lo guardò, trovandolo molto abbattuto.
-Sono il tuo Legame: puoi fidarti di me. – gli disse, abbracciandolo.
Non era una cosa che faceva normalmente, soprattutto con qualcuno che conosceva da così poco, ma sembrava davvero averne bisogno.
Il demone si irrigidì, subito, per poi sciogliersi e appoggiarle la testa sulla spalla.
 
***
 
Si svegliò. L’auto era ferma e mancavano due passeggeri.
Aprì la portiera e saltò giù, trovandosi al limitare di un bosco, dove Milord stava scavando sotto forma canina ai piedi di un albero. Stava finendo ed aiutato da Jaguar, mise le mani nella buca estraendone un baule di ferro che sembrava uno di quelli utilizzati dai militari.
Quando li raggiunse stava estraendo da esso una specie di maschera antigas e blaterava qualcosa su una foresta e cortecce tossiche. Milord si zittì per dirle un: -Ben sveglia Portatrice. -.
Lei lo prese per la giacca e lo tirò giù alla sua altezza esclamando: -Devi portarmi ad uno scambio, adesso! -.
-Che cosa dovrei fare? – chiese lui staccando la ragazza dai suoi abiti.
-Uno scambio! Hanno preso… hanno la mamma. – mentì prontamente. Non poteva dire a Milord che era in contatto con l’ex Portatore, che avrebbe detto?
-Come lo sai? – chiese dubbiosamente Jaguar.
Già, come lo sapeva?
Per sua fortuna il telefono di Milord squillò e la conversazione finì lì. Aveva il tempo per inventarsi una storia. Lui lo prese dalla tasca e lesse il display. Vedendo la foto di Beast rispose subito con un: -Arriviamo immediatamente, non preoccupatevi. -.
-Oh, bene. -.
Milord corrugò la fronte e si appoggiò al tronco di un albero, non riconoscendo quella voce. Beast non era di certo. Gli altri due notarono la sua faccia e lo guardarono preoccupati.
-Chi parla? -.
-Nikolaj. Ho tuoi amici e persona cara a ragazza di cuore. Venire in vostra vecchia casa, in fretta, o cane perde dita ogni mezza ora che noi aspetta. -.
Sentì un rumore agghiacciante e un urlo sofferente da cagnolino che conosceva bene.
-Uno andato. – disse Nikolaj –Fare veloce. Io poca pazienza, non sa se aspetta mezza ora prima di prossimo dito. -.
-Fammi parlare con lui. – ringhiò affondando le dita nel tronco dell’albero spaccandone la corteccia e penetrando nel legno.
-Come volere. – acconsentì.
La voce del demone fu sostituita dai singhiozzi del ragazzo.
-Milord, non ce ne siamo accorti, sono piombati all’improvviso… - piagnucolò Beast.
-Va tutto bene, calmati. State tutti bene a parte il dito? -.
-Sì, noi… -.
-Zitto. Vengo subito, resistete. -.
 
***
 
Tenersi il dito era un’agonia terribile. La falange prossimale dell’indice era spezzata a metà e lui aveva pianto come un bambino, maledicendosi mille volte di non essere abbastanza forte da rompere la corda che gli stringeva i polsi e prendere a cazzotti quell’energumeno che gli aveva spezzato il dito come se fosse stato una fragile matita. Sicuramente non era la prima volta che faceva un lavoro del genere. Era l’essere più spaventoso che avesse mai visto e di sicuro avrebbe spappolato Milord.
Appena avevano fermato l’auto lui era uscito e gli aveva azzannato la mano, ma a quanto pareva non lo aveva manco sentito che lo aveva attaccato. Semplicemente lo aveva preso per la collottola e sbattuto a terra con una violenza tale che aveva visto decine di stelle davanti agli occhi e non si ricordava di essere arrivato a casa, seduto sulle scale.
Raquel era qualche scalino più in alto, legata come lui e Matisse. La prima era silenziosa e fissava le scale con ostinazione, la seconda era terrorizzata. Un male, perché la paura aveva fatto aumentare il profumo inebriante del suo Calore.
La cosa non sembrava turbare affatto Nikolaj, appoggiato alla parete del corridoio con aria annoiata. Cosa ben diversa per il tizio identico a Jaguar che aveva già visto alla baita, che la fissava con un paio d’occhi ardenti come un braciere che gli mettevano paura.
Ad un certo punto quel tale le si avvicinò. Lei scivolò sullo scalino fino a toccare la parete e non avere più vie di scampo dalla sua mano che la costrinse ad alzare il viso.
-Osa torcere un solo capello a mia sorella e te la faccio pagare. – sibilò minacciosamente.
Per tutta risposta l’altro ridacchiò ed avvolse un dito attorno ad una ciocca dei capelli biondi dell’angelo, strappandone un sottile filo dorato.
-Fatto. Ora che cosa fai cagnolino? – ridacchiò, poi si rivolse a Nikolaj –Che dici? Potremmo anche approfittarne. -.
Gli occhi dorati nel demone si posarono sul corpo tremolante della ragazzina. Poi disse: -Sentito fratello: lascia stare. -.
-Ah! Sai che può farmi quello… -.
-Lui no, io sì. Lei bambina, tu vecchio idiota, io no sopporta angherie su deboli. Mette mani in tasca e tornare qua, o spezza braccia. -.
Esteban, stizzito, lasciò Matisse e tornò a sedersi per terra, continuando a fissare l’angelo come se volesse mangiarla.
Il dito si gonfiò in tempo zero, prese a pulsare e diventò bluastro.
Guardò con odio Nikolaj, il quale ricambiò lo sguardo, ma non con odio. Si staccò dal muro e andò in un’altra stanza, tornando con un sacchetto che spandeva fumo bianco gelato nell’aria.
-Mette sopra. – gli disse. Erano carotine che Matisse aveva messo in congelatore qualche giorno prima.
-Per essere uno che odia vedere maltrattare i deboli spezzi loro le dita senza problemi. – commentò acidamente il ragazzo.
Gli sembrò di vedere un lampo di stizza e dispiacere negli occhi di Nikolaj, ma quello disse: -Sì? Magari toglie guinzaglio ad Esteban e essere co-rente, così tutti felici. – minacciosamente, allontanando il sacchetto.
-No, certo che no. – borbottò Beast, accettando le carote congelate.
Il dolore si allievò un po’ e poté tirare un sospiro di sollievo.
Dopo più di una mezz’ora in cui nessun’altro dito fu spezzato, ecco che sentirono il rumore del cancello che si apriva.
Esteban prese nuovamente Matisse e la tirò su, tenendole stretto il collo con una mano, come se sua sorella fosse stata in grado di scappare davvero. Nikolaj invece prese lui ed aspettarono che la porta si aprisse.
Entrò Raven, da sola. Lasciò la porta aperta, in modo che Milord e Jaguar potessero vedere a distanza che cosa accadeva dentro la casa.
-Ciao Raven. – la salutò Esteban.
-Toglile le mani di dosso. – intimò la ragazza, vedendo come Matisse era in procinto di scoppiare a piangere –Le stai facendo male. -.
-Non è vero, non sto neanche stringendo. -.
-Basta giocare. – li interruppe Nikolaj –Vede Milord abbastanza intelligente da stare lontano. -.
-Per niente. Sta cercando di obbedirmi. – lo smentì Raven –Se non fosse per me, loro sarebbero qui pronti a combattere e perdere. -.
Nikolaj notò che si guardava intorno: o cercava trappole o qualcuno…
-Ragazza intelligente. Lupo no vuole venire a ritirare Legame? -.
-Lui non è ancora il suo Legame. Lascialo andare. -.
Il demone spinse Beast verso di lei. Quasi s’inciampò sul tappeto, ma riuscì a stare in piedi.
Raven notò il dito rotto, ma gli slegò i polsi chiedendo comunque: -Stai bene? -.
-Sì. -.
-Esci, va’ da Milord e ricordagli di non fare gesti avventati. Nessuno dei due. – sussurrò Raven spingendolo fuori dalla casa. Incredibilmente obbedì senza fare storie. Forse non tanto incredibilmente, dato che probabilmente aveva passato una mezz’ora e più d’inferno con il dito rotto ed in compagnia di quei due.
-Ora anche loro. Tutti gli ostaggi. – disse. Di Morfeo nessuna traccia. Dove lo tenevano? Che gli avessero fatto del male?
Esteban ridacchiò malignamente: -Mi spiace, ma chiunque in questa casa rimarrà con noi. -.
-Dire a quelli fuori di andare. No scherzi. – intimò Nikolaj.
Fu costretta a farlo. Da lontano vide che Jaguar protestava, ma Milord lo spinse in auto a forza e si allontanarono.
Sapeva che non sarebbero tornati: aveva chiesto a Milord che per una volta obbedisse o temeva che qualsiasi cosa che fosse andata storta o che non andava a genio ai sequestratori sarebbe costato caro a qualsiasi ostaggio, da Raquel a Matisse e soprattutto a Morfeo. Non voleva rischiare che qualcuno oltre Beast si facesse male.
-Fatto, siamo pari: avete me. Perché tenervi anche loro? -.
Esteban lasciò Matisse e andò verso di lei, senza togliersi dal muso quello schifoso sorrisetto cattivo che gli sembrava stato impresso con un marchio a fuoco. Le girò attorno e lei sentì la familiare stretta delle manette attorno ai polsi. Questa volta erano decisamente più strette di come l’altra volta gliele fissate Nikolaj, tanto che aveva paura la circolazione le si fermasse. Per la rabbia avrebbe voluto sfilargli la sua arma dalla cintura e piantargliela nello stomaco. Invece non fece niente, soprattutto perché aveva le mani legate dietro la schiena e lui se ne sarebbe accorto in tempo per fargliela pagare.
-Bambina suo capriccio. – rispose Nikolaj con noncuranza indicando con un cenno della testa l’altro demone.
-E Raquel? -.
-Questa è la parte divertente della storia. – ridacchiò nuovamente Esteban –Sai chi è Raquel? -.
-La fidanzata di Jaguar, tuo figlio. -.
La risposta fece scoppiare a ridere Esteban, in un modo talmente irriverente che oltre a far accapponare la pelle sul collo alla ragazza le fece venire di nuovo voglia di accoltellarlo davvero, mani dietro la schiena oppure no.
La mezzo demone si alzò in piedi e si sfilò la corda dai polsi come se fosse stato un braccialetto troppo largo, lasciando sbigottite le altre due ragazze.
-Sono una mezzo demone al servizio di Regina. Sì, ho recitato bene la mia parte di ragazza in pericolo per poter entrare a far parte della Resistenza, ma prima sono entrata a far parte della combriccola di Milord, per farmi una buona reputazione. Però non mi hanno accettata lo stesso. Grazie al cielo nessuno ha mai dato ascolto a Matisse o la mia copertura sarebbe saltata. Hai sempre avuto buon occhio. – la canzonò con un sorrisetto trionfante –Mi spiace per Jaguar ma era l’unico con il cuore abbastanza tenero da riuscire ad essere preso in giro senza che destasse sospetti. L’unico per altro di cui conoscevo tutti i punti deboli grazie ad Esteban. -.
-Voi è rivoltanti. – commentò Nikolaj con una smorfia –No girare coltello in piaga, no necessario. -.
Matisse si sentì ribollire il sangue nelle vene quando la donna si avvicinò ad Esteban con espressione trionfante: lo sapeva! Aveva preso in giro Jaguar per tutto il tempo mentre se la faceva con il padre! Un’ottima accoppiata senza dubbio, entrambi i responsabili dei sentimenti distrutti di Jaguar.
-Tornerai da lui a prenderlo ancora per i fondelli? – domandò usando un tono velenoso.
-Tranquilla, ho finito di prendere in giro il tuo amato. – sorrise malignamente Raquel –Adesso andrò a riscuotere i soldi che mi sono stati promessi e ti dirò addio. Sei contenta? Non mi vedrai mai più. O forse sì. Perché no, potrei anche restare a guardarti mentre fai la sguattera. A meno che non decidano di lasciarti alle guardie e lì, credimi, ci sarà da divertirsi. -. L’angelo deglutì guardando preoccupata prima i demoni e poi Raquel.
Raven fece un passo avanti e spinse Raquel da parte, facendo da scudo alla ragazza da quegli sguardi.
-Dovreste vergognarvi entrambi. Ti pensavo una diversa, Raquel, per fortuna non ti devo un bel niente, perché altrimenti mi dispiacerebbe darti un bello schiaffo come ha fatto Matisse. Te lo sei proprio meritata. -.
-Sono mezza demone. Che ti aspettavi Raven? -.
-Mi aspettavo che tu fossi come Jaguar! Lui sì che è un brav’uomo, altro che mezzo demone come ti definisci tu. – le abbaiò contro. Prima che potesse interromperla, attaccò anche Esteban: -Nikolaj ha ragione, sei viscido. Chi tratta così il figlio? Per quale ragione lo hai lasciato in vita se hai deciso di rendergliela d’inferno? Meriteresti che qualcuno ti aggiustasse la schiena a mazzate, stronzo che non sei altro. Cos’è, vuoi usarlo ancora? Per farlo lavorare al tuo fianco? Sappi che conosco Jaguar e lui non lo farebbe mai, piuttosto ti strozzerebbe che essere come te. –. Fece una pausa per guardarli con odio. –Spero vivamente di liberarmi e dare battaglia a Regina solo per eliminare gli stronzi come voi. – sibilò infine.
Dalla cima delle scale arrivò un lento rumore di passi e una voce disse: -Bel discorso mia cara. -.
 
***
 
Si accorse che gli tremavano le mani quando abbracciò Beast, subito dopo che lui si fu liberato dal fratello. Rimase in quella posizione per un tempo che gli sembrò infinito. Quello stupido ragazzino non poteva avere idea di cosa avesse provato nel momento in cui aveva sentito il suo urlo di dolore, oltre alla scarica del Legame.
Probabilmente si aspettava un pugno, perché alzò le mani come a proteggersi, e rimase molto stupito quando invece ricevette un abbraccio stretto.
Dopo un primo momento di stupore appoggiò le mani sulla sua schiena: -Scusa, ma che ti prende? -.
-Mi sono preoccupato. Il dito fa male? Lo rimettiamo subito a posto, entriamo nella Resistenza e troviamo un medico. -.
-Tu? Preoccupato per me? -.
Avrebbe voluto rispondere qualcosa di intelligente, invece non disse un bel niente. Gli spinse contro una maschera e diede ordine entrare nella foresta dove aveva fermato l’auto.
Le maschere di sua invenzione permetteva di filtrare l’aria della foresta senza incappare nelle allucinazioni della corteccia degli alberi: semplicemente strati e strati di foglie erano impresse dentro la maschera con una sostanza particolare. Era un segreto l’affare delle foglie.
-È strano che ci abbiano fatto passare… - borbottò Milord –Si vede che hanno già capito che voi due siete mezzi demoni. O ci tenderanno un’imboscata. Attenti. -.
Mentre attraversavano la foresta, Jaguar aveva la mente invasa dall’immagine delle dita di suo padre strette intorno al collo sottile di Matisse, il suo viso arrossato per la paura e le mani legate. Una cosa che sognava spesso.
Adesso era in mano sua, per giunta in Calore. L’avrebbe…non poteva pensarlo. Aveva quindici anni, non poteva abusare di lei, era appena una bambina innocente.
Matisse era spacciata e la colpa era solo sua… Raquel avrebbe combattuto piuttosto che sottomettersi, magari sarebbe riuscita a ferirlo se mai avesse tentato di toccarla. Sua sorella era vulnerabile, uno schiaffo del calibro di Esteban poteva costarle denti rotti e lividi. Per non parlare di quante cose poteva farle.
Beast si accostò a lui e gli toccò la spalla, distogliendolo dai suoi pensieri.
-Nikolaj la proteggerà. -.
-Guarda cosa ha fatto a te. -.
-È anche quello che mi ha dato il ghiaccio ed ha impedito a quel tizio di non fare del male a Mati. -.
-È un demone. I demoni sono peccato e i peccati li attraggono. Se mai avesse un briciolo di bontà quello lì, cederà al suo Calore in meno di un attimo. -.
-A me non è sembrato il tipo… ma non voglio che pensi sia colpa tua. Io avrei dovuto proteggerla. -.
-Io non avrei mai dovuto lasciare che ci separassimo. Sono un pessimo fratello e adesso le ho perse. Non le rivedrò mai più. -.
Al fratello non sfuggì il fatto che si accarezzasse la mano sinistra. Beast si rabbuiò: presto quel tatuaggio si sarebbe arricchito di due nuove stelle.
Arrivarono in prossimità di una parete rocciosa. Milord si fermò e diede un calcio ad una lastra di pietra, producendo un rumore che fece pensare che dietro fosse vuota.
Dopo un paio di minuti una voce uscì da un buco: -Chi è? -.
-Sono il fratello di Elen e due suoi seguaci. Lo sa che sono qui, mi ha lasciato passare, apri. -.
-Aspettate. -.
La voce tacque. Dopo altro tempo, la lastra di pietra su cui Milord aveva abbattuto il suo piede si fece da parte, rivelando un corridoio in cui c’erano un ragazzo con le bretelle, i McMastiff, Andrea e una bella donna bionda, la quale si slanciò fuori dal corridoio per buttare le braccia attorno al collo di Milord, esclamando: -Milo! Lo sapevo che saresti tornato! -.
Lui si lasciò stringere per poi allontanarla freddamente.
-Che succede? Sei felice di vedermi? – chiese lei con un sorriso incerto, guardando dietro di lui. Si rabbuiò immediatamente e a denti stretti chiese: -Dov’è Raven? -.
-L’hanno presa. Mi spiace Elen. -.
La demone sganciò la frustra dalla cintura e l’abbatté su di lui, spaccando il terreno dove prima stava lui prima che si spostasse, sbraitando: -Hai perso mia figlia?! -.
Un altro colpo di frusta fu bloccato dalla mano del fratello, che sibilò: -Non potevo fare altrimenti. Ti lascio questi due e me ne vado. -.
-Cosa? Ma avevi detto che avremmo salvato Raven insieme. – protestò Jaguar, mentre Beast si allungava per prendergli la mano, manovra che lui scansò.
Andrea scosse la testa e fece: -Ma non lo avete ancora capito? Vi ha sempre presi in giro. Non è neanche un mezzo demone. Lui è Milo, Fenrir Milo. -.
I due mezzi demoni lo guardarono straniti, mentre Milord gli lanciava uno sguardo omicida e ringhiava: -Stai zitto. -.
-Voleva solo qualcuno di sacrificabile da usare per arrivare alla Portatrice. – continuò imperterrito l’angelo –E ha trovato voi. Vi avrebbe buttati al momento giusto per andare a guadagnarsi gloria e onore usando Raven. -.
-Non è vero! – sbottò Beast –Lui ci ha aiutati! Non ci avrebbe mai mentito, lui non è Milo Fenrir, lui… -.
-Beast. Smettila. Io sono Milo Fenrir. – lo interruppe Milord –Vi ho mentito. Ora andate con Elen. Io vado a riprendere Raven e farò quello che ho progettato di fare. -.
-Tu te ne saresti andato così? Senza dirci la verità facendo la figura del buon samaritano? – domandò incredulo Beast.
-Esattamente. – disse con tono grave Milord –Cosa che sto facendo. -.
Fece per andarsene, ma Beast si mise fra lui e la foresta.
-Tu non vai da nessuna parte, perché tu non sei Milo Fenrir: tu sei Milord, il mezzo demone che ci ha aiutati ed era preoccupato per me poco fa. -.
-Questo è quello che vi ho fatto credere. -.
-Non è vero! -.
-È vero imbecille! E adesso fatti da parte o ti elimino. -.
-Costringimi. -.
-Io adesso vado e tu starai qui a cuccia come hai sempre fatto. -.
-Io non sono mai stato a cuccia e non sono un cane! -.
Beast fece per prendergli un braccio, ma Milord si tolse la giacca e gliela buttò sul viso, per poi scomparire in una nuvola scura di fumo.
 
   
 
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