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Autore: Teo5Astor    23/12/2019    13 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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45 – Punto di rottura
 
 
«Chì! Fermati, Chì!» la chiamo a gran voce mentre la inseguo, facendo lo slalom tra visitatori, pazienti e dottori, riuscendo a bloccarla afferrandole un braccio quando ormai siamo fuori dal reparto dove è stato ricoverato mio fratello. «È normale… è normale che Goku non si ricordi nulla! Ma tornerà prima o poi la sua memoria! Tornerà!» provo a rassicurarla.
«N-non si ricorda più nemmeno di me, Rad! Ci siamo baciati e lui non lo sa… forse non lo saprà mai! E poi… e poi mi manca!» grida, in lacrime. «I-io… io non ce la faccio a vederlo così! E non posso essergli d’aiuto piangendo davanti a lui…» sospira, liberandosi della mia presa con uno strattone. «Torna da lui. Io… io vado a casa» aggiunge, allontanandosi. «Ho bisogno di restare sola».
La seguo con lo sguardo, indeciso sul da farsi. Che cazzo dovrei fare?! Che situazione… forse è meglio fare come dice lei. Lasciarla un po’ da sola. Darle il tempo di interiorizzare la cosa.
Però… però non posso neanche lasciare che le cose prendano una piega del genere senza nemmeno provare a lottare.
Torno a passo di carica verso la stanza di mio fratello, più che mai deciso a sbattermene le palle delle raccomandazioni dei medici sul non far affaticare troppo la mente di Goku cercando di forzare i suoi ricordi smarriti. Si fa a modo mio, come quando sono riuscito a farlo entrare nella sua scuola usando i miei metodi.
So benissimo che non è colpa sua, ma so altrettanto bene che non è salutare per nessuno questa situazione. Né per lui, né per Chichi, né per me. E lo stesso vale per Lazuli, quando tornerà.
«Rad… cosa ho detto di male?!» mi chiede mio fratello, allibito e in piedi in mezzo alla stanza, quando torno da lui. «Perché piangeva?» aggiunge, mentre recupero dall’armadietto una cosa che avevo per fortuna portato con me oggi e che avevo messo lì prima che arrivasse Chichi.
«Perché lei è la tua ragazza. O qualcosa di simile, so solo che vi siete baciati e che lei ha fatto tanto per te» rispondo, premendogli contro il petto il quaderno-diario scritto da Goku-kun.
«Cosaaa?! L-lei è la mia ragazza?!» grida, sconvolto, afferrando il quaderno senza nemmeno rendersene conto.
«Ti piace?» gli chiedo. «Anche se non ti ricordi nulla di lei e del suo carattere, fisicamente ti piace?»
«Beh… e-ecco… è… è carina…» farfuglia lui, abbassando la testa e grattandosi la nuca, a disagio. «S-sì… mi piace. Eh, eh…».
Gli sorrido, scuotendo la testa e tirando un sospiro di sollievo.
«Non farla più piangere, testa di cazzo» lo rimprovero bonariamente, dandogli uno scappellotto sulla testa e abbracciandolo. «Lei è la sorella della mia ragazza ed è una che non merita di soffrire. Ascolta i consigli del tuo fratellone, ok?»
«O-ok…» sorride lui, a dire la verità ancora frastornato da quanto appena successo. «Ma… questo cos’è?!» aggiunge, rendendosi finalmente conto del quaderno che stringe tra le mani.
«Quello è un diario scritto da te negli ultimi due anni e mezzo. Leggilo con cura, dentro ci troverai molte risposte» gli spiego. «Non farlo vedere a papà e ai medici, loro pensano che tu sia ancora troppo debole per poter affrontare i vecchi ricordi che hai perso. Ma io invece penso che sono tutte stronzate, perché sei mio fratello e so che sei forte. Noi siamo dei Son, e i Son sono fottutamente forti. Chiaro?!» aggiungo, allungando un pugno chiuso verso di lui.
«Chiaro!» mi sorride, stavolta determinato, battendo il suo pugno contro il mio. «Non voglio che qualcuno soffra per colpa mia. Soprattutto… beh, soprattutto quella ragazza. Chichi-chan… la mia ragazza…».
«Bravo, sono fiero di te» gli dico. «Adesso leggi con calma nei prossimi giorni quello che c’è scritto lì. Magari non ricorderai nulla, ma almeno saprai un po’ di cose che ti sono successe. È già qualcosa, no?»
«Già…» sospira lui, aprendo distrattamente il quaderno e sfogliandolo. «Grazie… grazie fratellone».
Sì, fratellone. Ha detto fratellone, ho capito bene.
Gli do una pacca sulla spalla e mi congedo, dandogli le spalle. Non voglio che mi veda piangere.
Fratellone.
Non voglio che mi veda, anche se sono lacrime di gioia.
Forse c’è davvero ancora anche Goku-kun dentro di lui, da qualche parte. Magari nel suo cuore.
Già, magari.
 
 
30 novembre
 
«Hai spiegato a Lazuli-san tutto questo?» mi domanda Bulma, seduta sul suo sgabello nel laboratorio di scienze, fissandomi dritto negl’occhi.
Le ho raccontato tutto quello che è successo da quando Goku si è svegliato l’altro ieri privo dei ricordi degli ultimi due anni e mezzo. Tutto. Della mia crisi, di Videl. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno, di vuotare il sacco del tutto. Anzi, avevo bisogno di provare a parlarne proprio con Bulma, nella speranza di avere delle risposte. O delle conferme sul mio comportamento.
Videl non si è più fatta viva e io non saprei nemmeno dove, o meglio, come trovarla. Ho provato anche a telefonare a Videl-chan, anche se ha solo dodici anni credo che le avrei raccontato tutto, sperando che mi dicesse qualcosa di utile. Come se vuotare il sacco da parte mia avesse implicato il fatto che lo svuotasse anche lei. Che mi dicesse quella verità che non mi ha mai detto da quando l’ho vista per la prima volta sotto casa mia con un gattino abbandonato. O forse in cerca di quella verità che era la mia, di verità. Qualcosa del tipo: “Certo, Radish-san, sono io! Sono la tua senpai che è diventata momentaneamente una dodicenne per colpa della Sindrome della Pubertà che tu conosci tanto bene! Ma ora sono tornata nel mio vero corpo, mi hai vista, no? Dimmi, ti piaccio ancora nel mio corpo da diciottenne?”
Sì, mi avrebbe detto qualcosa del genere ridacchiando. Prendendomi in giro. Ho telefonato a Videl-chan pensando, o sperando, che mi avrebbe risposto Videl-san. Che mi avrebbe detto tutto. E che io avrei così potuto ringraziarla per l’altra sera, oltre che per due anni e mezzo fa. Per poi andare avanti, mano nella mano con la mia Lazuli.
Ma non è servito a nulla. Non ha risposto nessuno. Anche Videl-chan è sparita da tempo, del resto.
In ogni caso mi sembra anche inverosimile che una persona come Videl, come la Videl Satan che ho conosciuto io e che ho rivisto l’altra sera, possa essere incappata in quella maledetta Sindrome e possa esserne rimasta avvolta per così tanto tempo. Non ha senso. Anche se, in realtà, mi rendo conto di non sapere davvero nulla di lei. Nulla. Zero assoluto.
«Son-kun, ci sei?» mi richiama alla realtà Bulma, piuttosto irritata. Mano a mano che le raccontavo tutto ho notato che ha smesso progressivamente di dedicarsi ai lavori che stava svolgendo per dedicare completamente a me la sua attenzione. Una vera rarità. Ma non perché di solito si comporta da stronza, ma semplicemente perché lei è così intelligente da essere multitasking e saper ascoltare gli altri anche mentre si dedica alla scienza. È questa Bulma Brief, di solito. Ma non oggi. Oggi ha voluto ascoltare tutta la storia senza battere ciglio. «Sei troppo preso da qualche pensiero sconcio da pervertito o puoi rispondere alla mia domanda?»
«Le ho raccontato tutto» rispondo, finalmente. «Ho omesso solo la storia di Videl. Pensavo di parlargliene di persona non appena ce l’avrò davanti» aggiungo con un filo di voce, distogliendo lo sguardo dal suo. Lo distolgo con un riflesso involontario, come se sentissi il peso del suo giudizio. Come se mi sentissi in colpa, in realtà. Per non aver detto subito la verità alla mia ragazza. Non è successo nulla, ma improvvisamente non mi sembra più di aver fatto la scelta giusta a non dirle niente.
«Sei un idiota, Son-kun» ribatte lapidaria.
«Lo so… cioè, non lo so…» farfuglio. «Non volevo ferirla. Non volevo farla preoccupare per niente mentre sta girando quel film… e poi… poi non è successo niente. E non so nemmeno come ho fatto a ritrovarmi in questa situazione…».
«Hai idea di come reagirà Lazuli-san quando glielo dirai?!» alza la voce Bulma. Credo che sia la prima volta da quando la conosco in cui è davvero arrabbiata con me. «Hai idea di quanto era preoccupata quando mi ha chiamato l’altra sera mentre tu… mentre tu eri a casa con la tua ex?!» aggiunge, alzandosi in piedi e camminando nervosamente davanti a me. «Aveva un tono di voce che… che non sembrava nemmeno lei!»
«Lo so… non è successo niente con Videl, te lo giuro Bulma!» mi alzo in piedi anch’io, confuso, cercando di spiegare le mie ragioni. Credo di avere gli occhi lucidi. Dolore, rabbia, frustrazione. «Io… io stavo male, non capivo un cazzo in quel momento! Ma so per certo di non aver avuto secondi fini con lei».
«Ma io lo so che non ci hai fatto nulla! E lo saprà anche la tua ragazza, quando glielo dirai… ma non la prenderà bene. Io non la prenderei bene, mi immagino una come lei. Dovevi dirglielo, Son.kun. Anzi, muoviti a dirle tutto».
«Ormai è troppo tardi, tanto vale portare avanti la mia idea di dirglielo di persona…» sospiro, stringendo i pugni. Mi sento uno stupido, mentre cerco di trattenere le lacrime davanti alla mia migliore amica.
«Mi dispiace per quello che hai passato, Son-kun. Avresti dovuto chiamare subito me e Vegeta e saremmo corsi da te. Sei uno stupido, ma ti voglio bene lo stesso» sospira a sua volta, abbracciandomi all’improvviso. «E ormai voglio bene anche a Lazuli-san. Ha una personalità strana, ma ho imparato a capirla e considerarla un’amica al punto che mi fa paura l’idea di poterla perdere. Sistema le cose con lei, ti prego. Una così non la trovi più, maledetto scimmione».
«Sì… sì…» riesco solo a ribattere, mentre comincio però a sentirmi meglio.
«Tuo fratello starà bene, vedrai. È un Son dopotutto!» sorride Bulma, staccandosi da me e mettendosi in posa come a voler mostrare i muscoli delle braccia. Sorride.
Sorrido anch’io.
«Dimmi una cosa adesso, Son-kun» torna di nuovo seria Bulma. Si sistema gli occhiali sul naso con un dito. «Quella ragazza ti piace? Provi ancora qualcosa per lei?»
«Per Videl, intendi?! No» sbotto. «Solo gratitudine. Sia per l’altra sera che per due anni fa. Nulla di più, nulla di meno».
«Ti sarebbe piaciuto baciarla l’altro ieri? O andare oltre… del resto sei un maiale, è risaputo».
«No. Amo Là. Punto».
«Bravo Son-kun» sorride lei. «Anche perché sarebbe una follia perdere uno schianto come Lazuli Eighteen per rincorrere disperatamente un fantasma».
«Un fantasma?!»
«Ti dirò la verità, Son-kun, e sappi che sono seria. Te l’avevo già detto e ripetuto in passato, ma mi rendevo conto che pensavi che scherzassi» comincia Bulma, mentre i suoi occhi azzurri brillano e non smettono di fissare la mia faccia perplessa. «Hai mai preso in considerazione l’idea che la Videl Satan che ora dovrebbe avere diciotto anni non sia mai realmente esistita?»
Le sue parole mi trafiggono come un fulmine a ciel sereno. Mi fanno male. Mi stordiscono, anche. Ma non mi stupiscono, non del tutto almeno. Ci ho pensato, in realtà, qualche volta. Ma lei era così vera, così reale... mi sarei immaginato tutto?! Le visioni che hanno i pazzi sono così concrete, così vivide?! Così… belle?!
«Mi… mi sembra impossibile…» sbiascico. «Cioè, io l’ho anche baciata una volta e…».
«La verità è che, sia ora che due anni fa, tu sei l’unico che l’ha vista di persona. L’unico che l’ha osservata» mi interrompe, scrutandomi serissima.
«Ancora con ‘sta storia dell’osservazione…» ribatto piccato, voltandomi per guardare il nulla fuori dalla finestra. Metto le mani in tasca. Mi fa male la testa.
«Se vuoi possiamo farla più semplice e dire che è solo il frutto della tua mente».
«Pensi che sono pazzo?»
«No. Non per questo motivo, almeno. Lo sei e basta da quando ti conosco» prova a rassicurarmi e allo stesso tempo a scherzare. Solo che io non ho molta voglia di ridere. Non ora, più che altro.
«Come ti spieghi il suo messaggio che ho trovato sul tavolo quando mi sono svegliato? E la lettera che mi ha fatto trovare nella casella l’altra volta?» le chiedo con una punta di rabbia, sapendo già dentro di me la risposta che mi darà. Ma voglio che sia lei a dirmelo.
«Hai scritto tu quelle cose, Son-kun. L’hai fatto senza rendertene conto, come se fossi un sonnambulo. Questo non significa che c’è qualcosa che non va in te, sono cose che possono…».
«Non era la mia calligrafia» la interrompo, senza voltarmi a guardarla.
«Potresti aver scritto inconsciamente con la mano sinistra, ad esempio. Dopotutto era successa la stessa cosa a tuo fratello. Potresti essere stato colpito da un effetto collaterale della Sindrome della Pubertà» mi spiega Bulma in tono rassicurante, avvicinandosi a me.
«Ma… non ha senso! Io… i-io stavo bene quando ho trovato la sua lettera quest’estate! Ero felice… lo ero davvero! Non può avermi colpito quella merda di Sindrome in quel periodo!» protesto, alzando il tono della voce.
«Forse è questo il punto, Son-kun. Tu ci tenevi a dirle che eri felice. Che eri felice nonostante tutto quello che ti era capitato. Che eri felice anche senza di lei».
«Perché…» sospiro, dopo qualche secondo di troppo di un silenzio carico di riflessioni vuote. Fatico a pensare, a trovare una logica. Non ce la faccio. «Perché me la sono trovata davanti due anni fa? E perché l’ho rivista l’altro ieri?»
«L’hai vista perché eri tu a volerla fortemente vedere in quei momenti. Avevi talmente tanto bisogno di una persona con le sue caratteristiche che la tua mente ti è venuta incontro. Ha dato forma allo schema di informazioni che ti eri creato nella tua testa e le ha messo in bocca le frasi che avevi bisogno di sentirti dire. Le ha fatto fare quello che tu sentivi di aver bisogno in quel preciso istante» risponde, parlando lentamente e accarezzandomi la testa come a volermi dire che va tutto bene. «Eri solo e avevi paura in quei momenti. Due anni fa eri letteralmente solo, stavolta Lazuli-san era troppo lontana per poterti aiutare. E tu sentivi di aver bisogno di aiuto».
«Mi sembra tutto così assurdo, Bulma… io non venivo al Minegahara alle medie, perché avrei dovuto far dire a una ragazza creata dalla mia mente che lei andava lì a scuola?!»
Finalmente la guardo, voltandomi di scatto alla mia destra. Temo di avere gli occhi sgranati.
«Non ti sembra… cioè, non ti sembro un pazzo se ho avuto davvero delle visioni?!»
«Son-kun, ricordati che stai chiedendo un esame clinico di psicologia a una persona che si è sdoppiata davanti ai tuoi occhi» mi sorride lei. «E che hai una ragazza che prima è diventata invisibile e poi è finita nel corpo di sua sorella. Per non parlare dei loop temporali e tutto il resto».
Accenno un sorriso poco convinto, mentre scuoto leggermente la testa.
«Sei sempre stato tu lo psicologo del gruppo. Non sei mai stato pazzo».
«Eppure mi sembra di esserlo, se le cose sono andate davvero così… cazzo, Bulma, io l’ho baciata! Io… io sono stato innamorato di lei! Porca puttana, per due cazzo di anni l’ho pensata ogni merdoso giorno!» sbotto, colpendo il muro con un pugno che mi fa mordere il labbro inferiore per il dolore acuto che mi provoca. «Mi sento… mi sento un coglione».
«Vedila così, Son-kun: se lei non ti avesse spinto a iscriverti al Liceo Minegahara adesso non staresti con Lazuli-san. Non avresti conosciuto nemmeno me e Vegeta. Nemmeno le tue amiche primine. E non avresti vinto il campionato provinciale di calcio, magari non avresti nemmeno più giocato».
La voce di Bulma è rassicurante e infonde positività anche nello stato in cui mi trovo ora, lo ammetto.
«Penso che tutto ruoti attorno a Lazuli-san comunque. Tu inconsciamente volevi venire in questo liceo perché in qualche modo sapevi che ci avresti trovato lei. È stata Lazuli Eighteen il tuo vero primo amore, Son-kun. Tu la ami da quando sei un bambino e la vedevi in tv. Volevi avere un’occasione per conoscerla, per vedere se una come lei poteva davvero amare uno come te. Non ci credevi, non ci pensavi neanche, magari… ma nel tuo inconscio non hai mai smesso di sperarci» continua Bulma. Non la interrompo, ma le sue parole ora mi fanno sentire meglio davvero. Mi sembra che stia trovando un senso a tutto, in qualche modo.
«Non sei pazzo, non lo sei mai stato: è stato probabilmente un effetto della Sindrome della Pubertà quello che ha fatto comparire davanti a te sulla spiaggia una ragazza con le caratteristiche di Videl Satan. Abbiamo scoperto insieme quanti effetti può generare questa Sindrome sugli adolescenti, credo che in quel caso ti abbia permesso di guardare un po’ nel futuro perché ti sentivi terribilmente oppresso dal tuo presente».
«Avrei avuto una sorta di premonizione?! Ho potuto sbirciare nel futuro grazie alla Sindrome della Pubertà?!»
«Non posso dirlo con certezza, non ho una base scientifica per farlo in questo caso. Anche se abbiamo già visto che si può manipolare il tempo grazie a questa Sindrome, come ha fatto a suo tempo la tua amica primina. Tu hai solo guardato avanti e intravisto quello che poteva essere un tuo possibile futuro».
«Ma io… io sono venuto in questa scuola alla ricerca di Videl…».
«Sei venuto qui per Lazuli-san, non hai ancora capito che Videl Satan non era altro che una sua rappresentazione distorta creata dalla tua mente?! Quante cose hanno in comune?! Ci hai mai pensato?!»
«Ecco… un po’ sì…» farfuglio, mentre mi tornano alla mente i consigli che mi hanno dato entrambe in questi ultimi due giorni per Goku. Le loro parole, così uguali… come certi loro gesti.
Lazuli e Videl… così diverse tra loro, eppure così simili. I loro caratteri forse sono agli antipodi, ma nel punto in cui entrano in contatto sono così… così… somiglianti. Il loro modo di scherzare in certi casi, di rassicurarmi, di farmi star bene. Sono come il sole e la luna, il fuoco e il ghiaccio… ma sono anche simili in qualche modo, non posso negarlo.
«Sono entrambe tue senpai di un solo anno, sono entrambe bellissime e sono state in momenti diversi per te quello di cui avevi bisogno. Loro ti hanno dato amore nel momento in cui ne avevi bisogno. Se fosse stato solo un sogno, Freud ti direbbe che hai “traslato” su Videl Satan le caratteristiche che immaginavi o speravi potesse avere Lazuli, oltre a quelle di cui già eri a conoscenza come il fatto che fosse una tua senpai».
«È tutto così strano, Bulma…».
«Potresti aver avuto altre premonizioni quando hai parlato con Videl l’ultima volta? Pensaci».
Penso a Goku. Certo che le ho avute, se sono davvero premonizioni. Certo, cazzo.
«Mi ha detto delle cose su mio fratello. Ma magari voleva solo rassicurarmi…» sospiro.
«Cosa ti ha detto?»
«Che recupererà la memoria, prima o poi. Che Goku-kun e Goku-san diventeranno un’unica persona».
«Ti ha detto quello che devi fare per lui?»
Penso al quaderno-diario. E penso anche a Lazuli.
«Sì. E il giorno dopo Là mi ha detto le stesse cose».
«Beh, questa è una cosa buona, no?!» sorride Bulma, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Sì… credo… credo di sì» farfuglio, un po’ frastornato, guardandola negl’occhi. Accenno un sorriso.
«Adesso non ti resta che raccontare tutta questa storia a Lazuli-san e mettere definitivamente una pietra sopra a Videl Satan» continua a sorridermi. «E poi potrai smettere di pensare a lei, Son-kun. Era solo la fantasia di un maiale».
 
 
1 dicembre
 
Getto sul letto l’asciugamano con cui mi stavo asciugando i capelli e mi infilo un paio di boxer azzurri, senza smettere di riuscire a rimuginare su quello che mi ha detto Bulma ieri. Oggi a scuola non ne abbiamo parlato. In realtà non credo nemmeno che sia un argomento di cui io abbia più di tanto voglia di parlare. Davvero Videl Satan era solo una mia fantasia? Un cazzo di fantasma che mi trascino dietro da due anni e mezzo?
Mi sembra… mi sembra di essere pazzo. E nemmeno una lunga doccia ha saputo farmi distendere i nervi dopo una giornata passata a scuola senza in realtà capire più di tanto quello che spiegavano i professori, seguita da una visita in ospedale a mio fratello. Ecco, almeno con Goku ho l’impressione che poco alla volta stiamo facendo dei passi avanti l’uno verso l’altro. Come se ogni momento che passa riesca a far emergere un po’ di più Goku-kun, anche se siamo ancora lontani dal recupero dei suoi ricordi.
Il suono del citofono mi desta dai miei pensieri e mi spinge ad andare a controllare. Chi potrebbe essere a quest’ora?! Sono quasi le 18:00 e non aspettavo nessuno.
Guardo incuriosito nel videocitofono e resto impietrito, mentre un sorriso si dipinge automaticamente sul mio volto e il cuore comincia a martellarmi nel petto.
Chiudo gli occhi e li riapro. Così, giusto per sicurezza.
«È anche questa un’illusione?» farfuglio a voce alta, mentre osservo Lazuli voltarsi prima a destra e poi a sinistra, prima di incrociare la braccia sotto il seno. Indossa un trench nero legato in vita con una cintura e una sciarpa bianca.
«Là!» esclamo, alzando finalmente il ricevitore e aprendo la portineria.
«Ce ne hai messo di tempo, avevi di meglio da fare?!» sbuffa lei, guardandomi malissimo attraverso lo schermo e sparendo dalla mia vista.
Apro la porta e la aspetto sul pianerottolo così come sono, in boxer e ciabatte. Sento il suono dei suoi stivaletti sulle scale sempre più vicino, finché la vedo fare capolino a pochi metri di me. Le sue gambe sono fasciate in un paio di jeans chiari aderenti e più la guardo e più mi rendo conto di quanto mi sia mancata stavolta. Di quanto avrei avuto bisogno di averla qui. Di quanto mi senta bene adesso.
Non ho più pensieri per la testa, adesso. Nessuna illusione. Quando c’è Lazuli ogni fantasma se ne va via, questo l’ho sempre saputo.
Guardo la sua borsa a tracolla nera con fibbie dorate tintinnare sul suo fianco. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso, nemmeno a muovermi. Ma sorrido, e sorride anche lei. Forse ho gli occhi lucidi, ma non me ne frega niente. I suoi occhi di ghiaccio brillano, e io mi perdo dentro di loro. E va bene così, voglio perdermi dentro di loro. Dentro di lei.
«Possibile che tu debba sempre essere mezzo nudo?!» sibila, prima di corrermi incontro.
«Spero che non ti dispiaccia più di tanto» rispondo roco, muovendomi verso di lei, che scoppia a ridere e mi salta addosso. Credo di esserle mancato anch’io, sì. Ed è una sensazione meravigliosa rendersi conto di essere mancato tanto alla persona che ti è mancata come l’aria.
La prendo al volo e la sollevo, mentre mi cinge la vita con le gambe. Vengo travolto dal suo profumo fresco, dal suo calore, dal suo essere donna.
Il suo seno preme contro il mio petto. Accarezza le mie cicatrici. Mi coccola il cuore.
La bacio, o forse è lei che mi bacia per prima. Non lo so… ma sento che avevamo entrambi questo bisogno. Il suo sapore mi rigenera, mi fa stare bene. Mi fa venire voglia di lei.
«Mi hai fatto aspettare troppo al citofono, per questo meriti una punizione» mi minaccia lei con un filo di voce, soffiando sulle mie labbra umide a pochi millimetri dalle sue. «Però… forse ti sei fatto perdonare facendoti trovare solo in boxer, da bravo maiale ammaestrato quale sei» aggiunge in un ghigno, stringendosi più forte al mio collo con le braccia.
Le sorrido sghembo, mentre sento premere la mia eccitazione contro il suo bacino, decisamente troppo vicino al mio.
«Ops…» sussurra con fare innocente, non facendo che incrementare la mia brama di lei.
Riesco a risponderle solo con un grugnito soffocato. La cosa sembra divertirla. Maledetta.
Mi volto e la spingo contro il muro, ancora avvinghiata a me, e riprendo a baciarla.
«N-non… non qui… Rad…» ansima dopo qualche secondo di fuoco, ricordandomi che siamo sul pianerottolo.
«Allora ti darò in casa il tuo premio per aver finito le riprese prima del previsto» sorrido soddisfatto, riprendendo a baciarla e trascinandomi dentro con lei. Mi chiudo la porta alle spalle con un calcio, mentre continuo a stringerla a me.
«Abbiamo… abbiamo finito solo per oggi le riprese. Domani mattina prendo il primo shinkansen per Kanazawa» sussurra Lazuli. Il suo respiro è decisamente affannato. Mi piace. «Sai… ci tenevo a passare con te almeno un po’ del mio compleanno…» aggiunge timidamente. Arrossisce, distoglie lo sguardo dal mio. Non ama farsi vedere vulnerabile… forse perché non si rende conto di quanto adorabile sia nei momenti in cui dimostra di esserlo.
La abbraccio forte dopo quelle parole, appoggiando la testa nell’incavo della sua spalla. Lei fa lo stesso, mentre la poso delicatamente sul tavolo facendola sedere e posizionandomi tra le sue gambe divaricate.
«Hai lavorato stamattina e, appena hai finito, ti sei fatta oltre quattro ore di treno per essere qui adesso e rifare tutto al contrario domani mattina» le sorrido dolcemente, appoggiando la mia fronte contro la sua. «Grazie, Là. Sei… non so nemmeno io cosa sei… boh, un tesoro. La mia vita, sì… sei la mia vita. Il mio mondo. Tutto… tutto».
«Sei felice di avermi qui?»
«Mi sembra di impazzire… non mi sembrava vero quando ti ho vista dal citofono!»
«Allora, me lo merito o no un regalo in anticipo?» mi domanda maliziosa all’improvviso, spingendomi indietro e mordicchiandosi al contempo il labbro inferiore.
Si slaccia la cintura del trench e appoggia sul tavolo la borsa che ancora aveva in qualche modo a tracolla.
«Oh, sì… non hai idea di quanti “regali” avrai prima di domani mattina… abbiamo un sacco di ore a disposizione» ribatto roco, stando al suo gioco.
Sento il sangue bruciarmi nelle vene.
Ma è questione di un istante, perché subito dopo, quello stesso sangue, sembra congelarsi all’improvviso dentro di me.
Osservo Lazuli che nota un bigliettino bianco sul tavolo accanto alla sua borsa e lo prende in mano. Lo legge. Sgrana gli occhi. Li punta su di me e poi di nuovo sul biglietto, prima di appoggiarlo dove l’aveva trovato. Mi guarda di nuovo, ma ora il suo sguardo di ghiaccio è vacuo, quasi come quello che aveva quando l’ho conosciuta. Quando era invisibile. Quando aveva paura.
Non so nemmeno io perché ho lasciato lì il biglietto scritto da Videl. Se me lo sono dimenticato, se volevo farlo vedere a Lazuli non appena fosse tornata, nonostante non potessi sapere che sarebbe arrivata proprio ora. Non so neanche se ho appoggiato apposta la mia ragazza sul tavolo, adesso. Volevo che lo leggesse? Forse sì… perché in realtà mi pesa non averglielo detto subito al telefono che Videl è stata qui. Videl… o qualunque cosa fosse quella presenza. Mi ero ripromesso che l’avrei detto a Lazuli non appena fosse tornata, però… però ora mi sento male. Non ce la faccio a sostenere quello sguardo.
Io… io pensavo che mi avrebbe picchiato. Che avremmo riso. Che razza di coglione che sono. Io l’ho ferita, ecco che cazzo ho fatto.
«Ehm… Là…» provo dire, deglutendo il nulla e muovendo un passo verso di lei.
«Puoi… spiegarmi?» mi interrompe. La sua voce è calma, troppo calma. È gelida. Non distaccata, di più. È… assente.
Abbassa la testa e si volta verso il biglietto bianco abbandonato sul tavolo accanto alla sua borsa. Lo fissa.
Un brivido mi scende lungo la schiena.
«E-ecco… beh, vedi…» farfuglio, col il cuore che mi martella nel petto e un sudore freddo che comincia a bagnarmi la fronte. «Quando Goku ha recuperato la memoria, a un certo punto sono scappato dall’ospedale. Ricordo solo che correvo sotto la pioggia e piangevo, finché sono crollato a terra e ha iniziato a sanguinarmi il petto… quando ho rialzato la testa c’era davanti a me Videl. Sembrava apparsa dal nulla» aggiungo con un filo di voce, mortificato. Lazuli resta immobile, non mi guarda. Non parla. «Mi ha accompagnato qui e mi ha dato una mano visto che ero ridotto a uno straccio. Ha provato a consolarmi parlando di mio fratello perché… perché mi sentivo a pezzi» proseguo, stringendo i pugni nervosamente. «So che ha fatto il bucato e ha pulito il pavimento perché avevo fatto un disastro… e quando mi sono svegliato ho trovato solo quel biglietto. Era già mattina, poi ti ho chiamato».
Lazuli resta in silenzio e continua a non guardarmi, ma scende dal tavolo e resta immobile, in piedi. Fissa ancora il messaggio lasciato da Videl. Le braccia sembrano inermi lungo i suoi fianchi.
«Ah, ovviamente non è successo niente tra noi!» esclamo con foga, visto che mi sembra un dettaglio fondamentale che avevo omesso. «E non è rimasta nemmeno qui a dormire! Cioè, questo in realtà non lo so per certo perché non so nemmeno quando sono crollato io… però non c’era più quando mi sono svegliato. E non ho mai avuto intenzione di fare nulla con lei, te lo giuro».
La mia ragazza si volta leggermente e si lega in vita la cintura del trench. Non parla, non mi guarda.
Il rumore che fa ciò che non dice è un boato, almeno per me.
«Non… non è come pensi!» insisto, muovendo un altro passo verso di lei. «Non devi preoccuparti… non è successo nulla!» aggiungo, provando a mostrarmi sicuro. «E ti giuro che non te l’ho detto al telefono perché preferivo spiegarti tutto di persona. Non volevo che ti preoccupassi per nulla e ne risentisse il tuo lavoro. Io… mi spiace…».
La osservo mentre allunga una mano verso la sua borsa. Non mi considera. Mi sento un fantasma accanto a lei. Già… un fantasma, come Videl magari? Dovrei dirle anche questo dubbio che ho?
«Avrei… avrei voluto chiamarti quella sera. Solo… s-solo che ho pianto fino ad addormentarmi e poi…» farfuglio, mentre sento le lacrime che cercano disperatamente di uscire dai miei occhi. Provo a trattenerle. Deglutisco.
«Lascia perdere» mi interrompe Lazuli, lapidaria, senza voltarsi.
Abbasso la testa. Resto in silenzio. Non so più che cazzo dovrei dire.
«L’importante è che ora tu stia bene» riprende con un filo di voce. Il suo tono è dimesso, ma anche distante. Tanto distante.
«Là…» le sorrido, con gli occhi lucidi.
«Mi spiace… devo proprio ripartire stasera» ribatte freddamente, rimettendosi la borsa a tracolla e voltandosi verso l’uscita evitando di incrociare il mio sguardo.
«Eh?! A-aspetta… ripartire?!» bofonchio, seguendola mentre si dirige verso la porta.
«Per Kanazawa» risponde, gelida, senza voltarsi. «Ci sono ancora delle corse dello shinkansen» aggiunge, uscendo di casa e richiudendosi la porta alle spalle.
Resto di sasso per qualche secondo, incapace di muovermi. Forse di pensare.
Sta tornando a Kanazawa anche se è appena arrivata? Anche se è reduce da oltre quattro ore di treno dopo aver lavorato stamattina? Anche… anche se aveva fatto tutto questo solo perché pensava che sarebbe stata felice per il suo compleanno. E che mi avrebbe reso felice con questa sorpresa. Invece… invece ho rovinato tutto.
«Aspetta! Là!» grido, ridestandomi e correndo sul pianerottolo per fermarla.
La trovo ferma davanti all’ascensore a testa bassa, in attesa. Non l’ho mai vista prendere l’ascensore. Non qui e nemmeno a casa sua, almeno.
Mi avvicino e, anche se lei non mi guarda, noto una lacrima trattenuta a stento che cerca di uscire, compressa all’estremità del suo occhio. Una lacrima che non scenderà, almeno finché ci sarò io.
Mi fermo a un passo da lei, ma mi sembra di essere lontano anni luce.
Sento il cuore andare in mille pezzi come un tavolino di cristallo lasciato cadere dal quarto piano sul marciapiede sottostante.
«Là…» sussurro, provando ad abbracciarla.
Lei fa un passo in avanti verso l’ascensore. Mi evita.
«No. Per favore» sibila, fredda come il ghiaccio, senza guardarmi.
La porta dell’ascensore si apre in quel momento e lei ci entra. Mi dà le spalle.
«Sono mortificato, Là… io… io non volevo…» farfuglio, mentre lacrime calde e amare cominciano a solcarmi le guance.
«Non sto insieme a te per sentirti dire queste parole» ribatte, gelida e orgogliosa. Non si volta. E mi spezza il cuore.
Non voglio che se ne vada. Non adesso. Non così. Non… non per sempre. Non andartene per sempre, Là. Io ti amo… lo sai che ti amo.
Dimmi almeno una bugia prima di andare. Dimmi che ti mancherò, ti prego.
Ma tu non sai mentire. E uno come me non merita bugie a fin di bene.
Uno come me è un disastro e basta.
È un disastro che però ti ama più di sé stesso.
Vorrei dirti queste cose. Dovrei dirtele.
Ma non posso, non ce la faccio.
Guardo con gli occhi sgranati e pieni di lacrime la porta automatica dell’ascensore che si chiude. Che inghiotte al suo interno la tua schiena e i tuoi capelli biondi. Che protegge le tue lacrime, ora libere di uscire dai tuoi occhi di ghiaccio.
Non è solo una porta automatica, è una ghigliottina per la mia anima.
Crollo a terra sulle ginocchia davanti all’ascensore. Piango, perché non so cos’altro fare. Perché è colpa mia. Perché l’ho fatta soffrire. Perché ho mandato tutto a puttane.
Una fitta improvvisa al petto mi fa portare istintivamente una mano verso le mie cicatrici.
Caldo, umido, appiccicoso. Sento solo questo, oltre al dolore.
Ritraggo la mano e la guardo, scuotendo lievemente la testa.
È imbrattata di sangue.
Eppure ero felice da mesi. Felice come mai ero stato prima. Mi sembrava di vivere una magia. Ma è tutto finito. La magia si è spezzata.
La realtà ha insanguinato l’incantesimo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: è paradossale per me ritrovarmi a pubblicare proprio a due giorni da una festa bella come il Natale proprio il capitolo che non avrei mai voluto scrivere, ma il destino a volte è bizzarro anche in queste piccole cose. È anche per questo che ho pensato di scrivere al volo uno special natalizio da pubblicare domani legato a questa storia, non sopporto proprio lasciare in queste condizioni i personaggi, soprattutto i miei amati Là e Rad.
Il titolo non lasciava presagire nulla di buono, ma, da quello che mi avete detto, pensavate tutti fosse riferito a Goku e Chichi. In effetti è anche così, però, clamorosamente, sono proprio Rad e Là ad avere il loro primo momento davvero difficile da quando stanno insieme. Tutto ciò accade nella fase più convulsa della storia e questo chiaramente non aiuta.
Rad ha fatto male a non dire subito la verità a Là su Videl, mentre Lazuli reagisce in un modo che non sembra neanche appartenerle. A me ha spezzato il cuore vederla così, come mi ha fatto malissimo riportare i pensieri e le parole di Radish, che si ritrova di nuovo a pezzi proprio mentre stava riuscendo a rialzarsi.
In tutto questo, prima, Goku entra in possesso del diario di Goku-kun: cosa dite, sarà utile? Cosa farà Chichi?
E poi abbiamo finalmente delle risposte su Videl, quantomeno le risposte che si è data Bulma e che sbatte in faccia a Rad senza mezzi termini dopo aver saputo quello che era appena successo. Voi cosa ne pensate della teoria di Bulma? Molti di voi la pensavano come lei già da mesi, sarà a causa del suo essere così sfuggente?
 
Grazie di cuore a chi continua a lasciarmi i suoi commenti e il suo parere su questa storia, che va avanti ormai da quasi undici mesi e quindi non era scontato. Ringrazio poi chi la sta cominciando adesso, perché è davvero un onore per me, arrivati a questo punto. Grazie anche a chi era rimasto indietro e si è rimesso in pari, lo apprezzo tanto. Grazie poi a chi legge in silenzio, ma c’è sempre. Se volete dirmi qualcosa dopo un capitolo simile a me farà solo piacere.
Ringrazio infine chi ha letto e apprezzato anche le mie ultime due one shot dedicate a Bulma e Vegeta, cioè “Affatto Placebo” e “Un Natale divino”.
Per stemperare un po’ la tensione, come vi avevo anticipato, ho pensato di pubblicare tre fan art decisamente frizzanti sui personaggi principali di questa storia, cioè Rad, Là e Videl. Ringrazio gli autori, cito solo il grandissimo Yamamoto per Videl perché gli altri non li conosco. Quale preferite? ;-)
 
Il prossimo capitolo avrà come titolo una frase tratta da una canzone di Raige, cioè “Due temporali nel bel mezzo del niente”. Cosa pensate potrà accadere? Riuscirà Radish a sistemare le cose con Lazuli, che, tra l’altro, sta per compiere gli anni?
Posso anticiparvi che torneranno in scena un po’ tutti gli amici di Rad in questo momento difficile. Ci sarà spazio per Vegeta (vi ricordate della promessa che gli aveva fatto in ospedale davanti ai distributori automatici qualche capitolo fa?) e anche per Lunch, che forse per la prima volta torna a parlare chiaramente di quello che provava per Radish. Ci sarà anche una new entry nella storia, chi potrebbe essere secondo voi? So che ci sono un paio di personaggi molto attesi per un loro eventuale esordio, ma potrebbe anche esserci un terzo a cui nessuno aveva pensato finora. ;-)
Ok, comincio ad augurarvi buon Natale, ma vi ricordo che domani pubblicherò come one shot “Everything is nothing without you – Christmas Special”, uno special natalizio autoconclusivo ambientato il 25 dicembre con Rad, Là, Vegeta, Bulma e quasi tutti i personaggi principali di questa storia. Se vi dico che compare anche Marion siete più invogliati a leggere?! ;-)
Il prossimo capitolo di “Remember me”, invece, verrà pubblicato il 30 dicembre, giusto in tempo per gli auguri di buon anno.
Bene, auguro a tutti voi buon Natale, ma ve lo augurerò ancora domani nello special natalizio se ci sentiremo anche lì! Passate delle belle giornate e divertitevi!
 
Teo
 
 
 
 

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