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Autore: Star_Rover    31/12/2019    5 recensioni
Un valoroso soldato nella sua impeccabile divisa che marcia con orgoglio a testa alta. Una figura imponente, un volto severo e due iridi smeraldo che caratterizzano uno sguardo intenso e impenetrabile.
Il detective Eric Dalton ricorda così il maggiore Patrick O’ Donnell. Era soltanto un ragazzino quando aveva assistito ai festeggiamenti per la fine della guerra civile, al tempo quell'uomo era apparso ai suoi occhi come l’incarnazione dell’eroe invincibile e incorruttibile.
Nell’autunno del 1936, tredici anni dopo quel primo e fatidico incontro, Patrick O’ Donnell ricompare nella vita del giovane investigatore in un modo del tutto inaspettato. Infatti è proprio il suo nome ad apparire tra le pagine di un pericoloso fascicolo.
Eric accetta il caso, ma è intenzionato ad indagare a fondo prima di portare a termine l’incarico più difficile della sua carriera, ovvero condannare l’eroe di una Nazione.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
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Le informazioni rivelate dal colonnello Murtagh sembravano corrispondere alla realtà. O’ Donnell era stato arrestato il 29 aprile 1916 quando il comandante Pearse aveva ordinato al 2° Battaglione di arrendersi al nemico. Era stato prigioniero nelle caserme di Richmond e aveva condiviso la cella con Martin Savage.
Il detective ritrovò facilmente il rapporto del loro arresto, entrambi erano stati schedati come nemici della Corona. Quei documenti affermavano che O’ Donnell si era rifiutato di rispondere alle domande durante gli interrogatori e che si era dimostrato poco collaborativo, schernendo e irridendo i soldati britannici.
Era presente anche una fotografia segnaletica del giovane, sul suo volto pallido erano evidenti i segni di lividi e percosse, di certo gli inglesi non erano stati clementi nei suoi confronti.
Patrick O’ Donnell era stato rinchiuso a Richmond dal 29 aprile al 10 maggio, l’ultimo documento che portava la firma di un ufficiale britannico riguardava la sua deportazione al campo di Frongoch.
 
Era trascorsa ormai una settimana dall’inizio delle indagini e ancora non c’era stato alcun progresso. Dalton stava iniziando a dubitare che quelle ricerche avrebbero potuto portare a buoni risultati.
Era ancora immerso in questi pensieri quando il cadetto Harris bussò alla porta.
«Signore, questo è il resoconto che aveva chiesto. Purtroppo non sono riuscito a trovare molto…»
Eric prese il foglio tra le mani ed iniziò a leggere.
 
Martin Savage, nato a Ballisodare (County Sligo) il 12 ottobre 1897.
Il padre, Michael Savage, era un noto esponente del movimento Feniano.
Sono stati ritrovati documenti che testimoniano una fitta corrispondenza tra Martin Savage e alcuni rappresentanti repubblicani, tra cui Dan Breen e Sean Hogan.
Savage partecipò all’Easter Rising nella primavera del 1916, 1° Battaglione della Dublin Brigade, coinvolto negli scontri per l’occupazione del Tribunale. Fu catturato e arrestato dall’Esercito britannico il 29 aprile.
Il 30 aprile venne trasferito nelle prigioni di Knutsford (Cheshire, Inghilterra). Egli fu rilasciato nel 1918 a seguito dell’amnistia che la Gran Bretagna concesse ai prigionieri irlandesi.
Martin Savage si riunì ai militanti dell’IRA ottenendo la carica di tenente nel 2° Battaglione della Dublin Brigade. 
Fu ucciso il 19 dicembre 1919 a Dublino durante una sparatoria nel quartiere di Ashtown.
I documenti riguardanti i dettagli dell’attentato risultano irreperibili.

 
Dalton alzò lo sguardo: «che significa che i documenti risultano irreperibili?»
«Signore, erano conservati negli archivi dell’Intelligence britannica, probabilmente sono stati persi o distrutti dopo la fine della guerra»
Eric ringraziò la recluta, poi con rassegnazione e delusione tornò al suo lavoro.
 
Tutto ciò che il detective Dalton riuscì a trovare a riguardo degli eventi del 19 dicembre 1919 fu un vecchio articolo dell’Irish Independent.
Un gruppo di militanti dell’IRA aveva organizzato un attentato al convoglio di Lord French, il quale al tempo investiva la carica di Comandante Supremo dell’Esercito britannico in Irlanda.
L’attentato fallì e i militanti furono costretti a ritirarsi e fuggire, ci furono dei feriti tra i soldati britannici, ma l’unica vittima fu Martin Savage.
Dalton rimase particolarmente colpito dai toni utilizzati dal giornalista nei confronti dei ribelli, i quali erano descritti come crudeli assassini che avevano commesso un atto criminale e oltraggioso.
Il detective si indignò nel leggere quelle insinuazioni unioniste, inoltre ritenne che quelle parole non serbassero il minimo rispetto per la morte di Savage. Pur non approvando i metodi violenti dell’IRA comprendeva che al tempo lo scontro armato era inevitabile, il popolo irlandese aveva combattuto una guerra di Liberazione con determinazione e coraggio.
Martin Savage meritava di essere ricordato come un martire e non come un criminale.
 
Il detective rifletté a lungo sulla questione, il testimone che sperava di interrogare in realtà era morto all’inizio della guerra. Dalle parole del colonnello sembrava che Savage fosse stato un buon amico di O’ Donnell, probabilmente anch’egli era presente a quell’attentato.
Dalton si accigliò, forse quella faccenda non lo riguardava, eppure era certo che avrebbe potuto ricavare informazioni importanti.
L’investigatore decise di condividere i suoi dubbi con il tenente McGowan. I due amici discussero della questione in un pub durante la pausa pranzo.
«Credevo che fossi interessato al caso di Fenit» disse Colbert tra un boccone e l’altro.
«Prima voglio avere le idee chiare sul ruolo di O’ Donnell in quella guerra, per questo sto cercando più informazioni possibili sul suo passato»
«Mi spiace, ma il colonnello Murtagh è parecchio occupato al momento, non credo che sarà disposto a sottoporsi a un secondo interrogatorio»
Eric scosse la testa: «dopo la prigionia in Gran Bretagna O’ Donnell è stato reclutato dagli uomini di Collins…dovrei rintracciare uno di loro»
Il tenente McGowan bevve l’ultimo sorso di birra: «non sarà facile, ma suppongo che tu sia convinto ad andare fino in fondo a questa storia»
«Credevo che fossi contrario alle mie ricerche»
«Ti conosco abbastanza bene da sapere che non ti arrenderai tanto facilmente»
Nonostante tutto Dalton sorrise, in fondo il suo amico aveva ragione.
 
Quella sera il detective rientrò a casa con aria afflitta, quel caso era diventato un vero tormento.
L’unico modo per distrarsi dalle preoccupazioni e liberarsi da quella terribile sensazione di frustrazione fu abbandonarsi tra le braccia di Aileen, la quale l’accolse sempre con calore e affetto nel letto matrimoniale.
Eric dimenticò gli spettri del passato, strinse a sé il corpo caldo e nudo della moglie, sfiorò i lineamenti del suo viso e tornò a baciarla con passione. Si soffermò ad ammirare la donna sdraiata sotto di lui, aveva il viso leggermente arrossato, gli occhi socchiusi in uno spasmo di piacere e i lunghi capelli castani sparsi sul cuscino. Poteva avvertire il battito accelerato del suo cuore e il respiro affannato, la ragazza fremeva e gemeva al suo tocco. Si avventò nuovamente su di lei, non era ancora sazio del suo amore.
Restarono abbracciati nell’oscurità, Aileen si rannicchiò accanto al marito, consapevole che alle prime luci dell’alba tutto ciò sarebbe svanito.
 
***

Robert seguì il detective per le strade affollate del centro, per tutto il tragitto era rimasto silenzioso mantenendo un’espressione preoccupata sul viso. Il suo ultimo incontro con i militanti dell’IRA l’aveva lasciato pieno di dubbi e incertezze.
Il giovane si strinse nella giacca per ripararsi dal vento: «signore, di preciso dove stiamo andando?»
«Stiamo cercando Thomas Cadwell, un militante del 1° Battaglione della Dublin Brigade. Fu arrestato dagli inglesi durante la Bloody Sunday[1], ci sono prove del suo coinvolgimento nelle azioni organizzate dalla squadra di Collins» spiegò Dalton.
«Crede che quell’uomo abbia avuto a che fare con O’ Donnell?»
«Ovviamente Cadwell non ha mai rivelato i nomi dei suoi compagni alle autorità britanniche, ma O’ Donnell compare più volte nelle liste dei sospettati, dunque abbiamo qualche possibilità a nostro favore»
All’indirizzo di casa non trovarono nessuno. Thomas Cadwell era un noto politico del Sinn Féin, dunque l’idea più semplice fu cercarlo alla sede del partito.
Dalton e O’ Neil entrarono nel locale mostrando i distintivi.  
«Oh, due poliziotti! Qui qualcuno è nei guai!» commentò con ironia l’uomo dietro al bancone.
«Stiamo cercando Thomas Cadwell» disse il detective con tono serio.
«Il vecchio Tommy ha avuto dei problemi?»
«No, vorremmo solo porgli qualche domanda»
«In questo caso è seduto là in fondo, ma non credo che sarà felice di vedervi»
«Per quale motivo?» si incuriosì Dalton.
«Be’, voi siete agenti della Garda Síochána, suppongo siate amici di Eoin O' Duffy[2]. Cadwell è un vero repubblicano, non sopporta i fascisti delle Blueshirts»
«Noi non rappresentiamo un partito politico»
«Certo, voi due siete molto diplomatici e sembrate più tranquilli rispetto ai vostri colleghi, ma per voi ogni scusa è sempre buona per arrestare cittadini onesti e innocenti!»
Dalton cercò di restare calmo: «il nostro unico interesse è far rispettare la legge»
L’uomo rispose con una smorfia ed indicò ai due il tavolo di Cadwell.
Robert rimase sorpreso, era la prima volta che si trovava ad affrontare una situazione del genere. Il giovane si guardò intorno, chiunque in quel luogo stava osservando i due poliziotti con aria sospetta.
Thomas Cadwell era un uomo di quarant’anni, ben vestito, ma dall’aspetto non troppo curato. Era seduto solo al tavolo con un bicchiere di whiskey e una copia dell’An Phoblacht[3].
Si presentò in modo educato pur mostrando una certa avversità nei confronti della loro autorità.
Quando Dalton rivelò il reale motivo della loro visita Cadwell cambiò completamente atteggiamento, dimostrandosi disposto a collaborare.
«O’ Donnell è stato un vile traditore, ha voltato le spalle al bene della Repubblica decidendo di abbandonare l’IRA!» esclamò con estremo disprezzo.
«Noi siamo interessati al suo ruolo nell’ambiente repubblicano, vogliamo capire quali rapporti avesse con i suoi rappresentanti»
«Prima del Trattato O’ Donnell era uno degli ufficiali dell’IRA più stimati di Dublino, fu davvero un peccato perdere un compagno come lui»
«Sappiamo che entrambi eravate membri della squadra di Collins»
Cadwell annuì: «Michael Collins aveva bisogno di un gruppo di militanti fidati e soprattutto determinati ad agire anche nelle missioni più pericolose. All’inizio gli uomini scelti dal comandante dell’IRA erano solo dodici, per questo erano chiamati gli Apostoli. Successivamente si aggiunsero anche altri componenti. Io e O’ Donnell fummo contattati da Dick McKee, un caro amico di Collins. Ci trovammo subito bene insieme, egli era un giovane scaltro e intelligente, al tempo credeva fortemente negli ideali repubblicani. I comandanti ci assegnavano spesso le stesse missioni, quasi tutte sono state concluse con successo»
«In cosa consistevano queste missioni?»
Cadwell mostrò un amaro sorriso: «eravamo in guerra, detective. Secondo lei di che cosa potevamo occuparci?»
Dalton esitò: «si trattava quindi di…omicidi?»
«Abbiamo ucciso rappresentanti di ogni organizzazione britannica: Esercito, Metropolitan, Intelligence, Cairo Gang…ma la nostra preferita era assolutamente la G Division. Non abbiamo lasciato scampo a quei bastardi!»
O’ Neil rabbrividì nel sentire quell’uomo che parlava in modo così freddo e distaccato delle sue vittime.
Eric si mostrò titubante, ma poté comprendere la mentalità di quell’ex militante.
«E’ vero, eravamo assassini, ma il nostro compito era rendere giustizia e vendetta ai nostri compagni che venivano impiccati ogni giorno nelle prigioni britanniche. I nostri obiettivi erano spie e informatori, non abbiamo mai fatto del male a degli innocenti»
Dalton non disse nulla a riguardo, non poteva né giudicare né condannare le scelte di un popolo in lotta per la Libertà.
«Siamo qui solo per conoscere la storia di Patrick O’ Donnell»
Thomas annuì: «certamente, tutto iniziò con l’omicidio dell’agente Brewer…»
 
***

Dopo il suo ritorno a Dublino Patrick O’ Donnell si riunì ai militanti dell’IRA. Egli partecipò a diverse missioni per recuperare armi e munizioni dalle caserme britanniche. Ebbe l’opportunità di mettere in atto tutto ciò che aveva imparato nelle prigioni di Frongoch. Così in breve ottenne la carica di tenente, all’età di vent’anni divenne il più giovane ufficiale del 1° Battaglione della Dublin Brigade.   
Nell’estate del 1919 si unì alla squadra di Collins, fu durante quelle riunioni che ebbe modo di conoscere Thomas Cadwell. Egli era un giovane del sud, un militante del Cork che aveva raggiunto la capitale per seguire il suo comandante.
I militanti si ritrovavano ogni settimana in un sicuro appartamento di Crow Street, dove il comandante Tobin decifrava i messaggi degli informatori, creava profili dettagliati e progettava ogni azione in modo preciso e meticoloso.
Durante la loro prima missione Cadwell e O’ Donnell ebbero il compito di occuparsi dell’agente Brewer, il quale era un informatore dell’Intelligence.
 
Una pioggia leggera bagnava le strade deserte del centro, l’unica illuminazione proveniva dalla fioca luce dei lampioni. Patrick si intrufolò nell’ennesimo vicolo del quartiere unionista, finalmente erano giunti alla loro meta. I due irlandesi si appostarono all’angolo e rimasero in attesa della loro vittima.
Cadwell si rannicchiò contro al muro, respirava piano, ascoltando il regolare battito della pioggia sopra ai tetti. La città dormiva nella quiete della notte.
O’ Donnell strinse la Webley tra le dita, ormai era troppo tardi per dubbi incertezze. Aveva rinunciato ad ogni cosa per quella guerra, sacrificando tutto ciò che aveva, compreso se stesso. Stava per commettere un omicidio, era pronto ad agire per il bene dell’Irlanda.
Patrick si riprese da quei pensieri avvertendo l’eco di alcuni passi, poco dopo un’ombra comparve sul fondo della strada. Egli scambiò uno sguardo d’intesa con Thomas, il quale si preparò ad entrare in azione. Appena il loro obiettivo fu abbastanza vicino entrambi uscirono allo scoperto puntando le pistole. L’uomo fu colto di sorpresa e non oppose resistenza quando Patrick lo spinse bruscamente contro la parete per perquisirlo. Cadwell aveva già notato la pistola nella tasca della giacca, quando iniziò a interrogarlo non ebbe più dubbi sulla sua identità, anche se egli si dimostrò più titubante nel rispondere alle domande.
Dopo la sua confessione O’ Donnell non indugiò oltre, il botto dello sparo irruppe nel silenzio, l'inglese si accasciò a terra portandosi una mano al petto.
L’irlandese puntò la pistola alla sua tempia, era intenzionato a premere definitivamente il grilletto quando all’improvviso udì dei rumori sospetti, probabilmente il colpo precedente aveva allertato una squadra di ricognizione.
I militanti dell’IRA non persero tempo, immediatamente fuggirono abbandonando l’inglese agonizzante sul marciapiede.
Cadwell continuò a correre avvertendo le grida delle guardie e i botti degli spari sempre più vicini. Il suo compagno si riparò contro a un muro e rispose al fuoco.
I due tentarono di distaccare i loro inseguitori attraversando caoticamente i vicoli stretti e bui del centro. Non si sentirono al sicuro finché non rimasero soli nelle tenebre.
 
Nel dicembre del 1919 Cadwell e O’ Donnell si ritrovarono coinvolti nell’attentato di Ashtown. Inizialmente la missione era destinata soltanto ai comandanti più esperti, ma per una serie di casualità anche loro presero parte all’azione. Con il suo ritorno in Irlanda Patrick aveva avuto modo di rafforzare la sua amicizia con Savage, anch’egli ufficiale della Dublin Brigade. Fu lui a trascinarlo in quella pericolosa impresa e di conseguenza anche Cadwell li seguì.
Il comandante Breen non ebbe tempo di spiegare ai tre i dettagli del piano, così poche ore prima dell’azione si limitò a dare ordini generali.
«Noi ci occuperemo di Lord French, per voi la questione sarà semplice. Appena avvertirete il segnale dovrete sparare a chiunque indossi una divisa britannica!»
Le sue parole, seppur poco professionali, furono chiare e precise.
Patrick e i suoi compagni giunsero puntuali sul luogo dell’imboscata, i militanti dell’IRA attraversarono Cabra Road e si appostarono all’incrocio di Ashtown Road.
La sentinella avvertì i repubblicani appena scorse il convoglio britannico, quando il bersaglio fu abbastanza vicino il comandante sparò il primo colpo.
Gli eventi che seguirono furono rapidi e confusi, gli irlandesi lanciarono un paio di bombe Mills contro le camionette nemiche, la strada fu avvolta da un’intensa nube di fumo e polvere.
O’ Donnell si ritrovò nel mezzo della sparatoria, era ancora frastornato dall’ultima detonazione quando all’improvviso vide Savage cadere a terra. Il giovane ufficiale si accasciò al suolo, trafitto da un proiettile.
Patrick non esitò nemmeno un istante, incurante del pericolo si affrettò ad attraversare la strada bersagliata dalle pallottole per raggiungere il suo compagno. Subito si chinò su di lui, gli prese il viso tra le mani e gli sussurrò qualche parola per calmarlo. L’amico gli afferrò una manica stringendola con le ultime forze che gli erano rimaste, l’espressione sul suo volto era un misto di dolore e paura.
Consapevole della sorte imminente Savage biascicò le sue ultime parole tra le braccia del fedele compagno.
«Per me è giunta la fine, ma voi dovete continuare a lottare…»
Patrick tentò disperatamente di fermare l’emorragia pur sapendo che ormai era troppo tardi.
Pian piano Savage allentò la presa e il suo sguardo si spense lentamente.
O’ Donnell continuò a premere sulla ferita finché Cadwell non lo allontanò di peso da quel corpo inanime.
«Adesso basta! Non c'è più nulla che tu possa fare»
Il giovane rimase immobile, tremante e con gli abiti macchiati di sangue.
Cadwell lo riportò bruscamente alla realtà: «forza, dobbiamo andare via da qui»
Patrick raccolse da terra la sua pistola singhiozzando e si rialzò con le lacrime agli occhi, Thomas fu costretto a trascinarlo via per allontanarlo. La missione era fallita, i militanti poterono soltanto darsi alla fuga prima dell’arrivo dei rinforzi.
 
Quel tragico evento non placò affatto la sete di sangue di O’ Donnell, al contrario, contribuì ancor di più ad alimentare il suo desiderio di vendetta. Egli continuò a partecipare alle missioni dell’IRA, ovviamente sempre in compagnia di Cadwell.
Il comandante Tobin fu soddisfatto del loro lavoro, tanto che decise di coinvolgere i due giovani in una missione di elevata importanza. Infatti il loro obiettivo fu l’ispettore della G Division William Redmond.
Le informazioni a suo riguardo erano state raccolte da una spia dell’IRA che si era infiltrata tra gli ufficiali del RIC.
In una fredda nottata di gennaio la squadra dell’IRA si appostò agli angoli di Harcourt Street, attendendo pazientemente il ritorno dell’ispettore allo Standard Hotel.
L’informatore era stato particolarmente attento a fornire ogni minimo particolare, aveva riportato ogni dettaglio, anche il fatto che l’ispettore indossava sempre un giubbotto antiproiettile.
Patrick rimase perplesso nel ricevere quella notizia: «esistono giubbe che ti proteggono davvero dalle pallottole?»
Cadwell alzò le spalle: «be’, non sempre sono una protezione sufficiente. Per essere sicuri dovremo mirare alla testa»
O’ Donnell si limitò ad annuire. I militanti non dovettero attendere a lungo, le informazioni risultarono estremamente precise.
Quella volta non ci furono complicazioni, la missione fu portata a termine senza problemi. Un solo e fatale colpo echeggiò nella notte, un altro nemico dell’Irlanda fu sconfitto, un’altra vittima dell’IRA cadde inerme al suolo e la neve di Dublino si macchiò di sangue.
 
***

Cadwell raccontò tutto con estrema tranquillità, terminò il suo racconto con aria triste e malinconica.
«La morte di Martin Savage colpì tutti noi, era un ragazzo timido e introverso, ma tutti sapevano che aveva un buon cuore. Patrick soffrì molto per la sua perdita»
Dalton terminò di scrivere le ultime parole sul suo taccuino.
«Dunque lei e O’ Donnell non avete più avuto rapporti dopo lo scoppio della guerra civile?»
Cadwell scosse la testa: «no, per me Patrick è morto il giorno in cui ha deciso di arruolarsi nel National Army tradendo gli ideali repubblicani»
«Durante la sua militanza nell’IRA O’ Donnell ha mai disubbidito agli ordini dei suoi superiori?»
Il politico negò con estrema fermezza: «Patrick era un giovane impulsivo, ma era anche un ufficiale onesto. Era consapevole di avere delle responsabilità, per lui la guerra era una questione d'onore. Non si sarebbe mai permesso di disobbedire agli ordini dei nostri comandanti»
Il detective apprezzò la sua obiettività, nonostante il rancore che ancora provava nei confronti del vecchio compagno il testimone era stato onesto. Probabilmente il legame che si era creato tra i due militanti durante la Guerra d’Indipendenza era stato più intenso e profondo di quanto Cadwell fosse disposto ad ammettere.  
 
Sulla strada del ritorno Robert non esitò ad esprimere la sua opinione: «O’ Donnell non era soltanto un militante, era un vero assassino!»
«Non possiamo condannare gli uomini che hanno lottato per la Libertà del nostro Paese, stiamo indagando sul passato soltanto per comprendere meglio ciò che accadde a Fenit»
O’ Neil sospirò: «spero che lei sia riuscito a trovare qualcosa di utile, per me queste ricerche sono soltanto una perdita di tempo»
«Devi avere pazienza, quando avremo il quadro completo sarà tutto più semplice»
Robert fu costretto a fidarsi del detective, credeva ancora in lui, anche se i suoi metodi erano alquanto complessi.
 
 
Dalton tornò in commissariato ormai sfinito da quella giornata estenuante.
Il cadetto Harris lo fermò in corridoio: «c’è una persona che ha chiesto di lei, la sta attendendo nel suo ufficio»
Eric sbuffò: «chi è questa persona? Non poteva attendere fino a domani?»
«E’ un agente, ha detto che si tratta di una questione urgente»
Lo sguardo di Dalton si incupì, era certo che quell’incontro avrebbe causato altri problemi. Egli scansò bruscamente il poliziotto e si affrettò a raggiungere la porta del suo studio.
Quando entrò nel suo ufficio trovò un uomo tranquillamente seduto alla sua scrivania con una sigaretta tra le labbra.
«Detective Dalton! E’ davvero un onore conoscerla!»
Eric restò immobile sulla soglia.
«Oh, che maleducato che sono, non mi sono nemmeno presentato. Sono James Beckett, agente del Special Branch»
Egli rimase perplesso, il giovane che si era presentato in modo così esuberante e spavaldo non sembrava affatto un agente segreto.
«Mi hanno detto che voleva parlarmi di una questione urgente» disse con diffidenza.
«Già…si tratta del caso di cui si sta occupando»
«Chi l’ha informata a riguardo?»
Beckett sorrise: «noi del G2[4] sappiamo tutto, ma non sono qui per parlare dei nostri metodi di informazione. Siamo a conoscenza del fatto che sta indagando sul caso O’ Donnell, una faccenda che risulta archiviata dall’estate del 1923»
«Il caso fu abbandonato per mancanza di prove» specificò Dalton.
«Dunque lei ha in mano qualcosa di interessante?»
«Per il momento no, ma ho i miei motivi per continuare le indagini»
L’agente sospirò: «sa una cosa detective? Io credevo che lei fosse molto più intelligente. Insomma, al momento gode di un’ottima reputazione, perché vuole rovinarsi la carriera in questo modo?»
«A me interessa soltanto la verità»
«L’Irlanda vuole dimenticare la guerra, non troverà facilmente testimoni disposti a collaborare»
«Non sono l’unico a volere giustizia in questo Paese»
Beckett guardò il suo interlocutore negli occhi: «voglio essere sincero con lei, signor detective. Non si tratta solo del maggiore O’ Donnell o di chiunque altro sia coinvolto in questa faccenda, questa rischia di diventare una questione di sicurezza Nazionale»
«Io non ho alcun interesse politico»
«Le credo, ma sarà comunque semplice associare la sua ricerca di verità agli interessi repubblicani»
Dalton iniziò a infastidirsi: «il suo capo l’ha mandata qui soltanto per minacciarmi?»
La spia spense il mozzicone nel posacenere: «no, egli è un uomo di classe. Queste non sono minacce, ma consigli. Noi vogliamo aiutarla, dunque è mio dovere avvertirla delle insidie che potrebbe incontrare lungo il suo percorso»
«La ringrazio agente Beckett, ma sono consapevole delle possibili conseguenze»
Egli si rialzò in piedi con evidente disprezzo: «lei non ha idea di quel che sta facendo. Mi creda, farebbe meglio a lasciar perdere questa storia finché è ancora in tempo»
Detto ciò l’agente Beckett si avviò verso l’uscita, prima di oltrepassare la porta si fermò davanti al detective.
«Si ricordi, noi sappiamo sempre tutto» concluse con aria di sfida.
Dalton non si lasciò impressionare dalle parole di quell’uomo, non era intenzionato a lasciarsi intimorire. Nonostante ciò alcuni dubbi iniziarono a riaffiorare nella sua mente.
Inevitabilmente ripensò al coinvolgimento dell’IRA, per i militanti quella era l’occasione perfetta per tornare sul piede di guerra.
E se McGowan avesse avuto ragione? Forse trovare la verità in quel caso non significava fare la cosa giusta.
 
 


 
Note
[1] Il 21 novembre 1920 a Croke Park si disputò una partita di calcio tra le squadre di Dublino e Tipperary. Durante questo evento l’esercito britannico irruppe nello stadio sparando sulla folla come spedizione punitiva contro le azioni dell’IRA. Questa giornata di violenza viene ricordata ancora oggi come Bloody Sunday.
 
[2] Eoin O' Duffy dopo il Trattato anglo-irlandese (1922) divenne commissario della Garda Síochána. Nel 1933 abbandonò il suo incarico e fondò le Blueshirts, un’organizzazione paramilitare che emulava le Camicie Nere italiane e le Camicie Brune tedesche. Negli anni ’30 fu uno dei principali sostenitori del movimento fascista in Irlanda. 
 
[3] Giornale repubblicano pubblicato dal Sinn Féin.

 
[4] Servizi segreti militari.
   
 
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