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Autore: Sinden    02/01/2020    1 recensioni
Heloise é una giovane studiosa. Il suo sogno é quello di essere ammessa a Orthanc, la Torre di Isengard, in cui vengono istruiti e formati i futuri Stregoni.
Per farlo, dovrà prima superare una difficilissima prova.
🌺🌺🌺
FF tolkeniana, genere avventuroso, basata anche su film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug.
Nuovo personaggio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Tuo padre stava cavalcando attraverso la Valle Rossa, non distante da qui. Doveva raggiungere l'alto comando di Gondor, e rimanere in attesa di ordini. Passò attraverso un bosco, speranzoso che il fitto della foresta lo nascondesse dai nemici. Ma raggiunto un certo punto, il cavallo s'imbizzarrí. Era un animale buonissimo e mai prima di quel momento aveva dato problemi." raccontava Jemma a Heloise. 
"Comunque, Norman preferí smontare e proseguire a piedi, tirando il cavallo per le briglie. Mi disse di aver avvertito anche uno strano odore nell'aria, come di legno bruciato. Temette ci fosse un piccolo incendio in corso... e si guardò attorno. Vide una grotta. Era una vecchia cava per il deposito di legname. Ma... sembrava abitata." continuò la donna, stringendosi nello scialle. La figlia la vide rabbrividire. 
"C'era una piccola brace accesa, e intorno, avanzi di coniglio abbrustoliti. C'erano anche falci e rastrelli appoggiati a un masso, e qualche panno cencioso buttato lí ad asciugare. Tuo padre immaginò fosse un contadino solitario, o un pastore... ma si sbagliava."

Poi Jemma si fermò.

"Continua, mamma." la esortò Heloise.

"Ecco...Norman fece udire la sua presenza, chiese ad alta voce: chi vive qui? C'é nessuno?  E fu allora che quell'essere si riveló." disse Jemma. "Dapprima, sentì una voce. Era un voce di donna, stridula e sgradevole. Vieni avanti, disse. Norman sentì che sarebbe stato un errore entrare in quel posto oscuro, ma era curioso. Uno dei più grandi difetti di tuo padre era quella malsana curiosità, che hai in parte ereditato anche tu. Doveva sempre approfondire." disse Jemma, scuotendo il capo. "Avrebbe potuto lasciarci le penne, quel giorno."

"Ma chi era quella donna?" chiese con impazienza la ragazza. "e perché viveva sola in un bosco... in una cava?"

"Su chi fosse, rimase il mistero. Sul perché vivesse per conto suo, la risposta arrivó subito." disse Jemma. "Dopo che fu entrato, brandendo la spada, tuo padre vide subito una figura vestita di nero, seduta a quello che sembrava un tavolo. Aveva perfino un velo nero a coprirne il viso, ma s'intravvedevano i lineamenti. Era anziana, molto anziana. Di lei, solo le mani erano scoperte, mani ossute dalle lunghe unghie." raccontava Jemma.

Heloise ridacchió. "Mamma, sono un po' cresciuta per credere alle streghe. Non esistono streghe. E questa mi sa tanto di favola per spaventare i bambini."

"No, mia cara, non era una strega. Non come lo intendiamo noi. Era qualcos'altro, che aveva preso quelle sembianze." rispose Jemma, che non sorrideva per niente. Anzi, pareva molto scossa.

Helli tornó seria. "Cioé?"

"Lasciami raccontare tutto. Dicevo: tuo padre entró in quell'antro, e vide attornó alla donna misteriosa tutto un armamentario di strumenti degni di un torturatore, di un boia. Ecco, Norman ricordó di aver visto una mazza appuntita, una strana sfera con chiodi conficcati sulla superficie, e pugnali, lame, una lancia. E tutto sembrava antico. Antichissimo, disse lui." proseguì Jemma. "Chi sei tu? Chiese tuo padre. Perché possiedi questi oggetti? La donna lo guardó negli occhi e lui ebbe l'impressione che fossero bianchi. Senza iride, capisci?"'

"Sì. Forse era cieca." azzardó la figlia. Anche lei avvertì disagio.

"Forse. Disse: questi sono un dono del mio sposo. Mi appartengono. Me li ha lasciati. Adesso, sta arrivando il momento del suo risveglio. A Carn Dûm." rispose Jemma. "E verrà a riprenderseli. Si prenderà tutto, per darlo al suo...Signore."

"Carn Dûm...se non sbaglio, è la capitale del regno di Angmar. Su a Nord. Territorio maledetto." ricordó Heloise.

"Non so. Tuo padre non aveva mai sentito di una città chiamata così. Ma quella faccenda lo spaventava, così tentó di indietreggiare. A quel punto, la donna sollevó una mano e subito un masso cadde a chiudere l'uscita. Lo aveva intrappolato lì." disse Jemma. "E allora Norman minacció quella megera: fammi uscire da qui o ti faccio saltare la testa. Sono un soldato!" le gridó. "Lei si mise a ridere e si tolse quel sudicio velo dal volto. Era una specie di mummia, disse tuo padre che...ecco che sembrava tornata dall'oltretomba." disse Jemma. Aveva gli occhi sbarrati, come se raccontare quel fatto l'avesse trasportata lì, in quella grotta, con suo marito, diciott'anni prima. "...peró, non gli fece del male. Io sono la consorte del Re Stregone. Esiliata, mandata in mezzo a voi mortali in incognito, ad attendere il momento. Ad aspettare che qualcuno avesse avuto abbastanza fegato da entrare qui. Molti sono passati, prima di te. Alcuni son fuggiti subito, altri hanno tentato di uccidermi e le loro ossa sono sepolte là fuori. Ma tu, soldato senza nome, hai superato la prova. Per ora. gli rivelò. In realtà, Norman era fuori di sé dal terrore, ma non cedette al panico. Mi disse che tutto ció che voleva era rivedere me e voi due. Pregó i suoi déi per questo." raccontava Jemma. "Cosa vuoi da me, si puó sapere? le chiese. La vecchia si alzó e andó verso uno degli anfratti della grotta e prese uno scrigno, lo aprì ed estrasse questo oggetto." disse, alzando il pendaglio di bronzo. "Lo portó a tuo padre e gli bisbigliò: i Serpenti del Fuoco, tutti i Serpenti del Nord rispondono a questo gioiello. Tutti sono sottomessi all'Occhio. Portalo a Carn Dûm. E grande sarà la tua ricompensa. Diventerai oscenamente ricco, puoi credermi. Ma devi consegnarlo a..." poi Jemma si fermó. Non ricordava un nome.

"A chi, mamma?" rispose Helli, un po' scettica. La storia appena sentita era fin troppo incredibile.

"...é buffo...non ricordo quel nome. Rammento tutti i dettagli, ma non il nome..." Jemma corrugó la fronte, nello sforzo di ricordare. "... mi pare che iniziasse con la A."

Heloise guardó per qualche secondo la madre, perso nei suoi ricordi, poi sospiró. "Ma non ti aspetti che io creda a questo, vero?" le chiese. "Andiamo, mamma... sarebbe più onesto che tu ammettessi che papà l'ha rubato da qualche reggia."

A quel punto, Jemma si giró e le diede una sberla. Uno schiaffo veloce, secco, che lasció Heloise incredula e con una guancia dolorante. "Ma..." mormoró, portandosi una mano al viso.

"Non t'azzardare a dire così di tuo padre! Norman non era un ladro, quel che ti ho detto é verità!" le disse. "Se non vuoi credermi non importa."

"Beh no, non ci credo!" rispose la figlia, alzandosi in piedi. "Io credo nella scienza, lo sai. E quello che hai detto é privo di ogni logica!"

"Esistono infinite creature in questo mondo. Elfi, Nani... e gli Stregoni. Credi nella loro esistenza e non in questa storia? Io sono certa che quell'essere fosse malvagio, che provenisse da qualche dimensione a noi sconosciuta. Anche tuo padre tentó di rifiutare quell'eventualità, all'inizio. La prima volta che mi raccontó la faccenda, disse di aver pensato che fosse una vecchia pazza, una di quelle donne strambe che vengono allontanate dai paesi, e si isolano dal mondo. Ma, il fatto é che poi sparì. Dopo aver consegnato il gioiello a tuo padre, dopo avergli estorto la promessa di fare quanto detto, la caverna si riaprì e quella vecchia ... sparì in un bagliore. Lasció dietro di sé una nuvola di vapore. Letteralmente svanita." continuó Jemma. "Norman portó qui quest'affare e lo nascose. Conosceva il valore del diamante, temeva glielo rubassero. Decise che prima o poi ci avrebbe fatto comodo. Ovviamente, non ci pensò nemmeno ad andare in quel regno... Angmar. Considerò la faccenda un inaspettato dono di Eru. E ora... é giunto il momento di sfruttare questo dono."

Porse il fagottino alla figlia.

"Che ne dovrei fare?" chiese Heloise.

"Vendilo. Non qui, i nostri compaesani non devono sapere che l'avevamo, o anche loro penseranno che Norman era un ladro. Non voglio si scatenino ulteriori malelingue su di noi. Ascolta, portalo dagli Hobbit. Non sono ricchi come i Nani, ma alcune lore famiglie sono facoltose. E non sono abituati ad avere gioielli, farebbero follie per questo. Potrebbero fare una colletta e acquistarlo da te. Con il ricavato potrai pagarti tutti i tuoi studi, e ti avanzerebbe una montagna di denaro." spiegó Jemma. "...abbastanza per stare serena per sempre."

Helli esitó prima di prenderlo. "Non sarebbe corretto. Dovremmo venderlo per te, i soldi servono alla nostra famiglia."

"Già. E cosa succederebbe se la gente di qui ci vedesse improvvisamente coperte d'oro? Cosa penserebbero? No, la cosa va affrontata con discrezione. Tienilo tu, pensa per te ora. Più avanti mi aiuterai." rispose Jemma. "E senti quest'altra cosa: Isadora non deve sapere, intesi? Non farle vedere questo gioiello o pretenderà di impegnarlo subito e non ti dará nemmeno una moneta. Lei... beh, ho sempre saputo che avrebbe puntato al massimo a una vita da moglie. Ma tu...io vorrei che tu avessi un'opportunità, e son certa che tuo padre é d'accordo."

"É un grande sacrificio per te, questo. Non so se sia giusto." disse Heloise.

"Io voglio così. E questo chiude il discorso." rispose Jemma, alzandosi a sua volta. "Non svenderlo, e attenta che non te lo rubino." Poi, uscì dalla stanza.

🌺🌺🌺

"Buone notizie, sorella." annunció Isadora il mattino dopo, presentandosi a tavola per la colazione. "Ti ho trovato un lavoro!"

"Scusami? Che lavoro?" chiese Heloise.

"Sam dice che puoi lavorare per lui. Nella sua bottega. Serve una persona che si occupi di riempire i sacchi di farina, classificarli e poi tenere un po' di contabilità. Non male, vero?" disse Isa. "Due monete d'oro al giorno. Di questi tempi, c'é da ritenersi fortunati."

"Non mi interessa." taglió corto Helli. "Due monete al giorno... ci metterei cinque mesi ad accumularne trecento. E io parto domani."

"Parti...domani? Ma credevo ti servissero soldi. Dove li hai trovati?" chiese la sorella, basita.

"Affari miei. Ma non preoccuparti più di nulla. Ce la faró da sola." disse seccamente Heloise.

Isadora non sapeva che pensare. "Li hai chiesti a un altro signore? Sam ha sentito che George Simenon é furioso con te. Dice che lo hai ricattato!"

"...ricattato? Razza di bugiardo, imbecille!" imprecó Heloise. "Non é vero affatto!"

"... allora come hai avuto il denaro che ti serve? Non dirmi che parti senza un centesimo in tasca!" insisté Isadora.

"Non ho detto questo. Ho detto che non ci devi pensare tu. E dì a Sam di dare quell'impiego a un altro che ne ha bisogno." ribatté Heloise.

"Parti domani...mamma come ha reagito?" chiese la sorella.

"Sono d'accordo con Helli. É il momento di andare, per lei." rispose la voce della signora Foley. Si era alzata e aveva raggiunto le figlie in cucina. "Andrà tutto bene, Isadora, vedrai."

"Oh, io non mi preoccupo per lei. So bene che questa piccola volpe troverà il modo di cavarsela. Ma lasciarci qui sole, quando potrebbe lavorare da Sam e aiutarci... è terribilmente egoista, te ne rendi conto?" rispose Isadora.

"Se mi ammetteranno a Isengard, avrò realizzato un'impresa unica. E la mia vita, e la vostra, cambieranno. Vale la pena di provare." furono le parole di Helli, prima di alzarsi dal tavolo.

"Giá...se ti ammetteranno. Dici bene." la pungolò la sorella maggiore.

"Le strade della vita sono quasi sempre in salita, ma bisogna percorrerle." rispose Jemma, guardando verso Helli. "Il destino non sorride ai pavidi."

"Beh, ne ho abbastanza di questi proverbi. Ho del lavoro da sbrigare a casa dei Simmons." sbuffò Isa, sparecchiando la tavola. "Tornerò stasera, sul tardi. Mi preparerò da sola la cena, mamma, non preoccuparti. E tu," disse, girandosi verso la sorella. "...ti conviene non mettere niente di mio nel tuo bagaglio."

Heloise lanciò a sua madre uno sguardo che conteneva mille emozioni: paura, orgoglio, gratitudine, amore. Jemma ricambiò con un sorriso incoraggiante e un cenno della testa.
"Forza, andiamo di lá. Iniziamo a preparare la tua roba."

 

   
 
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