Nickname sul
forum e su EFP: Lita_EFP
/ Mari Lace
Personaggi e
pairing (se presente): Shinichi,
Shiho – ShinShiho
Prompts (se
presenti): Stelle
A e B hanno una
loro tradizione per celebrare il
nuovo anno
L’ultimo
giorno dell’anno non è l’ultimo giorno
del tempo.
Numero Parole: 1081
Lonely Stars
La
battaglia contro l’organizzazione si era protratta molto
più a lungo di quanto
Shinichi avesse mai creduto – ben più di
quanto avesse sperato.
A volte si domandava se comunicando meglio con i suoi alleati – Akai e Sera, soprattutto – non avrebbe potuto velocizzare i tempi, ma – come avrebbe detto Shiho – era inutile piangere sul latte versato.
Già,
Shiho – la scienziata era stata l’unica vera
costante di quegli anni. Come Conan
e Ai erano cresciuti insieme, si erano supportati nelle sfide
quotidiane e in
quelle riguardanti la loro peculiare situazione.
Quando il dottor Agasa aveva
dovuto rifugiarsi in America sotto la protezione dell’FBI, lei
era
rimasta. Allora più che mai, Shinichi aveva compreso che non
avrebbe mai potuto
dire tutta la verità a Ran: sarebbe stato un rischio troppo
grosso. Era finito
il tempo delle ingenuità, dell’implorare una
pillola per poter andare in gita
con la classe. Il pericolo era divenuto palpabile,
Shinichi aveva capito
di dover rinunciare a molti lussi che si era concesso fino ad allora.
Ran
non sarebbe mai stata davvero al sicuro – nessuno lo
sarebbe stato – se
non lo avesse creduto morto. Era l’unica opzione logica,
quando si era trattato
di far sparire l’agente Akai non aveva esitato a proporlo;
come aveva potuto
evitare di fare lo stesso? Era stato assurdamente ingenuo, proprio
lui. Holmes
stesso aveva lasciato che il fedele Watson ignorasse il suo essere
sopravvissuto per due lunghi anni.
Lasciar
andare Ran era stato terribilmente doloroso – vederla
piangere gli aveva
spezzato il cuore – ma anche necessario. Lui e Ai
si erano trasferiti in un
altro quartiere, insieme, e da lì avevano continuato la loro
lotta sotto
copertura.
Anno
dopo anno.
Non
riusciva a credere che tutto ciò fosse appena finito.
31/12/20XX
«Sono
tornata» annunciò Ai dalla porta
d’ingresso. Conan l’aspettava in salotto,
sfogliando un libro con scarsa attenzione. La immaginò
rimuovere le scarpe con i
gesti ormai così usuali, poggiare la borsa sul tavolino
all’ingresso e poi, finalmente,
raggiungerlo. «Kudo. È finita –
è finita davvero».
Il
ragazzo alzò lo sguardo. La figura di Ai, con il suo corpo
da adolescente, lo
fissava immobile dalla soglia. Sembrava molto più emotiva
del solito:
probabilmente era anche colpa degli ormoni da
quindicenne – altro effetto
collaterale del farmaco che avevano assunto –, ma
c’era dell’altro. L’ultimo
membro dell’organizzazione era stato imprigionato e reso
innocuo mesi prima. “È
finita”? L’unica cosa che gli venisse in mente
era– ma no, non osava più
sperarlo.
Ai
si avvicinò con pochi, lunghi passi. Aveva un oggetto in
mano, una fialetta che
scintillava sotto la luce del lampadario. «Ho trovato la
formula definitiva. Ne
sono certa – con questo, potremo tornare alle nostre vere
età».
Saltò
un battito. Difficilmente l’aveva vista così seria
e agitata.
Si
alzò in piedi – era ironico, che gli offrisse
quella possibilità proprio in
quel giorno. Si domandò se fosse un caso.
Sette
anni prima aveva raggiunto il proprio punto più basso.
«L’ultimo
giorno dell’anno non è l’ultimo giorno
del
tempo» gli
aveva detto Shiho, porgendogli un pacchetto.
«Cos’è?»
aveva chiesto senza convinzione. Era
passata una settimana da quando aveva lasciato che Ran credesse alla
sua morte –
sembrava tutto così privo di senso. Il suo tempo pareva
davvero finire con l’anno.
«Aprilo»
l’aveva esortato lei, guidandogli le mani
nello svolgere l’incarto. Incuriosito suo malgrado, ne trasse
il contenuto
senza ulteriore aiuto. Era una sciarpa blu con delle stelle ricamate a
mano.
«Rialzati,
Kudo – le stelle ti guardano» aveva
affermato lei, guardandolo seria. Gli si sedette accanto.
«Akemi mi ha raccontato
una favola, una volta. Parlava di una ragazza che traeva il coraggio di
andare
avanti proprio dalle stelle. Quando si sentiva sola, alzava gli occhi
al cielo e
immaginava che anche una stella avrebbe potuto sentirsi sola, lontana
anni luce
da tutti gli altri corpi celesti. Eppure non lo è,
l’universo è pieno di sue
sorelle – capiva che vale lo stesso per noi umani. Nessuno
di noi è solo, anche se tendiamo a
dimenticarcelo».
Conan
deglutì, assimilando la favola. Indossò la
sciarpa; era un concetto molto semplice, ma il tentativo
della ragazza gli
suscitò un piccolo sorriso. «Grazie per essere
qui, Shiho».
L’anno
dopo le aveva regalato un ciondolo a forma di stella: divenne una loro
tradizione, scambiarsi un regalo stellato per celebrare
l’anno nuovo. E per
ricordarsi di non essere soli, mai.
«Posso
tornare Shinichi» affermò incredulo, come per
aiutarsi a realizzarlo. Fece una
pausa. «Ran mi ucciderà»
mormorò, ma senza alcuna amarezza. Negli anni i
sentimenti che aveva provato per la sua amica d’infanzia si
erano affievoliti,
ridotti ora principalmente a senso di colpa. Riportò lo
sguardo sulla mano di
Shiho – stringeva una sola fiala. Fu colpito da un tremendo
sospetto; si era
chiesto spesso se la scienziata sarebbe voluta tornare alla sua
identità di un
tempo, sebbene come Shiho Miyano non avesse mai avuto una vera vita
slegata dai
Karasuma.
Lei
seguì il suo sguardo e dovette intuire i suoi dubbi,
perché gli sorrise. «Questo
è per me» dichiarò, avvicinando a
sé la fiala.
Se
possibile, Conan la guardò ancora più sconvolto
di poco prima.
Ai
stese l’altro braccio verso di lui, rivelando un rettangolino
avvolto in carta
stellata. «Il tuo è qui: sta per
cambiare tutto, ma non volevo rinunciare alla
nostra piccola usanza» spiegò, incoraggiandolo ad
accettare il pacchetto.
«Il
tuo è di là» iniziò Conan,
colto da un pensiero, «ma temo che dovrò
cambiarlo».
Lei
chinò la testa, squadrandolo in cerca di chiarimenti.
Il
suo sorriso si allargò. «Immagino che Shiho porti
una taglia diversa da Ai,
no?»
«Mi
stai dando della vecchia, Kudo?» replicò lei,
avvicinandosi al tavolo per
poggiare la sua fiala. Si voltò con un brillio scherzoso
negli occhi. «Potresti
pagarla cara, sai».
Conan
stette al gioco. Si sentiva leggero, era tutto così irreale
– sapeva che
entrambi non erano così allegri e spensierati da anni.
“Spensierati” non era il
termine giusto, probabilmente, ma decise che le riflessioni sulle serie
implicazioni del tornare in vita di Shinichi Kudo
avrebbero atteso il
giorno dopo.
Forse
con l’anno non sarebbe finito il tempo, ma quella mezza vita
passata nell’ombra
sì.
A
mezzanotte, Ai e Conan brindarono con le fiale al
posto dei calici.
«Addio»,
mormorarono da adolescenti.
«Piacere
di conoscerti» esclamò Shinichi, pochi minuti
più tardi, alla giovane donna
sdraiata sul divano davanti a lui.
L’unica
risposta che ricevette fu un sorriso, poi Shiho lo afferrò
per la sciarpa e lo
attirò a sé, celebrando con un bacio il nuovo
inizio.
Non
sapevano dove li avrebbe portati, ma di una cosa erano certi: qualunque
cosa quell’anno
avesse in serbo per loro, l’avrebbero affrontata insieme.