Ancora qualcosa
da desiderare
di Breed 107
Capitolo dodicesimo.
Attraverso gli occhi velati dalle lacrime, Akane osservò
i lunghi capelli di Ukyo muoversi sinuosi sotto la carezza del fresco vento
serale. Il dolore al braccio era ancora lancinante e la ferita le pulsava,
seguitando a sanguinare, ma la sorpresa per quella sorta d’apparizione era
stata tale da farle dimenticare momentaneamente la sofferenza. La ragazza
dinanzi a sé continuava a proteggerla con la sua spatola, posta a mo' di scudo.
Osservandone le spalle Akane poté intuire la tensione che stava attraversando
la giovane cuoca, palese anche nel leggero tremito delle braccia che
sostenevano l'ingombrante arma. Le mani, tenacemente strette intorno al manico,
erano invece salde e quasi esangui per la morsa.
“Stanne fuoli!” la voce di Shan-po risuonò
irritata, chiaramente infastidita per quella che considerava un'intrusione.
Bombori alla mano, era arretrata di qualche passo per poter scrutare la nuova
arrivata, l'espressione sul suo bel viso non meno furiosa del suo tono di voce.
Ukyo però non si lasciò impressionare e sollevò
appena la spatola, pur tenendola sufficientemente bassa per proteggere Akane
“Cosa credi di fare, eh?” le chiese ancora.
“Questa sfida non ligualda lagazza-spatola! Non è
affal tuo!” fu la risposta che ebbe.
Le chiare iridi di Ukyo si spalancarono per
l'indignazione “Sfida!? Sfida?! Lei ti dava le spalle, razza di vipera! Credi
che non ti abbia visto?! Come puoi essere caduta così in basso?!” le urlò
contro con rabbia.
Il silenzio seguì quella frase colma di sdegno, la
ragazza cinese infatti non rispose subito a quelle accuse, poi abbassò lo
sguardo celando così all'altra i propri occhi “Lei deve pagale. Pel colpa sua
Shan-po ha pelso suo onole di amazzone.”
“E tu speravi di riconquistarlo attaccando alle
spalle e continuando ad infierire su un'avversaria disarmata e già ferita?”
Ukyo era sì furiosa, ma anche incredula: sapeva che Shan-po non era tipo da
rifuggire sotterfugi e trucchi, ma una tale aggressione…
Cosa poteva spingere la fiera amazzone a un simile
comportamento? La disperazione? Sì, probabile. Solo la disperazione per aver
perso il ragazzo amato poteva spiegare una cosa del genere, se pur non la
giustificava.
Ukyo lanciò una veloce occhiata ad Akane ancora
rannicchiata alle proprie spalle e osservò critica la ferita al braccio destro:
da come lo teneva, sembrava farle molto male. Rinfoderò la spatola e più seria
che mai si rivolse nuovamente a Shan-po “Porto Akane dal dottor Tofu, se provi
ad impedirmelo giuro che te la faccio pagare cara.”
“Pelché la ploteggi? Lei è anche tua livale!”
“E credi che attaccarla così vigliaccamente mi
darebbe soddisfazione?! O speri che Ranma notando la sua debolezza decida di
lasciarla per mettersi con me o con te? No, tu lo sai che non lo farà mai, per
questo ti sei decisa ad attaccarla… e credimi, non vorrei essere nei tuoi panni
quando lui lo verrà a sapere.”
Shan-po si morse le labbra e Ukyo vide chiaramente
i suoi occhi colmarsi di lacrime. Era la prima volta che la vedeva piangere, ma
non c'era tempo per commuoversi. Sperava solo che Shan-po non decidesse di
attaccare anche lei: era un'avversaria ostica e di certo non se ne sarebbe
liberata con poco, mentre doveva portare Akane via di là al più presto. Per
fortuna però l'amazzone sembrava non aver più tanta voglia di combattere…
Così Ukyo aiutò la ragazza alle sue spalle a
rimettersi in piedi e la sostenne fino a quando fu in grado di reggersi da sola; il dolore al fianco era ancora tanto
forte da renderle difficile mantenersi in piedi, perciò le passò un braccio
intorno alle spalle per sostenerla.
“Grazie…” le disse Akane in un sospiro doloroso
appoggiandosi a lei, ma Ukyo scosse leggermente il capo.
“Non ringraziarmi – il tono era pratico come al
solito – piuttosto ce la fai a camminare così o devo portarti sulle spalle?”
“No, ce la faccio” la rassicurò Akane cercando di
mantenersi il più dritta possibile.
“Porterò io la tua cartella. Andiamo… e tu – Ukyo
si rivolse alla cinese, restata quietamente in disparte – faresti meglio a non
farti vedere per un bel pezzo, tanto sarà certo Ranma a venire da te” aggiunse
poi con tono ruvido.
Shan-po restò ancora in silenzio e sempre in
silenzio osservò le due allontanarsi, lacrime di rabbia le attraversavano il
volto rivolto verso il basso.
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Nabiki batté ancora le palpebre, faticando a
trovare un contegno “Tu… tu…” ripeté un paio di volte.
Toshio le indicò con garbo il piccolo divanetto di
fronte a sé “Siediti, per favore” la ragazza ubbidì come un'automa,
sprofondando al suo posto senza staccare gli occhi dal volto rilassato di lui.
“Io non capisco – con fatica la ragazza riacquistò
un minimo di lucidità – cosa vuoi da me?” gli chiese con voce più neutra che
potesse permettersi, era così stupita da non provare nemmeno rabbia, per il
momento.
“Ci arriveremo, Nabiki… posso chiamarti Nabiki,
vero? Ecco, se mi concedi qualche minuto, ti vorrei raccontare un piccolo
aneddoto.”
“Aneddoto?! Un Aneddoto?! – finalmente la rabbia! –
Cosa diavolo vuoi da me?! Devi dirmelo, ora!”
“Su, tranquillizzati, non è da te perdere la calma
in questo modo.”
“La smetti di atteggiarti come se mi conoscessi?!
Tu non sai nulla di me!” incrociò le braccia al petto, per celargli il tremore
che le attanagliava le mani: non aveva tutti i torti quel bastardo, perdere la
calma non era da lei. Non era abituata a gestire la rabbia e questo poteva
rivelarsi pericoloso avendo a che fare con un simile subdolo individuo.
“Bene, ora che sembri più tranquilla, posso
continuare. Ieri ho assistito a quella patetica scena, sì, l'addio del tuo Kuno
Tatewaki ad Akane e…”
“Non è il mio Kuno!” sbottò lei, non
potendoselo impedire: in quel momento sentiva quasi di assomigliare a sua
sorella minore, quando negava di essere in qualsiasi modo legata a Ranma…
Arrossì al pensiero e strinse le labbra, decisa a non farsi ingannare di nuovo.
“Come credi – Toshio si appoggiò al proprio divanetto, rilassandosi ancor di più – Non
ero solo, c'era un mio compagno con me e quando gli ho chiesto chi fosse la
ragazza di sotto, lui ha pensato automaticamente che stessi chiedendo di Akane.
E' stata la conferma che volevo.”
“Si può sapere di che stai parlando?”
“Del fatto che la maggior parte delle persone si
lasci ingannare dalle apparenze e che nessuno sembra intuire cosa ci sia sotto
la tua aria di avida calcolatrice.”
Nabiki assottigliò gli occhi, sempre più confusa.
Per la prima volta in vita sua non riusciva a capire con chi avesse a che fare
e se questo da un lato era irritante, d'altra parte… sì, la affascinava.
Quel ragazzo era la sua sfida personale, pensò
sotto, sotto elettrizzata dal pensiero. Non le capitava spesso di avere
avversari degni e quel Toshio sembrava avere le carte in regola. “I complimenti
non fanno effetto su di me” lo mise in guardia, ma lui si strinse nelle spalle.
“Ed io non sono tipo da farne. Tu sei una ragazza
difficile, non sei meno bella di Akane e possiedi un cervello non indifferente,
eppure invece di suscitare ammirazione come meriteresti… beh, lasciatelo dire,
incuti timore.”
“Chi ti dice che non sia quello il mio scopo? Ma
non è facendomi i complimenti che eviterai di rispondermi, Nogata, allora, cosa
vuoi da me?”
Lui sorrise divertito, negli occhi la stessa luce
di un bambino dinanzi alla vetrina di un giocattolaio “Semplice, da te
non voglio nulla, voglio te.”
Nabiki non poté far altro che spalancare gli occhi.
--- --- ---
Il dottore osservò criticamente la ferita che aveva
appena finito di medicare. Non era profonda si disse sollevato, sarebbe bastato
applicare appena qualche punto, na non era tanto ottimista per il braccio in
sé: a giudicare dai mugolii di dolore che Akane si lasciava sfuggire al solo
sfiorarlo, almeno una della due ossa dell'avambraccio era rotta, se non
entrambe.
Si sistemò gli occhiali sul naso e alzò il volto
verso la sua cliente preferita, sorridendole con calore “Dovrò metterti un paio
di punti, forse tre e poi dovrò farti una radiografia, per accertarmi del danno
alle ossa. Ci vorrà un po', sarebbe meglio avvertire casa, no?”
Akane annuì e lo guardò alzarsi dal suo sgabello
per andare nell'altra stanza dove vi era il necessario per le suture, poi si
rivolse a Ukyo, rimasta dritta accanto al suo lettino, il volto serio e
leggermente pallido; per una frazione di secondi, Akane si chiese se fosse
stata la vista del sangue a causarle quel pallore, però nonostante questo, le
era rimasta vicina.
“Ukyo, potresti avvertire tu i miei, per favore?”
le chiese, attirando la sua attenzione.
“Sì, chiamo subito!”
“No, ti prego, aspetta! Se Kasumi si precipita qui
prima che il dottore abbia finito di medicarmi, rischio di perderlo il
braccio!” quella frase, nella sua sconcertante verità fece prima stupire la
cuoca, poi le strappò un sorriso divertito che faticò a nascondere, ma Akane
rise con lei, sollevata. Sì, era sollevata per la presenza di Ukyo, sollevata
perché non era sola in quel momento e poi lei l'aveva aiutata… nonostante
tutto. Sentì gli occhi colmarsi di lacrime e vergognosa volse altrove il viso,
ma Ukyo le aveva già notate, come il suo repentino smettere di ridere
testimoniò.
“Grazie” la voce flebile di Akane si udì appena
nel piccolo ambulatorio medico, ma erano troppo vicine perché non la sentisse.
“Ti ho già detto di non ringraziarmi e poi non
illuderti, non significa nulla. Se ti ho aiutato è perché non sopporto certe
cose, ma continuo a detestarti esattamente come prima.” Ci teneva che le cose
fossero ben chiare: nonostante tutto, stesa su quel lettino medico, pallida e
ricoperta di polvere e con un braccio probabilmente rotto, c'era la causa delle
sue sofferenze, il motivo per cui da tempo versava lacrime rabbiose, lei così
orgogliosa. E inoltre era anche la causa della sofferenza di Akari, checché ne
dicesse quell'ingenua. Averla aiutata non cambiava nulla, assolutamente nulla.
“Proprio per questo devo ringraziarti, non credi?”
non poté rispondere a quella domanda di Akane e non solo per il ritorno del
dottore.
“Aspetto qui fuori” non aveva la minima intenzione
di assistere anche allo spettacolo di
un ago che ricuciva la pelle della ragazza: aveva già lo stomaco abbastanza
contratto. Così, con passo quasi militaresco, uscì nella sala d'aspetto dove,
dopo essersi richiusa la porta alle spalle, vi si adagiò contro con un sospiro.
Chi cavolo gliel'aveva fatto fare di restare lì?
Avrebbe dovuto andarsene da un pezzo, appena scaricata quella piaga di Akane
dal dottore, aveva fatto già abbastanza per quella ruba-fidanzati. Già, in
fondo si trattava di un braccio rotto, al più, non era in pericolo di vita, non
c'era bisogno che restasse lì. Affatto.
'Perché cavolo non te ne vai allora, eh?' si chiese
sarcastica, mentre si accomodava sul vecchio divano del dottore. Non voleva
andarsene e non sapeva il perché. Forse per quel grazie non richiesto, anzi non
voluto. O perché vedere la sua rivale peggiore colpita alle spalle le aveva
fatto uno strano effetto; o ancora perché, egoisticamente, restando lì
dimostrava ancor di più di esser meglio di Shan-po, Ranma gliene sarebbe stato
grato…
A che punto era arrivata, se elemosinava la
gratitudine di Ranma! Roteò gli occhi, disgustata per quei pensieri e decise di
cercare un telefono: doveva avvertire Akari di non aprire ancora il locale,
dato che non sapeva quando sarebbe tornata.
--- --- ---
Obaba strinse le sottili e apparentemente fragili
dita intorno al suo bastone nodoso e in uno scatto d'ira lo calò pesantemente
sul tavolo su cui si era issata per poter fissare meglio la giovane dinanzi a
sé. Sua nipote sussultò leggermente a quel colpo, ma non alzò lo sguardo da
terra dove lo aveva puntato. Poteva scorgere il lieve tremito che scuoteva
quella giovane sciocca e questo la fece irritare ancor di più; ciononostante la
sua voce sembrò ferma e perfettamente controllata quando parlò.
“Ripeti quello che mi hai appena detto, nipote” le
ordinò e dovette attendere alcuni istanti per essere ubbidita.
“Ailen non è a Nelima. Shan-po ha attaccato
Akane Tendo, è felita, ma non sono riuscita a finilla.”
La centenaria Obaba era stupita, anzi, peggio:
sconcertata. Cosa aveva in testa quella benedetta figliola?! Sperava di
sbagliarsi, ma non le parole di Shan-po quanto il suo stesso stato sconvolto le
suggerivano più di quanto avesse detto “Hai sfidato Akane e hai perso?” le
domandò quasi speranzosa, ma non fu sorpresa quando la giovane scosse il capo.
“No, Shan-po ho sfidato e lei non ha voluto
battelsi e Shan-po…” precisò la ragazza.
“E tu la hai attaccata lo stesso?! E' questo che
vuoi dirmi, nipote!?”
Shan-po si morse le labbra: non aveva mai sentito
la sua bisnonna rivolgersi a lei tanto duramente. Nemmeno all'indomani del suo
primo ritorno in Cina, quando le aveva raccontato di Ranma e del suo
fallimento, Obaba era stata così dura. Allora l'aveva portata ad allenarsi alle
fonti maledette, dove aveva guadagnato
la sua personale maledizione, ma ora non osava sperare di cavarsela ugualmente
a buon mercato…
“Cosa ti è saltato in mente, Shan-po? Non era
questo che ti avevo ordinato!” rincuorata perché almeno ora Obaba aveva smesso
di chiamarla nipote, la ragazza alzò
finalmente lo sguardo verso di lei.
“Bis-nonna aveva detto…”
“Ti avevo ordinato di fare Ranma il tuo sposo, non
di perdere il senno! – Obaba era davvero furiosa, come non lo era da secoli – Dovevi
affrontare il futuro marito, sconfiggere lui e obbligarlo ad accettare il suo
destino! Ora sarà già un miracolo se lui non vorrà vendicarsi! Lo hai perso,
perso per sempre!”
Shan-po incassò la testa, chinandola in avanti:
come aveva previsto, sua nonna non capiva. Come avrebbe potuto spiegarle che…
“Ranma Saotome era già perso, vecchia Obaba.” La
voce seria e calma di Mousse fece voltare le due donne verso la piccola cucina,
da cui il ragazzo era appena uscito. Gli occhiali sulla fronte, le mani nascoste
nelle larghe maniche del suo abito, si avvicinò a Shan-po pur non degnandola di
uno sguardo, anzi, la sua attenzione era completamente rivolta alla piccola
figura della vecchia dinanzi a lui.
“Sciocco ragazzino – Obaba lo liquidò con un gesto
infastidito della mano ossuta – torna nella tua camera e non osare più
interrompere un'anziana. Questa storia non è affar tuo.”
“E invece sì – insisté inflessibile lui – mi
riguarda dal momento che avevo capito cosa volesse fare Shan-po e non ho fatto
nulla per fermarla. Se lei ha sbagliato, il suo errore è anche il mio.”
Shan-po lo guardò con la coda dell'occhio, non
osando dire nulla per il momento: quello stupido credeva che comportandosi così
le avrebbe evitato la punizione che sapeva attenderla? La sua intrusione era
anzi dannosa, avrebbe solo peggiorato le cose, però… però era lieta di non
essere sola.
Il fatto che lui le fosse accanto, anche
fisicamente, le ridiede un po' del proprio coraggio e fieramente alzò il mento,
osservando per la prima volta Obaba negli occhi. “Stupido Mousse non dice
velità, ma non impolta cosa lui dice. Shan-po ha fatto quello che legge ordina: se
nemico ostacola Shan-po, Shan- po uccide.”
“Il tuo scopo era sposare Ranma, non sconfiggere
quella ragazza! Sposando Ranma ne avresti fatto un membro del nostro villaggio
e il suo valore ci avrebbe portato lustro ed onore! Compiendo invece un atto
tanto sconsiderato, ce l’hai reso nemico, privando la tribù di tale valido
combattente! Hai commesso l'errore più grave per un'amazzone, giovane incosciente,
hai messo i tuoi interessi prima di quelli del tuo villaggio!”
Il suono di una risatina, malamente trattenuta,
seguì quelle drammatiche parole di Obaba e la vecchia amazzone, stupefatta, si
volse verso il giovane che impudentemente osava ridere di lei fulminandolo con
il suo sguardo più feroce “Mousse, come osi ridere?!” il ragazzo però non parve
intimorito, anzi, scoppiò a ridere più vistosamente, lasciando Shan-po
completamente di stucco: che fosse impazzito a furia di bastonate in testa?
“Ah, ah, ah! Questo… questo poi! Andiamo, vecchia
mummia! Come se ti fossero mai importati davvero gli interessi del villaggio! –
Mousse si piegò quasi in due incapace di fermare la sua risata – Hai provato
mille e più trucchetti per accalappiare Saotome, ma certo non lo hai fatto per
il villaggio! Lo hai fatto perché ti divertiva stuzzicare quell'idiota!”
“Smettila! Questa tua insolenza potrebbe costarti
caro! Vuoi essere espulso dal villaggio per sempre?” improvvisamente così
com'era cominciata la risata di Mousse finì quasi di colpo ed i suoi occhi
verdi, lucidi di determinazione, si puntarono sulla vecchia.
“Che mi scaccino pure e poi senza Shan-po, non ho
nessun motivo per ritornare in quel maledetto villaggio.”
La ragazza sussultò: Mousse aveva ragione. L'esilio
era quello che la aspettava… Gli anziani del villaggio non le avrebbero
perdonato l'onta dopo il fallimento. Non solo non aveva conquistato Ranma, ma
si era comportata in maniera indegna per un'amazzone.
Col cuore stretto in una morsa, si chiese per la
prima volta perché il pensiero che ciò potesse accadere non l'avesse fermata
dall'attaccare Akane. Il fatto era che, accecata dalla gelosia e dalla rabbia,
non aveva pensato a null'altro che a vendicarsi di lei, perché Akane aveva la
colpa o almeno così le era piaciuto credere. Abbassò lo sguardo di nuovo a
terra, perplessa di quanto poco dolore le desse l'essere ad un passo
dall'esilio forzato dal luogo dove era nata. Era stupefacente quanto ciò le
facesse poco male, quasi nulla in confronto a ciò che provava per non essere
amata da Ranma…
La voce nuovamente fredda di Obaba la richiamò al
presente. “Mai avrei pensato che le persone a me più care potessero darmi un
simile dolore. Tu, la mia nipote adorata – la ragazza deglutì – causarmi tale
vergogna – la vecchia sospirò e d'incanto ogni animosità parve sparire da lei –
dovrò avvertire gli anziani… e a quel punto, sperare che la tua giovane età
interceda a nostro favore. Sì, hai capito bene, nipote: sono furiosa con te e
sono delusa, ma non ti lascerò sola, condividerò il tuo destino…”
Il sollievo per quelle parole ridussero Shan-po
nuovamente in lacrime e, incapace di poterle fermare, la ragazza cominciò a
singhiozzare, nascondendo il volto tra le mani. Mousse la guardò, non c'era
bisogno di dirlo: anche lui sarebbe rimasto accanto a Shan-po, non gli
importava che lei non lo amasse e che con tutta probabilità non lo avrebbe mai
amato. E poi, prima ancora degli anziani, era qualcos'altro a preoccuparlo per
il momento: Ranma Saotome.
Prima o poi avrebbe affrontato Shan-po e lui le
sarebbe stato vicino per proteggerla; non gli avrebbe mai permesso di farle del
male, gli fosse costata la vita. Era tutto ciò che il suo amore inutile poteva
fare.
--- --- ---
Akari si morse il labbro inferiore per non
scoppiare a ridere, non sarebbe stato affatto carino in una simile occasione,
però… Abbassò lo sguardo sulle proprie mani e cercò di riacquistare la serietà;
non era difficile, bastava non guardarsi intorno.
“Per fortuna si tratta di una frattura incompleta
all'ulna. I tessuti molli non sono stati minimamente intaccati e l'osso, come
potete vedere voi stessi dalla radiografia che ho fatto ad Akane, è incrinato,
ma non rotto. Dovrà tenere la fasciatura rigida che le ho praticato per due
settimane. Per quanto riguarda la lacerazione, i tre punti che le ho applicato
sono stati più che sufficienti a richiudere la ferita, non le darà alcun
fastidio.”
Il dottor Tofu stava spiegando la situazione
clinica della giovane paziente con tono serio e professionale ai suoi
familiari, naturalmente accorsi in massa; quello che però Akari non riusciva a
spiegarsi, era il perché il simpatico dottore stesse dando quelle notizie… al
suo scheletro. Non poteva giurarci su, ma aveva l'impressione che tutto ciò
avesse a che fare con la presenza di Kasumi nella stanza; appena l'aveva vista,
infatti, gli occhiali del dottore si erano immediatamente offuscati e lui aveva
cominciato a comportarsi in maniera bizzarra. Il fatto poi che tutti gli altri
non facessero caso al suo strano comportamento stava a significare che fosse
una cosa non insolita.
Mentre il dottore continuava a spiegare allo
scheletro le cure che Akane avrebbe dovuto seguire, Akari osservò le altre
persone che affollavano la stanza: il signor Tendo entrato in lacrime,
continuava a piangere come un bambino, stringendo la sua figlia più piccola e
inondandola con lacrime e lamenti in egual misura; il signor Genma, sotto forma
di panda, cercava di consolarlo sfoderando una quantità incredibile di cartelli
a cui però il capo famiglia non dava la minima importanza. La signora Nodoka
invece, alle spalle del dottore, chiedeva informazioni sulla paziente e non
sembrava sorpresa che a ricevere risposta fosse l'ossuta Betty. Kasumi era al
fianco di sua sorella minore e, sorridendo con l'usuale candore, cercava da un
lato di aiutarla a strapparsi dalla piovresca presa del genitore, dall'altro di tenere lontano il vecchio maestro Happosai che a forza
voleva offrire all'inferma un reggiseno in pizzo rosa, spacciandolo per un
regalo portafortuna. In un angolo, l'aria stranamente svagata, se ne stava
Nabiki. La seconda delle sorelle Tendo era giunta per ultima e dopo aver
chiesto notizie sulla salute di Akane, era rimasta stranamente in silenzio,
immersa chissà in quali pensieri.
Ukyo sgomitò leggermente Akari, richiamando la sua
attenzione “Sarà meglio andare adesso.”
Quando la sua amica le aveva telefonato ore prima,
raccontandole l'accaduto per sommi capi, Akari si era precipitata nel piccolo
ambulatorio, sinceramente preoccupata. Akane era stata molto contenta di
rivederla e la sua aria serena l'aveva tranquillizzata; era stata poi Ukyo a
raccontarle quanto successo con maggiore precisione. Dalla sua voce traspariva
ancora la rabbia nei confronti di Shan-po e del suo comportamento indegno.
“Quando Ranma lo saprà…” aveva cominciato a dire
stizzita, ma poi si era fermata osservando la ragazza ferita con la coda
dell'occhio, ma Akane non aveva detto nulla né il suo sorriso era svanito. Un
silenzio imbarazzato aveva seguito quelle poche parole fino a quando la stessa
Ukyo l'aveva interrotto, chiedendo ad Akane se poteva avvisare la sua famiglia,
ora che il suo braccio era stato medicato e fasciato. Mezz'ora dopo
l'ambulatorio veniva invaso. Solo Nabiki non era presente, ma era giunta poco
dopo spiegando di aver letto il messaggio lasciatole da Kasumi.
Si congedarono da Akane che le ringraziò per essere
restate a farle compagnia tanto a lungo e, dopo i calorosi ringraziamenti del
signor Tendo ad Ukyo per aver salvato la sua piccola, le due amiche poterono fare ritorno al ristorante.
Uscendo, entrambe videro un ragazzo che sembrava
aspettare qualcuno appena pochi passi fuori dall'edificio. Nessuna delle due lo
aveva mai visto, ma Ukyo notò che indossava la divisa scolastica del Furinkan,
nonostante fosse sera inoltrata. Il ragazzo da canto suo le osservò
distrattamente per poi tornare ad appoggiarsi al piccolo muretto alle sue
spalle, pronto a ricominciare la sua attesa. Le due ragazze erano appena sparite
in fondo alla strada, quando anche Nabiki uscì dall'ambulatorio; sembrò stupita
di vedere Toshio ancora lì.
“Come sta?” le chiese, andandole vicino.
“Bene, tutto sommato. Ha un osso del braccio
incrinato ed una lacerazione, niente di serio… soprattutto per una come lei.
Perché sei rimasto?”
Lui si strinse nelle spalle e affondò le mani nelle
tasche dei pantaloni “Ti ho aspettato. Ti riaccompagno a casa, se…”
“No, resto qui ancora un po', tornerò con la mia
famiglia.”
Nabiki si sentiva a disagio, come poche volte in
vita sua; causa di ciò era la propria confusione. Il fatto era che
semplicemente non sapeva cosa fare. Ripensò a tutto quello che era accaduto
quel pomeriggio, dal momento in cui lui le aveva praticamente dichiarato le sue
intenzioni.
--- --- ---
In un primo momento la dichiarazione di Toshio
l'aveva spiazzata, poi si era sentita quasi tranquillizzata: se gli piaceva,
allora poteva dire di avere un certo potere su di lui. E questo pensiero aveva
fatto ritornare in lei la solita spavalderia, anche se in maniera contorta quel
tipo strano voleva solo corteggiarla e dal momento che lei non aveva la minima
intenzione di accettare le sue avances, poteva ben dire di essere
tra loro due la più forte.
Aveva incrociato le braccia e gli aveva sorriso alla
sua solita maniera “Non ho mai visto nessuno cercare di conquistare una ragazza
intimorendola con lettere anonime.”
“Oh quelle… Le foto erano solo un modo per attirare
la tua attenzione, per così dire. E poi, a dirla tutta, mi ha divertito molto
farti provare per un po' le stesse sensazioni che tu provochi nelle tue cavie…”
“Che simpatico! – lei aveva fatto una smorfia – E
il tuo finto incontro con Akane, a che serviva? Non era più semplice cercare di
far amicizia con me, piuttosto che farmi credere di avere una cotta per lei?”
Toshio aveva assottigliato i chiari occhi per
alcuni istanti, poi aveva sorriso a sua volta “Non saresti qui ora. Sei venuta
nella speranza di fare affari con me. E poi, ad essere precisi, nessuno ti ha
mai detto che fosse Akane ad interessarmi” Nabiki aveva annuito, in fondo
aveva ragione… E questo le aveva fatto pensare che tutto sommato la conoscesse
più di quanto lei pensasse o temesse.
Si era sentita nuovamente inquieta a tale pensiero e
lui, forse accortosene, si era sporto leggermente verso di lei “E' da tempo che
ti osservo Nabiki. Tu e la tua famiglia siete molto noti in città, del resto
con le assurde avventure che vi capitano ogni giorno… All'inizio ero curioso,
sì, sai, al contrario di te, la mia vita è piuttosto noiosa – per la prima
volta le aveva sorriso con un po' di impaccio – e osservandovi sono rimasto
colpito da te. Però la cosa strana era che più cercavo di saperne, più tutti
non facevano che parlarmi di Akane e di Ranma; raramente ho sentito parlare di
te in toni lusinghieri, per lo più le persone sono spaventate da te.”
“E questo ti ha fatto perdere la testa… Sei un tipo
strano, ma prevedibile tutto sommato: ti sei imbarcato in questa conquista
difficile per sfuggire alla noia. Beh, risparmiati ulteriori fatiche, Nogata:
non mi interessi.” Non era arrabbiata, il che era strano visto che quel tipo
l'aveva spaventata con le sue stupide foto e cosa peggiore, le aveva dato
l'illusione di poter guadagnare qualcosa. Una simile perdita di tempo (e di
profitto) avrebbe dovuta farla infuriare, invece…
Toshio non aveva battuto ciglio di fronte al suo
esplicito rifiuto, era rimasto in silenzio per alcuni istanti, poi il suo
sguardo si era fatto più penetrante e Nabiki involontariamente si era ritrovata
quasi a tremare, ma il timore non c'entrava nulla: il fatto era che… beh, sì,
quel tipo le faceva uno strano effetto quando la osservava in quel modo tanto
particolare…
“Se al posto mio ci fosse qualcun altro non diresti
così, vero?”
“Qualcun altro?” aveva uno spiacevole
presentimento.
“Sì. Se fossi Kuno, probabilmente fingeresti
indignazione e fastidio, ma scommetto che la cosa t’interesserebbe.”
“'Si può sapere perché sei così convinto che mi
piaccia Kuno?! Quell'idiota patentato!”
“Vendergli tutte quelle foto di tua sorella non è
altro che un modo ingenuo di restare in contatto con lui.”
Nabiki si era alzata in piedi, indignata e decisa
più che mai ad andarsene da lì, nulla al mondo l'avrebbe convinta a restare,
niente e nessuno…
Tre secondi dopo questa ferrea decisione, Nabiki
era tornata a sedersi, o meglio, era sprofondata al suo posto, gli occhi quasi
spalancati e aria stupita in viso. Kuno Tatewaki, mano nella mano della sua
bionda straniera, era appena entrato nel caffé e cosa più assurda di tutte
stava avvicinandosi al suo tavolo. Troppo per essere una coincidenza: aveva
linciato Toshio con lo sguardo e infatti il ragazzo non era sembrato per nulla
stupito, anzi, aveva guardato l'orologio e aveva sorriso soddisfatto “E' in
orario.”
Così era venuto fuori non solo che Toshio e Kuno
Tatewaki si conoscevano (essendo gli eredi delle famiglie più in vista di
Nerima, non era poi così assurda come circostanza), ma che addirittura erano
vicini in un certo senso essendo le loro abitazioni estive una accanto all'altra, in una
sperduta isola del Pacifico.
Toshio aveva saputo del recente felice incontro di
Kuno e gli aveva chiesto di incontrarsi per conoscere questa famosa Angie e lui
non aveva trovato nulla di strano in quella richiesta, anzi, era così felice di
poter presentare una ragazza come propria fidanzata che aveva accettato con
gioia. Ed ora eccoli lì, mano nella mano.
Nabiki avrebbe voluto sprofondare, dopo però aver
ucciso quel farabutto di Nogata. Che gran bastardo! Dopo i primi momenti di
stupore, Kuno si era seduto accanto al suo conoscente, mentre Angie, bella come
una giornata estiva, si era messa proprio accanto a lei e le aveva sorriso con
garbo, cercando anche con il suo garbato e sgrammaticato giapponese di fare
conversazione.
Erano stati momenti imbarazzanti per Nabiki,
intrappolata in quell'amichevole incontro. A portare avanti il discorso
ci avevano pensato per lo più Kuno e Toshio che per l'occasione aveva sfoderato
la sua aria da bravo ragazzo, la stessa con cui aveva conosciuto Akane. Era ammirevole
per certi versi, aveva pensato Nabiki sorseggiando il suo tè: in un'altra
occasione avrebbe di certo apprezzato di più le capacità interpretative del
ragazzo, ora invece più di tutto le dispiaceva di non aver imparato le arti
marziali: quanto le sarebbe piaciuto usarle su quell'individuo!
Dio volendo, i due piccioncini avevano alcuni
acquisti da fare per cui erano stati dolenti di dover andare via tanto presto,
ma né Nabiki, né Toshio avevano interesse a trattenerli oltre.
“Dovremmo rivederci più presto, Nogata.”
“Certo, prima che Angel torni alle Hawaii, magari.”
Kuno aveva sorriso come un ebete e aveva teso la
mano alla sua ragazza “Angie non andrà via tanto in fretta, anzi, sta
seriamente pensando di trasferirsi qui a Nerima.”
“Ma davvero? E' una splendida notizia, vero
Nabiki?”
'Brutto verme…'
“Vedo che anche voi siete intimi, dal momento che
la chiami per nome. Non sapevo che voi due…”
“Tra noi due non c'è nulla, assolutamente nulla…
per ora” aveva specificato Toshio, conscio degli sguardi assassini che Nabiki
stava dedicandogli.
Kuno aveva inarcato un sopracciglio, poi aveva
scosso il capo “Ah, Nogata, se accetti un consiglio, lascia perdere: non c'è
tesoro troppo grande per questa ragazza.”
Se l'avesse pugnalata alle spalle, probabilmente Nabiki
non si sarebbe sentita peggio… Aveva capito perfettamente cosa volesse dire il
suo compagno di classe, del resto non era nuova a simili parole di disprezzo
visto che tra loro non ce n'erano state di diverse tranne poche eccezioni, ma
sentirgli dire una simile cosa le fece male più del dovuto: la presenza di
Angie in un simile momento era il motivo di tanta sofferenza. Si sentiva
stranamente inferiore rispetto a quella venere bionda che al momento godeva
delle attenzioni di Kuno.
In quei pochi minuti passati seduta al suo fianco
si era resa conto del vero e proprio fascino che quella ragazza sprigionava,
dell'istintiva simpatia che il suo sguardo aperto suscitava e del suo sorriso
contagioso quasi. Essere mortificata in quel modo a suo cospetto era più di
quanto potesse sopportare, aveva quindi abbassato il capo sforzandosi per
contenere le lacrime di rabbia che l'avevano assalita, incapace di rispondere a
tono a quell'insinuazione.
“Se intendi dire che non c'è tesoro troppo grande
che possa paragonarsi a lei, hai ragione. Nabiki vale più di ogni ricchezza che
io possa mai possedere.”
C'era rabbia malamente camuffata nelle parole di
Toshio che rivolgendosi a Kuno aveva dimenticato la sua maschera gentile e
cortese: lo sguardo con cui stava infatti fissandolo era ostile e duro. Era
sinceramente offeso per quello che Kuno aveva sottinteso, offeso e mortificato
per esserne stato la causa indiretta.
Quando pochi minuti dopo anche loro due avevano
lasciato il caffé, erano rimasti in silenzio entrambi. Aver sentito quelle
parole, ma soprattutto il modo in cui Toshio le aveva dette, aveva fatto
nascere in Nabiki la confusione che ancora l'angustiava. Era stata colpita
dalla sua reazione allo stesso modo in cui era stata colpita l'offesa di Kuno;
eppure sentirsi dare praticamente dell'esosa non era una novità per lei
soprattutto da parte del suo compagno di classe.
Avrebbe dovuto pensarci da sola a ribattere a
quelle parole dette con leggerezza, ma non riusciva a dolersi che ci avesse
pensato il ragazzo che stava silenziosamente riaccompagnandola a casa. Vi erano
quasi giunti quando lui aveva ripreso a parlare, ancora visibilmente
dispiaciuto “Scusami, non era per quello che ho organizzato l'incontro…” era
sinceramente pentito, aveva notato Nabiki.
“Che speravi di ottenere, allora?” gli aveva
chiesto con calma e lui si era stretto nelle spalle.
“Certo non che ti offendesse.”
“Non fa nulla, di solito ci diciamo molto di
peggio.”
“E' proprio uno stupido…” aveva borbottato lui,
quando ormai erano in vista del dojo.
Si erano salutati appena e lei era praticamente
corsa in casa, desiderosa solo di poter mettersi in un angolo a pensare, ma
pochi istanti dopo Toshio, che aveva fatto in tempo ad allontanarsi solo di
qualche metro, l'aveva vista uscire di corsa con aria preoccupata.
“Akane è ferita, l’hanno portata dal dottor
Tofu!”aveva spiegato sbrigativamente ed entrambi si erano diretti
all'ambulatorio.
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“D'accordo. Ci vediamo a scuola allora” Nabiki
annuì: non gliel'aveva detto, ma era stata contenta che fosse rimasto lì ad
aspettarla. Lo guardò farsi pensieroso per poi sorriderle nella solita maniera
enigmatica che ormai aveva imparato a conoscere e che un tantino la inquietava,
ma che, doveva ammetterlo, le piaceva anche moltissimo. “Nabiki… posso darti un
bacio?”
Nemmeno il tempo di stupirsi e rifiutare che Nabiki
si ritrovò le sue labbra contro le proprie. Il suo primo bacio, rubato in quel
modo!
Non aveva mai permesso a nessuno tanta confidenza
ed ora quel… quel tipo osava tanto!
Avrebbe dovuto prenderlo a calci, gridargli di smetterla, magari mollargli un
sonoro ceffone e invece restò ferma.
Anche quando lui si allontanò quel tanto da poterla
osservare restò immobile, gli occhi spalancati e le labbra ancora tiepide per
quel tocco gentile; sentiva le guance arroventate e quasi soprappensiero
considerò che quel giorno era arrossita più del solito a causa di quello
sfacciato. Ora lui stava osservandola e per lo meno aveva la decenza di non
sorriderle più in maniera ambigua “La prossima volta sarebbe carino se
partecipassi anche tu” le disse, a mo' di congedo. Nabiki lo guardò
allontanarsi e per la prima volta non sapeva cosa fare….
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Akari osservò la sua amica con la coda dell'occhio.
Da quando avevano lasciato l'ambulatorio non si erano dette nulla, ma lei aveva
una domanda che le sarebbe piaciuto porre ad Ukyo, però vederla così turbata
per quanto accaduto ad Akane la faceva tentennare. Avrebbe aspettato che il suo
umore fosse migliorato, non c'era altro da fare, si disse tornando a guardare
dinanzi a sé. Stavano attraversando il parco pubblico, una scorciatoia per il
ristorante; a quell'ora di sera era quasi deserto, anche se qualcuno ancora si
aggirava tra le aiuole e i giardinetti ben curati. Il silenzio però era quasi
totale, interrotto solo dal rumore dei passi lievi delle due ragazze
“Cosa c'è? Vuoi chiedermi qualcosa?” Ukyo non si
era fermata, né si era voltata verso di lei nel farle quella domanda.
Akari batté le palpebre, lievemente sorpresa “Io
ecco… dov'è il signor Ranma, perché non era all'ambulatorio?”
Ukyo sorrise, fermandosi stavolta per poterla
guardare “Quando sei con me puoi pure evitare di chiamarlo signor Ranma, ha uno suono strano sai? Beh, non so dove sia quello
stupido, non lo sa nemmeno Akane: pare se ne sia andato dal dojo poco più di
una settimana fa, dopo aver litigato con lei.”
Akari sgranò i grandi occhi e una sua mano
inconsciamente si poggiò sulle labbra in una chiara espressione di turbamento.
Era così palese cosa stesse pensando che Ukyo non poté evitarsi un sospiro di
rassegnazione “Non è colpa tua” le disse, anticipando l'accusa che l'altra
sicuramente stava per rivolgere a se stessa, ed infatti…
“Hanno litigato per quello che io ho provocato,
no?! Se Ryoga non avesse dovuto salvare me, niente di tutto questo sarebbe
accaduto! Come puoi dire che non è colpa mia?!”
“Lo dico e come! Se proprio vuoi dare la colpa a
qualcuno, accomodati, c'è l'imbarazzo della scelta: Ryoga ha mentito ad Akane,
Ranma lo ha coperto, Akane avrà reagito male come al solito. Eccoti
accontentata, Akari! Le cose erano già ingarbugliate prima che tu arrivassi a
Nerima, credimi.”
“Ma io non le ho certo semplificate!”
“Non credevo fosse questa la tua missione nella
vita!” il tono di Ukyo era chiaramente sarcastico; quella ragazza ed i suoi
scrupoli a volte la facevano talmente arrabbiare! Il suo voler possedere il
monopolio della colpa era a dir poco irritante! “Sentimi un po'…”
La sua ramanzina fu interrotta da una violenta
esplosione, non distante da dove si trovavano; stupefatte, osservarono
un'incredibile colonna d’energia levarsi nel limpido cielo serale, stagliarsi
con il suo bagliore contro di esso rischiarandolo per lunghi istanti per poi
collassare su se stessa e ripiombare pesantemente al suolo con un boato sordo e
profondo. Lo spostamento d'aria fece fremere le cime degli alberi e tremare la
terra sotto i loro piedi; le due ragazze furono investite da una folata di
vento violenta, carica ancora dei residui della potente energia scatenatasi
appena qualche secondo prima.
Akari, spaventata, si aggrappò al braccio della sua
amica “Cosa… cosa è stato?!” le domandò con voce tremula: non aveva mai visto
nulla di simile in tutta la sua vita!
Ukyo, invece, riconobbe subito quelli che erano gli
effetti di una terribile tecnica marziale pur avendola vista eseguire una sola
volta sull'isola delle illusioni, anche se allora non aveva certo sprigionato
una simile potenza! Non poteva sbagliarsi però, le vibrazioni dell'esplosione
riempivano ancora l'aria, caricandola di una negatività che non lasciava dubbi
in merito all'origine di quel colpo nefasto.
“E' lo shishi hokodan…” mormorò.