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Autore: Evola Who    22/01/2020    1 recensioni
“E in che anno siamo?”
“Vediamo…” Iniziò ad annusare l’aria: “Siamo negli anni ’30. Più di preciso il 22 ottobre 1938.”
“1938?”
“Già! In pieno autunno. Te lo immagini, Denny? Oramai siamo alla fine di un grande decennio: nuove emozioni, la nascita e il successo del jazz e del blues, i primi film con audio, le grande invenzioni...”
“La segregazione razziale, il protezionismo, il voto alle donne concesso solo
dieci anni fa, la violenza, i poliziotti corrotti e l’inizio di un confitto mondiale”
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“Dottore…” iniziò a dire lei, intimorita e preoccupata: “Dove è andato a finire?”
“Rapito!” rispose lui con tono fermo. “Il TARDIS è stato rubato!”
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 26
Fear.
 


Intanto, Haska, River e il Dottore erano ormai quasi arrivati alla cima del tempio. I due viaggatori del tempo si erano già accorti da qualche minuto dell'assenza di Indy e di Denny, ma fecero finta di niente, sperando che avessero semplicemente notato qualcosa di interessante e che stessero bene.

“Eccoci qua!” annunciò Haska. Con le braccia alzate, aggiunse: “Qui risiede la nostra dea Sacial!”

I due entrarono in una sala di pietra e videro il Tardis, posto proprio in mezzo alla stanza, con la sua lampada accesa, in segno che cercava di partire.

“Il Tardis!” esclamò il Dottore, sconvolto e con gli occhi spalancati.

Corse vero di lei, ma sbatté addosso ad una parete elettrica, che gli provocò una scossa leggera ma ugualmente parecchio dolorosa.

Si allontanò di scatto, rimanendo confuso davanti alla sua più grande amica di sempre, così vicina eppure irraggiungibile. Anche River si avvicinò al Tardis, ma con cautela, alzando la mano e toccando una parete invisibile che rendeva impossibile proseguire oltre.

“Scudo elettrico” constatò, con tono fermo.

“Già. Così la vostra macchina non potrà andare da nessuna parte” disse Haska divertita, mostrando un sorriso sadico che nulla aveva a che vedere con le espressioni mistiche che aveva mantenuto fino a quel momento.

River e il Dottore si volsero a guardarla con aria inespressiva.

“E, allora, immagino che questo non sia un vero tempio” disse l'archeologo spaziale, senza mostrare alcuna traccia di paura o di smarrimento.

“Proprio così. E voi, invece, avrete capito benissimo che conosco la verità su voi due e sulle vostre identità: il Signore del Tempo e la famosissima archeologa River Song. Credevo che fosse in prigione. Omicidio. Giusto?”

I due non risposero, senza distogliere lo sguardo dalla sacerdotessa -  o, comunque, da quello che era in realtà - e senza mai abbassare la guardia.

“Mah, immagino che non sia ancora avvenuto. I misteri del tempo.” si rispose Haska da sola.

“Libera il Tardis!” ordinò l’alieno, seccamente.

“Adesso!” aggiunse River, afferrando la sua pistola e puntandola minacciosamente verso il nemico.

Ma Haska non parve affatto spaventata da quella reazione, anzi, a giudicare dal suo sorrisetto spietato, sembrò persino divertita.

“Abbassa quello sciocco giocattolo, dottoressa Song” disse infatti, con la voce impastata di sarcasmo. “Non mi farebbe niente. Probabilmente scoprirete molto presto il perché.”

Entrambi i viaggiatori del tempo si scambiarono occhiate perplesse e il Dottore chiese: “Chi siete e come avete rubato il Tardis?”

La sacerdotessa avanzò verso di loro, dicendo: “È stato facile trovare il segnale della tua nave, durante l’atterraggio. E la nostra astronave si è collegato alla vostra nave per portarla fin qui, tramutandola nella nostra ‘dea della luce’.” E sorrise quando fu davanti a loro.

“Per farci che cosa?” chiese River.

“Soprattutto, da quanto tempo siete qui?” aggiunse il Dottore.

Haska non si fece affatto pregare e raccontò il suo arrivo: la sua nave si era schiantata sulla Terra a seguito di un violento scontro con un'astronave nemica.

Aveva perso buona parte del suo equipaggio, ed erano sopravvissuti solo lei ed altri due. La prima cosa che fecero fu mimetizzare la nave, cercando di renderla meno visibile, camuffandola nella sua attuale forma.

Avevano studiato brevemente tutta la storia del pianeta Terra e, alla fine, aveva scelto di dare alla nave la forma di un tempio maya del Messico, perché gli era sembrata la scelta migliore.

Avevano anche creato delle finte storie e documentazioni del tempio, per convincere qualsiasi curioso che loro fossero dei veri discendenti dei Maya. Tutto questo, in due giorni.

In due giorni?” chiese River, sorpresa.

“Beh, in due giorni si possono fare un mucchio di cose" minimizzò Haska. "Anche in cinque minuti soltanto, giusto, Dottore?”

Il Signore del Tempo non rispose. La guardò con aria inespressiva, per poi ricominciare a meditare sulla storia che aveva appena sentito e rimanerne alquanto confuso.

“Aspetta... hai detto che tutto il vostro equipaggio è morto a parte tu e altri due. Allora, chi è tutta la gente che abbiamo visto fuori?”

“Indovina?” chiese lei, mostrando un ghigno divertito.
Sia River che il Signore del Tempo ci pensarono.

Se tutto l’equipaggio era morto, quella gente da dove sbucava? Avevano notato almeno un centinaio di persone o, forse, anche di più.

Pensarono a tutte le probabilità, finché River disse di scatto: “La cittadina di Dupain.”

Il Dottore girò la testa verso di lei con aria stupita, mentre River aggiungeva: “Quando sono arrivata, non c'era quasi nessuno in quel villaggio.”

L’alieno si ricordò delle parole del ranger riguardo la “partenza improvvisa” dei suoi cittadini. E, finalmente, capì.

“Avete rapito e manipolato gli abitanti di Dupain! Facendo loro credere di essere parte di una storica tribù di indigeni Maya!”

“Sia di aspetto che di mente" confermò Haska.

"In fondo, questi umani sono così facili da manipolare.” E rise, per poi guardare il Tardis con aria soddisfatta, mettendosi le mani dietro la schiena.

“E, grazie a loro, al Tardis ed a voi, passo finalmente realizzare il vero obiettivo della mia specie.”

“E quale sarebbe?” chiese il Dottore con tono duro.

Haska stava cominciando a spiegare, ma un suono elettrico cominciò a risuonare nella sala, interrompendola. La sacerdotessa alzò il braccio e, sul suo braccialetto, toccò un tasto, chiedendo: “Sì?”

“Baronessa, abbiamo due prigionieri.”

River e il Dottore si guardarono terrorizzati, capendo subito di chi si trattasse.

“Mostratemeli” rispose Haska con tono freddo.

Davanti a loro, comparve uno schermo olografico, in cui si videro Denny e Indy inginocchiati con le mani dietro alla schiena, probabilmente ammanettati.

Non erano certo messi bene: Jones si stava agitando, nel vano tentativo di liberarsi le mani, senza più cappello in testa e un'espressione furiosa sul viso; la ragazza, invece, aveva la testa bassa, aria inespressiva, capelli scompigliati e senza sciarpa. Inoltre, c'erano due guardie armate ai lati dei due prigionieri.

L’amica alzò lo sguardo, urlando: “Dottore!”

“Denny!” urlò di rimando il Signore del Tempo, preoccupato.

Dottore? River?” si aggiunse Indy, sollevando lo sguardo perplesso. “Come faccio a vedervi?” aggiunse, guardandosi attorno.

“Come state?” chiese l’alieno, terrorizzato.

Beh, ne ho passate di peggio” replicò l'archeologo, con sarcasmo.

Solo qualche bastonata e scossa elettrica da parte delle lance!” spiegò Denny. "Nulla di che, in fondo."

Beh, è bello vedere che avete voglia di scherzare anche in questi momenti” disse l’alieno con un sorriso triste, che Denny ricambiò subito.

Era sempre bello ridere, anche nei momenti più tragici. In fondo, era un modo per esorcizzare le paure e riuscire ad avere la forza per continuare ad andare avanti, con la speranza che le cose potessero aggiustarsi o che una soluzione inaspettata si palesasse all'improvviso.

Ad un certo punto, Denny notò il Tardis alle spalle del Dottore e urlò il suo nome.

Anche Indy lo vide e rimase senza parole, ad occhi spalancati e bocca aperta. Come poteva essere che una cosa così assurda come una cabina blu, identica a decine d'altre che si potevano vedere a Londra, potesse essere in realtà un oggetto tanto prezioso e importante? Ma, ormai, erano talmente tante le stranezze a cui stava assistendo che nulla più avrebbe potuto sorprenderlo.

“Me l'ero immaginato diverso” si limitò a constatare a bassa voce.

I nemici, il Dottore e River non udirono le sue parole, ma Denny sì, rimanendo sorpresa, e pensando alla sua affermazione si domandò: “Che cosa intendeva dire?” e lo guardò con sospetto.

“Che bella riunione di famiglia. Anche se con un po’ troppa melassa” disse la baronessa, cinica.

L’alieno restò fermo con aria preoccupata, guardando i suoi amici in pericolo. River, invece, si voltò verso l’uscita della sala e spiccò una corsa per riuscire a guadagnarla.

Haska, però, si girò svelta verso di lei, le afferrò un braccio e, da dietro la schiena, prese una corta lancia, che le conficcò tra le spalle, sprigionandone una forte scossa elettrica.

I tre amici urlarono terrorizzati il suo nome, mentre lei cadeva terra, priva di sensi.

“Bene” disse Haska, rimettendo a posto la sua corta lancia, con aria inespressiva ma con tono decisamente gelido.

“Adesso, basta giocare. È ora di mettere in atto il mio piano!”
   
 
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