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Autore: iron_spider    27/01/2020    1 recensioni
La sua mente è un caos infernale, ma ricorda il momento: ricorda la propria morte, ricorda il dolore rosso e scottante e Peter che urla, Rhodey che accorre al suo fianco. Ricorda di aver saputo che non avrebbe rivisto Pepper… ma ce l’avevano fatta. Avevano aggiustato il mondo, cancellato il tempo perso, risolto le cose. E il ragazzino era tornato. Piangeva, quel ragazzino che lo odiava per ciò che aveva fatto, ma era tornato. Era vivo.
E Tony Stark era morto. Ma adesso respira di nuovo mentre cerca di pensare, annaspando, con le mani che tastano le pareti che lo circondano, che lo racchiudono, che lo soffocano.
È in una bara. È sottoterra. È sottoterra, cazzo.

[Traduzione // Hurt-comfort // What If? // Tony&Peter // scritta pre-Endgame // Completa]
Genere: Angst, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 2
 


Non si sente così da anni. Non si sente così da quando stava morendo per l’intossicazione da palladio. Ricorda tutto ciò che gli è accaduto, ogni singolo dettaglio – la morte, la resurrezione, e si chiede se ne abbia ancora addosso i marchi. Riesce a muovere il braccio sinistro meglio di quanto riuscisse a fare in quei pochi momenti prima di andarsene per sempre. In un certo senso, si sente di nuovo un bambino.

Ciò include il puro, assoluto terrore che lo spinge ad aggrapparsi a Peter Parker come se fare qualunque altra cosa potesse ucciderlo. Non sa nemmeno cosa gli direbbe se potesse effettivamente parlare, se una qualche forza cosmica non l’avesse privato di un qualcosa di perfettamente normale che dovrebbe essere in grado di fare quando vuole. Parlare. Si sente fuori di sé, messo all’angolo, e forse sta per avere un attacco, sta per collassare del tutto. Non sa cosa lo tenga ancora insieme. Ha caldo e freddo al contempo, è bloccato tra una temperatura cadaverica e il bollore della superficie del Sole. Sente l’aria fresca attorno a loro, e le domande che iniziano a incombere sul retro delle sue palpebre, come locuste che annunciano la tempesta in arrivo.

Che mese è?

Quanto tempo è passato?

Come diavolo è potuto succedere?

Ce l’hanno fatta tutti, dopo che lui è scomparso?

Sa che Peter ce l’ha fatta, e anche Pepper, Rhodey e Bruce. Ma l’ultima volta che ha visto Steve, stava sanguinando quanto lui, e aveva in volto quell’espressione conosciuta. Una maschera di paura, quella di solito sotterrata e nascosta per non essere mai notata. Tony si fa domande, e trema scosso da brividi di freddo e spavento. È una morsa che lo stritola, e cerca di concentrarsi su Peter. Su questo ragazzo incrollabile, perfetto, ancora dalla sua parte a dispetto di tutto, anche quando non ce ne sarebbe più stato bisogno. Cerca di ricordarsi per cosa ha combattuto. Il ragazzo è il migliore, lo adora. Il ragazzo sta facendo un lavoro pazzesco nel non dare completamente di matto, in questo momento. Tony sa che, a ruoli invertiti, il povero Peter risorto avrebbe probabilmente dovuto trascinarlo di peso in ospedale per via di qualche infarto multiplo.

Si sente così debole, maledizione. Si detesta. Peter non se lo merita.

«Tony,» lo chiama Peter, tremando. «Puoi… puoi, Dio, non so… puoi parlare, sai – riesci a–»

Vorrei, ragazzo. Scuote la testa. Si scosta un poco, riluttante, cercando di domare i capogiri. Il contatto umano è l’unica cosa che lo stia facendo sentire vivo, e non un uomo morto che è appena uscito dalla propria tomba. Incontra lo sguardo lucido di Peter e si tocca la gola. Scuote la testa, e spera che recepisca il messaggio.

Peter sembra confuso per un istante, come se stesse analizzando il problema.

«Non ci riesci?» chiede, seguendo i suoi movimenti. «Non puoi parlare?»


Tony fa cenno di no.

Peter lo fissa per qualche istante, per poi annuire. «Okay,» dichiara, sempre fissandolo ad occhi sbarrati. «Okay, okay… ci penseremo, risolveremo tutto, andrà tutto bene.» Spazza via un po’ di terra dai suoi capelli e Tony non può trattenersi dallo sbuffare una piccola risata per l’assurdità della situazione.

La morte è stata un’ombra per tutta la sua vita. Non ha mai preso forma, non ha mai avuto una data o una causa, anche pochi minuti prima che avvenisse per davvero. Se la sentiva comunque attaccata alla schiena nei momenti più bui, mentre era in quella grotta, quando quel reticolo si espandeva sul proprio petto annunciando il suo arrivo. Non sapeva quando sarebbe accaduto, se sarebbe stato solo, se avrebbe fatto male… sa solo che gli pendeva dal collo come un fardello. Un qualcosa dal quale è sempre scappato.

Non si è mai figurato un ritorno, una volta avvenuta. Non si è figurato quello che sta accadendo ora. Era al di fuori di ogni possibilità. Per qualche motivo, a dispetto delle circostanze, vedere la propria lapide gli sembra un qualche amaro scherzo del destino.

La guarda. La lapide. La guarda per davvero. Si sente straniato, con l’unica àncora che prende forma nella stretta di Peter sul suo braccio.

È a Green-Wood [1]. Il suo lotto è recintato, con due panchine in pietra ai lati della tomba. Vede quella di sua madre dall’altro lato, accanto a Howard, e gli si rivolta lo stomaco a pensare a quanto fosse stato loro vicino mentre si arrampicava fuori. La sua lapide è grande, giusto una spanna sotto l’opulenza, ed è un grande fan del testo degli AC/DC al posto di qualche scialbo verso biblico. Pepper gli ha reso giustizia, anche quando non c’era più. Non avrebbe mai dovuto dubitarne.

Sposta lo sguardo di fianco alla lapide e vede una massiccia cassetta in pietra. È straripante di fiori, modellini, lettere, piccoli doni chiaramente fatti da bambini. Sente la gola restringersi solo a guardare il tutto, e gli si riempiono di nuovo gli occhi di lacrime.

«Oh, oh,» realizza Peter, alternando lo sguardo tra lui e la cassetta. Sta piangendo anche lui mentre cerca di attirarlo più a sé. Tony si volta, risucchiando un respiro. Vorrebbe riuscire a concentrarsi. Peter si schiarisce la voce. «Sì, uh… la gente viene spesso qui per… lasciarti delle cose, delle lettere… ho fatto delle foto ogni volta che potevo, sto… sto lavorando a un progetto per scuola, su quello che ha fatto Iron Man per il mondo. Ho un sacco di materiale, e raccogliamo le lettere e i regali quando diventano troppi… dovevamo… dovevamo farlo domani…» All’improvviso, sembra nervoso. Come se non sapesse cosa dire. «Uh… la mia lettera. È nel… nella tua giacca… nella tasca della giacca.»

Tony continua a fissarlo, cercando di dare un senso a ciò che sente. Si tasta il petto e sente ancora la sagoma delle buste. Non le ha perse, le sente ancora lì e, Dio, può solo immaginare cosa gli abbiano scritto. Sente già il cuore che va di nuovo in pezzi. Non riesce a pensare, il caos continua a crescere. Si piega in avanti, premendo la fronte contro la spalla di Peter.

Il ragazzo. Una luce in fondo al tunnel. Una luce, sempre, dappertutto. Anche ora, anche qui. Nell’oscurità, un luogo in cui non ha mai creduto di potersi trovare.

«Va tutto bene,» dice Peter. Tony chiude gli occhi, respirando a fondo. «Uh… è tardi,» dice poi. «Sono circa le nove… non… non preoccuparti, sto sempre attento… ho il costume addosso, giusto… uh, in caso. Non c’è nessun altro qui, nessuno… nessuno ha visto che tu…» sospira, dandogli delle pacche sulla spalla, e sembra che stia cercando di riempire il silenzio, di rispondere a tutte le domande che potrebbe avere in testa. Tony sorride appena. Cristo, niente ha più un senso.

«Beh… oddio, qualcuno ti vedrà… presto, qualcuno… ma, uh… beh, okay. Okay, faremo… ci faremo i conti quando arriveranno gli altri. Ci aiuteranno, ci… ci daranno una mano. Sapranno…»

Tony alza lo sguardo su di lui. Si sente orribile, gli sembra di mandarlo nel panico, quel ragazzo. Non vuole che Peter vada nel panico. Nessuno di loro due, in realtà. Ma lo stanno facendo comunque.

Pepper andrà decisamente nel panico.

Tony cerca di non pensarci, per ora. Il cuore gli sussulta solo nel pensare a lei. Guarda Peter e solleva un pollice. Vorrebbe intenderlo come un gesto d’incoraggiamento, ma Peter spalanca la bocca alla vista del sangue e delle sue unghie spezzate. Gli copre la mano con la propria e la stringe con forza, con un dolore che gli segna ogni lineamento.

«Tony,» sussurra. «Dio, mi– mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo, mi manchi… tantissimo

Tony nota il modo in cui formula quell’ultima frase e lo vede scosso dai brividi. Non riesce a immaginare cosa gli stia passando per la testa. Si toglie il guanto dell’armatura con la sua buona dose di brividi e lo poggia sull’erba, poi preme il palmo sul petto di Peter, facendogli un cenno col capo. Cercando di dirgli anche tu. Mi sei mancato anche tu. Non hanno avuto molto tempo per parlare, con tutto quello che stava accadendo una volta che Tony l’aveva riportato indietro. Non ha mai avuto l’opportunità per dirgli quanto – quanto, maledizione – gli fosse mancato. Di come avesse rivoltato il mondo intero e avesse fatto tutto ciò che poteva, e anche di più, per riaverlo indietro.

E poi aveva capito cosa doveva fare perché accadesse. Anche se significava lasciare questo mondo per sempre.

E adesso “per sempre” non significa nemmeno più “per sempre”. Il che, per una volta, va a suo vantaggio.

«Perché non ci, uh– alziamoci,» lo invita Peter. «Va bene?»

Tony annuisce. Gli sembra una buona idea. Non sa come diavolo farà a camminare, quindi si appoggia di peso a Peter quando lo aiuta a mettersi in piedi, e raccoglie il guanto. Barcollano fino alla panchina e Tony sente le gambe che formicolano per la lunga immobilità, così arriccia le dita dentro le sue scarpe eleganti firmate Testoni. Gli hanno messo il suo completo preferito, le sue scarpe migliori, l’orologio e la cravatta più belli. Anche gli occhiali da sole nel taschino sono quelli che ha indossato più spesso.

Solleva il guanto dell’armatura in direzione di Peter, inarcando le sopracciglia.

«Oh,» dice lui, con un braccio ancora posato sulle sue spalle. «Già, uh… sono stato io. Mi sembrava ingiusto lasciarti andare via senza, uh– un pezzo dell’armatura. Visto che tu e l’armatura siete… lo sai. Sei Iron Man. Sempre e per sempre.» Peter reclina la testa, chiudendo gli occhi. «Dio, non… Dio. Non so cosa sta succedendo.»

Tony si sente in colpa per il fatto che Peter si senta in dovere di parlare perché lui non può. Ci prova ancora ma, di nuovo, non emette alcun suono, e scuote la testa frustrato. Cerca di catalogare tutto ciò che gli sta accadendo dal punto di vista fisico e, sorprendentemente, non è grave quanto si aspetta. Ha un bizzarro mal di testa, le sue gambe sono di gelatina, gli fa male la mano e forse ha un po’ di fame… ma il suo cuore non sta galoppando, respira normalmente. Non sa come dovrebbe sentirsi qualcuno che è appena tornato in vita. Ma non pensa che dovrebbe sentirsi così bene.

Guarda di nuovo Peter. Sorride appena, e visto che non può parlare, maledizione, si limita a inclinarsi verso di lui e ad abbracciarlo di nuovo. Peter ride, ricambiando.

«Puoi avere tutti gli abbracci che vuoi, puoi avere… cavolo, ne puoi avere mille, non– non la smetterò più di abbracciarti, Tony, hai– hai cominciato tu e non puoi fermarmi.»

Tony ride, facendo caso per davvero al fatto che lo stia chiamando Tony, e non signor Stark. Si chiede se vi sia una ragione, poi sente una voce.

«Giuro su Dio, se qualcuno– se una singola persona ha vandalizzato la tomba, lo uccido.»

«Sono con te Pep, cavoli. Se anche fosse, Peter li ha presi.»

«Magari non dovremmo uccidere la gente, magari potremmo… spaventarli.»

Pepper. Rhodey. Bruce.

Tony non sa perché un fiotto di paura gli attraversi il cuore, ma stringe con più forza Peter, che risucchia un respiro.


«Bene,» dice, strizzandogli la spalla. «Va bene, okay, stanno… tutti e tre, okay… daranno di matto, usciranno di testa… uh, uh, uh… non so, dovremmo… no, non nascondiamoci, solo… insomma… cavoli, va bene– bene, bene…»

Il cuore di Tony prende a tambureggiare. Si scosta da Peter ed è la prima volta che prova l’impulso di nascondersi da loro, dalle persone più importanti della sua vita, perché non crede che reagiranno allo stesso modo di Peter. Non ha idea del perché il ragazzo non abbia ancora avuto un collasso nervoso.

«Bene, stanno…»

Le voci si fanno più forti.

«Peter!» chiama Pepper. «Caro, stai…»

Tony alza lo sguardo. Li vede, tutti e tre, e vede loro che vedono lui. Si stavano avvicinando in tutta fretta, ma adesso si arrestano a singhiozzo, e Rhodey artiglia il braccio di Bruce. I loro volti sono una maschera di shock, e Pepper non si muove, è completamente paralizzata. Bruce si copre la bocca con la mano. L’aria diventa densa, di sgomento e meraviglia di fronte alla situazione inaspettata.

Gli fanno male gli occhi per l’intensità con cui li sta fissando.


«Ragazzi,» esordisce Peter, lentamente, senza lasciare la presa su di lui. «Non– non è un trucco, è– è successo, lui– me ne stavo seduto qui e lui– è semplicemente…»

«Cristo Santo,» esala Rhodey. «Cristo… Cristo Santo.»

Tony riesce a fissarli e basta. Pepper indossa una delle sue magliette dei Black Sabbath, e ha i capelli raccolti in un morbido chignon. Sia Rhodey che Bruce hanno la barba, e i loro vestiti sono troppo larghi.

Sono loro. I migliori. La sua famiglia.


«Non riesce a parlare,» dice Peter. «Non so… non so perché… non…»

Tony lo afferra per la spalla. Vuole alzarsi in piedi, andare da loro, ma ha paura a muoversi da solo. Ha paura di affrontarli, di inciampare e cadere a terra. Peter lo guarda, e segue immediatamente il suo esempio quando fa per mettersi in piedi.

«Tu,» balbetta Bruce. «Tu, tu… aspetta– è uscito fuori e tu… tu, tu hai visto… tu…»

Si avvicinano, all’esterno del suo lotto recintato.

«Sì, l’ho visto… l’ho aiutato, uh… a uscire…»

La luce si posa delicata sul volto di Pepper e Tony si sente sul punto di implodere. Peter sembra percepirlo, e aumenta la stretta.

«Cristo Santo,» esala di nuovo Rhodey, e gli si rovesciano gli occhi. Si accascia a terra e Tony segue con gli occhi la sua caduta. Non avrebbe scommesso su Rhodey, per svenire. Aveva supposto che qualcuno, forse, sarebbe svenuto, ma non sapeva chi, e di certo non aveva escluso se stesso dal conto.

«Uh,» balbetta Peter, continuando ad avanzare un centimetro alla volta con lui. «Uh, forse dovremmo… dovremmo…»

«Bruce,» dice Pepper, con gli occhi che luccicano. «Puoi… Rhodey…»

«Uh, certo,» replica lui, e fissa Tony per un lungo secondo prima di accostarsi a Rhodey e inginocchiarsi di fianco a lui.

Pepper annulla la distanza tra loro, fermandosi proprio di fronte a lui. Gli sembra un angelo sceso dal cielo, e non riesce a credere di averla davvero lasciata qui. Non riesce a credere che sia qui, qui, proprio di fronte a lui. Lei scuote la testa, e allunga una mano esitante a sfiorargli il viso. Lui la stringe contro la guancia.

Sente Peter che lo lascia andare. È in piedi, senza alcun supporto. Sta piangendo – di nuovo – e ciò la riscuote.


«Tony,» sussurra, con gli occhi che seguono i suoi lineamenti. «Cosa… come…»

Lui scuote la testa, e ruota il volto contro la sua mano. Le bacia il palmo, chiudendo gli occhi, e la sente rilasciare un lieve respiro.

«Oddio,» dice. «Non– non può essere. Non puoi essere–»

«No, è qui,» interviene Bruce, scrutandoli dalla sua postazione, accanto a un Rhodey ancora incosciente. «Lo vedo.»

Tony riapre gli occhi, e lei fa scivolare la mano a cercare il battito sulla sua gola. Lo fissa per un singolo istante, poi la sua maschera crolla. Le lacrime scorrono sulle sue guance e lui gliele asciuga. La sfiora con delicatezza, e non riesce a credere di poterlo fare. Le lacrime continuano a scorrere e lui continua ad asciugarle, avvicinandosi ancora a lei.

«Lacrime di gioia,» dice lei, tirando su col naso. «Odio cercare nuovi fidanzati.»

Tony ride, sentendosi incorporeo e pesante al contempo, con la vista che gli si sfoca per il sovraccarico emotivo. Lei fa un passo avanti, abbracciandolo, e lo stringe più forte di quanto chiunque abbia mai fatto. Si scioglie contro di lei, aggrappandosi alla sua schiena, e non vuole lasciarla andare, mai più. È qui, lui è qui, è vivo, ce l’ha fatta, lei è qui, è con lui. Non è più sottoterra, non è morto, non è morto.

«Non ci credo,» sussurra lei. «Non ci credo, non ci credo.»

Gli bacia la guancia ancora e ancora e, dannazione, vuole parlare, vuole dirle quanto la ama, quando avrebbe voluto averla accanto alla fine, che andarsene senza poter vedere un’ultima volta il suo viso è stata una delle cose più stupide che abbia mai fatto.

«Tony,» sussurra. «Tony, Tony. Dio, oddio. Tony. Come è… come…»

Lui si scosta appena, le prende il viso tra le mani. Scuote la testa, alzando un poco le spalle con un sorriso. Dio, è bellissima. Tutto, ogni singola cosa di lei, è un uomo fortunato. Si china su di lei e la bacia con impeto, cercando di metterci tutto se stesso.

«Tony,» dice la voce di Rhodey.

Lui rompe il bacio con riluttanza, sfiorandole in naso col proprio. Abbassa lo sguardo.

Bruce issa in piedi Rhodey e barcollano entrambi sul posto, limitandosi a fissarlo. Lui si apre in un ampio sorriso, scuotendo la testa, e quasi collassa addosso a loro, abbracciandoli entrambi, insieme. Sente la mani di Pepper tra i capelli.


«Dio, non ci credo,» ripete lei.

«Com’è possibile?» mormora Bruce, contro la sua spalla.

«Cristo,» dice di nuovo Rhodey. «Cristo Santo.»

Tony sa che il fatto di non riuscire a parlare diventerà ben presto seccante.

«Peter,» dice Pepper, con una mano premuta contro la base del suo collo mentre si muove alle sue spalle. Rhodey e Bruce non sembrano intenzionati a lasciarlo andare, e ha l’impressione che Rhodey stia per svenire di nuovo. «Qui non c’era nessuno?» chiede.

«No,» risponde lui. «Solo… solo io.»

«Non c’era nessuno che faceva cose strane?» chiede ancora.

«No,» replica lui. «E non ci ha visto nessuno… forse dovremmo, uh… andare, così possiamo evitare che accada.»

«Giusto,» concorda Pepper. «Giusto, giusto– sì… ragazzi, lasciatelo andare, lo portiamo al Complesso.»

«Un attimo, prendo il guanto,» dice Peter. Tony si volta, vedendolo tornare di corsa nei pressi della tomba per recuperarlo, e smuovere un po’ di terra qua e là come se stesse rimettendo in ordine in fretta e furia la propria stanza.

Rhodey si stacca da lui, mentre Bruce mantiene la stretta per qualche secondo in più per poi fissarlo come se fosse un qualche esperimento scientifico. Tony conosce quello sguardo e inarca un sopracciglio, mentre lui aggrotta la fronte. Sono io, Brucie. Sono io.


«Cristo,» sbuffa Rhodey, e Tony vorrebbe buttare lì un qualche commento sarcastico riguardo al nominare invano il Signore, ma non può parlare, cazzo. Sta diventando la sua preoccupazione principale, dopo la sua brusca resurrezione. «Mi sento come se stessimo avendo un’allucinazione collettiva. Insomma, merda… sapete… quando vedi la cosa che vuoi di più al mondo? Non è successo a qualcuno?»

Tony sorride, chinandosi verso di lui e premendo la fronte contro la sua. La cosa che vuole di più al mondo. Dio, se gli vuole bene.

«Devo esaminarlo… cioè, non esaminarlo… beh, fare… insomma, uh– un check-up medico completo, al Complesso,» balbetta Bruce. Stringe rapidamente il suo braccio per poi ritrarsi, come a verificare che esista realmente.

«Andiamo,» dice Peter, riavvicinandosi e prendendolo per il braccio sinistro, mentre Pepper lo prende per il destro. Rhodey e Bruce lo fissano ancora per qualche secondo, prima che Peter dia un colpetto sul petto del primo, facendolo ripiombare coi piedi per terra.

«Giusto, giusto,» reagisce lui, dando a sua volta un colpetto a Bruce, e prendono entrambi a camminare, lanciandosi occhiate alle spalle verso di lui. Tony sorride, fissandoli, e si lascia guidare da Peter e Pepper. Sta andando via, sta uscendo dal cimitero. Non è più sottoterra, è uscito, è vivo. È qui, è qui… deve continuare a ripetersi che è qui. È qui con loro.

«Tony,» lo chiama Pepper. La guarda e lei assottiglia gli occhi, come se non si fosse aspettata di vederlo reagire al proprio nome. Poi guarda Peter. «Perché… Dio, perché… Dio.»

«Lo so,» risponde Peter, stringendogli con più forza il braccio. Deglutisce a forza e abbassa lo sguardo a fissarsi i piedi, mentre aggirano altre tombe. Rhodey e Bruce continuano a guardarsi alle spalle, parlottando tra loro. Tony odia il fatto di non poter spiegare nulla – è quello che fa di solito: risolve le cose, le scompone pezzo per pezzo fino al loro nucleo – ma niente di tutto ciò ha senso. Né il fatto di risvegliarsi nella bara, né l’esserne uscito, né il non poter parlare. Né il fatto di essere vivo.

«Perché pensi che non riesca a parlare?» chiede Pepper.

«Non so,» risponde Peter. «Magari è lo shock? Spero sia quello.»

Pepper annuisce, poi scuote la testa. Annuisce di nuovo. «E come– come ha fatto a–»

«Si è aperto la strada coi repulsori,» spiega Peter, in tono orgoglioso. «Con il guanto dell’armatura. Quando ho visto la sua mano che usciva dal terreno non… non ci ho nemmeno dovuto pensare, io… è come se avessi avuto un blackout. L’ho afferrata e basta, l’ho tirato fuori. Non ho pensato.»

Pepper stringe con più forza Tony e allunga la mano libera, posandola sulla guancia di Peter. «Grazie,» sussurra. «Grazie a Dio hai messo quel guanto là dentro.»

Tony annuisce, inclinandosi verso il ragazzo. Già, grazie a Dio. Non vuole nemmeno immaginare come avrebbe fatto a uscire senza quello. Un brivido gli corre lungo la schiena ogni volta che ripensa a quel luogo, là sotto, e vorrebbe smettere di concentrarsi sul ricordo. Deve concentrarsi sul qui, sulla terra nuova e solida sotto ai propri piedi, sull’aria fresca nei suoi polmoni, sulla sua famiglia attorno a lui. Il mondo ronza, nuovo di zecca, vivo, tutt’intorno a lui. Gli alberi ondeggiano al vento, le prime stelle si affacciano nel cielo. È qui, è tutto qui, è tornato al mondo.

Il proprio silenzio inizia davvero, davvero a infastidirlo. Gli serve un pezzo di carta, cavolo, o uno stupido robot che gli legga nel pensiero. Sa di averne inventato uno, una volta.


«Prendo la macchina,» annuncia Rhodey, scattando in una corsa e scomparendo un momento dopo oltre i cancelli del cimitero, che incombono come le rovine dissestate di un antico castello. Le guglie proiettano lunghe ombre, sprofondando quel luogo nel buio, e Tony vuole solo uscire di qui. Rivolge lo sguardo a Pepper: ha la mascella contratta, le labbra compresse, e le scende qualche lacrima lungo le guance. Si inclina verso di lei, posandole un bacio sulla tempia. Lei ride, la voce un po’ velata, facendogli un cenno col capo.

«Dio, non ci credo,» ripete. «Non riesco a…»

«Neanch’io,» concorda Peter, schiarendosi la gola. «Tony, non hai caldo, vero? Cavoli, non te l’ho chiesto prima, scusa.»

Tony è vestito decisamente troppo pesante per tutto quello che sta succedendo adesso, ma fa cenno di no. Pensa di potersi comunque togliere la giacca in macchina, che proprio in quel momento svolta l’angolo fermandosi a qualche passo da loro con uno stridio di gomme.

«Complesso?» chiede Bruce, girandosi a guardarli mentre cammina all’indietro. «Complesso,» conclude, prima che qualcuno possa dire qualcosa.

«Noi due stiamo dietro con lui,» decide Pepper, mentre varcano gli imponenti cancelli verso la macchina. «E, Rhodey,» chiama poi, quando lui abbassa il finestrino. «Guida più veloce che puoi senza attirare l’attenzione della polizia. Non voglio che… che qualcuno lo scopra prima che decidiamo come annunciarlo.»

Furba. Ha una fidanzata incredibilmente furba.

«Ricevuto,» risponde Rhodey.

Bruce apre la portiera posteriore e Pepper sale per prima, prendendo per mano Tony per aiutarlo. Peter lo sostiene con una mano sulla schiena, e lui si sente un po’ un vecchio attempato per tutte queste premure. Si sfila subito la giacca, abbandonandola per terra, e si ostina a volersi allacciare da solo la cintura, mentre Pepper e Peter lo fissano attentamente, rifiutandosi di fare lo stesso finché lui non ha finito.

Si poggia al sedile quando Rhodey parte, rilasciando un profondo sospiro. Gli sembra che tutto stia sfrecciando attorno a lui alla velocità della luce, e non riesce a razionalizzare nulla. Spera che questo non sia un purgatorio, spera che non sia colpa del suo cervello che va fuori fase nei suoi ultimi istanti di vita. Quando Pepper gli prende di nuovo la mano, sa di essere davvero qui. È qui con loro. In qualche modo, per chissà quale ragione, gli è stata concessa una seconda possibilità. Ha bisogno di una spiegazione, cazzo, e si dibatte nell’incertezza. Prova a rilassarsi. Prova, parola chiave. Si focalizza su di loro, su tutti loro.


«Dio, Tony, le tue dita,» esclama Pepper. «Bruce, hai qui un kit di primo soccorso?»

«Uh, forse,» risponde lui, aprendo il vano portaoggetti di fronte a lui. «Fammi controllare.»

Rhodey continua a fissare Tony dallo specchietto retrovisore. In tutta risposta, lui si punta due dita verso gli occhi, per poi indirizzarle verso di lui, e l'altro sgrana lo sguardo. Cristo, ha bisogno di vederli comportarsi in modo normale, più di ogni altra cosa. Sa che la propria voce costituisce la metà di quanto sia come persona, e deve offrire loro qualcosa che funga da prova, per dimostrare che non è solamente un guscio vuoto di cui avere paura. È lui, è ancora lui, deve far loro capire che è tornato davvero. Il vero Tony Stark, in carne ed ossa, che è tornato contro ogni aspettativa perché la morte non era ancora pronta per lui.
 
Tony richiama l’attenzione di Peter con una lieve pacca sul ginocchio, poi mima un telefono portandosi una mano all’orecchio.


«Vuoi un telefono?» chiede lui. «Vuoi il mio telefono?»

Tony annuisce.

«Va bene, solo– un attimo,» tartaglia lui, e si tasta quasi freneticamente le tasche, tirandolo fuori. Lo sblocca e glielo porge.

Tony lo prende con la mano libera e apre l’app degli appunti, digitando rapidamente un messaggio da mostrare a Pepper. Finisce di scriverlo e glielo mostra quando Rhodey si ferma a un semaforo rosso.

Pepper legge la prima riga, per poi schiarirsi la voce. “Uh… bene, ha scritto un messaggio sul telefono di Peter. Ecco. Puoi leggere ad alta voce. Prima di tutto, vi voglio bene. Voglio un bene dell’anima ad ogni singola persona presente in questa macchina, così tanto che sto per esplodere. Rhodey, bella performance con quello svenimento, lieto di avere ancora quest’effetto su di te. Non so perché stia accadendo tutto questo, ma sto bene, mi sento le gambe un po’ strane e la mano che mi stai stringendo mi fa male, ma sto bene… non sto affatto pensando a ciò che è successo, per niente. Mi sono solo svegliato. Tutto qui. Ho tutti i miei ricordi. Cazzo, sono semplicemente… felice di essere di nuovo qui. Non so come, o perché, ma sono felice. Voi eravate al Complesso? Come siete arrivati così in fretta? Quanto tempo è passato?” Pepper gli stringe con forza la mano durante tutta la lettura per poi guardarlo con occhi inteneriti.


«Trovato,» annuncia Bruce, tendendole il kit di primo soccorso. Gli si incrina un po’ la voce.

«Beh, credo che tutti…» comincia Pepper, per poi scuotere il capo. «Ti vogliamo tutti un bene dell’anima.»

«Già, sul serio,» concorda Rhodey, e si uniscono tutti al coro sovrapponendosi. «Cristo, certo che ti voglio be–»

«Ti vogliamo bene, Tony.»

«Ti vogliamo un mondo di bene-»

«Ci sei mancato–»

«È stata una tortura–»

«Dio, davvero–»

«Tesoro, è stato–»

«Sto pensando… non so, magari abbiamo pregato così tanto che Dio ci ha dato tregua, per una volta–»

Pepper prende un po’ di tintura di iodio e delle garze dal kit di primo soccorso. «E, uh, non eravamo al Complesso. È una ricorrenza, ecco… ogni mese ci vediamo, andiamo a cena fuori questo giorno. Peter ha deciso di farti visita stasera– sono… oggi sono sette mesi, Tony.» Si schiarisce la voce e gli posa un bacio sulla spalla.

Sette mesi. È stato morto per sette mesi. Peter emette un sospiro lì accanto, poggiandosi a lui.

Sette.

Mesi.

Sette in teoria è un numero fortunato.


«Ma adesso andiamo a casa,» dice Rhodey, con la voce che gli si spezza mentre il semaforo si fa verde. «Ti portiamo a casa.»

 
§


 
Tradotto da Lazarus, come forth - Chapter 2 di iron_spider da _Lightning_

Note:

[1]
Green-Wood è un cimitero monumentale a New York.


Note della traduttrice:

Ed ecco qui, con un po' di ritardo, il secondo capitolo. Spero abbiate apprezzato e che la storia vi stia appassionando; come sempre, trovate i link all'originale e al mio account a piè di pagina <3
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle loro liste, e a presto col prossimo capitolo!

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