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Autore: BabaYagaIsBack    28/01/2020    1 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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IX part III

«Informazioni?» 
Dal tono con cui le rivolse quella domanda fu chiaro che il mezzo-caprone fosse più confuso di quanto lei si sarebbe mai aspettata, forse ritrovandosi per la prima volta a dover fare i conti con una richiesta del genere e, così, con uno sbuffo la vânător mollò la presa sul collo della giovane figlia di Titania, non risparmiandole una minaccia: «Ti avverto che ho un'ottima mira. E addosso porto più di tre armi».

Appena fu libera la prostituta tossì, avida d'aria come mai prima; si prese il collo tra le mani e le lanciò uno sguardo carico di odio ben lontano dalla malizia con cui l'aveva adescata: «Killer salach (lurida assassina)» inveì poi - peccato che la speranza che Katarina non conoscesse l'irlandese fosse mal riposta. Le poche lingue che mancavano al suo repertorio, infatti, erano quelle dei territori al di là della Federazione Russa e al di sotto dei possedimenti della Santa Chiesa di Roma, tutte le altre, anche se non perfettamente, era stata costretta a impararle.

«Bí cúramach, fraochÚn le sciatháin, mharaigh mé ar a lán níos lú (stai attenta, puttana con le ali, ho ucciso per molto meno)» e lo sbigottimento della Fata si tramutò presto in terrore, anche se la cacciatrice dubitava che fosse per via della veridicità delle sue parole. In effetti, in circostanze ben diverse e visibilmente scombussolata dalla vodka, Miss Bahun aveva sgozzato sirene e piazzato pallottole d'argento nella fronte di qualsiasi creatura il Vaticano le avesse detto di uccidere - che avessero commesso un qualche reato o meno non se l'era mai chiesto -, trapassare la gola di quella sgualdrina con il proprio stiletto quindi non avrebbe poi fatto chissà quale differenza: il numero di omicidi che aveva alle spalle era già abbastanza preoccupante, uno in più non l'avrebbe resa meno colpevole.

Però quella tipa non poteva saperlo. Nessuno di loro poteva, a dire il vero.
La fama di Katarina iniziava e finiva con il suo cognome - le efferratezze più spietate, spesso, erano semplicemente affibbiate a suo padre e lui non si premurava di smentire nemmeno uno di quei pettegolezzi: una figlia non aveva alcun diritto di eclissare la grandiosità dell'uomo che l'aveva messa al mondo e, finché lui la ignorava, lei era felice di lasciargli tutti i suoi successi e nascondere i peccati, anche se spesso le due cose non erano altro che la medesima azione.

Fără inimă (senz'anima), le aveva detto una volta la madre di alcune delle sue vittime, e lei non aveva potuto obbiettare in alcun modo: essere un esorcista dei monasteri di Bistria strappava di dosso ogni cosa, inoltre, nel suo caso, a peggiorare la situazione era arrivato Dracul. Lui l'aveva battezzata a quella vita e da famigerato condottiero e spietato assassino qual'era non aveva potuto far altro che trasformarla in un mostro del suo calibro - entrambi avevano le mani macchiate di sangue, erano soli e, soprattutto, erano stati privati di un'anima da redimere; perché c'è un limite ai peccati che possono essere perdonati, aveva sentito dire da qualche prete campagnolo molto tempo prima. E lei, più di una volta nelle notti di solitaria sobrietà, si era rimproverata di aver superato quel confine. Uccidere, negli anni, era diventato un lavoro meno faticoso - ma non per questo ingrato e, seppur spietata, Miss Bahun era ancora un'umana che doveva essere giudicata al cospetto del Dio della Luce. Vânător o meno, lei era una carnefice. Che stesse agendo per la Chiesa o per piacere personale poco importava, un solo passo falso, un solo sgarro al giuramento che aveva fatto e nessuno avrebbe più pregato per lei, lasciandola marcire fuori dai cancelli del Giardino Celeste.
 

D'un tratto, a interrompere quel susseguirsi di insulti e amari pensieri, il Fauno sgattaiolò verso la propria amica e cingendola per le spalle provò a capire se vi fossero ferite gravi a cui far fronte - dopotutto, per il Piccolo Popolo il ferro era letale tanto quanto l'acido.
«Lasciateci in pace» mormorò osservando con i suoi occhi caprini il punto in cui una piccola macchia violacea aveva irritato tutta la pelle della Fata: «noi non siamo altro che reietti, facciamo lavori riprovevoli per poter sopravvivere a voi... daonna (umani)».

Lanciando un'occhiata furtiva alle proprie spalle, Katarina si lasciò cadere sulle lenzuola ancora troppo ordinare e, muovendo lo stiletto con una certa nonchalance, sorrise: «Dubito che la tua amichetta consideri questo lavoro riprovevole... per quel che ho imparato negli anni tutte le fairy sono ninfomani, o almeno in parte!» Bagnandosi le labbra ricordò quante volte, nei suoi lunghi viaggi a piedi o in diligenza, avesse scorto bellissime donne dalla pelle verde e gli occhi viola usufruire del corpo di poveri malcapitati e, una volta finito, sbarazzarsi di loro il più in fretta possibile nella speranza di non averli condannati.

La Fata a quel commento digrignò i denti, ora sottili come quelli di uno squalo e, incurante del fatto che il suo corpo si stesse ribellando alla costrizione di una forma più umana, provò a ringhiarle contro: «Tu non mi co-»
«Il voi, Fata. Nessuno ti ha dato l'autorizzazione di rivolgerti a me diversamente».

E quella, colta dalla rabbia trattenuta fino all'ultimo istante, tentò di balzarle al collo per vendicarsi di tutto ciò che le aveva fatto sino a quel momento. Prima che potesse anche solo allungare un dito in direzione della cacciatrice però, Katarina le afferrò entrambi i polsi e la fece voltare di schiena, costringendola a sedersi tra le sue gambe ora aperte. Era bastato che con un piede le colpisse la giuntura del ginocchio più vicino per farle perdere l'equilibrio e finire nella sua trappola, poi, con la mano libera le aveva nuovamente puntato l'arma al viso: «Zână stupidă (stupida fata)» le sibilò a ridosso dell'orecchio appuntito prima di alzare gli occhi al cielo, esasperata dalla resistenza che continuava a fare.

Possibile che qualsiasi Figlio della Notte la sottovalutasse a tal modo? Sì, non aveva un aspetto minaccioso, men che meno poteva dirsi imponente o massiccia, però era comunque abbastanza letale da entrare negli incubi dei mostri - e, a dimostrazione di ciò, vi era il fatto che più la ragazza si agitava sul suo corpo, più Miss Bahun stringeva la presa al pari di un serpente con la propria preda.

«No, vi prego!» Il Fauno, probabilmente mosso da una lungimiranza meglio sviluppata rispetto a quella della baldracca, tendendo un braccio verso di loro provò a chiedere clemenza: «Non fatele del male. Avete detto che volete informazioni, no? Ve ne posso-»

«Éist suas! Ná cuir trócaire ort (zitto! non implorare pietà)» dalle labbra della Fata uscì l'ennesimo tentativo di ribellione; come biasimarla? Per lei Miss Bahun rappresentava il male più assoluto e aiutarla sarebbe equivalso a tradire la sua specie - peccato che alla donna tutta quella riluttanza fece fremere le interiora. Oh, quanto adorava le cose impossibili, vietate - con un po' di autocritica avrebbe persino detto di apprezzarle più delle uniformi - la resistenza, inoltre, era un fattore ancora più stimolante per lei.

Così, allentando le inibizioni, la vânător percorse con la punta della lingua l'elice della sua prigioniera che, mossa da una sorta di ribrezzo, s'irrigidì contro la sua schiena.
«Di cosa hai paura, zână
Ma lei tacque. La sua bocca si sigillò al pari di una serratura arrugginita - e quella era l'occasione perfetta per recuperare il tempo perso e riuscire finalmente ad arrivare al motivo per cui l'aveva seguita sin lì.
Già, perché sin dal principio Katarina aveva compreso la sua vera natura: quel sentore fruttato era un chiaro richiamo delle Figlie di Titania, un profumo ammaliatore che solo coloro dai bisogni repressi potevano fiutare. E lei, anche se era un po' umiliante ammetterlo, desiderava quel tipo di compagnia al momento, soprattutto dopo aver incontrato la meravigliosa Sylvia Goldchild. Ad ogni modo, appena l'aveva riconosciuto un'idea riprovevole le era balzata tra i pensieri e, a mali estremi, sarebbe ricorsa a estremi rimedi - la cosa peggiore che le sarebbe potuta capitare, in fondo, aveva il nome di "amplesso".

«Aiutatemi, suvvia. Se mi darete ciò che voglio,» lo sguardo di Katarina scese lungo la lama dello stiletto, fece tesoro di ciò che vi si rifletteva sopra e poi si staccò per ricadere sul viso sconvolto del povero mezzo-caprone: «quando voglio,» sorrise appena, malignamente: «io vi lascerò in pace. Potrei persino decidere di fingere di non sapere di questo vostro... passatempo» con la punta dell'arma prese a indicare tutta la stanza, in modo da mettere bene in chiaro a cosa si stesse riferendo.

La bestia corrugò le sopracciglia.
«E sono le informazioni, ciò che volete?»

Miss Bahun lo imitò: «Dubito possiate offrirmi altro».

«Potrei dissentire» fece infine la Fata ritrovando la parola; e in effetti non aveva torto. La cacciatrice dovette mestamente annuire di fronte a quel commento, ricordandosi da sola con quale, tra i vari intenti, l'aveva seguita dentro a un bordello.

«Non lo nego, la mia carne è debole, terribilmente» sospirò: «Però al momento ho altre priorità».
«Le informazioni» si accertò ancora una volta il Fauno, suscitando nella donna un certo scetticismo e riportandole alla mente i baffi color carota di Lord Julius Terry - chissà se quei due condividevano la stessa sfortuna di essere frutto di un incesto...
«Sì, quelle».

«Di che tipo?»

Katarina si bagnò il labbro prendendo tempo. Non era certa che parlarne a quei due fosse la scelta migliore, però sapeva da sé che le prostitute erano la miglior fonte d'informazione da cui attingere per delle indagini: tutti i clienti si confessavano con loro, alle volte più che con i preti. Loro erano meretrici, eppure per un'ora, o due al giorno, diventavano Sante. Scioglievano le lingue come le massaie con i gomitoli di lana, davano piacere e conforto facendo credere a quei poveri fedifraghi di essere al sicuro tra le loro braccia lascive - e loro raccontavano, parlavano di ogni cosa si trovasse nelle loro teste. Ciò che più di tutto l'aveva convinta a fare quello che stava facendo però, era il fatto che colei che teneva stretta a sé era una Fata. Chi, meglio di un membro del Mundi Obumbratio, poteva dirle ciò che le interessava? Chi, se non uno di loro, poteva scoprire le dicerie che giravano per i bassifondi di Londinium senza scatenare il panico o l'odio?

«Non piacevoli, sfortunatamente per voi».
«Quando di mezzo ci sono i vânător non sono mai questioni piacevoli» bofonchiò la ragazza, spostando lo sguardo sul viso dell'altra. Erano così vicine che nelle sue iridi Miss Bahun poté scorgere pagliuzze più chiare, simili all'argento e, per un solo istante, pensò che fossero incredibilmente belle - forse tra le tante cose che rendevano quella specie così ammaliante c'erano anche i loro occhi, il modo in cui osservavano le prede umane.

«Non credo di poter obiettare, zână. Dove c'è un vânător c'è morte, dite voi, quindi eccomi qui».

Il Fauno sussultò: «Che volete dire?».
«Semplice, che qualcuno di voi si sta comportando male, molto. Per questo vi chiedo se, erroneamente, avete sentito parlare di strani omicidi».

«Ci sono morti ogni giorno, qui a Londinium» sputò la Fata compiendo un nuovo, maldestro e fallimentare tentativo di fuggire dalla presa di Miss Bahun. Chissà cos'era che la infastidiva tanto, se la minaccia dello stiletto, quel contatto non più desiderato, oppure il fetore di sangue che Katarina portava con sé.

«Sì, me lo hanno detto» tagliò corto, scacciando con prepotenza il ricordo di Mister Gregory dalla mente: «Ma questi sono... singular».
Il ragazzo capra scosse la testa cornuta incalzando: «Miss, tutto ciò che si è udito in queste notti è stato l'ululato dei Mannari, noi non sappiamo altro!» Peccato che quel suo fare, al posto di essergli d'aiuto, fu talmente fastidioso che i nervi dell'esorcista parvero tendersi come corde di violino. Non le piaceva essere interrotta a metà, ma ciò che più di tutto le diede noia fu il fatto che quello stupido figlio di Pan stesse mettendo in dubbio le sue competenze in fatto di caccia ai Figli della Notte. Così, quasi ringhiando, Katarina lo mise a tacere: «So riconoscere le tracce di un Mannaro, capră prostească! (stupida capra) Loro sbranano, lacerano...» fece una pausa, stringendo le dita intorno allo stiletto per impedirsi di lanciarglielo contro: «mentre queste vittime sono pressoché integre, è il loro sangue il problema...»

 



 

ps. ho lasciato le traduzioni accanto alle parole in rumeno e irlandese, spero che così la lettura vi sia più semplice.

 


 
   
 
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