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Autore: Teo5Astor    29/01/2020    13 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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50 – Una miriade di emozioni
 
 
9 dicembre
 
«Senpaiii!»
Una voce allegra che conosco fin troppo bene mi spinge a voltarmi di scatto, ma non abbastanza in fretta da evitare una pedata nel sedere fin troppo energica, considerando che non ho combinato niente per meritarmela.
«Ahia, cazzo… quando imparerai a portarmi rispetto, maledetta primina?!» borbotto, mentre Lunch mi sorpassa correndo e mi fa la linguaccia. «Tu e il tuo stupido vizio di dare pedate nel culo. Sto andando agli allenamenti, vorrei arrivarci tutto intero».
«Perdonala, senpai! Lo sai che è fatta così!» prova a giustificarla Mai, visibilmente imbarazzata, correndole dietro e bloccandola. Scoppiano a ridere entrambe e si fermano davanti a me.
Facciamo un tratto di strada insieme nel cortile della scuola in direzione del campo da calcio. Anche oggi ci alleniamo durante la pausa pranzo in vista del campionato nazionale, ormai sempre più vicino. Lazuli è andata a studiare in biblioteca perché quelli del terzo anno devono svolgere una particolare ricerca in vista del diploma, mentre Vegeta ha accompagnato Bulma nel laboratorio di scienze e mi raggiungerà a breve direttamente sul campo.
«Dovresti prendere esempio da Mai-chan, lei sì che sa come bisogna comportarsi con un senpai» redarguisco bonariamente Lunch, che mette il broncio e mi fa un’altra linguaccia. «Lei è educata e adorabile, mica come te. Prendi nota».
«N-non dire così, senpai…» arrossisce Mai, visibilmente imbarazzata.
«Non dare retta a quello scemo…» sbuffa Lunch, facendomi scoppiare a ridere. «Ero “educata e adorabile” anch’io però, quando ho impacchettato i tuoi regali per Lazuli-san insieme a Mai-chan!»
«Certo, ma tu sei gentile e carina solo quando vuoi. Altrimenti diventi una bestia… sei una kohai bipolare, te l’ho mai detto?» la provoco.
«E tu sei un cavernicolo con gli occhi da cadavere, oltre che un maiale!» ribatte.
«Basta bisticciare, ragazzi!» interviene Mai, decisamente a disagio.
«Ma noi scherziamo, Mai-chan! Ci vogliamo tanto bene, vero Lunch-chan?» esclamo, facendo passare un braccio intorno alla spalla di Lunch per poi camminare qualche passo stretto a lei.
«Sì, basta che la pianti di fare il cretino!» sbotta, stizzita e paonazza, allontanandomi con uno spintone. «Comunque… comunque a Lazuli-san sta benissimo quell’anello» aggiunge, sorridendomi sinceramente.
«Sì! È davvero meravigliosa!» conferma Mai.
«Non vi ringrazierò mai abbastanza per avermi aiutato coi pacchetti e per avermi spronato ad andare da lei, settimana scorsa. Grazie di cuore, ragazze».
Le guardo negl’occhi entrambe, sperando che possano capire che le sono davvero grato per tutto e non sto scherzando come spesso amo fare.
«Non devi ringraziarci. Siamo tue amiche, no? Io poi sono la tua migliore amica, giusto? Sono arrivata per prima!» ride Lunch, facendomi l’occhiolino.
«Sei il nostro senpai a scuola e persino al lavoro!» rincara la dose Mai, radiosa come sempre. Sono felice di aver potuto conoscere meglio anche lei negl’ultimi mesi. Non è mai successo nulla di particolare che l’abbia coinvolta o che abbia richiesto il mio aiuto, ma ho capito fin dalla prima volta che l’ho vista che sarebbe potuta diventare una buona amica per Lunch. Di lì a poco ho visto che era davvero una persona su cui contare.
«Con tutti i guai che hai combinato in passato non so se posso definirti la mia migliore amica, comunque…» sospiro, allargando le braccia e guardando Lunch. Mi diverte provocarla e lei ama stare al gioco.
«Ma se siamo anche stati fidanzati per finta per tre settimane!» ribatte, scoppiando a ridere.
Guardo Mai, e vedo che sta ridendo anche lei.
«Ti ha raccontato tutto?» domando alla mia amica dai capelli neri.
«Sì, anche se all’inizio non potevo crederci a questa storia della Sindrome della Pubertà e dei loop temporali» sorride.
«L’ho detto solo a lei, senpai. Tranquillo» interviene Lunch. In effetti non pensavo che Mai sapesse la verità, non essendo mai stata coinvolta in nessun caso legato alla Sindrome della Pubertà. Però penso che Lunch abbia fatto bene a confidarsi con lei.
«Anch’io non potevo credere a molte cose che sono successe a causa di questa maledetta sindrome. Un giorno ve le racconterò, magari…» accenno un sorriso, distogliendo lo sguardo dal loro e pensando che senza questa “maledetta sindrome” forse non sarei nemmeno la persona che sono adesso. Forse non sarei felice. Avrei sofferto di meno, probabilmente, però credo che non sarei felice come posso dire di essere adesso. Probabilmente non avrei mai conosciuto Lazuli, ad esempio. E già questo basta e avanza per poter essere in qualche modo grato alla Sindrome della Pubertà.
«A cosa pensi, senpai?» interrompe le mie riflessioni Lunch.
«Che forse non dovrei definire “maledetta” la Sindrome della Pubertà. Mi ha reso quello che sono, mi ha legato a Lazuli e ha cementato il rapporto che ho coi miei amici».
«Anche a me ha insegnato molto quella sindrome. Mi ha fatto diventare più forte» conferma Lunch.
«Lo sai che ti ho conosciuta per la prima volta in uno dei suoi loop temporali?» dico a Mai.
«Sì, me l’ha raccontato! Però… beh, s-sono felice di averti conosciuto anche in questa linea temporale, senpai» risponde Mai, distogliendo lo sguardo dal mio.
«Sono contento anch’io, Mai-chan. E sono felice che ne abbiamo riso insieme per tutto questo, come ci eravamo detti quel giorno» ribatto, guardando prima Mai e poi, soprattutto, Lunch. Mi riferisco ovviamente a quel giorno in cui sono andato con lei al tempio di Enoshima. Quando ci siamo chiariti, finalmente, e abbiamo saputo ripartire. Ci eravamo detti che un giorno il dolore sarebbe passato e che ne avremmo riso insieme.
«Avevi ragione tu, senpai!» sorride Lunch.
«Comunque, dove andavate così di corsa?» cambio discorso.
«Stavamo raggiungendo Lucy e le altre per pranzare insieme ed eravamo un po’ in ritardo» mi spiega Mai.
«Anzi, eccole là!» aggiunge Lunch, agitando la mano per farsi notare da loro, che ci raggiungono.
«Vieni a mangiare con noi, senpai?!» mi sorride Lucy. «Ci invidieranno tutte!»
«Non vedi che sta andando agli allenamenti?!» interviene freddamente Erza, prima di cominciare a fissarmi con aria severa. «Dovete vincere il campionato nazionale! Mi raccomando, Son!»
«Metticela tutta, senpai! Noi faremo sempre il tifo per te!» aggiunge dolcemente Mira, prima che tutte e cinque mi salutino e si dirigano verso la mensa.
 
«Radyyy!»
«No… non ce la posso fare oggi…» sbuffo tra me e me, mentre sento dei passi sempre più vicini alle mie spalle. Qualcuno sta correndo. Qualcuno con una voce molto stridula e un cervello che funziona a intermittenza.
«Rady! Vai agli allenamentiii?!» mi urla nell’orecchio Marion, ridendo, dopo essermi saltata addosso da dietro ed essersi appesa alle mie spalle. La borsa quasi mi scivola a terra, mentre continuo a camminare a rilento sostenendo il suo peso.
«Da cosa l’hai dedotto, dolcezza?»
«Dal tuo borsone da calcio e dal fatto che stai andando verso il campo! Sono brava?! Eh, sono brava?!» ribatte, ridendo felice.
«Certo che Sherlock Holmes ti fa un baffo…» sospiro.
«Cosa?! Ho un baffo?! Mi è sbavato il trucco?!» replica, tutta allarmata, saltando giù dalla mia schiena e tirando fuori dalla borsetta uno specchietto. Mi fermo e la fisso, allibito. Eppure, quando vuole, sa essere anche lei una persona intelligente…
«Ma cosa dici, Rady?! Il mio trucco è perfetto, mi prendi in giro?!» sbotta, offesa, guardandomi male.
«Lascia perdere…» sospiro, mettendo le mani in tasca e riprendendo a camminare.
«Ehi, Rady! Aspettami! Prima ti ho visto da lontano che davi corda alle primine, non snobbarmi!» piagnucola, attaccandosi al mio braccio.
«Cos’è, sei gelosa delle primine?»
«Ma cosa vai a pensare, scemo! Sono… sono semplicemente tua amica da più tempo, no?! E quindi ho la precedenza!» ribatte, stizzita.
«Beh, tecnicamente ci conosciamo da più tempo, è vero… e ci terrei ad avere un futuro in cui potrò essere ancora vivo per essere tuo amico, quindi dovresti staccarti dal mio braccio se non ti spiace. Sai, la mia ragazza potrebbe tagliarmi la testa per questo» sbuffo.
«È così simpatica Lazuli-senpai! Per me è dolcissima!» ride Marion, staccandosi dal mio braccio e cominciando a saltellarmi allegramente intorno. Intravedo lo spogliatoio, anche se con la testa che sta per esplodermi mi appare lontano chilometri.
«Guarda che non scherzo: è dolce, ma mi ammazza sul serio» preciso, rendendomi presto conto che le mie sono parole al vento a giudicare da come sembra tutta felice Marion.
«Per me siete carinissimi insieme! E ho notato subito l’anello di Tiffany che porta al dito da quando è tornata a scuola! Gliel’hai regalato tu, Rady?»
«Già… te l’ho detto che non ti sfugge niente, sei meglio del Detective Conan».
«Wow! Sarà stata felicissima! Se fossi stata io la tua fidanzata, sarei stata al settimo cielo nel riceverlo! O forse all’ottavo, boh!»
«Credo che siano sette i cieli, in questo caso. Ma grazie, dolcezza, apprezzo le tue parole» le sorrido.
«Bravo Rady, devi sempre apprezzarmi, tu!» ride divertita. Probabilmente non ha capito nulla, ma va bene così. «Ho anche lasciato indietro le mie amiche per venirti a salutare, le vedi là in fondo? Salutale, altrimenti mi sgridano dopo! Sono tue grandi fans ormai!» aggiunge, ridendo ancora di più. Mi volto e le vedo in lontananza, tutte e cinque. Le saluto meccanicamente muovendo un braccio e le sento gridarmi in coro parole che non riesco a comprendere, in tutta risposta. Certo che è strana la vita: anche loro, come Marion, fino a pochi mesi fa non potevano vedermi. Ma adesso è cambiato tutto, non porto nemmeno rancore perché non ne vale la pena. Alla fine, a volte, è sinonimo di intelligenza saper tornare sui propri passi se ci si rende conto di aver sbagliato. Io stesso forse non avevo mai fatto un passo verso di loro, scoprendo solo di recente che sono in realtà persone su cui si può contare. Ho anche imparato bene i loro nomi e a distinguerle tra loro, visto che si assomigliano e mi è capitato più volte di fare casino beccandomi anche delle sgridate da parte di Marion: Miku, Ichika, Nino, Yotsuba e Itsuki. Sì, ci sono tutte e, per fortuna, nel frattempo sono anche giunto a destinazione.
«Bene, sono arrivato. Ti saluto, a meno che non voglia entrare anche tu negli spogliatoi. In molti ne sarebbero felici, immagino… a parte Prince, ovviamente» ghigno, tornando a guardare la mia amica dai capelli azzurri.
«M-meriteresti di estinguerti quando hai queste uscite!» sbotta, arrossendo leggermente e lanciandomi un’occhiataccia. «Però ti perdono solo perché sei tu, Rady!» aggiunge, avvicinandosi a me e riprendendo a sorridere. Si solleva in punta di piedi e mi dà un bacio sulla guancia. «Ora vado a mangiare con Miku e le altre. Salutami Veggy. Spero con tutto il cuore che possiate vincere il campionato nazionale!».
 
«Va tutto bene, Rad? Non sei obbligato a farlo oggi, se non te la senti» mi dice dolcemente Lazuli, dopo la scuola, distogliendomi dai miei pensieri. E dall’immagine di mia mamma, dal momento che sto pensando a lei. Rimetto in tasca una fotografia che mi sono portato da casa in cui ci siamo io e mio fratello, da bambini, e mia madre, tutti in braccio a mio padre, che guarda poco convinto verso l’obiettivo mentre Goku gli tira i capelli da dietro. Eravamo vestiti tutti uguali, stavamo andando a una festa in maschera o qualcosa del genere. Eravamo una famiglia felice, soprattutto.
«È tanto tempo che volevo vederla… e che volevo vi incontraste» sospiro, continuando a camminare mano nella mano con la mia ragazza verso la clinica dove mia mamma ha passato gli ultimi due anni e nove mesi della sua vita. «Goku ieri è riuscito ad andare a scuola e oggi ce l’ha fatta di nuovo. Ha barrato l’ultima casella, ha raggiunto il suo obiettivo. Anch’io… beh, anch’io devo raggiungere un mio obiettivo…».
«Hai paura?»
«Un po’…» rispondo, mestamente. Ho paura perché ricordo i suoi occhi, l’ultima volta che l’ho vista a casa, quando è crollata psicologicamente. E perché ricordo benissimo le poche volte in cui ho potuto vederla da quando è ricoverata. Non sembrava lei. Non era lei. «E se… se non fosse ancora tornata quella che era?»
«Tuo padre ha detto che sta molto meglio, ed è quello che dicono anche i medici. Devi stare tranquillo».
«Sai, mi spaventa l’idea di vedere coi miei occhi che non è più la persona che ricordavo. Che la mamma che avevo non potrà più tornare» ribatto, mentre la malinconia mi avvolge tra le sue spire e mi fa sentire un peso enorme sulle spalle. Lo stesso peso del mondo che ho sentito troppe volte sulle mie spalle quando non ero ancora abbastanza forte da poterlo sorreggere da solo. «A me… a me piacerebbe che tu potessi conoscere la persona che era mia madre. E che tutto tornasse alla normalità».
«Tu le volevi bene, vero?»
Annuisco, camminando a testa bassa.
«Guarda che non è scontato che tutte le mamme, che tutti i genitori anzi, sappiano farsi volere bene dai propri figli» mi sorride Lazuli, piazzandosi davanti a me e costringendomi a fermarsi. «A me basta sapere che tu le volevi bene per apprezzarla. Per sapere che è una brava madre al di là di come possa stare oggi».
Sollevo la testa e la guardo. Il sole al tramonto alle sue spalle mi fa apparire ancora più glaciali i suoi occhi. Ma tutto quel rosso dipinto nel cielo dietro di lei mi fa sentire di avere a che fare con un ghiaccio bollente. Qualcosa di antitetico e allo stesso tempo rassicurante. Mi sento meglio, anche se gli occhi mi diventano lucidi. Annuisco ancora e accenno un sorriso.
«Grazie, Là» riesco a dirle. Sentirsi dire certe cose da una persona che non ha avuto dei buoni genitori mi fa capire una volta di più quanto io possa ritenermi fortunato, nonostante tutto. Nonostante i miei abbiano commesso degli errori in passato. O semplicemente non siano stati abbastanza forti da saper affrontare una realtà che gli ha messo paura. Niente come la paura ci rende tutti uguali. Adulti, bambini, adolescenti. Forse solo il coraggio che possiamo dimostrare in certe situazioni. E io sono certo che anche mia mamma sia una persona coraggiosa, come lo siamo stati io, mio padre e persino Goku dopo aver avuto paura.
Lei mi riprende per mano. Ricominciamo a camminare.
«In ogni caso il mio istinto mi suggerisce che andrà tutto bene. Ti fidi di me, Rad?»
«Sì» sussurro, mentre entriamo nella clinica e sento il cuore battere un po’ più forte.
 
«Ciao Radish! E buongiorno anche a te, Lazuli-chan. È bello rivederti in una situazione più tranquilla!» ci saluta allegramente mio padre, che ci stava aspettando in sala d’attesa. Non si vedevano infatti da quando era stato ricoverato Goku dopo essere svenuto quando gli avevo nominato il suo amico Crilin. Sono successe talmente tante cose che non c’è stato più modo di vedersi tutti insieme con calma.
«Ciao papà» lo saluto a mia volta, mentre mi dà una pacca sulla spalla. Lo trovo bene, anche lui mi sembra sempre di più il genitore che ricordavo.
«Buongiorno signor Son» accenna un inchino Lazuli.
«Ah… ti ho già detto di darmi del “tu”! Chiamami Bardack, non farmi sentire vecchio!» ride.
«V-va bene…» arrossisce lievemente lei, accennando un sorriso.
«Allora? Ti fa sempre disperare il mio ragazzone, vero?!»
«Papà…» sbuffo, stizzito, interrompendolo.
«B-beh, ecco… io…» farfuglia Lazuli, un po’ imbarazzata.
«Ecco, lo sapevo! Guai a te se le crei problemi e se non ti prendi cura di lei quanto merita!» mi rimprovera bonariamente mio papà. «A proposito, grazie mille per tutto quello che fai per lui. Da quando sta con te mi rendo conto che è felice. Non sai quanto mi ha reso più tranquillo capire che stava bene davvero quando lo sentivo» accenna un inchino, improvvisamente serio.
«Ma no, io non ho fatto niente. Sul serio…» ribatte la mia ragazza, mentre mio padre risolleva il busto, tenendo però la testa bassa.
«Invece sì… io… io non ho potuto seguirlo, e in più gli ho affidato suo fratello. È stato rassicurante per me sapere che aveva una brava ragazza al suo fianco».
«Guarda che non è poi così brava, eh…» provo a scherzare, per smorzare una situazione un po’ imbarazzante, ricevendo in cambio un’occhiata di fuoco da parte di Lazuli.
«Se non fa la brava è perché tu la fai arrabbiare, scommetto. E quindi fa bene a sgridarti».
«Veramente mi picchia ogni tanto…» sbuffo, facendo diventare paonazza Lazuli, che mi conficca le unghie nella mano.
«Se ti picchia, evidentemente, è perché te lo meriti. Dagliele più forte la prossima volta, Lazuli-chan!»
«Ok. N-no, cioè, …» farfuglia la mia ragazza, facendo scoppiare a ridere mio padre.
«State bene insieme, lo sapete?» ci dice. «Posso considerarti parte della famiglia, Lazuli-chan? Una sorta di figlia, non so».
«E-ecco, io… sì, signor Son…» accenna un sorriso.
«Bardack».
«Giusto, Bardack» si corregge.
«Sappi allora che puoi contare su di me se dovessi aver bisogno di qualcosa in futuro. E se qualcuno dovesse darti fastidio sul lavoro fammelo sapere che ci penso io, lo stesso vale se c’è qualche fan troppo ossessivo e …».
«Pa’» lo interrompo. «Abbiamo capito. E fidati che Là sa difendersi alla grande anche da sola».
«Beh, non capita tutti i giorni di avere in famiglia una brava ragazza e anche la celebrità del momento, no? È normale che mi preoccupi! Lasciami fare il papà» ride. «Allora, avete finito le riprese del film tanto atteso?»
«Sì, il più è stato fatto. Mancano ancora solo alcune scene, ma le gireremo tra qui e Tokyo. Il film uscirà a inizio marzo».
«Ecco, a proposito…» riprende mio padre, mollandomi in mano il suo cellulare. «Posso fare una foto con te, Lazuli-chan? E mi faresti un autografo, per favore?»
«Papà, ma… cosa?!» sbotto, perplesso, mentre si avvicina alla mia ragazza, che lo guarda stupita.
«Sai, al lavoro ho diversi colleghi e colleghe che impazziscono per Lazuli Eighteen. Mi sembra giusto renderli un po’ invidiosi, no?» ridacchia, grattandosi la nuca in quel modo che lo rende così simile a Goku.
«Mi sembra giusto» ride a sua volta Lazuli, divertita. «Dai, Rad, scatta!»
 
Faccio qualche foto, con mio padre che addirittura si mette in posa con l’indice e il medio di una mano aperti in modo da formare il classico simbolo della vittoria, in diagonale davanti al suo petto. Lazuli sorride impeccabile, come se fosse sul set di una rivista di moda.
«Papà, sei ridicolo con quella mano… è giusto che tu lo sappia».
«Perché?! I giovani mica si mettono così nelle foto?!»
«Appunto, i giovani…» lo provoco.
«Guarda che ho quarant’anni, mica sono vecchio! Sono vecchio secondo te?!» protesta, prima di rivolgersi alla mia ragazza.
«No, è lui che è un irrispettoso» si coalizza con mio padre Lazuli. «Anche con me è sempre stato fin troppo sfacciato, nonostante io sia una sua senpai».
«Ecco, l’hai sentita?! Porta rispetto alla tua senpai e anche a tuo padre!» scherza mio papà, mentre Là ghigna soddisfatta.
«E comunque hai quarantatre anni, non quaranta. E lei ha solo quattro mesi e mezzo in più di me» sbuffo, risentito.
«Avrò anche gli anni che dici, ma so fare i selfie. Anzi, facciamone uno tutti insieme, adesso!» propone mio padre, strappandomi il telefono di mano e stringendo a lui me e Lazuli, prima di scattarci una foto.
«Radish, adesso sono serio» riprende, lasciandoci andare. «Comportati sempre bene con Lazuli-chan e proteggila, chiaro?»
«Certo papà, non serve che tu me lo dica» gli sorrido, mentre Lazuli arrossisce leggermente e distoglie lo sguardo dal nostro.
«Bene, adesso andiamo dalla mamma. Sta bene, sta davvero meglio. E non sta più nella pelle all’idea di vedervi».
 
«Abbiamo ospiti, cara!» esclama mio padre, non appena entra nella stanza di mia mamma, seguito da noi, un po’ titubanti.
Io avanzo a testa bassa e col cuore in gola. Mi ha fatto bene scherzare con mio papà poco fa, ma adesso che sono qui mi è tornata improvvisamente la paura di scoprire come sta davvero mia madre.
Respiro profondamente, come a darmi coraggio. Un profumo floreale dolce e persistente mi riempie le narici e mi lascia addosso una bella sensazione. Sollevo lo sguardo, e vedo un elegante vaso azzurro pieno di fiori sul comodino accanto al letto. Non so cosa siano, ma hanno un profumo buonissimo, oltre che una forma a campanula. Variano dal bianco al rosso, passando per il crema, il giallo e l’arancione. Alcuni sono screziati. Credo che non dimenticherò mai questo profumo, come le emozioni che sto vivendo in questo momento. Vicino al vaso c’è una fotografia in cui ci siamo io e Goku a tavola, da bambini, intenti a mangiare dei dolci coi nostri genitori accanto a noi. Ridiamo tutti in quell’immagine, eravamo una famiglia felice e io rivorrei con tutto me stesso le sensazioni che sapeva darmi quella quotidianità. Sposto lo sguardo un po’ più a sinistra rispetto ai fiori e incrocio per la prima volta dopo non so quanto tempo gli occhi neri e luminosi di mia madre. Un raggio di luce filtra dalla tenda scostata della finestra e illumina il letto su cui è sdraiata con la schiena appoggiata alla testiera. Appoggia il libro che stava leggendo sulla coperta. “Gli omicidi dello zodiaco”, un romanzo giallo di Shimada Soji. Non pensavo fosse il suo genere. Ma non importa, non mi interessa nulla di cosa stia leggendo. Perché vedo il suo sorriso. E vedo i suoi occhi, quelli che ricordavo prima che tutto cambiasse all’improvviso.
Resto impietrito. Abbasso la testa di scatto, imbarazzato. Non voglio che mia mamma veda che i miei occhi si sono riempiti improvvisamente di lacrime.
Il calore della mano di Lazuli che si stringe intorno alla mia al momento giusto mi fa sentire meglio. Mi fa ritrovare la calma. Lei è la mia ancora di salvezza. La mia certezza.
Deglutisco il nulla. Sono commosso perché sono felice, ma non voglio piangere.
«Radish, sei proprio tu! E tu devi essere Lazuli-chan! Cioè, so che sei Lazuli-chan, ti vedo in televisione da quando sei piccolina, lo sai?!» esclama mia madre allegramente. La sua voce è dolce e argentina come una volta. Come quella di una ragazzina, a dispetto dei suoi quarantadue anni.
Sollevo la testa, mentre sta scendendo dal letto e ci viene incontro correndo.
«M-ma… mamma…» farfuglio, anche se penso che non esca nulla dalla mia bocca.
Lei ci abbraccia in contemporanea. Io resto rigido, incapace di fare qualsiasi cosa. Lazuli la cinge con un braccio sulla schiena e si stringe a lei.
«Io… io sono così felice… scusatemi!» aggiunge, facendo un passo indietro e asciugandosi le lacrime che le hanno nel frattempo bagnato le guance. «Scusatemi» sorride, mentre mio padre si avvicina a lei e le accarezza la schiena.
«Radish… sei diventato grande! Non sei un po’ troppo magro? Sicuro di mangiare abbastanza?» mi abbraccia di nuovo, stringendomi forte. Io le appoggio meccanicamente una mano sulla testa, appoggiata al mio petto. A quelle maledette cicatrici che non mi faranno più male, ne sono certo. Sembra uno scricciolo accanto a me.
«Mamma… io…» riesco a dire, con le parole che mi muoiono in gola.
Lei mi guarda e sorride, con gli occhi lucidi. Mi afferra la testa tra le mani e mi dà un bacio sulla guancia.
«Sei un bellissimo ragazzo. E sei stato bravissimo in tutto questo tempo. Bardack mi ha raccontato tutto. Grazie… grazie davvero» aggiunge, inchinandosi leggermente.
«Mamma, non devi… non devi dire così…».
«E grazie anche a te, Lazuli-chan! Per esserti presa cura di lui e per aver accettato una famiglia problematica come la nostra».
«Io… io credo che siate una famiglia stupenda, invece» le sorride la mia ragazza.
«Sei tanto cara, Lazuli-chan. Si vede che sei una ragazza dolcissima. Radish è fortunato» le dà una carezza sulla guancia. «A proposito, che sbadata, io so chi sei tu perché sei una celebrità, ma tu non puoi sapere chi sono io!» scoppia a ridere. «Mi chiamo Gine e sono la mamma di Radish. Ti prego subito di darmi del tu» accenna un inchino.
«Per me è bello conoscerti, davvero» le sorride Lazuli. «Ti faccio i complimenti per il vaso di fresie. Sono dei fiori magnifici».
«Davvero conosci le fresie?! Di solito nessuno sa cosa siano!»
«Già, la prima volta che mi ha chiesto di portargliele ho dovuto scrivermi il nome su un foglietto» bisbiglia mio padre, dandomi di gomito e strappandomi un sorriso.
«Il fiore della fiducia» risponde Lazuli, avvicinandosi al vaso e piegandosi per assaporarne meglio il profumo. Nel farlo si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre il raggio di sole che filtra dalla finestra illumina anche lei. Mi sembra ancora più bella, forse perché sono tanto felice. Sollevato, anche. Mi sento leggero in questo momento. È una sensazione meravigliosa sentirsi leggeri. Sereni.
«Conosci anche il linguaggio dei fiori, Là-chan. Non è cosa da tutti!» le sorride mia mamma, avvicinandosi. «Aspetta, posso chiamarti Là-chan?»
«Io… ne sarei onorata» le sorride a sua volta Lazuli. «In realtà non conosco il significato di molti fiori».
«Non essere modesta, cara» risponde mia madre, accarezzandole delicatamente una guancia e guardandola dritta negl’occhi. È strano vederle insieme. Strano, ma stupendo. «Sei ancora più bella dal vivo, lo sai? E ho capito subito che sei una persona di una dolcezza disarmante. Te lo leggo negl’occhi».
«I-io… g-grazie…» farfuglia Lazuli, arrossendo e abbassando la testa a disagio. «L-lei… cioè, tu… sei gentilissima».
«Ti conosco appena, Là-chan, ma è come se ti conoscessi da sempre. Tutti i giorni ci facevi compagnia in televisione quando Radish era piccolo. Parlava sempre di te, lo sai?»
«Era cotto già quando era un moccioso, questo qua! È sempre stato un romanticone!» ride mio padre, rincarando la dose.
«E basta, dai… non credo che a lei… beh, che a lei interessi…» bofonchio, imbarazzato. La mia ragazza mi guarda e sorride. Ha gli occhi lucidi. Sembra felice. Per me, per lei, perché forse si sente già parte della nostra famiglia anche se ha appena conosciuto i miei genitori.
«Guarda, mi sono fatta portare qui da Bardack questa tua foto da bambina che avevo ritagliato da una rivista più di dieci anni fa» spiega mia mamma a Lazuli, porgendole una fotografia che ha appena tirato fuori dal cassetto del comodino. L’immagine ritrae la mia ragazza che tiene per mano un orsacchiotto di pezza e indossa una magliettona bianca e lilla con una stella contenente il numero diciotto stampata davanti e delle collant a righe orizzontali fucsia e lilla. Avrà sei o sette anni, i suoi capelli sono fissati in un unico codino laterale da un nastro fucsia. Il suo sguardo è dolcissimo, lo stesso che vedevo tutti i giorni nel suo primo telefilm. «L’avevo conservata insieme ad altre foto di famiglia perché tu ci facevi compagnia tutti i giorni dalla tv e Radish parlava sempre di te, quindi eri entrata in qualche modo a far parte della nostra vita. Pensavo di poter ricordare sempre quei momenti felici anche grazie a questo».
Lazuli guarda l’immagine e poi mia mamma, prima di osservare di nuovo il ritaglio di giornale che stringe tra le mani. I suoi occhi sono un po’ lucidi.
«Io… è… è bellissimo… cioè, non me l’aspettavo…» dice con un filo di voce la mia ragazza. Sembra emozionata, onestamente non ne sapevo nulla nemmeno io di questa cosa, anche se ero al corrente che mia mamma sapesse della mia storia con Lazuli Eighteen, visto che ormai è di dominio pubblico. Ma mai avrei detto che avesse conservato un’immagine come quella.
«Scusami, Là-chan! Non volevo metterti in imbarazzo!» arrossisce mia mamma.
«No… no, io… io sono felice!» ribatte Lazuli, sorridendole. «Anzi, aspetta…» aggiunge, appoggiando la foto sul tavolino delle fresie e prendendo una biro. Vedo che comincia a scrivere sul retro, prima di riconsegnare il tutto a mia mamma, che la guarda sorpresa.
«Mi hai fatto una dedica?!»
«Certo: “A Gine, al tuo coraggio e alla tua dolcezza. Con tutto il mio cuore, Lazuli Eighteen (Solo per te, Là-chan)”» ripete quello che ha scritto, mentre mia madre osserva ad occhi sgranati quelle parole. Ha anche messo un cuoricino dopo l’autografo, una cosa che non fa mai di solito.
«Ok, basta dediche, autografi e selfie coi miei genitori, adesso…» sbuffo, un po’ in imbarazzo anch’io per questa situazione. Anche se in realtà mi fa piacere, lo ammetto.
«Fa sempre il duro, ma è un ragazzo gentile e altruista il mio Radish, vero?» ride mia mamma.
«È la persona più gentile e altruista che abbia mai conosciuto, in effetti. Ed è anche molto buono» risponde la mia ragazza, senza staccare gli occhi da me. Mi fa battere il cuore all’impazzata, perché so che è sincera.
«Però la fa anche disperare, ogni tanto» interviene mio papà, dandomi un leggero scappellotto sulla nuca e ridendo, facendo sorridere Lazuli.
«Vedi di comportarti bene con lei, Radish. Non tutti hanno la fortuna di trovare una persona speciale nella propria vita, e non tutti hanno la fortuna di trovarla già negli anni del liceo» mi dice mia mamma, seria e allo stesso tempo dolce.
«Certo, mamma» le sorrido. «Lo so… mi rendo conto ogni giorno di essere fortunato».
Penso spesso di aver avuto una botta di culo clamorosa a trovare una come lei sulla mia strada. Lei, il mio quadrifoglio, come le avevo detto quando le ho chiesto di mettersi ufficialmente con me.
«È il mio istinto di mamma a dirmi che sei speciale, Là-chan. È come se tu fossi la figlia che non ho mai avuto. Se avrai bisogno di qualcosa in futuro, dovrai chiamarmi e ti aiuterò come ti aiuterebbe una mamma, ma anche un’amica».
Lazuli sgrana leggermente gli occhi, mentre mia madre la abbraccia. Sono lucidi. Ghiaccio che si scioglie. Forse perché sente l’affetto di una madre per la prima volta.
«Grazie… grazie, davvero…» sussurra.
«Forse penserete che sono troppo appiccicosa visto che continuo ad abbracciarvi, ma non potete capire quanto sia bello per me avervi qui!» esclama mia mamma, ridendo. «La prossima volta portate con voi anche Goku, ho saputo dal papà che è tornato a scuola».
«Sì, mamma. Ieri e anche oggi. Ce l’ha fatta» le dico. «Mi ha detto di salutarti tanto, la prossima volta verrà di sicuro. Magari anche con la sorella di Lazuli, loro sono molto legati».
«Sarebbe… sarebbe meraviglioso!» si illumina mia mamma, stringendo entrambe le mani davanti al seno, prima di incupirsi all’improvviso e abbassare la testa. «Ti chiedo scusa per quello che hai dovuto passare in questi anni, Radish. Per quello che è successo a tuo fratello, per il peso che hai dovuto portare sulle spalle da solo anche se eri così giovane… per le rinunce che hai dovuto fare… per il dolore che hai provato. Non te lo meritavi».
«Non dire così, mamma. Non è colpa tua, non è colpa di nessuno. E poi ce l’abbiamo fatta, adesso il peggio è passato e stiamo tutti bene. Io… io sono felice, mamma» provo a rassicurarla, avvicinandomi a lei. Il suo volto è rigato di lacrime, ma sorride rialzando la testa e guardandomi.
«Non sai quanto sono stata felice anch’io quando tuo padre mi ha detto che avevi ripreso a giocare a calcio. Era la tua passione, mi sentivo in colpa perché non giocavi più».
«È anche molto forte» interviene Lazuli. «Nella finale del campionato provinciale ha segnato un gol straordinario».
«Davvero hai segnato un gol così bello?! Sono tanto fiera di te, Radish!»
«Beh, ecco… non so se era bello, ma quello che contava era vincere quella partita…» farfuglio, grattandomi la nuca.
«Fa il modesto…» mi prende in giro Lazuli, facendo sorridere anche mia mamma, che si asciuga le lacrime. «A scuola tutti vogliono fare foto con lui da quel giorno. Tutti e tutte, soprattutto» aggiunge, con una nota di polemica gelosia che fa scoppiare a ridere mia mamma.
«Sei tanto dolce, Là-chan!» le dice. «E tu vedi di non farla preoccupare, Radish!» mi rimprovera bonariamente. «Siete così carini insieme!»
«Sono complici questi due, cara. Si vede che sono complici. Piacciono anche a me!» ride mio padre, facendo arrossire leggermente sia me che Lazuli.
«Quindi giocherai il campionato nazionale, il tuo sogno da bambino! Quando l’ho saputo, ho pianto dalla gioia!»
«A volte non mi sembra vero» le sorrido. Ed è così, perché comincio a realizzare solo adesso che si sta avvicinando la portata dell’impresa che abbiamo fatto come squadra. Tutti da bambini sognano il campionato nazionale, ma in pochissimi ce la fanno. Io avevo smesso di giocare, addirittura, quindi tutto mi appare ancora più incredibile.
«E metteranno paura a tutti. Io credo che possano farcela» interviene Lazuli. Le brillano gli occhi.
«Siamo una piccola squadra, noi… siamo stati la sorpresa ai provinciali. Non ci conosceva nessuno e…».
«Sta facendo il modesto come prima, Là-chan?» mi interrompe mia madre, incrociando le braccia sotto il seno e guardandomi con sospetto.
«Sì, direi di sì» le dà man forte la mia ragazza. «Non ho mai visto una squadra unita come la loro. E nessuno a livello liceale ha un difensore forte come Radish Son. E in più un attaccante che segna con continuità come Vegeta Princely».
«Sembri molto esperta. Ti piace il calcio?»
«Molto».
«Piace anche a me, vero caro?»
«Ah sì, in famiglia amiamo tutti il calcio!» sorride mio padre. «Sei diventato davvero così forte, Radish? Non vedo l’ora di vedere cosa combinerai ai nazionali!»
«Ecco, io… sì! Sì, ce la metterò tutta! Ce la metteremo tutta!» esclamo, pensando se davvero sono io il difensore più forte di tutti. Se possiamo essere davvero la squadra più forte del Giappone a livello liceale.
«Mi piacerebbe vederti giocare anche a me, Radish» interviene mia mamma, con una punta di amarezza. «Hai detto che il campionato inizia tra un mese, giusto? Giocherete a Tokyo?»
«Sì, giocheremo tutte le partite a Tokyo e durerà tre settimane. Giocheremo a ritmo serrato, un giorno sì e un giorno no, indicativamente. Se riusciremo a superare la fase a gironi e ad andare a quella ad eliminazione diretta potremo davvero credere alla semifinale e alla finale, che verranno trasmesse in tv».
«Sarebbe stupendo per me poterti vedere giocare ai nazionali! In tv, ma io vorrei vederti dal vivo anche…» ribatte, malinconica. «E invece… invece devo stare chiusa qui dentro ancora un po’. Fino a fine gennaio, dicono».
Accenna un sorriso, come a volersi scusare. Come a dire che non fa niente. Che va bene così.
«La finale non sarà il 31 gennaio, Rad?» mi chiede Lazuli. Ho già capito dove vuole andare a parare.
«Giusto! Sarà il 31 gennaio, mamma! Forse… forse sarai fuori!»
«È vero, hanno detto che ti dimetteranno il 30 gennaio se tutto andrà bene!» esclama mio padre.
«Allora… allora ti prometto che ce la farò, Radish! Che il 29 gennaio ti vedrò in televisione durante la semifinale, e il 31 sarò a Tokyo allo stadio con papà» mi dice, con la voce colma di emozione. È felice. Si vede che è felice. Che ha ritrovato la speranza. Che è davvero la mamma che ricordavo di avere.
«Io… io ti prometto che andremo in finale, mamma».
«Io dico che la vincerete quella finale» interviene Lazuli, facendomi l’occhiolino. «Ma visto che ami le promesse e so che le mantieni sempre, allora devi prometterlo a me che vincerai».
«Sì, Là. Te lo prometto. Vinceremo il campionato nazionale».
«Mi piace la fiducia che avete nei vostri mezzi. Tutti quanti» esclama mio papà, avvicinandosi. «Radish nel calcio, Lazuli-chan nel suo lavoro e tu, Gine, per uscire da qui. Bravi!»
«Vorrei anche venirti a vedere dal vivo sul lavoro, Là-chan. E al cinema per il tuo prossimo film! Perché non vedo l’ora!» aggiunge mia madre, tutta felice.
«Certo, mi farebbe tanto piacere! Il film uscirà a inizio marzo, quindi non ci saranno problemi!»
«Ecco, a proposito di avere fiducia…» riprende mia mamma, avvicinandosi al vaso di fiori. «È da un po’ di tempo che ci tengo ad avere delle fresie in camera proprio perché ho fiducia che vada tutto bene. A me, a voi, a Goku. Portane a casa una, Là-chan. Consideralo un segno di fiducia che ho nei tuoi confronti e un gesto di gratitudine».
«Io… g-grazie» sussurra la mia ragazza, sorpresa.
«Eccola, una fresia bianca per te. Bianca come la tua anima, che oggi ho potuto conoscere attraverso i tuoi stupendi occhi» sorride dolcemente mia madre, porgendole il fiore. «Prenditi cura di questo fiore. Farà bene a te, a Radish, a Goku e anche a tua sorella. Avete reso indimenticabile questa giornata. Vi voglio bene, ricordatelo sempre!»
 
«Peccato che non c’era una fresia nera. Visto che secondo me è quello in realtà il colore della tua anima» provoco Lazuli, mentre camminiamo sul marciapiede e ci allontaniamo dalla clinica. «Hai mostrato solo la parte sweet, quella psycho la tieni in serbo unicamente per me».
«Se non la smetti sarò costretto a picchiarti, scemo» ribatte gelida, osservando il fiore che le ha regalato mia mamma.
«Comunque, volevo ringraziarti… per oggi, per tutto. Per esserci, ecco» le dico, di nuovo serio. Sono felice, tanto. Sollevato, soprattutto. E anche un po’ nostalgico e malinconico, perché vedere mia mamma come una volta mi ha fatto tornare bambino. Quando tutto andava bene. Quando la vita sembrava più facile.
«Non devi ringraziarmi di nulla. Sono felice che stia bene tua mamma e anche che sia davvero una bella persona. Ma non avevo dubbi. E anche tuo papà mi sta simpatico».
«Senti, Là… ti va di andare un pochino al mare? Si sta bene oggi, fa caldo per essere dicembre».
«Certo Rad, tanto è qui davanti» mi sorride, stringendo più forte la mia mano.
Non so perché, ma ho voglia di sedermi per un po’ di fronte al mare insieme a lei. Forse perché sono felice. Forse perché sono anche stanco, visto che sto buttando fuori tutta la tensione che avevo accumulato in vista dell’incontro con mia mamma. Ora che è andato tutto bene mi sento anche vuoto, quasi privo di energie. Ma mi sento anche ispirato.
«Sai, dicono che guardare il mare regali alle persone una miriade di emozioni» esordisco, dopo qualche secondo di silenzio. Sia io che Là guardiamo l’orizzonte che si perde sul mare azzurro su cui si specchia il sole che sta cominciando ad abbassarsi, seduti uno accanto all’altra. Mano nella mano. «E anche il cielo. Anche il cielo, se lo guardiamo intensamente e immaginiamo di poter volare liberi tra le nuvole, ci regala una miriade di emozioni».
«È vero. Anche a me piace guardarli» conferma Lazuli, con lo sguardo rivolto verso l’alto. «Mi piace nuotare nel mare con te e volare nel cielo insieme a te, però».
«Quello anch’io, non potrei chiedere di meglio» sorrido, sentendomi meravigliosamente bene. «A volte ci chiediamo cosa c’è all’orizzonte sul mare, o quanto è lontano. Cosa c’è oltre le nuvole, o dove finisce il cielo. Io li ho guardati tante volte, il mare e il cielo. Che fossi in classe o in giro, anche a casa. E ho sempre provato una miriade di emozioni» proseguo, voltandomi verso Lazuli, che fissa i suoi occhi di ghiaccio nei miei, senza smettere di stringere la mia mano. Una lieve brezza marina le fa oscillare i capelli biondi. La luce del sole sempre più bassa la rende incantevole. Avvicino il mio volto al suo. Mi fermo a pochi centimetri dalle sue labbra. Così pochi che posso sentire il suo respiro caldo accarezzarmi le labbra. «Però sai, Là, io quando guardo il mare o il cielo provo una miriade di emozioni, ma quando guardo te ne provo di più. Molte di più».
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: vi avevo promesso un capitolo lunghissimo per festeggiare il numero 50 e anche l’anno esatto di vita di questa long, spero abbiate apprezzato il risultato finale e, per una volta, cercherò di fare delle note finali brevi, prima che poi arrivate ad odiarmi perché scrivo troppo! Mi odiate? ;-)
Scherzi a parte, vi è piaciuta Gine? Vi siete commossi un pochino? Ho voluto anche mostrare un Bardack più disinvolto rispetto ad altre volte, in generale spero vi sia piaciuto questo momento tanto atteso. Rad e Là dai genitori di Radish… boh, non vedevo l’ora di postarlo questo capitolo. Fatemi sapere allora se vi è piaciuto, e lo stesso vale per la parte iniziale con Lunch, Mai e Marion protagoniste, spero vi abbiano strappato qualche sorriso e qualche emozione anche loro. Il capitolo 50 è stato quello buono anche per conoscere le fantomatiche “amiche” di Marion, spesso citate fin dall’inizio e mai caratterizzate. Sono delle ospiti che arrivano da un’altra bellissima serie, anche se qui faranno solo, di fatto, una comparsata: qualcuno di voi le ha riconosciute? Se sì, vincete millemila punti e tutta la mia stima. E, se le cercate su internet, potete stilare la vostra classifica di gradimento per lo, la mia è quella nell’ordine in cui le cita Rad.
 
Ringrazio tantissimo che mi lascia sempre una recensione, chi c’era un anno fa e mi sopporta ancora, chi è arrivato strada facendo e chi è rimasto indietro e prima o poi arriverà qui. All’inizio non pensavo che questa long sarebbe stata così lunga, se ce l’ho fatta è stato soprattutto per merito vostro. Io e i personaggi che ci stanno facendo compagnia da un anno vi ringraziamo, a voi e a chi legge in silenzio. Se volete farvi avanti, questa è una gran bella occasione secondo me.
Grazie poi agli autori delle immagini di oggi, che spero vi potranno piacere. Un ringraziamento gigante va poi ad Alice Liddel che ha voluto farci una sorpresa per celebrare l’anno di pubblicazione disegnando una Lazuli vestita a festa, una vera principessa dagli occhi di ghiaccio, come direbbe Rad, e un po’ Cenerentola e un po’ Elsa, anche, aggiungerei io. Grazie, grazie davvero!
 
Bene, settimana prossima il capitolo si intitola “La vetta del cielo” e si parlerà di vita, di futuro, di amore e del campionato nazionale di calcio ormai imminente, visto che faremo un salto in avanti fino al 31 dicembre. Ci sarà una piscina molto speciale, torneranno poi in scena tutti i personaggi principali e due nuovi ingressi, attesissimi da mesi: chi saranno?
Vi ricordo che il capitolo speciale che avevo pubblicato alla vigilia di Natale intitolato “Everything is nothing without you – Christmas Special” si colloca proprio tra questo capitolo e quello che pubblicherò settimana prossima a livello temporale, quindi, se volete leggerlo o rileggerlo, questo sarebbe il punto perfetto in cui si “incastra” nella storia.
Io ho poi pubblicato lunedì una breve storia omaggio per Kobe Bryant e la sua tragica scomparsa, un evento che mi ha scosso molto. Si intitola “Buongiorno L.A.”, e lo vediamo giocare a basket con Goku. Era il mio modo per dirgli “ciao”, ringrazio chi di voi l’ha letta.  
Grazie ancora, a mercoledì!
 
Teo

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