Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _aivy_demi_    31/01/2020    23 recensioni
Era stato l’ultimo ad essere accolto all’agenzia di ricerca di nuovi talenti nel mondo della musica, l’ultimo di conseguenza ad essersi unito al gruppo.
Park Jimin, questo il suo nome: un nome che Jeon Jungkook, neppure con tutta la forza di volontà del mondo avrebbe potuto dimenticare. Un nome che già conosceva, e che aveva imparato a detestare.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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N
o time for Regrets
He can’t sleep




Più tentava di prendere sonno, meno ci riusciva: l’unica cosa che Jimin aveva ottenuto nell’eccessivo conteggio mentale del tempo era un gran senso di disagio. Dormire con altre sei persone non era certo impresa semplice, come dover passare sopra a chi russava, chi si agitava e mugugnava, chi si alzava continuamente per andare al bagno: erano una continua fonte di disturbo. Il concetto di silenzio era davvero lontano da tutto ciò che stava vivendo. Sentiva forte la presenza di ogni tipo di rumore, la mancanza del buio assoluto cancellata dalla luce del mondo esterno che filtrava tra le aperture della tapparella; sentiva addirittura il bisogno di percepire ancora il ronzio basso alle orecchie che accompagnava ogni notte a casa sua.
C’era una cosa che lo turbava più di tutte le altre però, la presenza immobile di Jungkook accanto a sé. Se ne avesse avuto il coraggio si sarebbe voltato nella sua direzione solo per sincerarsi se di fatto stesse respirando davvero. Naturalmente non lo avrebbe mai fatto. La calma innaturale che il ragazzo emanava era quasi ansiogena. Si alzò tentando di produrre meno rumore possibile, lasciando la stanza e tutte le emozioni negative legate ad essa che gli stavano procurando l’insonnia; raggiunse la saletta in cui era stato accolto qualche ora prima, approfittando del piccolo divano comodo ma funzionale, perfetto per stendere i nervi tesi e ricercare un po’ di sana e necessaria solitudine. Non accese neppure la luce, il fioco alone di un caldo arancio riprodotto da un paio di lampioni in lontananza era sufficiente a rischiarare il lato opposto al sofà, tanto da mostrare una fotografia chiusa in un semplice plexiglass che ritraeva sei ragazzi.
I suoi nuovi colleghi.
Tra tutti quei sorrisi due volti lo avevano colpito: il primo, Yoongi, non mostrava alcuna emozione, sembrava completamente apatico esattamente come lo aveva conosciuto quello stesso giorno. L’altro, quello che lo aveva colpito maggiormente nell’immagine, era Jungkook; splendeva di una risata radiosa e spontanea, entusiasta, la più esposta e serena. Mai Jimin avrebbe pensato di ritrovare stampata sul suo viso un’espressione simile: era in nettissimo contrasto con l’atteggiamento mostrato nel presentarsi. Naturalmente una domanda nacque bisognosa di una risposta rapida: perché non lo aveva accolto come tutti? Non conoscendolo ancora non poteva certo capirne il motivo ma si era fatto suggestionare dalle iridi scure e distaccate, lontane, intrise di disprezzo.
Disprezzo verso qualcuno che mai aveva incontrato prima.
Che senso aveva?
Non pensava d’aver dato una pessima idea di sé. Cercava una soluzione a quel grattacapo, non aveva fatto nulla di male anche tornando indietro a poco tempo prima e rivivendo il suo ingresso nel gruppo dei Bangtan. Sospirò rassegnato chiudendo gli occhi e ciondolando verso il bracciolo del divano, poggiandovi il capo e raggomitolandosi a ricercare un tepore che nella stanza da letto mancava completamente. Cullato dalla quiete si lasciò trasportare dal sonno.

Taehyung aveva aperto di poco le palpebre scosso improvvisamente da un bisogno impellente: inciampandosi sui suoi stessi piedi raggiunse il bagno in fondo al corridoio, gli occhi a mezz’asta. Tornando indietro porse uno sguardo rapido alla saletta comune notando qualcosa di poco familiare al suo interno, qualcosa colto nel dormiveglia a cui diede poca e nulla importanza. Il fatto assunse un altro tono quando rientrando in camera notò l’assenza di uno dei compagni dai letti: quello accanto a Jungkook era vuoto e quest’ultimo giaceva supino, completamente sveglio, corrucciato. Deciso a non disturbarlo affatto si concentrò sulla mancanza inaspettata di Jimin in un orario alquanto strano, erano da poco passate le quattro del mattino, il mondo intero dormiva, il traffico all’esterno cominciava a dare tregua diminuendo d’intensità. Il cielo era particolarmente cupo ed in lontananza i lampi illuminavano la volta a giorno per alcuni brevi istanti, rincorrendosi tra le nuvole scure. Un brivido scosse la schiena del ragazzo che già stava uscendo dalla camera, quando una voce ferma e chiara lo bloccò sul posto.
«Stai andando a cercarlo?»
Taehyung non si sentì obbligato a rispondere, ciò che voleva fare ad ore assurde, mentre tutti dormivano ed il nuovo arrivato sembrava sparito, era solo un mucchio di fatti suoi. Non era certo un problema di Jungkook.
«Sto andando al bagno.» Una leggera nota di irritazione aveva tinto quelle semplici parole cambiandone di fatto il significato: “fatti i cazzi tuoi”, questo avrebbe voluto aggiungere.
«Ci sei già stato, stai andando da lui?»
Il malumore in Tae stava raggiungendo picchi inaspettati, nato nelle viscere e diffuso rapidamente in tutto il corpo; malumore che si stava palesando con i pugni tremanti stretti con vigore. «Lascialo stare.»
L’altro si alzò di scatto svincolandosi dalla presenza ingombrante del materasso sopra la testa, con movimento abituale. Gli si parò di fronte digrignando i denti e mostrandosi particolarmente contrariato. «Lo stai difendendo senza nemmeno conoscerlo?» Una domanda provocatoria la sua, un pizzico di acido misto a veleno inspiegabili alla mente confusa e ancora annebbiata dal sonno del ragazzo.
«E tu invece? Lo tratti come fosse una merda e non lo conosci neanche. Fanculo, JK. Vai a fare in culo.» Uscì stizzito, non riusciva a tollerare minimamente tutto l’astio dimostrato per qualcuno che sapeva ridere e sorridere così genuinamente. Da qualche parte però doveva essere: escludendo la Direzione e gli uffici, escludendo l’esterno…
Entrò in punta di piedi Tae, muovendosi lento nella saletta comune e sedendosi sul tavolino di fronte al sofà; come aveva avuto modo di sospettare, il ragazzo si trovava lì, rannicchiato in un angolino, avvolto dalla penombra e dal silenzio. Taehyung allungò una mano come ipnotizzato cercando di sfiorare quei leggeri capelli neri scomposti, ma bloccò le dita a mezz’aria nel momento in cui un sussurro proveniente dall’entrata attirò la sua attenzione: Hoseok sostava in intimo, fasciato da una canotta aderente scura, la testa arruffata e gli occhi stanchi. «Non svegliarlo, è stata già abbastanza dura per lui.»
Il giovane si allontanò scaricando il peso sul palmo della mano, il gomito sulla coscia. Non aveva risposto, stava facendo finta di niente in modo così plateale da non sembrare minimamente convincente. L’amico lo raggiunse sedendogli accanto sorridendo. «Mi spiace tu e JK abbiate litigato.»
«Ci hai sentiti?»
«Certo, ti pare? Non sono capace di farmi i fatti miei, non lo sono mai stato. Solo che non capisco una cosa… perché tutto questo odio? Cioè, si è presentato bene, ha retto la tensione, ha accettato quasi di buon grado di stare assieme a noi in camera.» Osservava Jimin con apprensione, senza essere capace di comprendere il comportamento di distacco dimostrato non solo da Jungkook ma anche da Yoongi. «Quasi, visto che si è ritirato qui. Ero sveglio pure io, sai? Non ha chiuso occhio tutta la notte. E non era l’unico.»
«Vorrei solo lo lasciasse stare. Insomma, guardalo, cosa potrebbe fare di male? Cosa potrebbe mai aver fatto per meritare un comportamento simile?»
«Shhh.» L’indice di Hoseok si poggiò sulle labbra in una richiesta muta di silenzio; continuò la conversazione abbassando il tono. Jimin s’era voltato un paio di volte cercando di riacquistare la posizione adatta. «Sai, io ero capitato spesso qui nel primo periodo. Non riuscivo a dormire bene, sì, per il nostro essere tutti stipati lì dentro. Una notte è venuto Yoongi a prendermi in mutande e aveva ancora gli occhi chiusi; non aveva nemmeno aspettato che io mi alzassi, mi aveva preso per mano trascinandomi a letto e non l’aveva mollata nemmeno dopo essersi riaddormentato completamente.» Arrossì al pensiero e sorrise imbarazzato. Tae lo stava guardando stupito, non credeva fosse così difficile per gli altri dover avere a che fare con una situazione simile. Lui l’aveva sempre vista come una cosa facilmente gestibile, tanto s’addormentava comunque dopo non oltre dieci minuti.
«Perché non torni a letto, Hobi? Ti vedo stremato, dai, vai a dormire.»
«Dovresti dormire anche tu. Scommetto però starai qui a fare la guardia, vero? Ti conosco, so come sei fatto, ti chiedo solo di non farti trascinare.»
«D’accordo, buonanotte.»
Un rapido scambio di sguardi d’intesa ed il silenzio tornò a riprendersi il dovuto spazio. Taehyung s’era ripromesso soltanto di controllare fosse tutto a posto.
Lo era.
L’altro dormiva serenamente, sembrava tranquillo.
L’unico a non esserlo era proprio lui, che non era in grado di alzarsi ed andarsene.
«Vedrai, non ti accadrà nulla.» Quelle dita che prima aveva ritirato s’erano posate sulla fronte fresca, sfiorandone la pelle pallida. «Scoprirò cosa è successo, te lo prometto.»
Al diavolo le parole di raccomandazione di Hoseok, lo avrebbe difeso sempre, lo avrebbe aiutato stando al suo fianco, anche a costo di litigare con Jungkook. Forse era un semplice irresponsabile, un immaturo incapace di tenere a freno il proprio istinto e di dare ascolto al cuore prima che al cervello, ma dopo quel sorriso e quella piccola mano calda che aveva stretto la sua aveva capito una cosa: Jimin andava protetto, protetto dal mondo, protetto dalle cattiverie e dall’astio, protetto persino dagli stessi membri dei Bangtan.

   
 
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