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Autore: Greynax    04/02/2020    2 recensioni
Una guerra diversa, più cupa, più difficile. Uno scenario in cui l'Ordine della Fenice possiede un'arma in meno e qualche alleato in più, benché questo non riesca ad eliminare i nuovi svantaggi.
Ma, come sempre, la loro unica speranza risiede in quel sentimento che Voldemort non riesce a capire.
Genere: Generale, Guerra, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esercito di Silente, Famiglia Malfoy, Il trio protagonista, Ordine della Fenice, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Buon compleanno harry
«Aspetta - non ti sei portato niente per scrivere?»
«...scrivere?»
«È una lezione, Harry. Ti fa così schifo prendere appunti? Va bene, tieni questo foglio - aspetta, dovrei avere una penna di riserva...»
«Secondo te se la prende, se non scriviamo con le piume?»
Harry vide l'orrore e il panico fare capolino negli occhi di Hermione - ma il tempo era già scaduto. Piton era appena entrato, chiuse la porta dietro di sè con un movimento svelto della bacchetta e un inquietante rumore di serratura chiusa tre volte. La buona notizia era che sembrava riuscire ad usare la bacchetta con la mano mutilata, anche se l'occhio allenato di Harry bocciò la stretta strana delle dita rimaste come "a rischio anche con l'Expelliarmus meno riuscito di Neville". Un combattente in meno, quindi. Ammesso e non concesso che il Serpeverde avesse mai avuto intenzione di fare qualcosa anche in prima linea, invece di rimanersene comodo nelle retrovie con la sua dubbia utilità di spia.
L'altra buona notizia era che, sebbene non camminasse proprio alla perfezione, Harry l'aveva visto zoppicare molto peggio dopo l'incontro con Fuffy. Si congratulò con se stesso per l'insistenza con cui affermava che Piton stesse bene: tutto lo confermava. Anche la maniera odiosa con cui iniziò la lezione.

«Suppongo che la signorina Granger conosca già la risposta ad ogni domanda, retorica o meno. Quindi, se volesse direttamente deliziarci con la definizione imparata a pappagallo senza che io debba aprire bocca...»
Harry, per un attimo, pensò che Hermione avrebbe resistito. Seduta dritta dritta sul bordo della sedia scompagnata, con il quaderno sulle cosce e il labbro inferiore tra i denti - quasi tremava dalla voglia di rispondere, ma per un attimo sembrò farcela a mantenere il silenzio. L'unico rumore, nella biblioteca, era quello di un qualcosa che sembrava correre dietro le scaffalature di libri. Un piccolo qualcosa, un qualcosa con molte zampe.
«Puoi cominciare dalla definizione di Legilimanzia» aggiunse Piton, con i denti storti scoperti in una smorfia di sdegno. Sembrava molto pallido - più del normale, insomma. Ma, anche se la voce era fioca e piuttosto roca, bastò per far crollare Hermione.
«L'Occlumanzia viene definita come "l'arte magica e mentale del compartimentalizzare". Ciò permette di difendere la propria mente da attacchi esterni, mantenendo integri e nascosti i propri pensieri e ricordi. Ci sono diverse correnti di pensiero sulla tecnica corretta da utilizzare per proteggere la mente, ma c'è un generale consenso sul fatto che il solo oscuramento non sia l'approccio più efficace: si preferisce, infatti, ibridare l'oscuramento con la più avanzata commutazione...»
Harry si era già perso. L'unica cosa che aveva capito era che la quantità di informazioni sembrava decisamente maggiore a quella che il bastardo gli aveva dato durante le sue lezioni. Il sovracitato bastardo sembrò seguire un ragionamento più o meno simile, perché stavolta snudò i denti in direzione del ragazzo e gli parlò in tono basso, molto lento.
«La signorina Granger non ha il dovuto riguardo verso i meno... dotati. Possiamo fermarci all'oscuramento, per ora. Ed immagino che qualcuno, in questa stanza, sappia dirmi la definizione anche di questo.»
«Oh. Ehm, quindi posso...? Sì. Ecco, signore, si tratta di un blocco totale. Un atto di forza e di pieno controllo che svuota completamente la mente, rendendo così difficilmente accessibili i—»
«Granger» disse Piton, a voce molto bassa. Sembrava tutto denti e naso, il disprezzo ben stampato sui lineamenti aspri lo abbruttiva ancora di più, abbastanza da ammutolire la ragazza. «Se tu potessi trattenere solo per un istante questa tua irritante... sollecitudine, forse ti renderesti conto che anche il nostro "ripetente" dovrebbe ormai essere in grado di rispondere.»
«Sì, ma—»
«Troppo faticoso? O forse ti stai annoiando, Potter?»
«No, ma io—»
«Strano. Eppure stiamo ricapitolando degli argomenti che abbiamo già affrontato, anche se a un livello più adatto alle tue insulse capacità mentali. Forse neanche stavolta sto riuscendo ad attirare la tua attenzione?»
Harry optò per un cauto e molto rigido silenzio.
«Ancora più strano. No? Davo per scontato un maggiore interessamento, dopo che la tua incompetenza ha rischiato di mietere più di una vittima.»
Harry serrò i denti. Piton continuò, inesorabile.
«Ma certamente il Prescelto non ha bisogno di applicarsi in qualcosa. Di sicuro c'è un deus ex machina dietro l'angolo, no? Amici più brillanti, o qualche malconsigliato martire pronto a fargli da scudo...»
I ragazzi rimasero in perfetto silenzio. Harry neanche respirava, non si fidava delle parole che avrebbero potuto uscirgli di bocca insieme all'espirazione.
Alla fine fu Piton a lasciarsi andare a un profondo respiro.
«Potter. Quali sono stati i tuoi unici successi, durante le nostre lezioni?»
«Io... successi?» riuscì a mormorare, con la bocca aperta come quella di un pesce che soffoca. Era felice che Piton sembrasse aver cambiato approccio, ma la domanda l'aveva messo più in crisi delle frecciate precedenti. L'altro sbuffò, si appoggiò alla scrivania con la mano ancora sana. Sembrava l'unica cosa a tenerlo ancora in piedi, osservò Harry, con un certo distacco.
«Sto cercando di essere gentile, Potter. Ci sono state due occasioni in cui hai raggiunto ciò che un idiota potrebbe definire "parziale successo". Illuminaci.»
«Io... uh... l'ho... fatta smettere?»
«Come?»
«Ho - ho lanciato degli incantesimi.»
«Volontariamente?»
«Più o meno. Non il primo.»
«Una fattura pungente.»
«Ehm. Già. E poi un... sortilegio scudo.»
«E che informazioni hai tratto, da questa tua bravata?»
Che è particolarmente disturbante vedere un bambino piangere in un angolo, e poi trovarsi davanti il mostro di rancore che quel bambino è diventato. Avrebbe voluto rispondere così, ma pensò a un po' di cose, tutte insieme, e tacque. Pensò a Silente, che gli chiedeva lo sforzo di un po' di pazienza. Pensò a...
Riflettendoci meglio, non era il caso di pensare troppo a niente. Non con un Legilimens davanti. Così si limitò a stringersi nelle spalle.
«Signorina Granger? Vuoi di nuovo correre in soccorso del tuo compagno?»
Hermione aprì la bocca. Poi la richiuse, diffidente. Quando si decise a parlare, lo fece con una certa lentezza.
«In teoria un attacco esterno potrebbe far perdere la concentrazione al Legilimens, ed interrompere così il contatto. Riuscire a lanciare un incantesimo sottintende un certo grado di oscuramento, ma non credo sia sufficiente a—»
«Riguardo all'utilizzo di un sortilegio scudo, signorina Granger.»
«Oh. Io... non sono sicura, signore.»
«Ah no?» fece Piton, improvvisamente mellifluo. E, prima che Harry potesse pensare di fare alcunchè, puntò la bacchetta verso Hermione. Fece appena in tempo a scattare in piedi, con un urlo già in fondo alla gola, quando un suono alla porta bloccò tutti. Era come un... raspare di zampe contro il legno? Molto forte, molto insistente. E, subito dopo, un bussare così violento da far quasi tremare la sedia sotto il sedere di Hermione.
«PITON! APRI QUESTA DANNATA PORTA - ORA!»
Sirius. Ovviamente. Harry non sapeva se sentirsi sollevato o preoccupato. Notò, con la coda dell'occhio, che il professore aveva teso maggiormente il braccio, e che la bacchetta era puntata ora verso la porta. Con l'altra mano continuava a reggersi alla scrivania.
«Black. Stai interrompendo una lezione, approvata dal Preside, quindi—»
«APRI! QUESTA! DANNATA PORTA... oh, fottiti - bombarda!»
Harry ed Hermione si coprirono il viso quasi all'unisono - Piton no, picchiò solo col posteriore contro l'angolo della scrivania, gli occhi strizzati. E, in mezzo alle macerie della porta, ecco Sirius. La bacchetta levata, lo sguardo non meno allucinato di quando, ridotto a poco più di uno scheletro, era pronto ad uccidere Peter Minus.
«Cosa sta succedendo. Piton - te l'avevo detto. Volevo essere presente! Non ti permetto di—»
«Di insegnare, Black? Oh, non ti preoccupare. L'ego del tuo figlioccio è già un ostacolo sufficiente, non riuscirei ad insegnargli niente neanche se—»
«Non ti permetto. Non nella MIA casa. Non con il MIO Harry - e non con Hermione! Tu, piccolo sudicio...» ed iniziò a camminare verso la scrivania. Harry non era spaventato all'idea di fermarlo - però forse, in effetti, ripensandoci, un pochino lo era.
«Sei consapevole, vero, del fatto che ho le stesse identiche preoccupazioni riguardo ai tuoi contatti con questi due ragazzi? Io, almeno, non sono uno schifoso—» iniziò a sbottare Piton, ma i ragazzi non scoprirono mai che sfumatura di "schifoso" fosse Sirius: un pugno del suddetto impattò improvvisamente con il viso magro del professore.
Tutti sentirono il "crack" nitido e nauseante del naso che si spezzava, tutti videro il sangue che colava dalle narici, in un fiotto fin troppo copioso. Nessun riuscì a fare niente, finchè Remus non piombò nel caos generale con urla molto giuste ed Epismendo lanciati con premura.

E così finirono di nuovo nella camera di Harry, un sedere per letto, gli sguardi bassi. Almeno fino a che Hermione non alzò i suoi, graziosi e molto seri.
«Non mi avevi detto di aver usato degli incantesimi contro Piton.»
«Ehm.»
«Cos'è successo, quando hai usato il sortilegio scudo?»
«Io ho... sono... sono entrato nei suoi pensieri. Credo che non se l'aspettasse. Ho visto cose che - sono private, Hermione. Scusa ma non...»
«Capisco» lo interrompè lei, senza nessuna particolare emozione e la fronte corrucciata. Dopo un lungo silenzio, ebbe solo una domanda.
«Cosa stava cercando di dire a Sirius?»
«Non lo so. Codardo? Sai com'è Piton. Anche se, onestamente, tra i due...»
«Pensavo solo che... sai...» iniziò Hermione, interrompendosi però a metà strada, con le labbra contratte.
«So cosa?»
«Niente. Sono io che penso troppo, di sicuro» minimizzò lei, con un sorriso esitante e un'occhiata all'orologio polveroso appeso al muro. «E mi stavo quasi scordando... buon compleanno, Harry.»
«Come?»
«Auguri. È passata la mezzanotte, vedi?»
Harry vedeva, ma avrebbe preferito accorgersene in tutt'altro frangente.

La mattina dopo, non si accorse di non avere regali in fondo al letto. Non ipotizzò neanche l'idea che i regali fossero stati rimandati a una festa di compleanno, non ebbe neanche un pensiero sull'argomento, non ebbe neanche mezza delusione. Si limitò a trascinare i piedi nudi verso il bagno, ad aprire l'acqua ed aggrapparsi con entrambe le mani al lavandino. Perché il sogno era tornato, ed era rimasto disturbante. Il che non aveva senso. Il cigolio dell'altalena non era una cosa negativa - ci era andato, al parco giochi. Da solo e depresso, ma c'era andato. Ed era tutto okay. E la cosa rossa... adesso capiva, si ricordava che erano capelli. Rossi, però non di un "rosso Weasley". Abbastanza vicino, ma non proprio uguale. Harry, però, supponeva che fosse abbastanza uguale.
«Mi sento solo in colpa per via di Ginny» disse, allo specchio.
«Spero vivamente che questa "Ginny" sia una degna compagna Purosangue» rispose lo specchio.
Harry schizzò acqua, sapone e dentifricio contro il vetro. In quella casa, anche l'arredamento del bagno era razzista. Finito ciò che doveva, scese ovviamente verso la cucina.

Non la riconobbe subito. Aveva i capelli neri, molto lunghi e dritti dritti, i lineamenti affilati e pallidi. Pensò a Morticia Addams, ricordò come la serie fosse uno degli spauracchi maggiori dei Dursley. Troppo anticonformista. Poi la donna gli sorrise, e finalmente tutti gli indizi andarono al loro posto: era Tonks.
Sirius era seduto di fianco a lei, Remus aveva un braccio intorno alle spalle dell'Animagus - lo tolse, non appena si accorsero di Harry. Sirius aveva la Gazzetta del Profeta tra le mani magre, e non erano molto ferme.
«Chi è morto?» chiese Harry, senza vergogna e senza pudore.
Lupin si infilò le mani in tasca, guardò un po' tutti prima di rispondere.
«Hestia Jones.»
«Hestia...»
«Non leggere la Gazzetta» intervenne Tonks, con un tono così duro che quasi non ne riconobbe la voce. Ma poi la donna sospirò, e tutto tornò come doveva essere. «Il Ministero sta bloccando la maggior parte delle informazioni, i resoconti della Gazzetta non sono... esatti.»
Sirius continuava a tenere il giornale tra le mani. Gli occhi non si muovevano, non stava leggendo. Il silenzio era pesante.
«Ero sulla scena. La scorsa notte. Supponiamo che sia stato un - un omicidio/suicidio. Il cadavere di Hestia non era l'unico, c'era anche un Mangiamorte non identificato. Dalla ricostruzione, pensiamo che Hestia abbia... spaccato la fiala di una pozione che nessuno dovrebbe respirare. Si è uccisa. Insieme ad uno dei suoi aguzzini. Gli altri, se c'erano, sono riusciti a fuggire. E questo è quanto.»
Harry, con la gola secca e una sensazione di irrealtà addossò, cercò di prendere la Gazzetta a Sirius. Lesse, velocemente. "MAGGIOR ATTENZIONE SU MAGAZZINI POZIONISTICI - Hestia Jones, venticinque anni, ha perso la vita dopo la frattura di fiale non adatte alla consumazione umana. Rilevato il cadavere di un acquirente, per il momento il corpo degli Auror segue la pista di un incidente pozionistico. Impiegata da cinque anni presso "Rimedi Rivoltanti di Madama Myrtle", Hestia Jones ha mantenuto un curriculum completamente privo di errori prima del tragico incidente che..."
Harry alzò di scatto gli occhi molto verdi su Tonks, che si limitò a scuotere la testa. «Era un Mangiamorte. Abbiamo visto il Marchio.  Supponiamo che abbiano cercato di sorprenderla sul posto di lavoro, e che... e che Hestia si sia difesa come meglio ha potuto» affermò, rigida, con un tono quasi militaresco. Aggrottò la fronte. «Ci stiamo ancora lavorando, comunque. Forse, una volta raccolte abbastanza prove, anche la Gazzetta...»
Remus calò una mano sulla spalla della donna. Strinse appena. Lei chiuse gli occhi, ed Harry restò a guardare in silenzio mentre i capelli di Tonks si facevano più corti, più sbarazzini, ma sempre di un nero assai lugubre.
«Devo tornare al lavoro» annunciò Tonks, alzandosi con cautela, come se fosse fatta di vetro. Sorrise a Remus, ed era un sorriso triste. Un sorriso sincero, un sorriso che faceva quasi male. «Cerca di prenderti cura di te. Va bene?»
E poi lanciò un'occhiata verso Sirius, con molta meno tenerezza. «E... mi raccomando» disse solo, all'Animagus, che in tutta risposta la guardò male. Harry rimase fermo e zitto dov'era, fu la donna a raggiungerlo, con un sorriso mesto.
«Buon compleanno, Harry» disse, piano. E, davanti alla faccia del ragazzo, rise. Abbassò ulteriormente la voce. «Se vuoi rispondermi con un "gran bel compleanno del cazzo" - puoi. Non faccio una piega. Ma... su con la vita. Okay?»
Ed Harry sorrise di malavoglia: non potè fare altrimenti.

Non si aspettava niente da Ron, e niente ricevette. Non si aspettava niente dai Weasley in generale, nonostante l'appoggio di Arthur e di Billy e di Fleur, ma qualcosa arrivò - dolci e torte e una poesia dei gemelli su Piton, in cui "caccola stupefacente" faceva rima con "impegno indecente", e che era firmata non solo "Fred e George", ma anche "Ginny". Harry la piegò con cura, pensando di leggerla meglio più tardi.
Da Hermione ebbe più o meno ciò che si aspettava, un paio di libri sull'Occlumanzia vecchi e stravecchi e pallosi, più un altro paio di rassegne Babbane su qualcosa che si chiamava "PTSD", e che Harry non capiva del tutto, ma supponeva fosse qualcosa di intelligente.
Da Sirius ebbe un abbraccio, e un set di Gobbiglie placcate in oro che lo fece sentire molto ricco e molto in colpa. Da Remus ebbe solo lo sforzo più grande: una festa di compleanno, con il fantasma di Hestia nascosto in fondo ad ogni brindisi e una torta solo di poco meno goffa di quella che Hagrid gli offrì al suo undicesimo compleanno.
Eppure si sentì il più fortunato di tutto il mondo quando, con vari livelli di stonataggine, tutti gli invitati (pochi) gli cantarono "buon compleanno" con un'allegria che copriva ogni difetto.
Da Piton non si aspettava nulla. E invece, nascosto da una carta da pacchi anonima, Harry scartò un altro libro: Le mie prime Pozioni, un libro dai tre ai sei anni, pieno di figure allegre. Probabilmente doveva essere una frecciata maligna, ma Piton non sapeva che i Dursley gli regalavano calzini spaiati e grucce per vestiti: quindi, tutto sommato, non fu un regalo malvagio.
E, quando la festa stava per finire, scese addirittura dalla sua camera. Con il naso aggiustato e la camminata sempre goffa, trasfigurò il whisky incendiario in acqua ed alzò il bicchiere per un brindisi.
«Al sedicesimo compleanno di Harry Potter» disse, con l'ironia in fondo alla voce. «Non capirà mai quanto sia stato complicato tenerlo in vita fin'ora» concluse, con una delle sue solite smorfie, ma Remus brindò insieme a lui ed Harry sorrise, solo un pochino.
  
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