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Autore: KikiShadow93    04/02/2020    4 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare Chimera__, Teo5Astor, _Cramisi_ e Celeste98 con tutto il cuore per aver recensito lo scorso capitolo (beh, non proprio lo scorso, ma è il gesto che conta!). Se non fosse stato per voi, non penso che avrei continuato a scrivere.
A proposito, potreste dirmi cosa pensate di alcune loro scene insieme? Capirete da soli di quali parlo, e vorrei davvero un vostro parere perché non so se ho reso bene la faccenda, se ho fatto una schifezza o se ho esagerato.
❣️

 

𝟞. 𝒯𝓇𝒶 𝒶𝓈𝓈𝑜𝓇𝒷𝑒𝓃𝓉𝒾, 𝓁𝓊𝓃𝒶 𝓅𝒶𝓇𝓀 𝑒 𝓅𝒾𝓃𝑔𝓊𝒾𝓃𝒾 (𝓅𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟤)




Radish non è mai stato ad un Luna Park, non gli è mai interessato. In realtà, prima di incontrare Sherry, non aveva mai fatto un sacco di cose.
Non era mai stato ad un rave party, e c’è dovuto andare per vincere la loro scommessa.
Non era mai andato a comprare assorbenti.
Non aveva mai riempito due carrelli al supermercato.
Non aveva mai cenato con una terrestre e poi aiutato pure a lavare i piatti.
Non aveva mai rubato una macchina e non l’aveva mai schiantata contro un albero.
Dulcis in fundo, non aveva mai provato affetto per qualcuno. Non aveva mai provato interesse per ciò che gli veniva detto. Non aveva mai neanche lontanamente sfiorato quell’enorme gamma di sentimenti che l’avevano sempre e solo disgustato.
Ma Sherry gli è capitata tra capo e collo come un uragano e lo sta trascinando giù con sé in quella strana spirale di emozioni e idiozie, gli sta vicina come non ha mai fatto nessuno e questo gli piace oltre ogni immaginazione. In fondo, si dice, non è male avere un terrestre per amico, seppur si tratti in realtà di un enorme sacco di pulci terribilmente vorace.
Pure adesso si lascia trascinare senza opporre resistenza in mezzo alla folla. I bambini spesso gli urtano le gambe mentre corrono da una parte all’altra, le risate e le urla dei presenti gli trapanano le orecchie, alle narici gli arrivano gli sfiziosi odori dei banchetti ed improvvisamente ha voglia di provare tutta quella roba a lui sconosciuta.
Per un attimo, dopo neanche tre minuti dal loro arrivo, è arrivato a domandarsi se per caso Sherry gli avesse letto nel pensiero, se l’aver bevuto il suo sangue le abbia come consentito una specie di connessione con la sua mente, perché pare averlo capito all’istante e l’ha portato a prendere del torrone di mandorle. Non gli è piaciuto particolarmente e ne ha dato più di metà a lei, che invece l’ha ingurgitato praticamente intero, ma si è sentito comunque felice. Non sa però dire se la sua attuale felicità sia dovuta a quell’ipotetico - e per niente veritiero - “ponte mentale”, al fatto che l’abbia accontentato subito o al più assurdo fatto di vederla tanto allegra e sorridente in mezzo a tutta quella gente.
«Uhhh! Il tiro a segno! Vieni, forza!» Lo strattona con decisione tenendolo per un polso e sbilanciandolo in avanti, e Radish non può far altro che guardare nella sua stessa direzione. Un baracchino con delle carabine ad aria compressa e dei barattoli esposti in una fila ordinata a circa quattro metri di distanza; appesi ai lati un sacco di pupazzetti di ogni forma e dimensione, oltre ad altri premi molto più bruttini e discutibili.
Non appena le sinapsi del Saiyan gli fanno capire che voglia giocarci, sente le gambe cedergli per un istante. Una come lei, un mostro venuto fuori dagli incubi che mangia persone più per divertimento che per reale necessità, vuole mettersi a sparare a dei barattoli assieme a dei bambini e vuole trascinarci pure lui.
«Ma fai sul serio?»
Sherry, in tutta risposta, sbatte sul legno frastagliato una manciata di banconote sufficienti per quattro giocate e, ancor prima che abbia il tempo di chiederle quando diavolo li abbia dissotterrati senza che lui se ne rendesse conto (visto che sa bene che è quello il suo concetto di banca e che più volte l’ha vista farlo), si ritrova con quel fucile giocattolo tra le mani e il proprietario dello stand che lo incita a fare del suo meglio.
Sbuffa sonoramente, sentendosi incredibilmente umiliato: lui, che conquistava pianeti sin dalla tenera età, abituato ad uccidere a mani nude, si ritrova adesso a buttare giù dei barattoli mezzi distrutti per vincere un giocattolo di dubbio gusto. Ma lo fa, reprimendo a fatica la voglia di spaccarle il fucile in testa, e vince senza sforzo.
Il tizio gli fa le congratulazioni, gli dice che ha una mira fantastica e, senza dargli neanche la possibilità di scegliersi il premio, gli mette tra le mani proprio l’unico pupazzo che davvero avrebbe evitato come la lebbra.
«Non ci credo…» Borbotta a mezza bocca, lo sguardo che oscilla tra il disgustato e il furente. È sul punto di ficcarlo a forza nella gola del bastardo che glielo ha dato, ma commette l’ennesimo errore della giornata: volta lo sguardo. E Sherry è lì, al suo fianco, un sorriso divertito in volto e gli occhi che saettano veloci dalla sua figura a quella della grossa scimmia di peluche rosa e bianca.
«A dir poco ironico.» Commenta divertito lo Spettro, mettendo poi sul banco altri soldi, pronta a giocare come quando era piccola.
«Tieni.»
Sherry rimane per qualche istante interdetta mentre prende la  morbida scimmietta tra le mani e proprio non può fare a meno di sorridere nel notare lo sguardo imbarazzato di Radish. Poi agisce semplicemente d’istinto: lo afferra per il collo con una mano e lo trascina verso di sé, mollandogli un sonoro bacio sulla guancia. Sgrana gli occhi, Radish, rimanendo congelato da quel gesto così spontaneo, e neanche si rende conto del fatto che Sherry stia giocando a sua volta. Se lo avesse fatto, si sarebbe reso conto del fatto che lei è proprio l’ultima persona alla quale mettere un’arma in mano, che sia giocattolo o meno.
Si riscuote solamente quando si sente premere contro il braccio qualcosa di morbido e, abbassando gli occhi, nota l’orsacchiotto marroncino che ha vinto che lo fissa con quegli occhietti di plastica nera.
«Secondo te andrei in giro con questa cosa?» Brontola in risposta, le braccia incrociate al petto e lo sguardo duro.
Ma a Sherry non frega niente: sa che non è granitico come vuole tanto dare a vedere, sa che sotto sotto ha un gran cuore… non troppo differente da quello del fratello defunto. È per questo che gli sorride con aria furbetta e, dopo aver spinto l’orso tra le braccia di una bambina che lo guardava con aria sognante, afferra la scimmietta di pezza e gli fa cenno col capo di seguirla.
«Hai davvero intenzione di portarti dietro quell’affare per tutto il giorno?»
Sherry si blocca per qualche istante, si volta di tre quarti e lo guarda dritto negli occhi, facendo poi una cosa che un poco lo spiazza: prende la scimmietta e le dà un sonoro bacio sul muso, tenendola ben stretta tra le mani.
«Mi piacciono le scimmie.» E detto questo riprende a camminare, dirigendosi con passo svelto in mezzo alle persone, senza però avere una meta precisa.
Non presta la minima attenzione a Radish, adesso di nuovo al suo fianco con le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo sconsolato che di solito hanno i mariti quando accompagnano le mogli a fare shopping. Non lo considera non per cattiveria, ma perché quel luogo per lei è magico, davvero magico: Fern aveva accolto lei e Bree da una decina di giorni quando ce le portò la prima volta e loro mai avevano visto un posto tanto bello. Le fece salire su tutte le giostre, fece mangiare loro tutto ciò che volevano e ideò uno scherzo epico che le fece morire dalle risate. Uno scherzo epico incredibilmente stupido, che consisteva nel montare sulle montagne russe tutti assieme e, nel momento esatto in cui la giostra era sulla rampa, poco prima alla discesa, tirare fuori un grosso bullone ed esclamare a gran voce “e questo da dove arriva?!”. Le urla terrorizzate dei poveri malcapitati non facevano altro che scatenare l’ilarità dei ragazzini, tanto da far dimenticare momentaneamente a Sherry che si trovava a testa in giù ad una notevolissima altezza.
Ce li portava spesso, almeno una volta al mese. E non solo nei luna park a loro vicini, ma anche in quelli lontani. Li caricava sul suo furgoncino e partivano tutti assieme, cantavano tutti assieme e ridevano come pazzi, poi dormivano in qualche motel con i materassi ad acqua che tanto li divertivano. Pomeriggi interi passati tra le giostre, a correre e divertirsi, taccheggiando qua e là, mangiando cibo spazzatura fino a scoppiare.
Diede il suo primo bacio a River nella Casa degli Orrori e subito dopo terrorizzarono insieme una coppietta in cerca di brividi. Era tutto così facile…
«I calcinculo!» Urla di colpo, la voce piena di entusiasmo.
Radish segue il suo sguardo allegro, fino ad arrivare alla giostra indicata.
«Lo scopo?»
«Uno sta seduto nel seggiolino posteriore e spinge l’altro con quanta più forza possibile. Chi prende quella specie di coda di peluche vince il premio, ovvero una corsa gratuita al giro successivo.»
Ci pensa per qualche istante, Radish, non riuscendo a capire cosa ci sia di divertente, decidendo infine che è meglio non farsi troppe domande. Gli sembra felice, euforica, quindi magari accontentando questi capricci da bambina potrebbe pure rimediarci qualcosa.
«E noi vogliamo vincere la corsa gratuita?»
«Noi vogliamo vincere tutto, ma io soffro di vertigini e quindi direi che sono meglio le autoscontro!»
Radish segue di nuovo il suo dito puntato sulla nuova attrazione, e anche stavolta ha qualche difficoltà a capire sia lo scopo del gioco sia cosa ci sia di divertente. Insomma, qualche ora prima hanno rubato una macchina vera e l’hanno schiantata
volontariamente contro un albero… quello è stato divertente! Ma guidare quelle lattine colorate e sbatacchiarsi in quel modo come lo si può considerare divertente?
«L’intento è ucciderli?»
«No.»
«Mutilarli? Fargli molto, molto male?»
Sherry gli dà una lieve spallata mentre ride, realmente stupita di fronte a questa sua strana reazione. Era convinta che, dopo aver passato tanti anni sulla Terra, sapesse come funzionassero le cose, che vi si fosse un po’ adattato, ma si rende conto che non sa godersi queste piccole cose, che nessuno gliele abbia mai mostrate, non come hanno fatto con lei. In fondo, pensa, siamo davvero molto simili… chi di noi due ha avuto più fortuna?
«L’intento è andarsi addosso e farsi quattro risate. Ma forse tu non ne sei capace.»
«A me fanno schifo queste idiozie da bambini scemi.» Mentre lo dice afferra tra le dita la zampina ciondoloni della scimmia di pezza, arricciando le labbra con aria disgustata.
Sherry, dopo aver ritratto il giocattolo per proteggerlo dalle sue grinfie, gli gira attorno con aria divertita e pensierosa: «In effetti è molto più divertente la nostra versione con le auto vere in mezzo al niente, ma è decisamente poco pratico. Non hai idea dello sbattimento per trascinare le auto distrutte dallo sfascia carrozze!»
Radish, che non poteva certo aspettarsi qualcosa di meno da lei, le dà una lieve spintarella e s’incammina dalla parte opposta, pietrificandosi quando la sente alzargli un braccio per metterselo attorno alle spalle, mentre gli avvolge il braccio libero attorno ai fianchi. E lì resta, calma e mansueta come poche altre volte, la testa poggiata sulla sua spalla e lo sguardo che vaga tra la folla in cerca di qualcosa di divertente.
Il Saiyan, dal canto suo, si concentra con tutto sé stesso per mantenere invariate le proprie emozioni, consapevole che lei può decifrarle sia con il battito cardiaco che tramite l’odore della sua pelle. Più volte, infatti, l’ha preso in giro perché ha sentito il suo cuore battere più velocemente dopo averlo preso in contropiede con qualche smanceria del genere, e davvero non vuole darle questa soddisfazione.
In suo soccorso, per fortuna, gli si materializza davanti agli occhi la soluzione: è grande, è scura, con le ragnatele finte e le finestre rotte. Sente dei suoni finti di catene e versi spettrali, come le risate di una strega o le urla disperate che si sentono nei film dell’orrore a basso budget.
«Non mi sembrano tanto spaventati.» Commenta facendo un gesto col capo verso la Casa degli Orrori, ora di nuovo calmo.
Sherry, che in realtà stava completamente ignorando le sue eventuali reazioni ma che semplicemente voleva stargli vicino come ha sempre fatto con i suoi amici, volta distrattamente la testa e di colpo si blocca in mezzo alla strada.
Alza lo sguardo fino ad incontrare quello di Radish e si lascia andare ad un sorrisetto carico di promesse e aspettative: «Vuoi sentirli urlare davvero?» E detto questo lo lascia libero dalla sua ferrea presa, gli molla il pupazzo tra le mani e scatta in avanti, correndo velocemente dietro all’attrazione.
Radish, rimasto solo con l’agghiacciante scimmietta rosa in mano, osserva sospirando la Casa, non capendo del tutto cosa volesse dire. In fondo non può mutare in mezzo agli umani, è contro le loro leggi; può farlo solo in caso di reale pericolo per sé stessa e per chi è suo, altrimenti si troverebbe costretta ad uccidere qualsiasi testimone. Qualche giorno dopo averla vista trasformasi, trovandola decisamente più calma e ben disposta nei suoi conforti, le chiese per quale motivo si mostrò a lui, avendo come risposta quella che gli sembrò una balla colossale ma che, purtroppo per lui, era inconfutabile : “tu non conti, sei un alieno!”
Dopo almeno un minuto di attesa, delle urla agghiaccianti di puro terrore si levano in aria e la gente scappa terrorizzata dall’attrazione, attirando l’attenzione dei passanti. Urlano che dentro c’è un mostro vero, qualcosa di spaventoso che li ha aggrediti e tutti, contro ogni logica - almeno secondo Radish -, sono adesso impazienti di entrare.
Dal retro ecco tornare Sherry, intenta a sistemarsi i capelli dietro le orecchie e a lisciarsi la maglietta sull’addome. Se l’era tolta giusto per non essere riconoscibile una volta fuori, avendo così la possibilità di mutare almeno in parte. Si è ricordata a proprie spese di avere indosso il reggiseno solo dopo averlo visto sbrindellato a terra, motivo per cui adesso si ritrova costretta a buttarlo nel primo cestino a disposizione. Sia chiaro, a cose normali per lei non sarebbe assolutamente un problema, è abituata a girare nuda per i boschi o comunque a non indossare la biancheria intima, ma l’idea che Radish possa rendersene conto - e lei sa benissimo che succederà in tempi brevi - un poco la agita. Non ne comprende il motivo però, non dal momento che la vede nuda spesso e volentieri, ma proprio non può fare a meno di strappargli dalle mani il pupazzo e di piazzarselo con decisione sul petto a mo’ di scudo.
«Non è contro le vostre leggi?» Domanda semplicemente il Saiyan mentre osserva la gente accalcarsi per entrare e vedere il terrificante mostro.
«Non ero del tutto trasformata e lì dentro non ci sono telecamere.»  Risponde semplicemente Sherry, fiera della sua trovata infantile «Basta molto poco per terrorizzarli.»
Si guardano per un attimo e, senza dirsi una parola, Sherry torna nella posizione precedente, ma stavolta Radish le avvolge spontaneamente le spalle col braccio, sospirando soprappensiero.
Camminano così in mezzo ai passanti, stretti l’uno all’altra come se fosse una cosa normale, come se lo facessero sempre; la folla sembra aprirsi al loro passaggio come fa l’acqua con una roccia sul proprio percorso, senza realmente vederli e senza toccarli. Passano in mezzo, pensando a tutto e a niente, senza sentire il bisogno di dire una parola. Questa consapevolezza spaventa Sherry, seppur per un breve istante. Le viene in mente il film Pulp Fiction, ricorda la conversazione tra Mia e Vincent…

Non odi tutto questo? I silenzi che mettono a disagio… perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci a nostro agio?

Non lo so… è un’ottima domanda.

È solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale: quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.


Sente un brivido risalirle la spina dorsale, su fino al cervello. Un brivido caldo che la terrorizza, soprattutto dopo averle dato una stranissima sensazione di calore in tutto il corpo.
Si allontana velocemente dalla presa di Radish, tenendo lo sguardo duro puntato in avanti.
Il Saiyan per un istante si domanda cosa le sia passato per la testa, perché non si azzardi neanche a guardarlo, ma poi gli tornano in mente le parole di Mimì della sera precedente: gli ha detto chiaramente che molti dei loro atteggiamenti o sbalzi d’umore non sono dovuti a qualcosa in particolare che viene loro fatto o detto, semplicemente gli è tornato in mente qualcosa o hanno sentito lo stomaco contrarsi per la fame e non vogliono far danni. Con uno strano sorrisetto maligno gli ha pure detto che, il più delle volte, si addolciscono con l’arrivo della prima cucciolata, e stavolta a sentire una fitta allo stomaco è proprio lui e non è certo per la fame.
«Che ne dici di quello, Slinky?»
Sherry segue il suo sguardo e le sue preoccupazioni si assopiscono di nuovo, giusto per tornare all’attacco quando meno se lo aspetta e, sicuramente, nei momenti meno opportuni.
Si guardano per un istante e poi, senza dirsi niente ma abbozzando semplicemente un sorrisetto, s’incamminano velocemente verso quella grande costruzione con i muri coloratissimi, dalla grande e luminosa insegna “COOL ZONE”. Le persone escono ridendo e scherzando e per Radish è sembrata l’attrazione più indicata per risollevarle l’umore. Perché in fondo si sta divertendo pure lui, non vuole che il tutto precipiti solo perché alla sua psicotica amica è venuto in mente qualcosa di strano.
Entrano con passo svelto e Radish rimane un poco stupito nel ritrovarsi circondato da specchi. Ce ne sono di tutti i gusti e di tutte le dimensioni, lunghi, larghi, piccoli, stretti, enormi. La maggior parte sono deformanti, fatto che rende il passeggiare per quei corridoi sia divertente che difficoltoso a causa della prospettiva sballata.
Si ritrovano entro poco a ridere l’uno dell’immagina dell’altra, vedendosi ora grassi e bassissimi e ora spilungoni ed esili, addirittura con la testa sottosopra.

«Guarda! Sono grossa come te!» Radish volta pigramente la testa e la vede in una posa da vero macho fatta al solo scopo di prenderlo in giro, e la cosa riesce comunque a strappargli una risata. Malgrado sappia benissimo di cosa sia capace, non lo teme assolutamente e questo lo fa sentire bene.
Le si avvicina con calma, stando attento a non sbattere di nuovo la faccia contro qualche specchio, e con la coda dell’occhio nota il proprio riflesso distorto, vedendosi adesso molto più magro, quasi femmineo, e con un petto esageratamente grande.
«Io invece sembro te… con più tette.»
Sherry ride di gusto nel vederlo prenderla in giro e di slancio gli dà una lieve spintarella per mettersi al suo posto ed ammirarsi con un ipotetico ed esageratamente enorme seno: «Con due bocce così non potrei saltare o correre, mi ritroverei con gli occhi pesti!»
«Beh, ci sarebbe qualcosa da palpare, almeno.» Gli è venuto spontaneo dirlo, così come gli è venuto spontaneo abbassare lo sguardo sul suo petto. Ha sentito una piacevolissima ondata di calore nel notare che non ha più indosso il reggiseno, e un ghigno divertito gli ha increspato le labbra.
«Allora perché mi sembra che tu muoia dalla voglia di palpare le mie micro-tette?»
Le si avvicina piano, Radish, muovendosi come un predatore che ha messo la preda all’angolo. Quando le è abbastanza vicino, scatta in avanti e la blocca con le spalle contro la superficie fredda dello specchio, tenendole le mani sui fianchi per impedirle di scappare. Con una calma estenuante le percorre il ventre, si sofferma sui fianchi, sfiora la curvatura del seno.
«Perché mi pare che l’idea non ti dispiaccia troppo?» E poi scivola più giù, superando ogni suo vano tentativo di resistergli, laggiù dove il destino di ogni uomo e di ogni donna si compie come una battaglia di emozioni e pulsazioni, tenta di arrivare a quella meta che li condannerebbe. Ma adesso a loro non possono interessare le conseguenze, non c'è tempo, non c'è testa, non c’è modo… ma c’è gente.
«Ehi! Niente zozzerie qua dentro, ci sono dei bambini!»
Sherry scatta come un serpente a sonagli e corre fuori, lontana da quegli specchi, da quei corridoi, lontana da lui. Ha bisogno di aria, ha bisogno di sentire tutti gli odori diversi e scoppiettanti, ha bisogno che le invadano le narici, che le impastino la bocca, che cancellino l’odore forte e seducente che emana la pelle del Saiyan.
«Come hai fatto ad uscire così velocemente? Conosci il percorso a memoria?»
Sherry lo guarda con aria sorpresa. Non sa per quanto tempo l’ha lasciato dentro al labirinto di specchi, ha completamente perso la cognizione del tempo, ma, a giudicare dalla sua espressione truce, deduce che ne è passato comunque troppo. O quello o è semplicemente furioso per essere stato piantato in asso.
Gli si avvicina piano e gli allaccia le braccia snelle e forti al collo muscoloso, avvicinando il volto al suo: «Mi è venuta una voglia pazzesca… di frittelle e krapfen.»
Sorride divertita nel vederlo accigliarsi e sbuffare con aria frustrata. La diverte tantissimo vederlo comportarsi in modo infantile, soprattutto perché consapevole che, in realtà, è una parte intrinseca della sua reale personalità.

«La devi smettere di mangiare, fai impressione.» Si lamenta con voce strascicata il Saiyan, togliendosi con gesto di stizza le sue braccia di dosso. Non riesce a capirla, non riesce proprio a dire cosa diavolo le passi per la testa quando si comporta così. Lo voleva forse quanto la vuole lui, ne è quasi certo, ma allora perché allontanarlo così? Cos’è che ti frena, ragazzina? Cos’è che ti spaventa?
«Sai qual è la cosa buffa? Tu non hai mai fatto una piega quando mi nutrivo di bestie ancora vive, mentre oggi fai tante storie perché mangio un po’ di roba normale.» Controbatte prontamente Sherry, camminando all’indietro per poterlo guardare negli occhi.
«Peggy, neanche io mangio così tanto. È grave!»
Gli punta un dito sul petto, Sherry, puntando i piedi a terra e costringendolo a guardarla dritto negli occhi. Ha lo sguardo duro, gli occhi d’ambra lo scrutano con attenzione e per un attimo Radish si domanda cos’abbia detto di male, ma capisce che lo stava prendendo in giro nel momento in cui gli sorride dolcemente e lo tira un poco in basso tenendolo per il colletto della maglia.
«Ne hai cercati di nuovi, vero?»
Restavo vicini, Radish sospira appena mentre le poggia di nuovo le mani sui fianchi, sfiorando appena la pelle sotto la maglia con la punta delle dita.
Sta per cedere, lo sanno entrambi e anche stavolta sembrano non curarsene, sembrano non pensare a cosa porterebbe la loro unione, ma l’attenzione di Sherry viene improvvisamente catturata da un’improbabile camicia fucsia a maniche corte con disegni floreali verdi e blu elettrico e dei pantaloncini grigi. Un abbinamento orribile che conosce sin troppo bene.
Scruta con attenzione l’uomo vestito così male, e per un attimo pensa di aver sbagliato: il corpo è troppo grosso, il petto troppo grande e largo, le spalle troppo forti. Ma quel viso lungo e pallido, la lunga e profonda cicatrice circolare sulla tempia sinistra, quelle più sottile che gli solcano la guancia destra, i capelli rossicci ricci e foltissimi… è lui per forza.
«Pip?!»
L’uomo si volta a quel richiamo, osserva per qualche istante tra la folla finché non nota lo sguardo curioso di Sherry che sbuca da dietro la spalla dell’energumeno con i capelli lunghissimi.
«Sher?!»
Si vanno in contro velocemente, stringendosi in un abbraccio soffocante. Urlano per la gioia di essersi ritrovati dopo tutti quegli anni, saltellando e tastandosi le braccia come per voler avere la conferma di essere davvero l’uno di fronte all’altra.
«Grande Spettro, non ci posso credere! Ma guardati!» Esclama felice l’uomo, allargando le braccia e scuotendo un poco la testa per la sorpresa.
«Qualcuno finalmente si allena sul serio! Guarda che muscoli!»  Gli strizza appena i bicipiti e sorride al ricordo del giovane Spettro che era, smunto e allampanato, con le braccia e le gambe troppo lunghe e sottili per poter essere preso come una reale minaccia.
«Chi l’avrebbe mai detto, eh?!» Scoppiano entrambi a ridere, ripensando in un secondo all’adolescenza trascorsa insieme, ai progressi fatti assieme a tutto il gruppo, agli allenamenti, ai giochi, ai dispetti e i momenti di stucchevole dolcezza. I pensieri del Mezzosangue, però, si interrompono quando si rende conto che il tizio con i capelli esageratamente lunghi sta ancora al suo fianco e lo osserva con uno sguardo che non gli piace particolarmente. Neanche il suo odore gli piace, indica troppo chiaramente che si tratta di un individuo pericoloso. Ma se Sherry è tranquilla, forse…
«E il tuo amico?»
Per un attimo Sherry si sente spaesata, persa, un poco imbarazzata. Già, il mio amico… posso davvero dire che sia mio amico?
«Già… Pip, lui è Radish. Radish, lui è Pip.» Li presenta così, in modo molto sbrigativo e meccanico, aggiungendo subito dopo un dettaglio che sicuramente svierà l’attenzione di Pip da eventuali insinuazioni: «È una scimmia mannara!»
Radish, non senza una generosa dose di soddisfazione personale, le tira un pugno nella spalla tanto forte da buttarla a terra e farla bestemmiare per il dolore, fatto che scatena la risata del rosso, che gli ricorda un fastidiosissimo tacchino.
«Finalmente qualcuno che riesce a prenderti a calci nel culo!»  Scherza realmente divertito, non provando alcuna preoccupazione nei suoi riguardi. È perfettamente cosciente che Sherry non sia una stupida e che sappia il fatto proprio, se ha deciso di stare in sua compagnia lo ha fatto perché sicura di non correre rischi.
«Senti, devo andare, ero qui solo per recuperare un cucciolo scappato alla madre. Verrai al mio matrimonio, vero?» Le domanda con tono eccitato mentre l’aiuta a rialzarsi, sostenendo il suo sguardo quando lo guarda con circospezione.
«Jane?»
«Jane.»
«Allora è ovvio che vengo!» Urla felice lo Spettro, stringendolo in un forte abbraccio. Se le avesse detto di aver lasciato la sua amica, di essersi preso una qualsiasi Mezzosangue immeritevole anche solo di pulirle le scarpe, allora lo avrebbe massacrato a suon di sberle lì sul posto.
«Perfetto… è tra due giorni.»
Detto questo Sherry lo sposta con forza tenendolo per le spalle, guardandolo con gli occhi sgranati.
«Cosa?!»
«Sì. Ho mandato la partecipazione a casa di Bree qualche mese fa, ma all’ultimo ha detto di non poter venire. La sua ragazza va in ferie o una cosa simile e lei credo sia in calore… so solo che vuole stare con lei tutto il giorno.»
«Beh, ringrazia che ha deciso di stare con lei lontano dal tuo matrimonio.» Il rosso annuisce distrattamente, ben consapevole dello smisurato appetito sessuale della bionda «Viene qualcuno che conosco?»
«Non sono riuscito a rintracciare il Quartetto e River, ma ci sarà qualcun altro che conosci…»  Le passa con dolcezza la mano sulla guancia come quando erano ragazzini e s’incammina con passo calmo e quasi strascicato, salutando entrambi con un gesto appena accennato della mano «Beh, adesso vado, vi ho trattenuti troppo e ho intravisto il nano fuggiasco. Ci vediamo tra due giorni! Ah, aspetto anche te, mannaro!»
Radish rimane immobile al suo posto, osserva il bizzarro sconosciuto che comincia a trottare dietro ad un bambino che gli sorride con aria colpevole, e poi guarda di nuovo Sherry che lo osserva in attesa di una reazione, che certo non tarda ad arrivare: «Cosa cazzo ha detto?»
«Sei stato invitato ad un matrimonio tra due Spettri Mezzosangue. E ci verrai.»
Scuote con vigore la testa, Radish, alzando le mani ed incamminandosi dalla parte opposta come per scappare, borbottando a mezza bocca un poco comprensibile: «Neanche per idea.»
Lo Spettro, di tutt’altro parere, lo afferra saldamente per un braccio e lo obbliga a bloccarsi e guardarla in volto: «Invece ci vieni! Non ho alcuna intenzione di andarci da sola, è chiaro? Non mi piacciono i matrimoni. Probabilmente non andrei neanche al mio!»
Le afferra con forza il mento tra le dita e avvicina il viso al suo, non riuscendo a mascherare come vorrebbe il suo scontento «Ti costerà parecchio.» Le ringhia a pochi centimetri dalle labbra, lasciandola poi andare di scatto ed incamminandosi con le mani nelle tasche.
Si sente un cretino per aver ceduto subito, ancora di più quando si rende conto di non averla ricattata in alcun modo, ma sa che ormai non può tornare indietro, lei non cederebbe di un millimetro. Troverà un modo in quelle ventiquattr’ore per fargliela pesare così tanto che lo scioglierà lei stessa da quell’orrendo impegno.
Camminano in silenzio fianco a fianco, lui pensando ad un modo per farle cambiare idea, lei rimuginando sul fatto che non ha assolutamente niente da mettersi per un matrimonio, che i vestiti di Bree o non le stanno o sono più adatti per una festa in piscina o per uno strip club e che quindi dovrà comprarne uno… e che proprio non ne ha voglia.
«Questa la salti?»
Lo Spettro volta pigramente la testa verso Radish, fermo davanti alla ruota panoramica. Sente un brivido freddo lungo la spina dorsale mentre alza lo sguardo sulla mastodontica attrazione e neanche le lucine dorate che la illuminano completamente riescono a rincuorarla. TROPPO ALTA! TROPPO ALTA! TROPPO ALTA!
«Dimentichi che non mi piacciono le altezze elevate?» Borbotta con fare stizzito mentre fa un passo indietro, facendo ridacchiare appena Radish. Scorda sempre quanto possa essere fifona in certi frangenti ed ogni volta è sempre divertente per lui.
«Che vuoi che succeda su quel coso?»
«Ora davvero che non ci monto.»
«Perché?»
«Hai appena lanciato la iella su quella giostra! Adesso è ovvio che accadrà qualcosa!»
Sbuffa forte, Radish, e si passa una mano tra i capelli. Ogni tanto, fortunatamente non troppo spesso, diventa superstiziosa in modo imbarazzante, e non sono rari i momenti in cui il Saiyan si domanda se è una sua personale caratteristica o se è così a causa del sangue altrui che ha ingurgitato negli anni.
«Senti, ci vuoi andare o no?»
«Perché vuoi montare su una delle attrazioni più romantiche che esistono?»
«Perché dovrebbe essere romantica? Non serve a vedere il panorama o stronzate del genere?» È convinto di quel che dice, Sherry lo sa ma fatica a crederci. Insomma, come si può essere così ottusi malgrado si dia costantemente prova di avere un buon cervello?
«Due persone sospese ad una sessantina di metri da terra che si godono il panorama sedute fianco e fianco. Un ragazzo che conosco è stato concepito su uno di questi affari.»
Il volto di Radish muta in una specie di espressione sofferta e pensierosa mentre osserva con occhi attenti la giostra, e dopo qualche secondo si lascia sfuggire un commento poco velato: «Se tu non fossi “indisposta”, ti ci trascinerei a forza.»
«Perché “se non fossi indisposta”? Esistono tante cose divertenti da fare anche senza la penetrazione vaginale, mio caro… ad esempio limonare, la masturbazione… sesso anale.»
Fa appena in tempo a finire la frase che Radish l’afferra per un polso e la trascina con forza, intimandole di muoversi e di salire subito sulla cabina. Smette quasi subito però, ridendo insieme a lei e lasciandola andare. Con sua grande sorpresa, però, non si allontana come si aspettava, ma anzi preferisce allacciargli le braccia al collo e tenerlo vicino. E Radish la guarda mentre ride con la testa rovesciata all’indietro, il collo esposto e quel sorriso sincero e radioso che tanto lo confonde.
La stringe a sua volta tenendole le mani sui fianchi, incurante degli sguardi altrui. Che lo vedano mentre tiene tra le braccia quella creatura di fuoco, che lo vedano mentre gli poggia la testa sul petto e lo stringe a sé. Che lo vedano: in questo momento non gli importa di niente se non di continuare a farsi avvolgere da quel calore.
«Allora, dove vuoi andare?» Le domanda con vera curiosità, consapevole che ormai hanno girato per tutto il luna park e che il sole sta cominciando a tramontare.
Sherry lo guarda per qualche secondo negli occhi, rimugina qualche istante e poi le balena in testa quella che, secondo lei, è l’idea migliore che potesse avere.
«Ti porto a vedere i pinguini!»

Il bioparco acquatico dista circa dieci minuti a piedi dal luna park e davvero non sa come non le sia venuto in mente prima.
Ci è andata così tante volte nella sua vita che ormai chi vi lavora la conosce per nome e spesso le permette pure di accudire e coccolare gli animali che ospitano. Ed ogni volta lei va dai pinguini.
Ne è sempre stata innamorata, con quella camminata buffa e gli smoking eleganti dipinti addosso, con quei versi assordanti e i loro atteggiamenti dolci.
Adora tutto dei pinguini, sono gli unici animali che non ha mai mangiato in vita sua.
Adesso sta davanti alla loro recinzione e li guarda mentre si tuffano, ignorando la guida che illustra molte loro caratteristiche ai presenti. Li guarda e non può fare a meno di sorridere, perché sa che quelle bestioline non stanno soffrendo.
I suoi occhi d’ambra si posano poi su un piccolo che traballa senza preoccupazioni verso la sua mamma per chiederle da mangiare e sente il cuore riempirsi di tante emozioni differenti.
«La femmina depone un solo uovo e poi lo fa rotolare sulle zampe del maschio, che resta in piedi e lo cova fino alla schiusa, quasi sessantacinque giorni dopo. Non lo lascia mai… e la femmina torna poco prima che l’uovo si schiuda.» Afferma con tono gentile e calmo, parlando con chiunque voglia ascoltarla.
«Ma che teneri!» Scherza Radish, seguendo il suo sguardo rapito. Non ci trova assolutamente niente di bello in quelle bestie goffe e tonte, ma in questo preciso momento non se la sente davvero di farglielo presente. In fondo deve liberarsi dal matrimonio del rosso, deve giocarsela bene.
«Mi scusi, signorina?» Il duo abbassa lo sguardo sulla bambina che tira i pantaloni a Sherry, ritrovandosi così di fronte alla piccola a cui, qualche ora prima, aveva regalato l’orsacchiotto. Li guarda con occhi attenti e allegri, per poi schiarirsi un poco la voce ed esporre il proprio dubbio: «Come mai la mamma pinguino non porta da mangiare a papà pinguino?»
«Perché papà pinguino aveva mangiato davvero tanto e non ne ha più bisogno quando si prende cura dell’uovo.» Le risponde con tono incredibilmente dolce, tanto da attirare davvero l’attenzione di Radish, che pensa erroneamente che si comporti così perché a contatto con una bambina piccola. In realtà a Sherry non piacciono i bambini, le fa quasi paura averli vicino perché troppo fragili, ma adora parlare dei pinguini e il fatto che si sia mostrata così curiosa a riguardo le fa solo piacere.
La piccola, contenta di aver ricevuto una risposta esaustiva che le fa apprezzare di più quei buffi animali, fa per andarsene ma viene bloccata tempestivamente da Radish che, una volta inginocchiatosi al suo fianco, le sussurra qualcosa all’orecchio. Per sua fortuna Sherry non vi ha prestato attenzione, altrimenti lo avrebbe buttato a nuotare con i pinguini!
«Avrei un’altra domanda: perché non entra nel letto di Radish?»
Sherry sgrana gli occhi, mantenendo un sorriso tiratissimo, e dopo un attimo di smarrimento si abbassa verso di lei, sussurrandole: «Vai dalla mamma, piccola umana, così rispondo a questo signore.» Aspetta giusto il tempo che la piccola sparisca dalla sua visuale e in una frazione di secondo si rigira contro il Saiyan, tirandogli un pugno così forte nello stomaco da farlo piegare in due.
«Ma sei deficiente?! Ti pare normale dire cose del genere a una bambina così piccola?! Sai che se qualcuno ti avesse visto avvicinarla sarebbe scoppiato un macello?!» Gli ringhia piena di veleno vicino al volto, tenendolo fermo per i capelli. Li tira così forte che Radish è convinto che strapperà pure la pelle.
«Andiamo, stavo scherzando. Non prendertela così.» Si scosta di scatto non appena lo lascia andare, massaggiandosi la parte lesa. Si scorda sempre quanto sia forte e, ancor di più, quanto sia violenta, complice il fatto che nei suoi confronti tenta sempre di comportarsi bene. Non ne vede lo scopo in realtà, ma non gli dispiace poi troppo.
«Cretino.» Sibila inviperita, le braccia strette al petto e gli occhi ridotti ad una fessura. Vorrebbe davvero prenderlo a calci nei denti di fronte a tutti, ma sa bene che non starebbe certo fermo a farsele dare e lì a pochi metri ci sono i pinguini. Non può rischiare di far loro del male!
Radish, dopo essersi rialzato, le passa di fianco e, dopo averle dato una sonora pacca sul sedere, la incita a seguirlo: «Dai, andiamo: scommetto che hai fame!»
Vorrebbe staccargli il braccio e prendercelo a schiaffi. Vorrebbe urlare la propria frustrazione causata dal non poterlo fare in pubblico. Ma decide saggiamente di seguirlo dopo aver sentito lo stomaco ruggire così forte da farla un poco arrossire. Di certo, però, non lo segue in completo silenzio: «Stronzo.»

Camminano con calma per le strade buie della città, fianco a fianco. Lo stomaco di Radish potrebbe scoppiare come un petardo da un momento all’altro, unico motivo per cui ha dato il suo gelato a Sherry. E lei se lo gusta lentamente, disgustando il Saiyan. A cose normali, vederla leccare un cono gelato avrebbe sortito tutt’altro effetto su di lui, ma dopo la cena che le ha visto consumare non può far altro che provare disgusto nel vederla mangiare ancora. Un pozzo senza fondo. Questa ragazza è un disgustoso pozzo senza fondo!
«Sai, credevo che oggi ci saremmo fatti un sacco di domande personali, di solito sei discretamente curioso…» Afferma di punto in bianco Sherry, gli occhi attenti che scrutano l’uomo al suo fianco. Dalla sua angolazione, e con l’aiuto delle luci dei lampioni, le sembra più grande ed intimidatorio, ma non riesce comunque a provare alcun senso di nervosismo; guardandolo meglio, non può far a meno di pensare a quanto le piaccia la sua mascella forte e squadrata.
«Conosci il gioco delle cento domande?»
«È questa la tua domanda?» Risponde di getto Radish, distogliendo subito lo sguardo quando la vede cominciare a rosicchiare il cono. «Okay, comincio io: perché i pinguini?»
«Perché ti piace combattere?»
Radish non ci pensa neanche prima di rispondere. Gli viene naturale, spontaneo e quasi scontato, così come gli viene naturale, spontaneo e quasi scontato prenderla un poco in giro: «Perché è nella natura dei Saiyan, ma non credo che i pinguini lo siano in quella degli Spettri. Forse giusto nel menù.» Abbozza un sorriso nel sentirla ridacchiare e sospira mentalmente nel constatare che ha finalmente finito di mangiare. Per un attimo gli verrebbe da chiederle se pure di notte si alza in continuazione per svuotare il frigorifero, ma decide di rimanere sulla prima domanda: «Davvero, perché i pinguini?»
«Non saprei, un sacco di motivi… Primo, non puoi fare a meno di sorridere quando vedi un pinguino!»
Involontariamente, infatti, Radish si lascia andare ad un sorriso divertito nel ricordarli: «Con quello smoking dipinto sulla pelle e la camminata da scemi.»
«Lo so, sono così carini! Li adoro! Li adoro! Li adoro!» Saltella mentre lo dice, un sorriso infantile e puro ad illuminarle il volto. Quando poi si accorge dello sguardo sorpreso e divertito dell’amico,  sente il viso andare in fiamme per la vergogna. Sono così poche le persone che possono dire di averla vista così entusiasta, felice, così lontana dalla Sherry che ha faticosamente costruito nel corso degli anni, quella forte, quella attaccabrighe ed impulsiva, quella che non si lascia trasportare da questo genere di emozioni. Ma in fondo, molto in fondo, non le dispiace poi così tanto che l’abbia vista. Non ne capisce il motivo, ma non le dispiace.
Arrivano davanti al portone di casa di Sherry e lì si fermano. Estrae le chiavi di tasca e ci giocherella un po’, infastidita all’idea di salutarsi.
«Ho fatto delle lunghe marce per vederli.» Parla piano, quasi avesse paura di dire qualcosa di sbagliato. Alza lo sguardo con incertezza, trovandosi vicina a Radish. Sta con la spalla poggiata contro il muro, la guarda con attenzione. Ora che ci fa caso, lui sembra mostrare sempre un certo interesse nel sentirla parlare.
«È così bello, laggiù… Se non hai mai visto un tramonto da quelle parti, non sai cos’è la vera bellezza.»
«Ne ho una mezza idea…» Gli è sfuggito. Non l’avrebbe mai detto se avesse connesso il cervello con la bocca, se non fosse stato tanto stupido da lasciarsi trasportare da quegli occhioni che lo guardano con sorpresa, da quel sorriso timido che per lui è come una pugnalata nello stomaco.
Non sa cosa gli stia prendendo. Non sa più cosa gli sta succedendo.
Perché questo non è lui. È un impostore, un parassita che ha preso il controllo del suo corpo e che gli fa dire e fare cose che non si sognerebbe neanche. Quello che la spinge contro i muri, che le taglia ogni via di fuga e che la tocca lascivamente, quello è lui. Non questo maledetto idiota che osa pronunciare frasi del genere, non uno smidollato che si lascia abbindolare da un paio di occhi dolci.
Dallo scontro con Kakarot e Piccolo… dalla mia sconfitta… è cambiato tutto. Sono cambiato io. Non ho più voluto far davvero del male, se non a chi voleva farne a me e a coloro a cui, seppur minimamente, tenevo. E, forse, non sarebbe neanche questo il problema. In cambio della mia vita, di una seconda possibilità, forse l’avrei fatto spontaneamente. Il problema sta nel fatto che non è stato graduale. Ho aperto gli occhi, Dio solo sa come e perché, e sapevo di non voler più essere come ero sempre stato.
Ho aperto gli occhi da solo, lontano da dove ero morto, il buco che mi attraversava il torace sparito, al suo posto una cicatrice. La stessa cicatrice che, al solo pensiero di tagliare la corda da questo insulso pianeta, al solo pensiero di provare a tornare quello che ero… bruciava.
Non so cos’è successo quel giorno. Non so come ho fatto a svegliarmi. Non so chi è stato a portarmi indietro. So solo che mi è entrato dentro, che ha fatto qualcosa al mio essere… e che adesso sta come reagendo a questa ragazzina.

«E i rituali dei pinguini sono affascinanti…» Mormora Sherry dopo un lungo ed imbarazzante silenzio. Radish pare come ridestarsi nel sentire la sua voce, abbandonando gli scomodi pensieri che non ha mai rivelato a nessuno e che, lo sa, nessuno potrà aiutarlo a capirli.
«Quando un maschio corteggia una femmina, perlustra tutta la spiaggia in cerca del ciottolo perfetto da offrirle. Quando finalmente lo trova, cammina dondolando da lei… e lo passa con amore ai suoi piedi. Se lei lo accetta, resteranno insieme per la vita.»
«Una specie di anello di fidanzamento?»
«È incredibile da vedere.»
Sono incredibilmente vicino adesso. Radish si è impercettibilmente ed involontariamente abbassato su di lei, sente il suo respiro caldo sulle labbra. Abbassa appena gli occhi quando sente la sua mano sottile e solcata di cicatrici poggiarsi sul pettorale, e quando torna a guardarla, si accorge che non lo sta guardando con il solito sguardo. Non c’è arroganza nei suoi occhi. Non c’è smarrimento, non c’è sfida, non c’è fastidio o lussuria. Lo sta guardando in un modo nuovo che non riesce a catalogare, ma è sicuro oltre ogni limite di aver visto una scintilla nei suoi occhi, come un velocissimo e fugace lampo argenteo attraversarle le pupille adesso dilatate.
Il mondo attorno a loro è come bloccato: non ci sono più le chiacchiere di quelli del palazzo di fronte con la finestra aperta, non c’è più il rumore del film d’azione che qualcuno sta guardando in qualche appartamento, non c’è più il vento freddo che li aveva fatti lamentare poco prima. Non c’è niente, solo due creature tanto diverse eppure tanto simili che fremono dalla voglia di fare quell’enorme salto nel vuoto.
Ma poi Sherry si schiarisce la gola e si ritrae di un passo. Tiene lo sguardo chino, il respiro è corto e le guance sono lievemente imporporate: «Si è fatto tardi… è meglio se entro. Ci vediamo domani per l’allenamento.» Detto questo entra velocemente nella palazzina e si richiude il portone alle spalle. Poggia la fronte sulla superficie dura e lì rimane, immobile, ad aspettare. Aspettare che se ne vada. Aspettare che bussi. Aspettare che tutto riprenda a scorrere nel solito modo.
Ma poi lo sente allontanarsi. È volato via, letteralmente. Non c’era delusione nel suo odore, però. Era solo confuso. Forse, proprio come me, è confuso per ciò che gli sta accadendo. Perché tutto questo non è normale… e se ne parlassi con Bree o con chiunque altro mi direbbero che mi sono solo fatta condizionare dalle vecchie leggende… e diventerei lo zimbello del gruppo.
S’incammina con passo svogliato verso il proprio appartamento, ma si ritrova di nuovo bloccata sulla rampa delle scale. L’aria ha trasportato fin lì il chiarissimo ed invitante odore del sesso. Lo sente come se avesse quei corpi caldi e sudati a pochi centimetri di distanza. E le sente, le sue coinquiline, che si dicono porcherie e romanticherie varie mentre scopano come draghi.
«CAZZO!» Bercia inferocita e, in realtà, anche un poco invidiosa. A malapena ricorda l’ultima volta che ha fatto sesso in quel modo, quando davvero era animata dalla passione più feroce e non solo da un sentimento che stava andando via via intorpidendosi.
Se dovesse indicare un momento preciso, probabilmente è quello in cui vide River che si sbatteva senza remore Camila. Sì, decisamente è stato quello il momento in cui il suo amore nei confronti di quell’uomo incapace di tenerselo nelle mutande ha cominciato a sgretolarsi. Perché ci sia tornata assieme mesi dopo, ancora non lo sa. Probabilmente, pensa, era perché tutto sommato gli voleva davvero bene.

Che periodo strano, che confusione dentro… forse sarebbe stato meglio lasciar perdere tutto, restare nei boschi. Che cosa ci faccio qui? Pensa in modo confuso, forse un poco infelice, nostalgico e sicuramente sconsolato.

S’incammina per strada con passo incerto, riflettendo e scavandosi accuratamente dentro com’è solita fare, nella speranza che, almeno stavolta, porti a qualche risultato concreto. Accade con più frequenza e meno serenità da quando Radish è entrato nella sua vita, o meglio, da quando ha iniziato a desiderare che Radish entrasse nella sua vita.
È un poco stravagante, certo non più dei suoi amici, ed è certamente fuori dal comune. Lo ha pensato spesso da quando lo conosce. Una persona d’altronde non troppo differente dalla sua gente, forse a suo modo più civile e disponibile, meno carogna e mascalzone di tanti, però non può affermare che sia uno di quelli che generalmente la impressionano sin dal primo istante. Non che non sia attraente, giacché colto, intelligente, di bell’aspetto e sicuramente assai stimolante, ma rimane comunque distante dal genere di uomini che l’hanno sempre attratta. Nondimeno da qualche parte dentro di lei c’è qualcosa che la incita e stimola a stargli vicino, anche se non saprebbe neanche dire per quale preciso scopo: certamente per curiosità, probabilmente anche per fiducia e per tranquillità, ma per cos’altro? Non aveva certo immaginato che tra di loro si potesse rapidamente instaurare un qualcosa di genuino e sincero, qualcosa senza doppiezze né falsità, privo d’insolite barriere.
Presa dalle sue considerazioni sconclusionate che, come ormai accade spesso, non l’hanno portata a niente se non a confondersi ancora di più, neanche si è resa conto di essersi arrampicata fin sul cornicione della sua camera da letto. E lì rimane per qualche minuto, ad osservarlo mentre si lava i denti una volta uscito dalla doccia.
Non sa se palesare o meno la propria presenza lì fuori, non dal momento che in genere è molto bravo a percepire la sua presenza - eccetto nell’altra forma - e magari la sta solo ignorando, ma non fa in tempo a prendere una decisione che Radish, pronto a coricarsi, la vede. E rimane fermo, il braccio ancora teso e il dito premuto sull’interruttore della luce, il corpo nudo e accaldato dopo la doccia.
Rimane in silenzio e semplicemente riaccende la luce. Afferra un asciugamano e se lo lega in vita ed infine, dopo aver spento di nuovo la luce com’è ormai abituato a fare, si avvia alla finestra.
Sospira forte quando se la ritrova davanti, cercando di mantenere un’aria seria di fronte alla sua espressione colpevole ed infantile: «Che ci fai qui?»
Arriccia la bocca e ci pensa su per qualche istante, decidendo infine che sì, quello è sicuramente il posto migliore dove passare la notte: «Bree e Mimì stanno scopando come due animali. In genere non mi dà fastidio, ma…»
«Ma?» La incalza subito il Saiyan, incuriosito dallo strano tono di voce e dall’insolito atteggiamento. Sembra essere così restia nel dirgli qualcosa che proprio non può resistere.
«Mi fai restare qui?»
«Prima spiega quel “ma”.»
Si passa le mani tra i capelli e si sforza per non guardare giù. Lascia scivolare in avanti un piedi e riesce a sedersi con una gamba penzoloni e l’altra che si gode il tepore di casa, e capisce subito che lo sta facendo esclusivamente per torturarla.
«Per me è periodo di magra, quindi preferisco evitare di sentire gli altri che si divertono.» Ammette infine mentre un sorrisetto furbo le si allarga sul viso: «Mi fai restare?»
Radish si lascia andare ad un sorriso vittorioso, malgrado sia una vittoria amara dal momento che non si è scomposta come sperava, e si sposta un poco di lato per farla passare: «Muoviti, sto gelando.»
Scatta velocemente e prende subito possesso del letto. Si stiracchia come una gatta e, prima ancora che Radish possa commentare in qualsiasi modo, scatta di nuovo in piedi e prende d’assalto la cassettiera. Le serve qualcosa per dormire e le serve subito. Qualcosa tipo una delle sue tantissime ed incredibilmente noiose magliette nere. Qui c’è bisogno di un po’ di colore, Scimmione…
Radish, anche a questo giro, non fa in tempo a dirle di tenere le zampe a posto che il giovane Spettro corre in bagno. Sente il getto dell’acqua, la sente muoversi e spostare le sue cose, la sente pure bestemmiare perché, a quanto sembra, suo padre doveva odiarla davvero tanto per darle una seconda X come cromosoma. Non ha intenzione di farle altre domande, non ora. È stanco ed è sicuro che sognerà quei maledetti pinguini, quindi non ha alcuna intenzione di chiederle quale sia il problema.
Quando la vede uscire dal bagno con i capelli bagnati e con indosso la sua maglietta, si lascia subito andare ad un commento infastidito: «E io che speravo dormissi nuda…»
«Di solito sì, ma non mi sembra carino riempirti il letto di sangue mestruale.»
Radish le fa spazio mentre si sistema al suo fianco, mentre l’idea di farle sparire quel ghignetto divertito dalla faccia a pugni si fa largo nella sua mente.
«Che schifo…» Si limita a questo però, rimanendo steso al suo fianco dopo che ha spento la luce. Lo infastidisce il fatto che si stia comportando come se fosse a casa sua, come se tutto le appartenesse. Per quanto la sua compagnia gli piaccia, per quanto lei gli piaccia, non vuole permetterle di fare come crede… non senza ricevere alcunché in cambio. E no, la sua amicizia non è più sufficiente, non dopo una giornata del genere, non dopo la Casa degli Specchi… non dopo il portone.
La luce che filtra dalle tende chiare mette in evidenza le sue gambe dopo che ha scansato con un gesto brusco le coperte, e Radish non riesce davvero a fare a meno di guardare. Sono lunghe, lisce, solcate da molteplici cicatrici sottili. Alcune sono state fatte con le zanne, altre con gli artigli, alcune sono più spesse di altre, talvolta un poco rialzate, ma niente tolgono alla sua fisionomia.
Risalendo con lo sguardo intravede nell’ombra quel fantastico fondoschiena che l’ha come incantato dal primo istante, così rotondo, alto e marmoreo. Ormai ha perso il conto delle volte in cui avrebbe voluto stringerlo fino a farle male, di quante volte si è ritrovato a fissarlo mentre lei era distratta, di quante volte gli si sia rigirata contro perché alla fine lo beccava.
Allunga una mano e segue il profilo del fianco, scendendo fin dove può. La sua pelle è morbida, e con la punta delle dita di tanto in tanto segue i contorni frastagliati delle cicatrici.
La desidera con un’intensità tale che, seppur momentaneamente, l’affetto che stranamente nutre nei suoi confronti pare eclissarsi.
Senza dire nulla si appoggia a lei, facendole sentire una forte erezione all’altezza del coccige.
«Che stai facendo…?» Il suo è un mormorio appena udibile, ma si percepisce comunque con chiarezza l’eccitazione nella sua voce. Radish sapeva bene che non stava dormendo, che stava solo aspettando per vedere fin dove si sarebbe spinto. L’ennesimo gioco stupido dettato dalla sua malata curiosità. Ma, stavolta, non ha alcuna intenzione di lasciarle fare come crede, non le permetterà di scappare come fa sempre. Stavolta giocheranno secondo le sue regole.
Sherry sente dietro di sé la sua eccitazione salire, lo sente spingersi da dietro come un animale ansante pronto per la corsa, ed ormai pronta a fermarlo per puro diletto, si blocca quando sente le sue mani infiltrarsi sotto la maglia, sulla pancia, poi più su fino ai seni, iniziare a giocare con i suoi capezzoli, mentre con le labbra inizia a sfiorarle la pelle del collo, mordicchiando, succhiando e baciando. Malgrado il suo cervello le urli di fermarlo, di allontanarlo immediatamente e di imporre un limite severo tra loro, il suo corpo si lascia andare contro quello forte e caldo di lui, gemendo sotto i giochi delle sue dita, desiderosa di soddisfare quella voglia smaniosa d’averlo.
«Ho sopportato una giornata di stronzate, merito di essere premiato…» La spinge sulla schiena tenendole una mano sul fianco e in meno di un secondo le è addosso. Le tiene le braccia bloccate sopra la testa con una sola mano, mentre con l’altra le solleva con fare sbrigativo la maglietta per liberare i seni. Non ci vogliono che una manciata di secondi prima che scenda a torturarli con la bocca, mordendo, succhiando e leccando, ghignando nel sentirla soccombere sotto le sue attenzioni.
«Hai scordato che sono indisposta…?» Il suo ansimare toglie totalmente credibilità alle sue parole, ma non le importa. Il suo orgoglio e le sue stupide convinzione l’hanno obbligata a compiere questo misero e assai vago tentativo di opposizione, ma come sarebbe mai potuta risultare verosimile se il suo stesso corpo non fa altro che reclamare sempre di più?
«Si possono fare altre cose, l’hai scordato?» Questa risposta, detta con tanta insopportabile arroganza, anziché infastidirla la eccita ancora di più e senza neanche pensarci gli avvolge le gambe attorno al bacino per tenerlo ancora più stretto, mugolando nella sua bocca quando lo bacia.
Sfila un braccio dalla sua presa e gli avvolge di slancio il collo, scendendo poi con la mano per saggiare i muscoli delle spalle e della schiena. Radish, ormai sicuro che non abbia alcuna intenzione di ritrarsi dalle sue attenzioni, lascia l’altro braccio e le afferra con irruenza i fianchi, spingendosi quasi con ferocia contro di lei, divorando le sue labbra, mordendole e succhiandole con ingordigia. La vuole da troppo, ma si era ripromesso che avrebbe aspettato che fosse lei a supplicarlo di farla sua… e così farà. Gli basterà giocare ancora un po’ per spingerla oltre il baratro, lo sa e l’idea lo eccita solo di più.
Lascia che gli tiri i capelli alla base per rialzarlo, si lascia baciare e nel mentre la stringe e la tocca, gioca con l’elastico dei suoi slip neri attendendo solo che lo supplichi di andare oltre. L’erezione premuta contro il suo inguine caldo comincia a farsi dolorosa, ma tenta disperatamente di non badarci.
Si separa dalle sue labbra in cerca d’aria e scende a baciarle il petto, dove si concentra di nuovo sui seni. Sente le sue mani stringerlo, la sente graffiargli la schiena, stringergli le spalle, scendere voluttuose fin sui glutei e stringerlo quasi con ferocia, quasi non aspettasse altro da tempo; sente le sue gambe aggrovigliarsi alle proprie, il suo bacino strusciarsi contro il proprio, e i suoi gemiti diventano come balsamo per le sue orecchie. Alzando gli occhi sente una nuova ondata di calore avvolgerlo nel vederla con la testa girata di lato, con le labbra gonfie e dischiuse, gli occhi serrati e le guance arrossate, i capelli umidi e scompigliati sparsi sul cuscino, il collo completamente esposto a lui, come se glielo stesse offrendo.
Non è la prima volta che fa una cosa simile. Ora che ci pensa, ogni singola volta in cui, anche solo per gioco, l’ha messa con le spalle al muro e l’ha scherzosamente importunata - più per vederla arrabbiarsi che per altro -, lei gli ha sempre mostrato il collo. Non sa perché ci stia pensando proprio ora, non quando con quelle sue letali mani è scesa a prendersi finalmente cura della sua trascurata erezione, ma il suo cervello è talmente sconnesso che non riesce a fare a meno di dar voce al suo dubbio: «Perché lo fai?»
Sherry davvero non capisce: l’unica cosa di cui è consapevole adesso è solo che lo vuole disperatamente dentro di sé, che vuole vederlo perdersi per il suo corpo, vuole che perda il controllo insieme a lei.
«Fare… cosa…?»
Radish si gode per qualche istante i suoi baci sul collo sempre più vibranti, la sensazione del seno ormai ipersensibile sotto le sue dita, ma poi, stupidamente, risponde: «Mi offri sempre il collo…»
Sarebbe dovuto rimanere in silenzio. Lo capisce nel momento esatto in cui la bacia e lei rimane immobile, come congelata, con quei grandi occhi spalancati nuovamente lucidi e spaventati.
Non fa in tempo a chiederle cosa le sia preso, cosa possa mai aver detto di sbagliato, che si ritrova sbalzato nell’altra piazza del letto, con Sherry in piedi che si porta via un cuscino e si dirige verso il salotto.
«Buonanotte.» Sente il cuore in gola, non riesce a respirare. Non riesce neanche a pensare lucidamente, nella sua mente tutto si riduce a parolacce e maledizioni… e tutte contro sé stessa.
Cerca di ricomporsi subito perché quando i passi pesanti di Radish alle proprie spalle e di slancio si accuccia sul divano scuro.
«Si può sapere che cazzo ti prende?!» Per la prima volta in assoluto, Sherry prova una certa paura nell’averlo vicino. Sa di cosa è capace, sa cos’ha fatto nella sua vita e niente gli vieterebbe di fare altrettanto a lei. In fondo cosa o chi lo fermerebbe? I suoi amici che motivo avrebbero di impedirgli di fare del male a una come lei, ad un mostro?
Istintivamente si spinge maggiormente contro lo schienale del divano e stringe le gambe tra loro, tenendo le ginocchia contro il petto. Malgrado le risulti difficile respirare, si sforza con ogni fibra del suo essere per tenere in piedi la sua solita facciata.
«Niente, voglio solo dormire.»
Radish, troppo offeso e furioso, non si accorge neanche della nota di paura nella sua voce. Ed è un bene, perché sennò si sentirebbe mortalmente offeso nel capire che ha paura di lui, che pensa che potrebbe torcerle anche solo un capello. Le ha dato così tante volte la prova che non ha alcuna intenzione di farle male, che la rispetta troppo per fare ciò che teme, che finirebbe con il frantumarlo dentro. Non glielo darebbe a vedere, certo, ma succederebbe.
«Sei insopportabile, davvero! Una rompicoglioni insopportabile con una valanga di problemi! E sei pure una povera illusa se pensi di poterli rovesciare su di me! Per quanto mi riguarda sei solo uno stupido passatempo, non sei niente più di questo! E io sono un coglione perché malgrado tutto ti permetto di trascinarmi in un cazzo di luna park, a vedere bestie stupide e, soprattutto, perché non ti butto fuori da casa mia a calci solo perché hai un bel culo!» Sherry sa che non lo pensa davvero. Il suo cuore parla molto chiaramente. Ma, Dio, le sue parole riescono comunque a ferirla più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. «Fanculo! Vattene pure nel letto, non ho alcuna voglia di restare chiuso qui dentro.»
Rimane ferma sul divano mentre una lacrima, solo una e già di troppo, le scende lungo la guancia. L’asciuga velocemente e si prende il viso tra le mani per calmarsi, imponendosi di respirare. Per quanto le sue parole le abbiano fatto male, non vuole che la lasci lì. Non vuole che si allontani da lei, non vuole perdere l’unica persona sulla faccia della Terra che la fa sentire così stranamente viva.
Si alza senza far rumore e s’incammina in punta di piedi verso la porta. Sbircia con un solo occhio all’interno, rimanendo ben nascosta dietro lo stipite, e lo vede infilarsi una maglia in fretta e furia. Ed è furioso. E amareggiato. E triste. Lo sente dall’odore che emana la sua pelle. Se così non fosse, lo saprebbe perché lo conosce. Gli ha detto più volte che non ha niente da invidiare al fratello o a Vegeta, che non deve logorarsi tanto perché loro hanno raggiunto prima di lui determinati risultati nella vita. Gli ha detto che questo suo senso d’inferiorità, che lui comunque nega fermamente, non lo aiuterà nella vita. Ma la verità, è che questa volta il suo senso d’inferiorità non c’entra nulla: Radish si sente davvero troppo preso in giro da Sherry, una donna che sa ogni più intima cosa sul suo conto e che adesso non vuole rivelargli ciò che, almeno secondo lui, è una stronzata.
Quando il Saiyan alza lo sguardo su di lei, Sherry sente le gambe cederle per un istante. Per un attimo pensa di indietreggiare quando lo vede incamminarsi verso la porta, ma alla fine non si smuove. Rimane ferma, la guancia ancora premuta contro il legno dello stipite, e si ritrova a trattenere il fiato quando lo sente aprire la porta.
«Radish, per favore…»
Rimangono immobili, dandosi le spalle, respirando appena per non far troppo rumore.
Non è solo il fatto di averlo chiesto con quel tono supplichevole ad averlo bloccato, quanto il fatto che, forse per la prima volta, l’ha chiamato per nome.
«Non possiamo andare oltre, ok? Non finché non riusciamo a capire.» Le sue parole escono flebili dalle sue labbra, ma Radish riesce comunque a sentirle. Si volta appena per provare a capire cosa le passi per la testa e cosa voglia dire con una frase del genere, trovandola ancora con il viso rivolto contro il muro. «Il fatto che ti esponga il collo è grave, e il fatto che lo faccia involontariamente aggrava solo la cosa.»
«Perché? Che significa?»
Non vuole dirglielo. Davvero non vuole, perché dirlo a voce alta renderebbe tutto troppo reale. Ma quando lo sente sbuffare per l’esasperazione e afferrare di nuovo il pomello della porta, si trova costretta ad ammetterlo: «È come il ciottolo per i pinguini…»
Ora è Radish quello paralizzato, incapace di parlare o anche solo di ragionare lucidamente. Lei…
Si sforza di voltarsi per guardarla in faccia, trovandola con le mani a nasconderle il volto e le spalle scosse da silenziosi singhiozzi. Lei mi…
Contro ogni logica, si dirige verso il divano per recuperare il cuscino caduto a terra. Se lo rigira tra le mani e, con passo incerto, le si avvicina. Lei vorrebbe…
Alzando gli occhi, indeciso su cosa potrebbe mai dirle poiché decisamente impreparato, vede la scimmietta rosa abbandonata vicino alla finestra. Se l’era portata dietro tutto il giorno e l’aveva portata pure a casa sua per non separarsene.

 

si volta di tre quarti e lo guarda dritto negli occhi, facendo poi una cosa che un poco lo spiazza: prende la scimmietta e le dà un sonoro bacio sul muso, tenendola ben stretta tra le mani.
«Mi piacciono le scimmie.»

 

«Anche i Saiyan usano mordere durante il sesso per… sancire l’unione, se vogliamo metterla così…» Non sa perché glielo ha detto. In fondo, una simile affermazione non può certo migliore una situazione del genere. Ma, forse forse, neanche peggiorarla troppo.
Le stringe piano un polso e se la tira dietro, non sorprendendosi nel sentirla opporre resistenza.
Prima che possa dirgli qualcosa, una qualsiasi cosa che possa scatenare un’altra stupida disputa, la zittisce: «Fidati di me.»
Senza dover aggiungere altro, rientrano in camera. La lascia ambientarsi, le lascia il suo spazio e non si sorprende nel vedere che si mette su un fianco e dargli le spalle, ma per la prima volta il silenzio che si crea tra loro è assordante ed insopportabile per lui, motivo per cui decide, finalmente, di provare a sdrammatizzare come al solito: «E così mi proponi da settimane di diventare il tuo compagno, eh?»
La sente ridacchiare appena mentre tira su col naso, e le sorride bonariamente quando si volta verso di lui. Lo guarda quasi con riconoscenza e subito capisce che non ha avuto una reazione tanto esagerata esclusivamente per il significato del gesto in sé, quanto per la paura di allontanarlo una volta che l’avesse scoperto. E ha fatto bene ad avere paura, perché per un attimo aveva preso in considerazione l’idea di farlo.
«Dovresti solo ringraziare ogni divinità esistente per un cosa del genere: i maschi della mia specie ucciderebbero per avermi.»
«I maschi della tua specie sono dei dementi.»
«Stronzo.»
È questo, però, il motivo per cui non l’ha fatto: non trova divertenti i battibecchi con gli altri e, fatto ancora più importante, fare pace non lo fa star così bene. Senza contare che ad un tipo come Crilin staccherebbe la testa con un pugno se provasse ad accucciarsi contro il suo petto in cerca di protezione come sta facendo adesso Sherry.
La lascia sistemarsi, si gode la sensazione delle sue dita fredde che gli carezzano il fianco da sotto la maglia e lascia che si assopisca un poco, per poi provare a togliersi un dubbio che, ne è sicuro, pure lei condivide:  «E ora che succede…?»
Sospira forte Sherry. E davvero non sa cosa rispondergli. È estremamente confusa al momento sulla loro “relazione”: come si può essere contemporaneamente qualcosa e niente?
Finché non saprà rispondersi da sola, finché non capirà quanto conta Radish nella sua vita, non potrà dargli una vera risposta: «Che dormiamo…?»
Sospira e lascia cadere la faccenda. Non è il momento. Non dopo tutto ciò che è successo tra loro in meno di ventiquattr’ore, o meglio negli ultimi venti minuti. Col senno di poi, pensa che sia bene se prima ci riflette a sua volta, prima di tornare a discuterne.
Inutile farsi tanti problemi, adesso. Non siamo neanche stati a letto insieme, dannazione! Magari mi sto riempiendo la testa di problemi inutili quando poi a letto non ci troviamo per niente. Sì. Prima il sesso. Senza dubbio. Se non funziona, se ne farà una ragione e andrà ad offrirsi come mogliettina psicotica a qualcun altro. Ecco: problema risolto!
Prima di lasciarsi andare al sonno e di incontrare molto probabilmente quei maledetti pinguini, un ultimo pensiero gli attraversa la mente: La voglio allontanare sul serio?




 

ANGOLO DELL’AUTRICE
Ebbene sì, eccomi di nuovo qui con un nuovo poema (29 pagine ragazzi!).
Dopo lo scorso capitolo mi avete dato un po’ di speranza, così ho deciso di provare a portarla avanti.
Il risultato, com’è evidente, è che questi due poveracci stanno in una situazione a dir poco scomoda, dove entrambi si vogliono ma si trovano frenati.
Sherry si sta rendendo conto che la situazione per lei è tutt’altro che normale, che si sta offrendo ad un uomo che non appartiene alla sua razza (neanche al suo pianeta, se vogliamo dirla tutta) e che lo sta facendo in modo molto serio, come non era mai successo prima. Insomma, è stata fidanzata per anni con River (presto conoscerete anche lui, e non sono sicura che vi piacerà), eppure non le è mai passato per l’anticamera del cervello di offrirsi come sua compagna (sì gente, offrire il collo significa “voglio essere tua/o per sempre!”). Mi preoccuperei anche io!
Radish, dal canto suo, si sente talmente coinvolto in questo strano rapporto che non si sente di forzarla a far niente malgrado voglia portarsela a letto con ogni fibra del suo essere (ed abbia pure capito che forzando la mano la fa cedere velocemente)… e questo lo destabilizza completamente! In fondo è ben consapevole di chi è, di cosa ha fatto nella sua vita, quindi ritrovarsi sottomesso da un qualcosa che neanche capisce è devastante!
Però che si vogliano è ormai più che palese ad entrambi… dovranno solo aspettare un fattore scatenante! (Indovinate un po’ quando ci sarà?)

In ultimo ci tengo a precisare che a me i pinguini non piacciono. Carini eh, ma non sono così adorabili come fanno credere.
Ok, basta. Devo smettere di fare queste sottospecie di orribili riassunti a fine capitolo, sono abbastanza inutili!

Una parte del prossimo capitolo è già pronta… e, Dio!, se mi sono sentita una stronza nello scriverlo! Ma tanto eh… una bruttissima persona come poche altre volte.
Apparirà pure Piccolo. Porello… finisce in mezzo ai casini pure lui!

A presto, un bacione
Kiki 🤙🏼


PS: Tanto per essere chiari (o almeno provarci), in rete ho trovato l’immagine del cavallo più grande del mondo, che misura due metri e dieci al garrese: http://imgbox.com/3Tj7WsyJ
Sherry al garrese è due metri e dodici.
Ve la lascio perché non trovo più la tavola grafica e che non ho soldi per ricomprarla (e neanche lo sbatti di disegnare, in ogni caso), così potete farvi un’idea delle sue dimensioni. (Radish, secondo quanto trovato in rete, è circa 1.90, centimetro più, centimetro meno.)
Anche questo verrà spiegato in seguito, assieme a tante altre cose, ma ci tenevo comunque a metterlo in chiaro dal momento che lei è già stata mostrata.

  
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