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Autore: aurora giacomini    06/02/2020    1 recensioni
ATTENZIONE: Questa è la seconda parte di "Per un Bacio" la storia segue un ordine temporale preciso.
Dal Testo:
"Ciao, Amico Lettore,
Uh? Cos'è quella faccia? Cos'è, ti eri dimenticato di me? Mi spezzi il cuore...
Quanti anni sono passati....? Fammi pensare... è l'Ottobre 2029... nove anni... wow...!
Ah, ora capisco cos'è quell'espressione... pensavi forse che non sarei rimasta ad osservare chi, fra i mille passanti, avrebbe infine raccolto il mio quaderno...?"
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Per un Bacio'
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5

Cosa Devo Capire?

 

 

Che pioggia...!

Forse dovresti sostituire la casetta delle lettere: ho notato che alcune buste sono umide... lo dico per te. Ma forse si sono bagnate quando il postino le ha inserite... vai a sapere tu.

Mi piace la pioggia... mi piace davvero tanto... e a te?

Ad ogni modo, anche quella notte pioveva, slavinava forte.

 

 

Guardo la pioggia cadere. E' davvero bella sotto i lampioni arancio... mi fa stare bene...

Fa un freddo cane, ma di chiudere la finestra neanche a parlarne...! Lo spettro del tanfo mi soffoca...

Voglio aspettare che la notte sia più profonda... sento che è meglio...

Ho il cuore in gola: non importa se il tempo è passato, tanto tempo, una parte di me crede che il Licantropo potrebbe decidere di uccidermi...

Vorrei tanto poter trascorrere il tempo dell'attesa facendomi una doccia... mi sento sporca... come al solito, ormai. Ma, forse, per quanto potrei mai strofinare, il puzzo mi è penetrato fin nel midollo... magari non si toglierà più...

E' stupido, ma, guardando la pioggia che scroscia ritmata sul marciapiede, mi chiedo se... se ad interrompere il suo scrosciare melodico, potessi giungere tu... là sotto e, volgendo lo sguardo in alto, senza timore che le gocce possano ferirti, mi guarderesti... mi urleresti che è tutto okay... che fuori da qui... che fuori da qui ci sarai tu... che sarai mio amico...

Ma tu non verrai... ed io continuerò a pensarti... ad immaginare la tua voce ed il tuo odore, magari anche il tuo calore corporeo...

“Spegnere le luci!” E' la voce del donnone... dunque sono le nove... troppo presto...

Per poco non mi ammazzo per spegnere la luce e buttarmi nel coso che devo chiamare letto... non voglio farla incazzare... il costato duole ancora...

La porta si apre, ma io sono al sicuro... credo.

La porta si richiude, sì, sono al sicuro... credo.

Sei mai stato prigioniero? Non per forza in una galera, non fraintendermi... che poi, anche se ci sei stato, a me cosa importa...? Non potrei giudicarti: sono un'assassina...

No, quello che intendevo non era per forza una prigione fisica... sei mai stato prigioniero delle tue emozioni, delle tue paure... dei tuoi demoni...? Ne hai? Come si chiamano? ... Ti fanno tanta paura? Riesci a combatterli?

Io ne avevo anche prima di diventare un'assassina... erano voci che mi dicevano cose... di fare cose... ma erano voci nella mia testa, non fuori da essa: non sono schizofrenica... mi inducevano a pensare delle cose... cose brutte, socialmente inaccettabili...

Forse tu hai già deciso che sono fuori di testa... e forse hai ragione... ma non sono cattiva... non voglio esserlo.

 

Una campanile lontano, o quasi, rintocca dodici rintocchi... è mezzanotte... è ora...

Non esito, ho esitato abbastanza... recito il testo che, ormai troppi anni fa, ho imparato a memoria... il fatto che sia in Inglese non è un problema: lo parlo perfettamente o quasi.

Te l'ho riporto incompleto, non posso rischiare che ti salti il pallino di evocarlo... non posso indurti a simile tentazione... non voglio metterti in pericolo...

 

“Thou who in the darkness of the world finds rest. Thou who at my call shall rise like the brightest star in the sky... (...) Hear my call, slave of the human voice (...) Hear my call, I command you to show yourself and put your every limb at my service.
(...) In the darkness of the night I call upon you, be my servant, be my hands (...)
Thou who are lord and slave, come to my call (...)”

 

Il 'Thou' è Inglese 'Arcaico', ormai non si usa più (tranne, se non sbaglio, in Scozia e Nord Inghilterra): sostituito dal più comune 'You'.

 

-Tu che nelle tenebre del mondo trovi riposo. Tu che al mio richiamo sorgerai come l'astro più luminoso del cielo... (...) Ascolta il mio richiamo, schiavo della voce umana (...) Ascolta il mio richiamo, ti ordino di mostrarti e mettere al mio servigio ogni tua membra.
(...) Nel buio della notte io ti invoco, sii mio servo, sii le mie mani (...)
Tu che sei signore e schiavo, accorri al mio richiamo (...)-

 

Nel caso tu non parlassi l'Inglese...

 

Tremo, tremo dentro e fuori... sono spaventata ma felice.

I secondi, scanditi dal battito del mio cuore, passano lenti... o così mi sembra...

Ma non succede nulla...

Assolutamente nulla...

Che abbia sbagliato qualcosa?

No! Impossibile...!

La recito una seconda volta, poi una terza... ma, nel mio piccolo spazio vitale, rimango sola...

“Merda!” Lo urlo, incurante delle conseguenze.

Che occorra il libro rosso?

Effettivamente, quando è comparso davanti a me, quella notte, avevo appena aperto il libro...

“Merda!” Ribadisco.

“La tua pronuncia mi fa accapponare la pelle... creatura...”

La saliva mi va di traverso... passeranno diversi secondi prima che io riesca a fermare la tosse e a parlare...

“Sei venuto...” dico, guardando gli occhi, ora blu chiaro, del Licantropo. “Sei davvero qui...!”

“Ti credevo diversa. Migliore di coloro che, loro malgrado, sono in parte passati a miglior vita, ed in parte responsabili della tua detenzione.”

“Non voglio chiederti di uccidere nessuno... non potrei... solo una persona deve morire, e la ucciderò con le mie mani!” Dico, cercando di ignorare il forte sentimento che mi provoca la sua presenza.

“Perché dunque, hai disturbato il mio riposo?” La sua voce non è cambiata di una virgola: sembra ancora che provenga da ovunque e da nessuna parte...

“Scusami...” sono realmente dispiaciuta.

“Parla dunque, creatura.” Mi esorta.

“Vorrei che tu mi facessi uscire da qui...” gli dico.

Lui ride, è una risata assordante e muta, allo stesso tempo. “Devo dunque togliere la vita ad un tuo simile.”

“No! Assolutamente no!” Scuoto la testa con vigore. “Non sarai il mio pugnale... non sarai un mio oggetto... tu non sei un oggetto...!”

Con l'enorme artiglio della mano sinistra si gratta lo spazio fra le grandi e nere orecchie, “non ti comprendo.”

“Potresti, per cortesia, sfondare il muro e farmi evadere?” Gli domando.

Ride di nuovo, “sono lusingato, ma non posso farlo.”

Lusingato?

“Non capisco...” ammetto.

Assume la posa di un bodybuilder, “i miei muscoli possono lacerare qualunque cosa, ma non sono fatto per questo. Io uccido, e poiché ciò che mi chiedi di straziare non è carne...”

Cosa!? NO!

“Non puoi fare un'eccezione?! Poi, lo giuro, non ti disturberò mai più!” Urlo, forse gemo.

“Mi dispiace, creatura. Non si può.” Scuote il testone peloso.

Non sono una persona insistente...

“Non c'è nulla che io possa fare per dissuaderti?”

Ma neppure arrendevole...

“Ordinami di uccidere tutti coloro che potrebbero frenare la tua fuga.” Lo dice come se la richiesta fosse quella di raccogliere dei fiori...

“No.” Non esito neppure un secondo: non posso privare della luce persone che non centrano nulla... persone che hanno una casa e una famiglia da cui tornare. “Non sei un oggetto, ed io non macchierò ancora la mia anima... non fino a quando le mie mani si stringeranno attorno al collo di Alessia...!”

“Non hai ancora capito, non è così?” Mi domanda.

Cosa? Mi sono persa qualcosa?

“Non ho capito...” gli dico.

“Lo vedo.” Mi risponde.

“Cosa devo capire?” Insisto.

“Lo devi capire da te.” Sorride, mostrandomi le enormi fauci bianche.

“Questo non è molto d'aiuto...” lo guardo come una bambina guarda suo padre, magari dopo che le ha detto che deve andare a letto senza cena.

“Fatti aiutare allora. Ma sono certo che puoi trovare la risposta, infondo al cuore o alla mente, come preferisci, già la conosci.”

“Credo sia una di quelle volte che gli indovinelli non mi piacciono...” sussurro.

In risposta, lui ride.

“Posso farti una sola domanda? Poi ti lascerò in pace....”

“Questa cos'era?” Ride di nuovo.

“Sei di buon umore, eh...? Comunque, posso farti un'altra domanda oltre a questa e alla precedente?”

Annuisce, “prego.”

“Tu lo sapevi vero, lo sapevi che ero io... che ero io quella notte di tanti anni fa... perché mi hai lasciata andare?”

I suoi occhioni blu mi scrutano, “volevi vivere.”

“Questa è la risposta?!” Sono allibita.

Annuisce, “lo sappiamo entrambi.”

“Cosa? Che volevo vivere? Come può essere il motivo per la quale ancora respiro?!”

“Sei una strana creatura, lo siamo entrambi.” Sorride ancora.

...sono senza parole...

“Non fare quella faccia, avanti.”

“E quale altra espressione dovrei assumere, di grazia?” Sembra un grugnito, più che la mia voce.

“Non lo so.” Ammette.

“Ecco, appunto...”

“Sei in collera con me, creatura?” Mi domanda, senza lasciare i miei occhi.

“No... è una mia scelta quella di non fare di te un'arma... una mia scelta.”

“Molto bene, allora mi congedo. A mai più rivederci, mi auguro.”

“Te lo auguri...?” Sento una punta di dolore.

“Te lo auguro.” Mi dice.

“Non ti capisco... non mi vuoi uccidere, dunque... non capisco.”

“Sì, capisci.”

No...

“Va bene... addio... ehm...?”

In realtà non va niente bene...

“Non ha importanza, non ricordo il mio nome... è passato troppo tempo.” Mi sorride.

“Mi dispiace...” sussurro.

“Perché mai?” Inclina la testa da un lato.

Mi stringo nelle spalle, “non lo so di preciso... qualcosa mi dice che essere senza avere un nome... boh, sia sbagliato... ma forse è solo un concetto umano... diamo un nome ad ogni cosa, giochiamo a fare Dio...”

“Vedi che le risposte sono già tue?” Mi sorride.

Ne dubito...

“Ti ringrazio comunque...” gli dico.

Scompare un secondo prima che la porta si apra... sono nella merda fino al collo...

“Ho tollerato per diversi minuti il tuo chiacchierio, ma ora basta! Hai svegliato Lorena!” Il donnone ha gli occhi fuori dalle orbite...

Lorena, una signora che quando comincia ad urlare... altro che Arpie...

In effetti, ora la sento pure io...

“Mi scusi...” lo dico anche se so che non mi scuserà.

“Ti pentirai di avermi fatto perdere l'occasione di una notte tranquilla.”

So che me ne pentirò...

“Mi dispiace...” abbasso il capo.

“Ti farò sputare sangue!” Poi mette la testa fuori dalla porta, “taci, maledetto demonio!” Strilla, inveendo contro la povera matta.

Anche Lorena se ne pentirà... probabilmente verrà picchiata fino a perdere conoscenza... come al solito...

Te l'ho detto: non siamo persone... siamo meno che spazzatura...

Forse ti domandi perché io non abbia chiesto al Licantropo di uccidere il donnone... beh, bella domanda. No, seriamente... lui non è una mia proprietà... lui non è un oggetto...

Il colpo mi raggiunge il basso ventre senza che io me ne accorga... non so neppure con cosa mi abbia colpito... cado a terra.

“Hai capito, merdaccia?!” Comincia a colpirmi l'addome con potenti calci.

No... non ho capito, non so di cosa parla...

“Hai...” calcio.

“Capito...” altro calcio.

“Merdaccia?!” Sì, altro calcio.

Svengo pochi secondi dopo.
 

Non capii cosa intendesse il Licantropo e neppure il donnone, ma della seconda, beh, che me ne fregava...?

  
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