Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Sabriel Schermann    08/02/2020    12 recensioni
Leonard si risvegliò all’improvviso con un peso sul petto: il respiro era accelerato, la gola terribilmente secca e il cuore batteva forte come ogni volta che realizzava di aver ceduto al sonno.
Si sedette sul letto, realizzando di avere abbandonato per davvero l’universo onirico per tornare alla realtà.
Non se ne accorse, ma le sue mani erano macchiate di sangue.
[Storia classificata al secondo posto al contest "Sguazziamo tra i generi" indetto da Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Le Strane Avventure del Signor L.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La Casa di Matilde

 

 

 

 

 

 

 

 

Doveva essere ormai notte fonda quando le sue palpebre si spalancarono nelle tenebre.
Potevano parere occhi stanchi a prima vista ma, a un’occhiata più attenta, si sarebbero potute facilmente notare le macchie di sangue presenti nella sclera¹.
Era lo sguardo di chi aveva un grande peso sul cuore, di cui necessitava riscattarsi al più presto.
L. si trascinò macchinosamente fuori dalle lenzuola, oltrepassando il grande specchio presente nella propria stanza.
Non gli importava come apparisse; era sicuro che, in ogni caso, nessuno si sarebbe curato del proprio aspetto.
Era solito strisciare come un fantasma in mezzo alla gente: chi lo conosceva fingeva di non notarlo, soltanto i più incoscienti tendevano ad additarlo con un ghigno.
L. era consapevole di avere una strana reputazione, come gli piaceva pensare; persino suo fratello non perdeva occasione di osservare quanto alcuni suoi comportamenti fossero strambi.

Ma non ci posso fare niente, pensava, in tutta risposta, questi siamo noi.
Con un sorriso maligno stampato in volto, prese la porta e abbandonò la casa, addentrandosi prepotentemente nell’oscurità della notte.
Sul terreno la neve era ormai quasi del tutto sciolta: la brezza gli solleticava il viso, rammentandogli di provenire da una zona marittima, ma fallendo nel distoglierlo dal proprio obiettivo.

Sto arrivando, mia cara, sogghignò rivolto al cielo stellato, finalmente ti restituirò ciò che mi hai regalato.
Il vento gli gettava la chioma dorata sugli occhi, arrossava le sue guance, ma non poteva frenare il passo deciso diretto verso la casa di Matilde.
Non si accorse nemmeno di aver dimenticato di indossare una sopravveste; sapeva che, in quel momento, non era lui a necessitare di protezione.
Dopo svariati minuti di cammino, finalmente scorse la sua meta, al di là della siepe: ancora pochi passi e avrebbe raggiunto la soglia.
I barlumi scintillanti nel cielo illuminavano la strada, insieme alla luce sbiadita proveniente dai lampioni; nella casa, il sonno pareva aver intrappolato nella propria morsa tutti i suoi abitanti.
L. non avrebbe mai voluto essere al loro posto, attanagliato dalla mostruosità dei propri incubi; incosciente, indifeso, trasportato in una dimensione senza spazio e senza tempo, in cui esercitare il proprio controllo sugli eventi era pressoché impossibile.
La porta esterna della villetta in cui abitava Matilde era adornata da una ghirlanda scarlatta, illuminata dalla luce della luna, reduce del Natale appena passato.
«Oh, maledetta!» gridò L. al vento e alle stelle.
«Matilde! Aprimi!» continuò, in preda a un’ira che la ragazza non doveva avergli mai visto indosso.
In verità, quella personalità era una delle sue preferite e, di conseguenza, una di quelle che riusciva a celare meglio.
Nessuno pareva realizzare quanto feroce potesse essere quello strambo ragazzino di un’anonima cittadina di Bloemendaal².
Ma la casa era impregnata di bei sogni e di silenzio.
Una quiete che lui non conosceva e che la sua fobia gli impediva di sperimentare.

Per fortuna la puttana abita in una zona isolata, pensò il ragazzo, in un lampo di lucidità.
La luna pareva essere l’unica testimone di ciò che era sul punto di accadere.
Con la forza di un bovino determinato a uccidere il torero, L. si scagliò contro la porta adornata, verificandone la fragilità sfondandola con la propria stazza.
Il legno si era quasi totalmente schiodato dalle cerniere e l’angolo superiore pendeva pericolosamente verso il basso.
Il colpo non poteva non aver risvegliato la famiglia: un ghigno malvagio si dipinse sulle labbra del giovane quando, all’improvviso, una donna irruppe nell’ingresso.
Nei suoi occhi si poteva scorgere l’esatto opposto di ciò che illuminava quelli del malandrino: terrore quasi allo stato puro, che la fece scivolare con la schiena sul pavimento quando L. estrasse un coltello da cucina da una tasca.
Non aveva idea di quando lo avesse posto lì, ma comunque fosse, pensò di aver fatto la scelta giusta.
«Salutami Lucifero, bambola» ghignò il biondo, estasiato nel vedere una smorfia di morte sul volto della donna.
Le urla gli penetrarono l’udito come tante piccole lame aguzze; gli pareva quasi di sentire la sua anima maledetta abbandonare il corpo.

È inutile gridare, avrebbe voluto sbraitare, nessuno può salvarti dalla fine.
«Non fare del male a mia figlia» aveva mormorato la donna con difficoltà, prima che la vita spirasse completamente da lei.
L. estrasse la lama dalle budella, osservando il liquido vermiglio scorrere via a fiotti dal corpo femminile, dal pugnale, dalla vita.
Lo lambì con passione in tutta la sua interezza: il momento dell’estasi non poteva terminare così presto.
Col volto imbrattato di sangue, come i suoi occhi, non si accorse subito della figura tremante presente sulla soglia del luogo del delitto.
Singhiozzava sommessamente, succhiandosi le dita: l’aguzzino poteva percepire chiaramente il desiderio di soccorrere la madre, stringerla tra le braccia, nel disperato tentativo di riportare la vita nel suo corpo.
Piangeva lacrime amare la sua Matilde, forse consapevole di avere ancora pochi minuti da vivere.
Eppure, la personalità malvagia di L. non era affatto in grado di provare pena innanzi a quella scena: doveva annientarla come meritava, voleva eliminare la sua stirpe come era giusto che accadesse.
L’ira scatenata dai ricordi di quella visione lo accecò: in un balzo gli fu addosso, afferrandola per le spalle, mantenendole la testa reclinata all’indietro.
I gemiti della ragazza si facevano più intensi, il pianto si faceva più disperato.
«Perché mi stai facendo questo, Leo-»
Un grido feroce gli uscì improvvisamente dalla gola.
Non le avrebbe permesso di pronunciare quel nome con la sua bocca sporca, che aveva saggiato tante altre labbra oltre alle sue.
«Matilde merita di morire» decretò la voce apatica del giovane biondo, «Matilde non esiste».
Con un gesto fulmineo, la lama affilata la penetrò nello stomaco, quasi nello stesso punto in cui aveva colpito la madre.
«Voglio prendere anch’io il tuo cuore» sussurrò L. al corpo ormai inanimato della giovane.
Avrebbe voluto ottenere una vendetta più gloriosa: in fondo, se lo meritava.
Avrebbe voluto avere centomila spettatori, pronti ad applaudire il suo gesto di estremo coraggio.
Soprattutto, quel dolore terribile era finalmente stato ripagato.
«Mi avevi promesso che saremmo stati sempre insieme» sbraitò falciando l’aria intorno a sé, «invece hai preferito fare la puttana!» gridò iracondo, la mente offuscata dal sapore amaro di una vendetta senza significato.
Una pozza color granata andò formandosi sotto la veste leggera della giovane donna, macchiando la lunga chioma corvina, aggrovigliata sotto la sua massa corporea.
La quiete aveva avvolto velocemente l’abitazione, rammentando all’unico superstite il luogo isolato in cui si trovava.
Dopotutto, era stato in quella casa tante volte: conosceva bene la pineta circostante, la vista del mare dalle sue finestre.
Persino l’odore delle lenzuola appena lavate gli era rimasto impresso nella memoria.
La personalità di L. stava lentamente cambiando forma, assumendo una piega diversa.
Dopo svariati minuti passati in una condizione simile al trance, una sensazione di angoscia prese a stringergli la carne del petto, impallidendo il suo volto.
Le ginocchia cedettero nella pozza vermiglia; gli occhi, prima iniettati di sangue, cominciarono a stillare enormi lacrime.
Sotto le palpebre, era sicuro che avessero perso ogni sfumatura che li caratterizzava.
«Mia piccola Matilde» strepitò in un grido atroce, privo di qualsiasi sfumatura malvagia.
«Amore mio, che cosa ti è successo?»
Le gocce saline bagnavano ora il volto della donna, a cui il ragazzo si aggrappava, in cerca di consolazione.
«Chi ti ha ferito, Matilde mia?! Ti voglio bene più di ogni altra cosa al mondo!» singhiozzò feroce in faccia alla morte, impossessatasi ormai da un po’ dell’anima dell’amata.

 

˷

 

Leonard si risvegliò all’improvviso con un peso sul petto: il respiro era accelerato, la gola terribilmente secca e il cuore batteva forte, come ogni volta che realizzava di aver ceduto al sonno.
Si sedette sul letto, tastando le coperte con le mani, realizzando di avere abbandonato per davvero l’universo onirico per tornare alla realtà.
Ci mise molto a calmarsi, rischiando di subire un violento attacco d’ansia da un momento all’altro; ogni cellula del proprio corpo era terribilmente scossa da profondi tremiti.
Quando finalmente riuscì a rilassarsi un poco, decise di ingurgitare un tranquillante.
Poteva sopportare quelle grosse pillole scendergli giù per la gola, se questo lo avrebbe aiutato a rimanere sveglio e calmo per più tempo possibile.
Tuttavia, non avrebbe mai sopportato di ingurgitare quei tremendi sonniferi, permettendo volontariamente alle pastiglie di imporgli un sonno costante.
Forse, in questo modo, sarebbe riuscito a scrivere tutta la notte.
L’acqua nel bicchiere, però, quella sera aveva uno strano sapore.
Leonard non se ne accorse, ma le sue mani erano macchiate di sangue.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ Con questo termine si indica la cosiddetta “parte bianca dell’occhio”.

² Bloemendaal è una città situata nell’Olanda Settentrionale, nei Paesi Bassi, in prossimità del mare.


   
 
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Sabriel Schermann