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Autore: Storytime_Love    10/02/2020    1 recensioni
Alec si trasferisce in un nuovo liceo, uguale a tenti altri tranne che per la presenza di un gruppo di ragazzi speciali, la corte dei dorati, guidati da un Re e una Regina. Bellissmo, carismatico, forte e inavvicinabile per Alec Magnus Bane non è un re ma un drago, il suo drago.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Thornvalley High - part 1

Suo padre, Robert Lightwod, era un militare dell'esercito. A causa dei suoi continui spostamenti la famiglia aveva dovuto cambiare città ogni uno, massimo due, anni. Ora finalmente Robert aveva accettato un lavoro d'ufficio e questa volta si erano trasferiti per restare. Non che i sobborghi di Louisville fossero un granché... Sua madre, ormai abituata, aveva organizzato tutto in tempi da record.
Max era iscritto alla scuola elementare, mentre lui, Izzy e Jace erano finiti alla Thornvalley High, i due ragazzi frequentavano il penultimo anno, Isabelle il secondo.

La Thornvalley High School era esattamente uguale a tutte le altre scuole che aveva frequentato. Stessi corridoi dipinti di beige fino a metà altezza, stessi armadietti di metallo grigio-verde, stessi gruppi di ragazzi.
C'erano i popolari: ragazzi sicuri di sé, muscolosi, con la battuta pronte e ragazze magre, sinuose con lunghi capelli ondulati e trucco perfetto in ogni occasione. Le loro feste si tenevano in ville con piscina, girava birra a volontà e a volte anche altro. Suo fratello Jace, biondo, spallato e decisamente avvenente - si era seduto al loro tavolo già il primo giorno, con la spavalderia di chi sa di appartenere e non permette a nessuno di metterlo in dubbio.
C'erano i tipi tosti: giubbotti in pelle, jeans strappati, tatuaggi e motociclette. Sua sorella, a soli quindici anni era già al centro del gruppo. D'altronde era comprensibile, Isabelle, con i suoi lunghi capelli neri, movenze sinuose e commenti taglienti era bellissima. Oggi indossava jeggings neri, stivaletti con un vertiginoso tacco rosso come le sue labbra, top rosso che le lasciava scoperto l'ombelico e l'inseparabile giubbotto nero con le borchie. Loro alternavano locali fumosi con musica tecno sparata a livelli assordanti a Irish pub con biliardo e birra.
Poi c'erano i gruppi alternativi, dark, punk, hippies e i nerd. Cosa facessero per divertirsi, non ne aveva idea.
E infine la gente normale, banale a cui nessuno prestava attenzione. La gente come lui. Che veniva invitata alle feste solo raramente, e solo se conosceva qualcuno.

Appoggiato al muro, accanto alla fila degli armadietti Alec guardava il via vai di studenti, aspettando che suonasse la campanella che poneva fine all'intervallo. Fu allora che li vide passare: l'unico gruppo che altrove non esisteva, la corte dorata. Capeggiati da un re e una regina, la corte dei dorati contava non più di una ventina di membri. Erano ragazzi e ragazze fuori da ogni categoria, con abiti sgargianti ed eccentrici ma sempre provocatori, capelli spesso colorati e più gioielli di quanti se ne potessero contare. Avevano fascino, intelligenza e magnetismo. Da quello che gli avevano raccontato i fratelli, i dorati davano le feste più esclusive nei locali più alla moda, feste a invito, con buttafuori, cocktail dai nomi esotici, dj famosi e ospiti vip. A volte, quando il Re lo decideva, si univano ai divertimenti degli altri gruppi. Arrivavano senza un motivo apparente, la loro sola presenza rendeva una festa comune un evento da raccontare.
Più Alec ne sentiva parlare meno gli interessavano, un altro mondo, un'altra vita, palloni gonfiati che si beavano del loro potere e della loro bellezza. Niente a che fare con lui.

Poi l'aveva visto. Il Re camminava davanti al gruppo, con le braccia sulla spalle di due ragazze che, oggettivamente, dovevano essere fantastiche. Pelle ambrata, occhi allungati resi ancora più penetrati dall'eyeliner e l'ombretto glitterato, il ragazzo indossava un bomber d'oro, aperto davanti che lasciava vedere la camicia nera semitrasparente sbottonata fin quasi alla vita e le innumerevoli collane di varie lunghezze. I pantaloni di pelle nera parevano cuciti addosso, l'acconciatura alla moicana con un ciuffo dorato gli stava una meraviglia. Alec non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, quello non era un re, era un drago: magico, splendente, fiero, misterioso e inavvicinabile. Al solo vederlo sentì una tensione al petto e un imbarazzante calore al basso ventre. Pochi secondi dopo il gruppo era svanito dietro l'angolo e Alec avvertì un inspiegabile senso di perdita.

La sera, a cena, mentre ascoltava Max raccontare dei compagni con cui aveva fatto amicizia e chiedere alla mamma il permesso per andare allo skate park il pomeriggio seguente Alec si trovò, a ripensare al drago. Era bello da mozzare il fiato, il fatto che fosse etero non era un vero problema: era talmente al di fuori della sua portata che era come fantasticare su un divo del cinema.
La sessualità di Alec era un segreto gelosamente custodito, nessuno sapeva che fosse gay, nemmeno Jace. Il ragazzo biondo non era veramente suo fratello: figlio di Stephen Herondale, il miglior amico del padre, i Lightwood lo avevano accolto in casa a tre anni, quando i suoi genitori erano rimasti uccisi in un attentato in Afghanistan. I due ragazzi erano cresciuti insieme e, nonostante le differenze di carattere, erano più uniti di molti fratelli naturali, si dicevano tutto. O quasi. Alec non poteva rischiare di vedere disgusto o compassione negli occhi della persona che stimava di più, dell'unico che gli era sempre accanto, qualsiasi cosa accadesse.

Fu proprio Jace a notare che Alec aveva la testa altrove ma non disse niente, almeno finché non furono soli.
“Allora? Cosa ti è successo? Non ti ho mai visto così distratto”.
Alec avvampò e sviò subito il discorso. Era facile in questo periodo, bastava nominare una certa ragazza dai capelli rossi: “Niente, pensavo al compito di scienze di domani. Tu invece, hai fatto progressi con la tua bella?”
“Clary, si chiama Clary, e non è bella, è stupenda. Dolce, spiritosa, decisa... e sì, oggi abbiamo mangiato insieme. E' un'artista sai? Mi ha fatto vedere alcuni schizzi, sono fantastici”.
“Ma se tu non riconosceresti un Van Gogh da un disegno di Max!” lo prese in giro Alec.
Jace gli tirò un pugno sul braccio e rispose per le rime: “Un'opera d'arte la riconosco sempre, ad esempio Clary... ”
“Sei vomitevolmente stucchevole, me ne vado a letto prima che mi venga il diabete!” rise Alec.

Era stupido, insensato e vagamente inquietante, eppure Alec non riuscì a trattenersi dal controllare in bacheca gli orari dei ragazzi dell'ultimo anno. Che materie poteva frequentare uno così? Sicuramente qualcosa di creativo, magari design. E poi? Inglese era alla seconda ora. Si appoggiò al muro come il giorno prima, mezzo nascosto dalla fila di attaccapanni. Uno stalker, ecco cosa stava diventando. Ma in fondo non gliene importava, doveva rivederlo, almeno per rendersi conto che il ricordo era esagerato, che lo aveva alimentato di fantasia: nessuno poteva essere così pieno di carisma, così... argh!
La corte uscì compatta dall'aula, il drago ancora una volta davanti a tutti, oggi chiacchierava con un ragazzo alto con i riccioli castani, vestito totalmente di verde. Alec si rese conto subito che il suo ricordo non era preciso: il drago era ancora più perfetto di come lo ricordava. Mentre parlava muoveva le mani inanellate come spire di un serpente. Erano il genere di mani che facevano venir voglia di sentirle sul proprio corpo... Alec distolse lo sguardo a forza. E fu un errore tremendo. Il drago aveva smesso di parlare e lo stava fissando, aveva occhi profondi come pozzi d'infinito e Alec voleva solo perdercisi dentro. E morire d'imbarazzo. Il ragazzo più grande sollevò l'angolo della bocca in un mezzo sorriso, gli occhi illuminati di ironia - o era divertimento? - gli fece un piccolo cenno con la testa e passò oltre.
Come si faceva a respirare? Ma in fondo, era davvero necessario?
Quando suonò la seconda campanella, quella che segnalava l'inizio della lezione successiva, Alec era ancora lì impalato, ed era anche in ritardo cosmico per lezione di fisica.

Passò una settimana, Alec si sentiva sempre più stupido, come una ragazzina di prima che corre dietro al suo idolo. Proprio lui, che era sempre prudente, riflessivo, la voce della coscienza di Jace e Izzy, si stava comportando da pazzo. Ma il drago, alias Magnus Bane, era come una droga. Grande Flagello... mai nome era più azzeccato. Ormai Alec aveva memorizzato tutti i suoi corsi e faceva in modo di incrociarlo, casualmente, almeno due o tre volte al giorno.

Spesso Alec passava gli intervalli con Jace e i suoi amici – il fratello lo portava con sé con una tale sicurezza, come se fosse scontato che anche lui sedesse con il gruppo, che nessuno diceva mai niente – ma durante le ore buche preferiva stare da solo. C'era un'aula al terzo piano che veniva usata un po' come magazzino, la mattina era inondata di luce e veramente tranquilla, perfetta per studiare o rilassarsi. Alec aprì la porta e si bloccò. Appoggiato all'unico banco, con una gamba su e l'altra a terra, c'era il drago. Se possibile la luce dietro le spalle lo rendeva ancora più affascinante. Indossava la camicia trasparente del primo giorno con sotto una canottiera con la scritta Sexy in paillettes dorate – come se ci fosse bisogno di ribadirlo! Due orecchini d'argento gli adornavano l'orecchio sinistro e...
“Scusa, io.. non sapevo ci fosse qualcuno... va-vado via subito” balbettò Alec. Fece un passo indietro, andò a sbattere contro la porta e tutti i libri che aveva in mano rovinarono a terra. Sentì le guance tingersi di porpora mentre cercava di raccattare tutti i fogli in meno tempo possibile.
Una risata calda come miele gli fece alzare lo sguardo. Magnus lo guardava, il che era ovvio dopo la figuraccia galattica, ma suo suo viso non c'era traccia di derisione, lo sguardo pareva quasi... dolce.
“Calma Alexander...” La voce era proprio come l'aveva immaginata, leggermente roca, sensuale, avvolgente.
“No io...”
“Sai perché sono qui?”
In effetti era strano: “Dovresti essere a matematica...” Cosa-aveva-appena-detto!? A quanto pare non c'è limite all'idiozia. Aveva praticamente ammesso di seguirlo, spiarlo...
Magnus alzò un sopracciglio e rise di nuovo. Mentre Alec cercava di scusarsi incasinando ancora di più la situazione il ragazzo saltò giù dal banco e gli si avvicinò. Senza staccare gli occhi dai suoi si chinò per mettergli un dito davanti alla sua bocca: “Sssh. Non c'è niente di cui vergognarsi. Non devi mai nascondere quello che sei, quello che vuoi”.
Alec non riusciva a formulare un pensiero coerente, era troppo vicino, troppo. Sentiva l'odore della sua pelle, sandalo, sole e cannella. E lui era ancora in ginocchio per via di quei dannati libri. In ginocchio davanti alla divinità. Quanto si può cadere in basso?
“Mi chiamano il re ma sono...”
“Un drago” sussurrò Alec senza volerlo.
Magnus inclinò la testa di lato e sorrise - serviva un porto d'armi per quel sorriso?: “Raccontami...”
“Io, no... è che sei...” Magico, incredibile, inarrivabile... Cosa poteva dire? Come poteva togliersi da quel pantano senza rendersi completamente ridicolo. Anche se in effetti per quello era tardi. “... unico”.
Magnus gli mise una mano sotto il mento: “Grazie, cucciolo”.
Poi il drago si avvicinò, le labbra sfiorarono le sue, un tocco lieve, veloce, come il battito d'ali di una farfalla.
Un momento dopo, come una creatura mitologica, non c'era più e Alec era solo, in ginocchio in mezzo ai suoi libri, a domandarsi se fosse tutto un sogno. Era incredibile che un ragazzo con cui non aveva mai parlato fosse anche l'unica persona al mondo che lo avesse compreso così completamente. Non c'è niente di cui vergognarsi. Non devi mai nascondere quello che sei

   
 
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