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Autore: Pikky    05/08/2009    0 recensioni
Claudio, diciottenne, ha un dono che gli permette di vedere i morti. Un giorno Beatrice, diciottenne morta in circostanze misteriose che lei stessa non ricorda, si rivolge a lui in cerca di aiuto per poter ricostruire il suo ultimo giorno di vita e poter quindi passare oltre. Claudio, decide di aiutarla, incurante dell’avvertimento dello spirito di sua nonna Agnese, la quale gli dice che quella ragazza gli farà del male. [Fanficion partecipante al concorso 'La Primavera e il Morto' indetto da Eylis sul forum di Efp]
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Uno

 

Rebecca irruppe in camera del fratello senza bussare, esultante.

- Mi hanno dato il foglio rosa! – esclamò, sventolandogli davanti agli occhi il suddetto pezzo di carta.

- Santo cielo, si salvi chi può! D’ora in poi mi barrico in casa, appena prendi in mano una macchina, sappilo. – la prese in giro Claudio, distogliendo lo sguardo dal computer. Rebecca gli lanciò un’occhiataccia, borbottando un insulto a mezza voce, dopodiché si avvicinò alla scrivania, guardandolo con fare implorante.

- Che c’è? – chiese Claudio, con un sospiro.

- Mi porti a fare un giro? – propose quindi Rebecca, speranzosa, facendogli gli occhi dolci.

- Non posso, lo sai. – rispose il fratello, scuotendo la testa.

- Ti prego! – lo implorò Rebecca, giungendo le mani in segno di preghiera.

- No. Leggi bene cosa c’è scritto dietro al foglio rosa. – negò nuovamente Claudio, che stava iniziando a spazientirsi.

- Lo so cosa c’è scritto. – sbottò Rebecca. – Però non intendevo certo che tu mi facessi fare un giro sulla statale o in paese.

- E dove dovrei farti guidare, sentiamo? – chiese il ragazzo esasperato. Proprio non capiva dove la sorella volesse andare a parare.

- Nei boschi. – rispose Rebecca, in tono ovvio.

- Tu sei pazza. – la rimproverò Claudio, scuotendo la testa sconsolato.

- No, voglio solo guidare. – ribatté la sorella.

- E allora perché non chiedi a mamma o a papà, così magari guidi anche in strada? – domandò Claudio, sbuffando.

- Perché adesso non sono a casa, genio! E poi non mi porterebbero a fare un giro neanche se piangessi in cinese! Lo sai che vogliono che prima faccia qualche guida con l’istruttore. – spiegò Rebecca, roteando gli occhi.

- Io non sono l’istruttore, infatti. – borbottò Claudio, sarcastico.

- Dettagli. – commentò la ragazza, agitando una mano. – Allora mi porti a fare questo giro o no?

Il ragazzo acconsentì, arrendendosi. Quando Rebecca si metteva in testa una cosa, dissuaderla dai suoi propositi era difficile, se non addirittura inutile ed impossibile. Sperò almeno che Virginia, l’altra sorella minore, non sarebbe stata tanto insistente quando avesse compiuto i diciotto, di lì a tre anni.

Qualche minuto dopo, quindi, lui e la sorella si trovavano in macchina, diretti alla periferia del paese, dove vi erano i boschi e la campagna. Virginia aveva gentilmente declinato l’invito della sorella a venire con loro, poiché non voleva morire giovane. Non appena aveva preso posto sul veicolo, seppure come passeggera, Rebecca si era letteralmente illuminata, e sul suo viso si era dipinto un ampio sorriso.

- Contenta, ora? – le chiese Claudio, mentre imboccava una strada sterrata.

- Certo! – rispose la sorella, trionfante.

Poco più in là, Claudio si fermò e spense la macchina, dopodiché scese dal veicolo e sedette al posto del passeggero, mentre Rebecca si metteva al posto di guida.

- E ora? – gli chiese, titubante.

- Schiaccia la frizione e gira la chiave. – le ordinò il fratello, pazientemente.

Rebecca eseguì le indicazioni, sentendo che la macchina si metteva in moto.

- Perfetto. – commentò Claudio. – Ora lascia andare lentamente la frizione, mentre contemporaneamente premi leggermente sull’acceleratore.

La ragazza mollò immediatamente la presa sul pedale, dopodiché il motore dell’auto si spense.

- Ecco perché ti avevo detto di lasciarla andare lentamente. – la rimproverò bonariamente il fratello. – Tranquilla, succedeva anche a me le prime volte. Ora rimetti in moto, che riproviamo.

Dopo il quinto tentativo, Rebecca riuscì a non far spegnere la macchina e a farla avanzare addirittura di qualche metro. Entusiasta di ciò, aveva premuto un po’ più forte il piede sull’acceleratore, dopodiché la macchina era scattata velocemente in avanti.

- Rilascia il pedale! – le ordinò Claudio, in preda al panico, mentre con la mano sinistra afferrava il freno a mano, in modo da poterlo azionare in caso di necessità. Rebecca, spaventata, fece quanto le era stato ordinato, così la macchina riprese un’andatura regolare.

- Ora che faccio? – chiese, non sapendo bene come muoversi.

- Vai avanti finché riesci, voglio vedere come te la cavi. Basta che non pigi troppo l’acceleratore, hai visto gli effetti. – le disse il fratello, osservando con occhio vigile le sue azioni.

Rebecca annuì, quindi chiese: - Quando posso passare da una marcia all’altra?

- Quello lo facciamo la prossima volta, mi dispiace. Per ora accontentati di aver imparato come mettere in moto una macchina, il resto lo fai con l’istruttore. Nemmeno io voglio morire giovane. – le rispose Claudio, sperando di cavarsela, almeno per quella sera. Sapeva che la sorella aveva fretta di imparare, ma preferiva che lo facesse poco alla volta. E possibilmente non con lui, che aveva la patente da soli nove mesi.

- Agli ordini. – acconsentì scherzosamente Rebecca, prima di tornare a concentrarsi su ciò che stava facendo. Avanzò ancora per qualche minuto, dopodiché premette il pedale del freno, schiacciò la frizione e spense la macchina, visto che era arrivata davanti ad un cancello.

- Direi che la mia lezione finisce qui. – decretò, voltandosi verso il fratello, il cui sguardo era però fisso sul cancello della villa davanti alla quale erano giunti.

Era una villa abbandonata, che in paese non godeva certo di una bella fama, anzi. Tutti la conoscevano, per sentito dire. Circolavano strane leggende, sul suo conto, ognuna diversa dall’altra: c’era chi la voleva infestata da spiriti maligni, chi come teatro di un orribile omicidio e chi come casa delle streghe.

Pochi avevano l’ardire di avventurarsi fin lì volontariamente. Claudio osservò il cancello arrugginito, notando, sopra ad una sfasciata cassetta delle lettere, una targhetta che recava il nome della villa: Primavera.

Non aveva idea del perché di quel nome, onestamente. Di certo poteva solo stare ad indicare lo splendore di un tempo, non quell’inquietante casa ricoperta di edera che ormai si trovava di fronte.

Era la prima volta che lui e Rebecca capitavano lì, fino a quel momento ne avevano soltanto sentito parlare con timore dagli anziani del paese, compresi i loro nonni.

Claudio non aveva mai creduto a quelle stupide leggende, ma da tre anni a quella parte si era dovuto ricredere su tante cose, per cui non si sarebbe stupito di vedere qualche spirito aleggiare nei dintorni della casa.

Così fu, infatti. Vide una ragazza aggirarsi nel giardino pieno di erbacce, in lontananza. Riconobbe subito la sua natura, ma non tanto per qualche segno particolare; i morti, dopotutto, non erano poi così diversi dai vivi, l’unica differenza era che nessuno poteva vederli e che acquisivano delle nuove capacità, come ad esempio l’essere corporei od incorporei a loro piacimento o il poter scorgere nel futuro, seppure non con precisione. A dispetto di tutto ciò, però, Claudio semplicemente sentiva quando uno spirito si trovava nelle vicinanze, e subito lo individuava.

- Andiamo. – sancì immediatamente, rivolto alla sorella. Non voleva che quella ragazza si accorgesse di loro, ma soprattutto che capisse che lui era in grado di vederla. Purtroppo, era capace di occultare la sua capacità soltanto ai vivi, ma non ai morti, che subito si rendevano conto con chi avevano a che fare. E Claudio non voleva farsi scoprire.

Scese quindi dalla macchina e si sedette nuovamente al posto di guida. Aspettò che la sorella si sedesse di fianco a lui, dopodiché mise in moto la macchina e ingranò la retromarcia per poi fare manovra, visto che voleva andarsene da quel posto al più presto.

 

 

 

Dopo cena, Claudio si diresse in camera propria, con l’intenzione di guardare un po’ di televisione, prima di andare a dormire. Avrebbe potuto svagarsi, dato che non aveva più nulla da studiare.

Da quando due settimane prima aveva conseguito la maturità, infatti, si sentiva sollevato, ma soprattutto più libero: finalmente poteva fare ciò che voleva, senza più avere l’incubo della scuola. Sapeva che la pacchia però sarebbe durata poco, dato che in autunno avrebbe iniziato l’università, ma voleva godersi almeno l’estate.

Si sdraiò sul letto, dopodiché prese il telecomando dal comodino. Fece per accendere il televisore, quando vide apparire sua nonna, all’improvviso. Sussultò, facendo sì che il telecomando gli scivolasse di mano e cadesse sul pavimento con un tonfo sordo.

- Quante volte devo dirti di avvisare, quando arrivi? Mi hai fatto prendere un colpo! – si lamentò, mentre con una mano cercava a tastoni il telecomando. Non si era ancora abituato a quelle improvvise apparizioni, infatti. Preferiva di gran lunga entrare in una stanza e trovare dentro uno spirito.

- Dovresti esserci abituato, ormai. – ribatté Agnese, sorridendo bonariamente.

- Sì, ma questa volta non me l’aspettavo. – ribatté Claudio, con un’alzata di spalle.

Agnese gli sorrise teneramente, soffermandosi un momento ad osservare il nipote: ogni volta si stupiva di quanto crescesse e assumesse man mano le fattezze di un adulto perdendo quelle fanciullesche dell’adolescenza.

Claudio era un ragazzo alto, dal fisico asciutto. I ricciuti capelli biondo cenere gli ricadevano disordinati sulla fronte, nonostante li tenesse abbastanza corti, mentre gli occhi erano neri, proprio come quelli di Agnese. Il nipote, dopotutto, le somigliava molto, più di ogni altra cosa caratterialmente. Non era certo un caso, quindi, se come lei possedeva la capacità di vedere i morti. Non avrebbe mai augurato a nessuno di possedere un dono del genere, tantomeno a suo nipote, per cui era rimasta sorpresa quando tre anni prima si era accorta che il ragazzo era in grado di vederla e aveva quindi deciso di aiutarlo con ogni mezzo.

- Sono qui per avvertirti. – esordì la donna, con un sospiro.

- Dovevo immaginarlo. – borbottò Claudio. Raramente sua nonna gli rivolgeva visite di piacere: il più delle volte, infatti, andava ad avvertirlo di stare alla larga da certi spiriti o di fare attenzione a qualcosa che aveva visto sarebbe accaduto.

- Presto avrai a che fare con lo spirito della ragazza che hai visto oggi a Primavera. Sta’ attento. – gli spiegò Agnese, restando sul vago. D’altronde nemmeno lei sapeva come si sarebbero svolti esattamente i fatti, in futuro. Vedeva soltanto degli elementi, e da essi desumeva tutto.

- Perché? – chiese Claudio, inarcando un sopracciglio. – Mi sembrava innocua.

- Non lo so con certezza. – rispose Agnese, sinceramente. – Però vedo che se entrerai in contatto con lei, non ne trarrai certo un vantaggio, anzi. Ti farà del male.

Claudio era sempre più confuso: perché mai lo spirito di quella ragazza avrebbe dovuto fargli del male? Non ne vedeva alcun motivo, se doveva essere sincero. Di primo acchito, gli era sembrata uno spirito come tanti altri, innocuo, probabilmente ancora legato alla vita terrena, visto che si aggirava nel giardino di quella casa abbandonata da anni. Non gli era sembrata uno spirito maligno come quelli con cui sua nonna gli aveva detto di aver avuto a che fare, nel corso della sua vita. Claudio non ne aveva ancora incontrati di quel genere, fortunatamente.

C’è sempre una prima volta, però, pensò, dubbioso. Scosse la testa, preferendo evitare di farsi troppe domande a cui non avrebbe saputo dare una risposta. Avrebbe ascoltato sua nonna, come sempre.

- Le starò alla larga, allora. – disse docilmente. – Grazie dell’avvertimento.

- Di nulla, tesoro. A presto. – si congedò Agnese, sorridendo, prima di sparire.

Claudio accese la televisione, sospirando: non si sarebbe mai abituato a tutte quelle stranezze, nonostante fossero passati già tre anni.

 

 

 

Non pensava che l’avrebbe rivista così presto. Sussultò, non appena la scorse in giardino: di certo non pensava che l’avrebbe seguito. Fece finta di nulla, quindi si diresse verso il cancello per deporre il sacchetto della spazzatura al di fuori di esso, come i genitori gli avevano ordinato, dato che l’indomani mattina sarebbe passato il netturbino. Stava per rientrare in casa, quando lei parlò.

- Lo so che mi vedi. – gli disse, decisa.

Claudio si fermò, indeciso sul da farsi. La nonna lo aveva avvertito, non poteva certo darle torto e ignorare bellamente il suo consiglio. Se quella ragazza gli avrebbe fatto del male, era meglio starle alla larga. Continuando a far finta di niente, rientrò in casa, diretto in camera propria. Vi entrò, e per poco non cacciò un urlo, ma non si sorprese più di tanto, avendoci ormai fatto il callo: lei era seduta sul letto, a gambe incrociate, ad aspettarlo.

Si chiuse la porta alle spalle, attendendo che il respiro tornasse regolare, dopodiché si voltò verso la ragazza, che ormai non aveva più dubbi sul fatto che lui la potesse vedere.

La osservò attentamente. Ad occhio e croce, doveva avere più o meno la sua età, quando era morta. Era giovane, il viso disteso e privo di rughe lo dimostrava chiaramente. Gli occhi castani erano velati di malinconia, per quanto cercasse di non darlo a vedere e di mostrarsi in pace e rilassata. Se però lo fosse stata realmente, non si sarebbe più trovata nel mondo dei vivi.

- Sì, ti vedo. – ammise perciò Claudio, rassegnato. Ormai non gli restava altra scelta che ascoltare quel che aveva da dirgli, dopodiché avrebbe escogitato un piano per starle alla larga. – Che vuoi? – le chiese quindi. Di solito gli spiriti volevano da lui qualche aiuto, o anche solo una parola di conforto prima di poter passare oltre, visto che la loro permanenza nel mondo dei vivi non era eterna.

- Ti aspettavo. – esordì la ragazza, con un sorriso.

- Eh? – esclamò Claudio, sorpreso. Quella ragazza era davvero strana! Non capiva perché la nonna gli avesse intimato di non darle corda. Onestamente, di primo acchito, non la riteneva uno spirito maligno, anzi.

- Sì, ti aspettavo. – ripeté la ragazza. – Da un po’, a dirla tutta.

- E perché, di grazia? – chiese Claudio, che iniziava a capirci sempre meno, in quella situazione. Tra tutto ciò che gli era capitato in tre anni, non aveva mai assistito a nulla di simile. Mai.

- Ti ho visto. – rispose la ragazza, con un’alzata di spalle.

A quel punto, Claudio si chiarì le idee. Di poco, ma era pur sempre un passo avanti. Evidentemente quella ragazza doveva averlo visto nel suo futuro, per cui non vi era nulla di strano. Restava solo a capire perché l’avesse visto, ma questo probabilmente non lo sapeva nemmeno lei. Era perciò inutile porle domande a riguardo.

- Ho capito. – commentò quindi, sedendosi alla sedia della scrivania. – Posso almeno sapere come ti chiami?

- Beatrice. – rispose lei, sorridendo di nuovo. – Tu sei Claudio, lo so già. – aggiunse quindi, non appena vide che lui stava per proferire parola.

- E questo come fai a saperlo? – chiese il ragazzo, sospettoso, inarcando un sopracciglio.

- È scritto lì. – ridacchiò Beatrice, indicando una targhetta che si trovava proprio sopra al letto e su cui era inciso a chiare lettere il nome del ragazzo.

Claudio arrossì, imbarazzato. – Beh, poteva anche non essere il mio nome, quello. – borbottò, giustificandosi.

Beatrice ridacchiò nuovamente, prima di alzarsi dal letto.

- Ora devo andare. – annunciò. – Dovrai dormire, è tardi.

- Beh, non troppo. – protestò Claudio, dando un’occhiata all’orologio: erano soltanto le dieci, e lui non era più un bambino da un pezzo, ormai.

- Fa niente. – proclamò la ragazza, con un’alzata di spalle. – Vieni a trovarmi domani, a Primavera. – gli ordinò, prima di dargli le spalle.

Claudio non ebbe nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni, che Beatrice era già sparita. Era confuso, indubbiamente. Non sapeva sa dare retta alla nonna, o se doveva fidarsi della ragazza.

Istintivamente, però, era più propenso verso la seconda opzione.

   
 
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