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Autore: Lisaralin    22/02/2020    5 recensioni
"One single master equation, unification of the great and small."
(The Theory of Everything, Ayreon)
L'ambizioso apprendista di Radiant Garden, il Freddo Accademico dell'Organizzazione XIII, lo scienziato in cerca di redenzione. La raccolta definitiva sul personaggio più figo di tutto Kingdom Hearts, nonché vero eroe morale e materiale di Kingdom Hearts III.
[Even/Vexen + apprendisti, Organizzazione XIII, personaggi Disney e Final Fantasy (anche non apparsi nella saga) | Coppie varie e non canoniche]
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Organizzazione XIII, Vexen
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più contesti
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Questa storia partecipa al contest per i dieci anni del XIII Order Forum, ed è ambientata durante Birth by Sleep. In tutto ciò è uscito Re:Mind e non ha sconvolto nulla di quanto avessi già scritto, Bene così.


#163 - Fortune Telling

 

Il castello aveva tutta l’aria di essere disabitato, ma Even sapeva meglio di chiunque altro che le prime impressioni possono ingannare. I suoi occhi allenati avevano colto delle anomalie già dal cortile, prima ancora di varcare l’imponente portone di quercia a doppio battente che conduceva nella sala dello specchio.
“I roseti sono curati, Dilan. Il giardino è in ordine, neanche una foglia secca di troppo sui vialetti. E guarda questo braciere: la cenere è ancora calda.”
“Strano.” Le folte sopracciglia del soldato di Radiant Garden erano congiunte in un arco diffidente. La mano guantata di bianco stringeva saldamente l’impugnatura della lancia mentre gli occhi saettavano da un lato all’altro della stanza, cercando di penetrare oltre le macchie d’ombra negli angoli e intorno ai pesanti tendaggi di velluto ai lati della breve scalinata che conduceva allo specchio. Sembrava la postazione perfetta da cui tendere un agguato.
“Mi aspettavo come minimo un assembramento di guardie. Il vecchio Cristophe ci avrebbe fatto correre fino alla Cascata Inversa con gli zaini carichi di pietre se avessimo permesso a un intruso di entrare così nello studio di Re Ansem.”
Da dietro la sicurezza delle larghe spalle dell’amico, Even valutava l’ambiente. Da una sovrana che tutte le cronache definivano ossessionata dalla bellezza si sarebbe aspettato qualcosa di più raffinato ed elegante. Quell’oscuro mondo di periferia era quanto di più lontano si potesse immaginare dalle piazze lastricate di mosaici di Radiant Garden o dai saloni scintillanti del Regno di Corona . Le pareti e le colonne di pietra ai lati della scalinata erano grigie e spoglie, emanavano freddo e puzzavano di oscurantismo e superstizione. I tendaggi, unico ornamento presente nella sala, erano decorati con motivi di lune e stelle che facevano pensare più al tendone di un cartomante da quattro soldi che alla dimora di una potente adepta della magia.
 “Ricorda che la Regina è una strega. Potrebbe aver disposto altri tipi di difese.”
La paura di finire arrostito da un incantesimo vagante non era l’unico motivo che spronava Even alla massima cautela. Non era semplice, per gli apprendisti di Radiant Garden, ottenere un permesso per visitare altri mondi. Occorreva che diverse condizioni si verificassero simultaneamente: il vecchio De’ Paperoni doveva mettere a disposizione la sua Gummiship, Re Ansem doveva concedere l’autorizzazione, cosa che faceva solamente in presenza di una motivazione scientifica ben documentata, e almeno un membro della guardia reale doveva partecipare alla spedizione per ragioni di sicurezza. 
Even non si capacitava che un vecchio papero taccagno avesse più libertà di movimento delle persone più importanti della città dopo il Re, ma Ansem giustificava la circostanza con l’argomentazione che De’ Paperoni, non essendo un vero e proprio suddito di Radiant Garden, era estraneo alla sua giurisdizione, mentre i suoi apprendisti, al contrario, non potevano e non dovevano ignorare l’importanza di mantenere l’equilibrio tra i mondi e preservare il segreto tra i loro abitanti. Invano Even si era sgolato a furia di proporre la costruzione di una Gummiship che rimanesse permanentemente in dotazione degli abitanti del castello. Il sovrano restava arroccato sulle proprie posizioni, inamovibile come un golem a guardia degli appartamenti del suo padrone.
Se adesso lui e Dilan fossero rimasti feriti o avessero causato un incidente diplomatico con gli autoctoni, si sarebbero potuti dimenticare i viaggi interdimensionali per i successivi dieci anni.
“Se lo Specchio è davvero onnisciente, forse ce lo saprà dire lui” propose Dilan, muovendo un altro paio di passi verso la scalinata. Nessun dardo infuocato sbucò dalle tenebre per trafiggerlo.
Lo specchio era rotondo e di fattura semplice come il resto della stanza, racchiuso in una cornice di bronzo in cui erano rozzamente incisi i simboli dei dodici segni zodiacali. Nella penombra, la superficie di vetro non rifletteva alcuna immagine
Lo zodiaco, rifletté Even assottigliando le labbra. Un archetipo comune a decine di mondi diversi, legato alla divinazione, all’astrologia e alla predizione del futuro. Se mondi che non avevano alcun contatto tra loro presentavano simboli e mitologie comuni, non era forse segno di un passato condiviso, seppur lontano nel tempo? E alla luce di questo, che senso aveva affannarsi per tenere separate realtà che erano nate per essere una sola?
Giunto ai piedi degli scalini, Dilan gonfiò il petto e fece prorompere la sua voce potente fino alla sommità del piedistallo.
“Specchio, fa’ che la mia domanda non sia vana: che fine ha fatto la tua sovrana?”
“Sicuro che occorra parlare in rima?” sussurrò Even.
“Tutti i resoconti che ho letto concordano su questo punto.”
Era stato Dilan a scoprire l’esistenza dell’artefatto magico e a fare richiesta di studiarlo a Re Ansem. Come molte persone con l’hobby della scrittura, il soldato divorava pile di volumi di miti, saghe e leggende, ma era anche abbastanza accorto da rendersi conto che, quando troppe fonti diverse cominciano a citare un certo elemento, dietro alla leggenda deve celarsi necessariamente un brandello di verità. E uno specchio presunto onnisciente era esattamente il tipo di verità in grado di solleticare la curiosità dei due apprendisti.
Anche in questo caso, i resoconti non mentivano. Una fiammata scintillò improvvisa dietro la lastra di vetro, facendo sobbalzare Dilan e Even e accendendo le pareti di bagliori rossastri. Tra le lingue di fuoco si materializzò un volto privo di corpo, una faccia smorta dagli occhi vuoti come quelli di una maschera di teatro. Quando lo spirito dello specchio iniziò a parlare i due apprendisti videro le labbra muoversi, ma la voce sembrava provenire da tutte le direzioni, un’eco incorporea dal timbro piatto e monotono.


Dai prodi nani per i suoi crimini inseguita,
sul fondo di un burrone ha perduto la vita.


“Direi che questo elimina il problema” commentò lo scienziato, facendosi coraggio e poggiando il piede sul primo gradino. Recitata la sua battuta lo spirito rimase in attesa, fluttuando placidamente tra le ombre al di là del vetro. Le fiamme si erano estinte.
“Dicci, è vero che… “ Even si accarezzò il mento con le dita, frugando nel cervello alla ricerca di una rima. “... è vero che sei onnisciente? Che… puoi parlarci del passato, del futuro, e del presente?”


La sapienza perfetta non è che una chimera,
e uno specchio riflette ciò che di fronte gli è posto;
se avete forza di leggere nella vostra anima più nera,
chiedete: e vi sarà risposto.


“Molto… sfuggente.”
“Non puoi aspettarti che uno spirito del genere risponda in maniera diretta, Even.”
L’apprendista sospirò. “Capisci perché preferisco le certezze chiare e univoche della scienza?”
“Eppure sei qui.”
Dilan era salito sul piedistallo, e ora si trovava a pochi centimetri dallo specchio. Allungò una mano e sfiorò la superficie con le punte dei guanti bianchi, ma dall’altro lato del vetro non ci furono cambiamenti. La maschera spettrale continuava a fluttuare, inespressiva.
“E va bene. Proviamo.” Si passò la lancia da una mano all’altra, prendendo tempo. Even lo vide lisciarsi con gesti lenti e metodici le pieghe della divisa, segno che in lui indicava sempre un momento di imbarazzo. Attese in silenzio, tre gradini più sotto.
“Specchio, sii per me… messaggero d’amore. Tornerà, lei che possedeva il mio cuore?”
Stavolta la risposta si fece attendere più a lungo.
“Santo cielo Dilan. Non dirmi che siamo venuti fin qua per questo. Tanto valeva scrivere a La Posta di Rinoa a questo punto, no? Il valore scientifico è più o meno lo stesso.”
“Che male c’è? Non sto mica sprecando uno dei tre desideri di un genio. Dopo avrai tutto il tempo di chiedergli la quadratura del cerchio o anche la teoria del tutto, se lo desideri.” Il tono del soldato era risentito, ma i suoi occhi non si spostarono verso l’amico, rimanendo invece incollati sullo specchio.
Ma era difficile far tacere Even quando si metteva in testa di esprimere tutto il suo disappunto: “Guarda, non ti risponde neanche lo spirito. È andato in panne peggio del DTD quando Braig ci scarica i suoi… “


Giovane e bella, una fanciulla stringi tra le braccia,
ma non per amore, giacché del cuore non v’è traccia.
La scelta della Bestia è tra lei e la rosa,
ma attento: le sue spine ti pungeranno senza posa.


“Mi sta… mi stai dando del maniaco, stupido spirito senza cervello?”
Prevedibilmente, poiché la domanda non era formulata in rima, lo specchio non si degnò di fornire ulteriori risposte.
“Lascia perdere, Dilan.” Even infine era salito sul piedistallo al fianco del soldato. Lentamente gli poggiò una mano sulla spalla, una stretta decisa malgrado le dita sottili. “Non vale il tuo tempo. Non vale la tua preoccupazione. Il passato è passato.”
Dilan stritolava tra le dita l’impugnatura della lancia, e lo scienziato riusciva a immaginare il colore bianco e teso delle nocche anche sotto la stoffa del guanto. Dopo qualche istante, tuttavia, Even sentì i muscoli irrigiditi rilassarsi sotto il suo palmo, e un borbottio riluttante si fece strada tra i denti stretti del soldato fino alle sue orecchie.
“Come consulente fai più schifo della Posta di Rinoa.”
“Ah, dunque stai ammettendo che l’hai provata?”
Iniziò con un lampo divertito negli occhi violetti e un’increspatura lievissima delle labbra. Poi le spalle di Dilan furono scosse da un tremito, e un attimo dopo la sua risata tonante rimbalzava in ogni angolo della piccola stanza immersa nella penombra.
La maschera nello specchio continuava a fluttuare, imperturbabile di fronte all’inedito spettacolo di due amici che ridevano.
“Tocca a te, adesso” disse Dilan una volta ripreso fiato. “Tanto abbiamo capito che risponde un po’ come gli pare. Prendiamola come una seduta dal cartomante.”
“Non uso frequentare indovini, lo sai.”
“Quanto sei noioso. Ci penso io, allora. Rispondi, brutto spirito bavoso: Even sarà mai Re del giardino radioso?”
“Questo è un colpo bassissimo, Dilan.”
Di nuovo, lo spirito rimase in silenzio a lungo prima di proferire il suo oracolo. Visto da vicino era ancora più inquietante: lungo il suo viso cadaverico, dalle sfumature violacee, la bocca svettava come un taglio netto e crudele, oltre il quale si intravedeva solo oscurità. Even trasalì per un attimo quando notò i suoi stessi occhi osservarlo dal riflesso, annegati nel pozzo senza fondo di quelli dello spirito.


Un orgoglio smisurato, un padre assassinato
Due nomi, due vite e due destini
Tre figli senza madre
Quattro è la morte e la rinascita.


“L’abbiamo mandato in tilt. Ora non fa più neanche rima.”
Even sentì un brivido discendergli giù per la nuca, conficcandosi fino al centro delle scapole. La voce dello spirito era neutra, enunciava quei versi criptici con la chiarezza priva di giudizio con cui si dimostra un teorema. Erano palesemente tutte sciocchezze, l’ultimo trucco di una strega morta, l‘ultimo insulto ai suoi nemici prima di venire immolata sul rogo della scienza e del progresso. Eppure, mentre cercava di inumidirsi le labbra improvvisamente aride, si vergognò di aver deriso la reazione di Dilan. Anche l’amico doveva aver visto i propri occhi nella maschera senza corpo, e sentito lo stesso brivido scorrergli gelido lungo la pelle.
Lo spirito, però, non aveva ancora terminato.


Re potrai essere, se lo vorrai
o ospite di un cuore oscuro, più forte che mai.
Tanti inseguiranno la scintilla che agli dèi hai rubato
ma solo tu potrai plasmarne il significato.
Dal fuoco rinascerai come la fenice
di fronte a due strade: la notte crudele o l’alba felice.


Meccanicamente, mentre lo spirito parlava, Even aveva fatto due passi indietro, e solo i riflessi di falco di Dilan lo avevano salvato dal ruzzolare giù dagli scalini.
“Hai ragione tu” mormorò infine, ancora appoggiato al braccio dell’amico. Il suo sguardo continuava a dirigersi verso lo specchio come attratto da una forza magnetica, ma si impose di non guardarlo, certo che vi avrebbe trovato solo la maschera dagli occhi vuoti a farsi beffe di lui. Con notevole fatica, ordinò alle labbra di distendersi in un sorriso noncurante. “È davvero uno iettatore figlio di… “
“A me non è sembrato tanto male.”
“Dici?”
“In pratica ti ha detto che sei padrone del tuo destino. Che puoi essere qualsiasi cosa tu voglia.”
“Un’interpretazione… curiosa.”
Dilan ridacchiò, scrollando le spalle.
“Posso vantarmi di conoscerti meglio di quello stupido specchio. E se c’è qualcuno che può fare grandi cose e costruirsi un destino sfolgorante, quello sei tu, Even."

  
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