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Autore: ToscaSam    23/02/2020    1 recensioni
Ispirato da "I Fisici" di Dürrenmatt.
Ambientato in piena Guerra Fredda: in una clinica psichiatrica sono ricoverati tre strani pazienti. Tutti e tre erano grandi fisici, un tempo. Fra di loro ce n'è uno, Johan Möbius, che ha lavorato tutta la vita per trovare la "formula universale", quella che risolverà ogni domanda sull'universo e sulla fisica. Tutte sciocchezze deliranti di un malato di nervi.
O forse no.
Nel prestigioso sanatorio cominciano ad accadere fatti disturbanti: due infermiere trovate morte sono solo l'inizio della vicenda.
Una storia grottesca, farcita di dark humor e temi filosofici.
Cosa è giusto/sbagliato? Cosa è il bene/il male? Chi sono i buoni/i cattivi?
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prigionia e libertà
 
Fu il turno di Stephien e Ylosovich di essere ammutoliti.
Rimasero coi bicchieri a mezz'aria, le bocche spalancate. Non si aspettavano una confessione così spontanea.
« Santo dio ...» mormorò Stephien rompendo il silenzio.
Ylosovich si alzò, stralunato, con le mani nei capelli: « Migliaia … migliaia di fisici con enormi laboratori di stato cercano di far progredire la scienza, senza riuscire a niente. E lei, lei, la sbriga così, en passant, a tavolino, in un manicomio!».
Stephien cavò dalla tasca della vestaglia un fazzoletto e si asciugò il sudore sulla fronte.
« Lei è sincero?»
« Si, sono sincero» rispose Möbius, ardente: « ho passato dieci anni della mia vita rinchiuso qui. Sapevo che prima o poi sarei riuscito a formulare la teoria di campo unitaria. Avevo bisogno di un luogo fuori dal mondo, un luogo dove lavorare in santa pace. E sa perché? Perché se le mie ricerche finissero nelle mani degli uomini, verrebbero prodotte energie superiori a ogni immaginazione. La bomba atomica? Ah, potrebbe arrossire. Gli uomini non sono pronti. E voi due ne siete la dimostrazione».
Möbius guardò i due colleghi nella scienza e nemici nella politica. Ragionarono un poco sul perché dovessero sentirsi la dimostrazione della non adeguatezza degli uomini a comprendere le potentissime teorie di Möbius, poi parlarono:
« Senta, la filosofia non risolve la vita. Provi a pensarci: nessuno Stato userebbe la formula per produrre gli abomini che lei pronostica» disse Stephien
« Sarebbe solo un pretesto per incutere timore» concluse Ylosovich.
Möbius li continuò a fissare, incredulo e indignato. Si girò il bicchiere fra le dita, poi lo poggiò sul tavolo. Si mise a sedere su una sedia solitaria, davanti ai due:
« Quindi mi state proponendo di eleggere la Russia o gli Stati Uniti a sovrano incontrastato del terrore, che assoggetterà il mondo».
I due scrollarono le spalle: « Ma no, Möbius, la questione è che lei deve tornare libero. Il mondo della scienza non può fare a meno di lei. E per uscire di qui lei deve fare una scelta»
« Io sono soddisfatto del mio destino. Sono libero solo se rimango nel manicomio. Se compissi una scelta, diventerei servo degli USA o della Russia. Dovrei asservire il mio talento a una delle due potenze ed escludere l'altra. La mia scelta di rinchiudermi qui è ponderata: io decido di non scegliere. Pura ricerca, puro godimento della libertà di pensiero senza il timore di creare danni all'umanità».
Stephien e Ylosovich lo guardavano storto. Sembravano vagamente convinti delle ragioni di Möbius, ma le loro motivazioni erano predominanti.
« Ma io non ne sono soddisfatto, e questo è un elemento determinante, non le pare?» scattò Ylosovich, avvicinandosi al tavolo: « con tutto il rispetto per i suoi sentimenti personali, non deve dimenticare che lei è un genio, quindi è un bene pubblico».
Anche Stephien si alzò, alto e dinoccolato, raggiungendo con agilità la posizione di Ylosovich: « Lei, Möbius, è riuscito a penetrare in nuovi settori della fisica. Lei ha il dovere di aprire la porta anche a noi, che non siamo geni. Venga con me, e in un anno la mettiamo in frac, la spediamo a Stoccolma, e lei si prende il Premio Nobel».
« È divertente come i vostri servizi segreti mi abbiano a cuore. È divertente che in questo teatrino voi sembriate alleati, ma che invece siete nemici diretti» notò Möbius.
Möbius credeva di aver fatto un commento spiritoso e non si aspettava la mossa che seguì:
Ylosovich fu rapido a raggiungere il tavolo, Stephien intuì le sue intenzioni e saltò su. In un attimo, i due erano a terra e si strattonavano per raggiungere ognuno la propria pistola.
Möbius arretrò, cadendo dalla sedia, rialzandosi e correndo verso la porta dell'atrio. Era chiusa a chiave.
Quando si voltò, vide che i due si stavano di nuovo puntando le armi a vicenda.
« Mi dispiace che debba finire così» esclamò Stephien, con gli occhi infuocati: « Ma ormai non ci resta che sparare. Möbius non sceglierà mai».
Ylosovich, invece, scoppiò a ridere sinistramente: « Non ci resta che sparare, si, ha ragione, Stephien. Ma sparare … anche su Möbius. Può darsi che sia l'uomo più prezioso del mondo, il fisico più geniale dei nostri tempi. Ma i suoi appunti sono più preziosi di lui. Uccidiamo Möbius e cerchiamo gli appunti. La formula universale ormai è raggiunta, frugheremo la sua stanza e troveremo tutto. Riusciremo a risalire alla formula»
« E allora poi potremo anche venire a patti» commentò tremendo, Stephien.
Le due pistole erano ora puntate sulla fronte di Möbius.
Egli cercò ancora di aprire la porta, invano. I due gli si avvicinarono con le armi puntate. Lui alzò le mani, si schiacciò contro la parete fredda, strizzò gli occhi e ammise:
« Gli appunti … io li ho bruciati».
Aspettò il colpo, il dolore, la morte. Che non venne.
Le pistole erano ancora sulla sua fronte.
Le facce dietro esse ricordavano l'opera del Caravaggio: la testa mozzata di Medusa.
« Bruciati?»
« Si! Il giorno dopo la morte della mia adorata Martha. L'ho fatto per prudenza! Temevo che la polizia mi perquisisse! La formula esiste solo nella mia testa, ormai».
Un rivolo freddo scese dalla fronte di Johan Möbius e scivolò nel collo, fin sulla schiena. Rabbrividì. Era la verità e non poteva far nulla per cambiarla.
Lentamente, i due abbassarono le pistole.
« Lei ha bruciato … ha bruciato dieci anni di lavoro!» Urlò Stephien fuori di sé.
« Ma è pazzo?!» gridò Ylosovich.
Il silenzio che seguì la domanda fu rotto da uno scroscio di risate, da parte di tutti e tre.
Risero, risero fino alle lacrime, fino a sentire il mal di pancia.
« Pazzi qui lo siamo tutti, ufficialmente» concluse Stephien, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
Quando tacquero di nuovo, il salotto stava ormai cominciando a illuminarsi dei colori arancio dell'imbrunire. Il tavolo, i bicchieri di vetro, il candelabro d'argento, le poltrone e i divanetti risplendevano tutti di un rossore aranciato e sonnolento.
« Sentite» disse Möbius, andandosi a sedere: « Noi tre siamo dei fisici. Provate a ragionare in maniera logica: io non posso accettare né l'uno né l'altro “invito”. Le mie scoperte sono troppo, troppo pericolose per il genere umano. Mi ucciderei, piuttosto che scegliere un Paese cui consegnare queste formule. Perché non restate qui? Siete dei fisici, prima che delle spie. Potremo ragionare in santa pace. Potremo pensare per il gusto stesso di farlo. Pensiero fine al pensiero. Pura teoria. Il livello più nobile della nostra arte».
Gli brillavano gli occhi.
Li stava implorando.
« Beh» convenne Stephien: « prima o poi la guardia si abbasserà. Vedranno che siamo innocui e magari noi due potremo scappare».
Ylosovich invece aveva un tono sommesso: « E poi che faresti? A me è stato chiaramente detto che una spia che fallisce la missione non viene salvata, né perdonata. Rimarrei solo in balia di quest'esperienza, ripenserei alla morte di Irene, e finirei per impazzire davvero. Möbius, proverò a rimanere qui con lei. Proverò ancora a convincerla, a pregarla di recarsi con me in Russia. Ma accetto la sua idea di ascesi, la rispetto. E spero di venir convertito alla sua religione».
Alla fine, dopo aver riflettuto, anche Stephien fu dello stesso parere.
Möbius andò loro incontro e tese la mano prima a uno e poi all'altro.
Tre uomini, tre fisici. Un tedesco, cinquantenne, smagrito, con la faccia stanca e le occhiaie pesanti. Un americano, alto e dinoccolato, con occhi vispi da gatto. Un russo, basso e tozzo, baffi e capelli neri, lineamenti duri e appesantiti.
« Vi ringrazio. In nome della minuscola probabilità che l'umanità ha ancora di salvarsi»
« Brindiamo alle nostre infermiere» propose Stephien, notando che della sua bottiglia di Sambuca rimaneva giusto la quantità per un'ultima bevuta di comitiva.
Posarono le pistole di nuovo sotto il tavolo, vi si riunirono e versarono il liquido chiaro dentro i bicchieri.
« A Dorothea Moser» disse Brian Stephien:« mia cara, ti ho dato la morte in cambio del tuo amore. Ora voglio dimostrarmi degno di te».
« A Irene Strauss» disse a sua volta Mitja Ylosovich: « dolce Irene, ti prometto che darò una ragione alla tua morte».
« Alla memoria di Martha Boll» declamò per ultimo Johan Möbius; le pupille dilatate dall'emozione e due microscopiche lacrime scintillanti sulle guance magre: « amore, ho dovuto sacrificarti. I tuoi sentimenti puri benedicano il patto d'amicizia che noi tre fisici abbiamo stretto nel tuo nome».
Bevvero, commossi. Si asciugarono gli occhi e si augurarono la buonanotte.
Si ritirarono ognuno nella propria stanza.
  
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