Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: LilithMichaelis    24/02/2020    1 recensioni
Tu mi ricordi una poesia che non riesco a ricordare
una canzone che non è mai esistita
e un posto in cui non devo essere mai stato.
(Efraim Medina Reyes)
____________________________________
Una raccolta di One shots, senza pretese. Persone diverse, tempi diversi, luoghi diversi, la musica come unico denominatore.
1. Broken - Johnlock
2. No Time To Die - Sherlock Version
3. No Time To Die - John Version
4. The Only - Mystrade
5. I will go to you like the first snow - Mystrade
6. Melted - Eurus
7. All I Want - Johnlock
8. My Flower - Johnlock (angst)
9. Demons - Johnlock
10. Orbit_ - Parentlock
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Song: The Only - Sasha Sloan
Link: https://www.youtube.com/watch?v=Ps8H5iP6ZQ8

I can't be the only one
Who's lonely tonight
I can't be the only one

Mycroft Holmes e Gregory Lestrade. Due uomini così diversi, così lontani l'uno dall'altro.

Il letterale Governo Britannico, un uomo che non possiede assi nella manica: lui è l'asso nella manica. Dotato di una delle menti più eccezionali del pianeta, la cui capacità di osservazione è eguagliata solo da suo fratello minore.
Mycroft Homes, la cui eleganza fa solo da contorno ad un portamento quasi regale. Testa alta, espressione fiera, passo ritmico, cadenzato, lieve, come se camminasse sul palco di un teatro.
Mycroft Holmes, l'uomo di ghiaccio, incapace di provare empzioni. La macchina, il rettile. Colui che ha rinchiuso sua sorella in una fortezza, senza battere ciglio.
L'uomo nero da cui bisogna guardarsi le spalle. L'uomo al centro delle cospirazioni. Il mostro che venderebbe suo fratello per un pugno di dollari.

Il D.I. di Scotland Yard, l'ispettore che lavora al fianco di Sherlock Holmes. Un uomo un po' ingenuo, un po' pigro, senza speranza.
Un uomo buono, un po' innocente, un po' credulone, ma che tratta tutti come fossero figli suoi.
Greg Lestrade, dallo stile sciatto, ma dal sorriso affabile. La giacca aperta, la camicia sgualcita, senza cravatta. Dal passo pesante e l'andatura caracollante, la voce alta e gli abbracci sinceri.
Greg Lestrade, un uomo impegnato, lavoratore, che ha visto fallire il suo matrimonio. Un uomo che ha dovuto subire l'infedeltà della moglie.
L'Ispettore che mette il lavoro prima di tutto.

Due uomini così diversi che è difficile spiegare come abbiano fatto ad incontrarsi. Forse non l'hanno mai fatto.

Due uomini diversi, ma con un aggettivo che li unisce e li accomuna:

Due uomini soli.

Who's drinking 'by myself
Wishing that I was somewhere else

Greg non credeva si sarebbe mai abituato al silenzio del suo appartamento, affittato nel mezzo del divorzio. Non credeva si sarebbe abituato alle decine di scatole di noodles instantanei lasciati sul tavolo, alle ragnatele negli angoli, al cesto straripante di bucato da lavare. Ogni qualvolta Greg tornava a casa, parte di lui sentiva il bisogno di rendere quell'ambiente vivibile, di lavare i piatti lasciati nel lavello, di rifare il letto, eliminare le pieghe dalle lenzuola, sistemare il bucato, spolverare... ma ogni singola volta che varcava la porta di quell'appartamento, si sentiva mortalmente stanco, come se vivere la sua vita lo privasse di ogni energia. La sua schiena si curvava un po', come se trasportasse un peso sulle spalle, come se trasportasse il peso di tutti i suoi problemi.

Greg non si sarebbe mai abituato a quella solitudine così opprimente, a guardare la partita, un thriller, una soap opera, o semplicemente lo schermo spento della TV, seduto sul divano, da solo.
Non si sarebbe mai abituato a bere una birra da solo. Due. Cinque. Quante bastavano per barcollare fino alla camera da letto e svenire, esausto, pronto a concludere la giornata. Da solo.

Non si sarebbe mai abituato a svegliarsi da solo, a prepararsi il caffè, a guardarsi allo specchio - gli occhi arrossati, infossati nelle orbite, la barba da radere, ma che forse potrebbe aspettare un altro giorno, i capelli scompigliati, che tanto nessuno lo avrebbe mai guardato... - a indossare la sua solita allegria, come fosse un cappotto, e cominciare la giornata. Da solo.

Greg Lestrade non si sarebbe mai abituato a essere da solo.

Talkin' to voices in my head
Because at least they're listening
Right here's an easy place to hide
I'll stay in bed and shut the blinds
Don't even know where I would go

«Sto proprio ridotto male. Guarda un po' tu se questo è come devo presentarmi a lavoro...» diceva spesso a se stesso la mattina, dopo una birra di troppo, mentre una lieve emicrania minacciava di accompagnarlo per tutta la giornata. I primi tempi, dopo essersi trasferito, Greg si era ritrovato più volte a raccontare a sua moglie di come Sherlock fosse riuscito a risolvere l'ennesimo caso impossibile con una sola occhiata, o di come i colleghi gli avessero organizzato uno scherzo in ufficio, o di qualunque altro aspetto della sua vita quotidiana, prima di bloccarsi a metà di una frase e realizzare che non c'era nessuno lì ad ascoltarlo.. Parlare con se stesso, però, aiutava, se non altro ad alleviare l'aria opprimente dell'appartamento.

Greg non sapeva dire da quanto era iniziato, ma era da lungo tempo, ormai, che aveva perso l'abitudine di essere gioviale e aperto alle esperienze. Di uscire la sera per una birra con gli amici, di andare a correre la mattina di domenica. Preferiva passare il weekend a letto, a dormire, chiudendo le tapparelle, con la soddisfazione di non dover fingere che andasse tutto bene. Anche perchè, se anche fosse uscito, Greg non aveva un posto dove andare, che non fosse la centrale o Baker Street.

D'altronde, quale bisogno c'è di uscire a divertirsi quando si è da soli?

But I know that there's gotta be somebody out there
There's gotta be somebody somewhere
Who needs company

Per l'ennesima volta, Greg era seduto sul divano, a giocherellare con quel pezzo di carta che gli dava così tanti grattacapi.
Sul foglietto, che gli aveva dato Sherlock, vi erano solo il nome di Mycroft Holmes e il suo indirizzo.
«Prenditi cura di lui, non è forte come sembra» gli aveva detto a Musgrave.
Greg non sapeva da dove iniziare. Aveva già incontrato Mycroft, diverse volte, sotto richiesta del maggiore degli Holmes, specialmente da quando John e Sherlock avevano iniziato a risolvere casi insieme.
Lestrade lo capiva, Mycroft voleva solo assicurarsi che suo fratello fosse al sicuro. Non capiva cosa c'entrasse lui in questa storia, ma mai una volta si era azzardato a lamentarsi: se le informazioni che passava a Mycroft servivano ad aiutarlo a dormire la notte e ad aiutare Sherlock ad essere più sereno, a Greg andava più che bene.
Eppure, nei loro incontri non avevano perso troppo del loro tempo a parlare di loro stessi, se non qualche chiacchiera sul lavoro, i casi da risolvere, i grattacapi per Greg - che in realtà era il più chiacchierone dei due.
Riflettendoci in quell'appartamento, Greg si rese conto di quanto, con il tempo, avesse imparato ad apprezzare quegli appuntamenti, di come si assicurasse di non prendere impegni, di come aspettasse quasi con impazienza l'automobile nera che lo avrebbe prelevato dalla centrale, di come si sentisse sempre un po' più allegro, dopo aver sorseggiato un the al Diogenes o nell'ufficio di Mycroft.

Guardandosi intorno, Greg capì che aveva decisamente bisogno di fare qualcosa che lo allontanasse da quell'ambiente.
Il terrore di essere frainteso da Mycroft, di non sapere come aiutarlo, di ricevere una porta in faccia, era decisamente inferiore al disgusto che provava vivendo in quelle condizioni.
Inoltre, se il minimo amor proprio che gli era rimasto non fosse stato sufficiente a spronarlo, ricordò che Sherlock glielo aveva chiesto come favore personale. Ciò fece cadere ogni tentativo di protesta dell'ispettore che, dopo essersi sistemato alla buona, entrò nella sua automobile:

Destinazione casa di Mycroft Holmes.

And it's comforting to know
I can't be the only one
Whos's lonely tonight
No, I can't be the only

Dall'altra parte della città, il rumore della vita degli abitanti di Londra contrastava con il silenzio innaturale all'interno delle mura di casa Holmes. Dopo Eurus, Mycroft non aveva avuto la forza di uscire, di indossare uno dei suoi pregiati completi e fingere che fosse tutto normale.
Che lui fosse normale.

Anthea aveva provato ad andare a trovarlo, a portargli i documenti di lavoro, a ricordarlo dei suoi appuntamenti, ad assicurarsi che stesse bene, ma Mycroft aveva rifiutato le attenzioni. Si sentiva come vittima della Legge del Contrappasso: la sua punizione per aver recluso sua sorella e averla resa un vero e proprio mostro era l'incapacità di avere contatti con il mondo esterno e con gli uomini che lo abitavano.

Anche Sherlock aveva provato ad assicurarsi che stesse bene. Telefonava spesso, nonostante avesse sempre preferito messaggiare, e restava ad ascoltare il silenzio di Mycroft dall'altra parte della linea, anche per ore.

Nella sua vita era sempre stato abituato a vivere e lavorare da solo, ma era la prima volta che poteva percepire davvero il peso della solitudine cruvargli la schiena e costringerlo a piegarsi.
Quella stessa solitudine che ora lo costringeva a sedersi in una delle lussuose poltrone del suo appartamento, con la testa tra le mani e la mente offuscata dai pensieri, all'interno di una stanza semi-buia, illuminata solo dalla luce dei lampioni accesi per strada.

Fu il suono del campanello a interrompere la catena dei pensieri di Mycroft. Quella distrazione fu prontamente ignorata dall'uomo, convinto che fosse Anthea a disturbarlo per l'ennesima volta.
Il portone d'ingresso si aprì comunque - Anthea possedeva la chiave di scorta - ma i passi lungo il corridoio non erano quelli cadenzati e delicati dei tacchi della sua assistente. Erano, piuttosto, i passi pesanti di un uomo ingobbito, insicuri, strascicati. Il Mycroft vigoroso che era stato avrebbe certamente messo mano all'ombrello, pronto a mettere a frutto gli anni di lezioni di scherma. Il Mycroft del presente, invece, si limitò a registrare l'intrusione, pronto ad accettarne le conseguenze.

Fu la voce dell'intruso a far sollevare la testa a Mycroft, quando udì chiamare il proprio nome nel corridoio. Una voce calda e roca - resa graffiante dal fumo di sigaretta - che Mycroft non aveva difficoltà a riconoscere.
La voce di Gregory Lestrade.

E fu proprio l'ispettore a fare capolino sulla soglia della porta.
«Mycroft? Er... Sherlock mi ha detto di passare... Disturbo? Mi ha dato le chiavi tuo fratello...».
Mycroft restò in silenzio anche dopo che Lestrade ebbe finito di balbettare scuse. Guardò l'uomo a disagio sul posto, con il capo chino, mentre ondeggiava sul posto, bene attento a non oltrepassare la soglia.

«Perchè sei qui Gregory?»
«Sherlock mi ha chiesto di passare a...»
«No, Gregory. Perchè sei qui?»

Greg deglutì una, due volte. Durante tutto il tragitto aveva temuto quella domanda. Non sapeva come iniziare a spiegare quanto fosse logorato dalla solitudine, quanto agognasse la compagnia di qualcuno che potesse capirlo, quanto si fosse sentito sollevato all'idea che ci fosse qualcuno nella sua stessa situazione.
Quanto avesse desiderato la compagnia di Mycroft.

Era la prima volta che lo realizzava coscientemente, ma era vero: non aveva raggiunto l'altra parte della città solo per trovare qualcun altro nella sua stessa situazione. Erano mesi che non usciva di casa per nessuna ragione diversa dal lavoro e le compere per la casa.
Era uscito da quel luogo per Mycroft, perchè desiderava la sua compagnia.

«Ero solo. Sherlock mi ha detto che eri solo anche tu. Volevo dirti che... beh, siamo in due»

One with nobody to call
This city makes me feel so small
A million people in this town
But I could scream without a sound

Mycroft non disse nulla, ma accese un'abat jour posata sul mobile vicino a lui, facendo segno a Gregory di accomodarsi su una poltrona, vicino a lui. Mentre il D.I. prendeva posto, lui si alzò a verdare due drink e, dopo averne porso uno a Lestrade, si avvicinò alla finestra, osservando il mondo fuori.

«Guarda, Gregory, tutta questa gente fuori che vive la sua vita come se non esistessero tristezza, morte, scelte sbagliate. Eppure noi due siamo qui, da soli. È interessante, vero?»

Greg non sapeva come rispondere, mentre guardava la figura di Mycroft Holmes appoggiarsi contro il muro, totalmente rilassato. Era forse una delle prime volte che lo vedeva al di là della postura rigida e del viso inespressivo, e Greg si ritrovò presto a perdersi nei dettagli in genere nascosti: la piega delle labbra di Mycroft, i suoi capelli che, non più costretti dal gel, si arricciavano come quelli del fratello, le braccia scoperte dalle maniche arrotolate della camicia, gli occhi chiari persi ad ammirare la vita oltre il vetro...

Greg deglutì un paio di volte.

Ci volle un enorme sforzo di volontà affinchè Mycroft non si voltasse a fissare L'uomo che sedeva nel suo soggiorno sorseggiando un drink da uno dei suoi bicchieri preferiti. In un'altra vita, forse, loro due sarebbero potuti essere amici, sedendo di fronte in una stanza illuminata, chiacchierando della giornata o di qualunque altra cosa parlassero due amici.
Invece, tra loro due vi era un muro che Mycroft stesso aveva eretto, ma che non aveva idea di come demolire.
Fu proprio per sfuggire a queste considerazioni che il maggiore degli Holmes si concentrò  fissare la vita fuori dalla finestra, mentre un senso di frustrazione lo assaliva. Tante volte, da bambino, si era chiesto perchè lui e i suoi fratelli non potessero vivere una vita normale come tutti gli altri bambini, ma era la prima volta che si poneva la stessa domanda da adulto. Era la prima volta, dopo l'internamento di Eurus, che Mycroft ammetteva a se stesso di soffrire della mancanza di quei sentimenti che tutti gli altri consideravano normali.
Se altra vita gli fosse toccata in sorte, lui e Gregory sarebbero stati in grado di vivere da amici? Mycroft avrebbe avuto la possibilità di vivere Londra come chiunque altro, insieme ai suoi cari? Di amare una persona come se non fosse una debolezza, quanto più un punto di forza? Sua sorella sarebbe stata lo stesso un mostro? Sarebbe stato lui il mostro?
Domande che urlavano nella testa di Mycroft come voci, attaccando ogni spiraglio di vunerabilità, come proiettili pronti a perforargli la carne.
Se altra vita gli fosse toccata in sorte, Mycroft avrebbe capito perchè non riuscisse a guardare l'uomo seduto in poltrona, perchè con lui cercasse di essere sempre al meglio, perchè misurasse le parole, affinchè l'altro non notasse il gelo che gli avvolgeva il cuore.
Se altra vita gli fosse toccata in sorte, lui e Gregory non si sarebbero ritrovati in quell'assurda situazione, a far gara a chi fosse più solo.

Le voci continuavano a susseguirsi nella testa di Mycroft, accavallandosi l'una all'altra, urlando e imprecando, creando una cacofonia che neanche lui fu in grado di sopportare a luingo. Era come un vaso pronto a rompesi, ormai già pieno di crepe e fessure, e fu vedere Gregory lì, seduto a fissarlo, la spinta che gli servì per andare in pezzi.
Lacrime calde gli solcarono il viso, mentre il petto gli veniva stretto da una morsa. I muscoli gli si tesero e il fiato gli si spezzò in gola. La testa girava, mentre perdeva sempre più il controllo di sè.
All'improvviso, scagliò il bicchiere che aveva in mano contro il muro, mandandolo in frantumi, e crollò sulle ginocchia, urlando e singhiozzando.
Il meteo di Londra sembrò imitare il caos che circondava il suo cuore perchè nell'esatto istante in cui il vetro andava in frantumi, un fulmine squarciò il cielo e il temporale colse tutti di sorpresa.

'Cause I know that there's gotta be somebody out there
There's gotta be somebody somewhere
Who needs company
And it's comforting to know
I can't be the only one
Who's lonely tonight
No, I can't be the only

Greg non sapeva come regire alla scena che gli si svolse davanti: Mycroft Holmes, quell'uomo così rigido e posato da sembrare quasi di pietra, era in ginocchio sul pavimento, singhiozzando, dopo aver infranto un bicchiere scagliandolo contro un muro.

Dopo un attimo di shock, Greg si ritrovò a pensare a quante volte si fosse trovato nella stessa situazione, dopo un caso particolarmente violento o, più recentemente, dopo ogni appuntamento dall'avvocato divorzista.
Le parole attacco di panico gli risuonarono in mente con la voce della terapista che lo aveva seguito i primi tempi dopo la richiesta di divorzio.
Greg posò il bicchiere sul primo tavolino disponibile e si lanciò verso Mycroft, ancora riverso a terra.

«Mycroft, hei, Mycroft, guardami» gli disse, afferrandogli le spalle con forza.
«Mycroft, va tutto bene, sei al sicuro, puoi fidarti di me».
Greg si assicurò di avere la completa attenzione di Mycroft, fisando lo sguardo nei suoi occhi.
«Concentrati su di me, va bene? Ascolta la mia voce e respira con me. Sei al sicuro. Concentrati su di me».
Greg seguì il ritmo di respirazioni che la sua terapista gli aveva consigliato di seguire durante un attacco di panico e fece in modo che Mycroft lo imitasse. Mentre Mycroft prendeva il ritmo e il suo respiro si calmava, - e con esso i singhiozzi - Greg iniziò ad allentare la stretta sulle spalle di Mycroft, attento a non lasciarlo mai solo. Non distolse mai lo sguardo dagli occhi di Mycroft finchè non fu sicuro che la situazione fosse sotto controllo.

Preoccupato dal bicchiere ormai in frantumi, Greg fece scorrere le mani dalle spalle lungo le spalle di Mycroft, per arrivare alle mani, che girò delicatamente, alla ricerca di tagli o ferite. Quando non trovò nulla del genere, scaricò un po' della tensione che aveva, rilassando le spalle.

Le mani di Mycroft erano ancora nelle sue e nessuno dei due uomini dava segno di voler cambiare la situazione. Rimasero entrambi sul pavimento, in silenzio, anche dopo che Mycroft ebbe superato il suo attacco di panico.

Era la prima volta in assoluto che Greg vedeva Mycroft comportarsi come un essere umano. Soffrire, piangere, avere paura. Ma Greg si pentì immediatamente delle sue parole: considerare Mycroft "non umano" era come considerarlo un mostro. E non c'erano possibilità che l'uomo che Greg stringeva tra le braccia potesse essere niente di meno che un umano.
Un umano fragile, tormentato, solo, esattamente come lui.

Eppure, sebbene entrambi sentissero il peso della solitudine sulle spalle, Greg non potè fare a meno di ricordare i the condivisi insieme, i sorrisetti che fiorivano sulle labbra di Mycroft dopo le sue battute, - e che prontamente venivano nascosti dall'uomo - i grandi sorrisi che illuminavano il suo stesso viso ogni qualvolta fosse in compagnia del più grande degli Holmes.

La sua mano si mosse prima che la mente realizzasse cosa stava per succedere e, ripercorrendo le braccia di Mycroft fino alle spalle, proseguì per fermarsi sul viso, carezzandogli la guancia e asciugando le lacrime che ancora gli bagnavano la pelle.
Il suo corpo si mosse di propria sponte, ma a quel punto, Greg aveva perso la forza - e forse anche la ragione - per essere in grado di fermarlo. Lentamente, ridusse lo spazio che li separava, avvicinando il volto a quello di Mycroft. Esitò un solo istante, per dargli la possibilità di divincolarsi, se ne avesse avuto voglia.
Mycroft non si divincolò, ma spalancò un po' gli occhi e schiuse leggermente le labbra.
Greg prese coraggio e annullò gli ultimi centimentri che li separavano, posando le labbra su quelle di Mycroft.
Fu un bacio delicato, lieve come le ali di una farfalla, che sapeva di acqua e sale per le lacrime di Mycroft, ma che, allo stesso tempo, aveva la forza di un uragano nel cuore di entrambi gli uomini.
Fu Greg a spezzare il bacio, spaventato dalla possibile reazione di Mycroft, e si allontanò di pochissimi centimetri, riaprendo gli occhi e fissandoli in quelli dell'altro.
La separazione durò meno di un secondo, perchè Mycroft gli si avvicinò di nuovo, baciandolo ancora una volta, portando le mani intorno al suo viso, con la foga di un uomo che vedeva esaudito il suo desiderio.

Si baciarono a lungo, tenendosi stretti, come se non volessero più lasciarsi andare. Si baciarono lì, sul pavimento, perchè il mondo era scomparso. Si baciarono lì, nella penombra, perchè i loro volti erano tutto ciò che necessitavano vedere.

No, I can't be the only one
Who's lonely
No, I can't be the only
The only

Non erano insieme perchè erano da soli. Non erano semplicemente un modo per sconfiggere la noia dell'altro. Erano insieme lì, in quel luogo e in quel momento, perhcè avevano bisogno di essere insieme, ma nessuno dei due lo aveva ancora capito.

Non potevano essere insieme da soli. Potevano essere insieme. E questo gli bastava, mentre si abbracciavano sul pavimento dell soggiorno di Mycroft, guardando il sole spuntare dalle nuvole, in quel silenzio che non era più silenzio, ma che sapeva della placida calma che seguiva una tempesta.

***
Note dell'Autrice:
È stato un parto, letteralmente. Lavoro a questo capitolo da quasi una settimana e, infatti, conta oltre 3000 parole.
Questo capitolo (come gli altri due) è collegato all'universo della mia storia "Saving Greg Lestrade", ma non è assolutamente dipendente dalla storia. Volevo usare l'occasione per espandere un pochino la storia, senza deragliare dalla trama.
Vi auguro una buona lettura e vi invito a lasciarmi pareri, considerazioni e consigli.
Al prossimo capitolo!
Lilith
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: LilithMichaelis