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Autore: sagitta72    27/02/2020    4 recensioni
una presa forte mi causa dolore al braccio e mi giro di scatto:
- ahi... mi fai male!
- Ma che cavolo stai facendo! - i suoi occhi di brace mi guardano irosi e mi mettono paura
Cosa mai starà succedendo ad una ragazza scappata dal suo passato e salvata da qualcuno che però tutto sembra essere, tranne che un cavaliere dalle buone maniere?
Genere: Drammatico, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccola fanficion di soli 3 capitoli nata da un sogno di … 30 secondi? Si sono bastati questi pochi secondi per farmi sognare e rendere “reale” il sogno, continuando poi con la mia fantasia.

Vi auguro una buona lettura

 

 

Capitolo nr 1

Olympia

 

Sono passati 13 anni da quel giorno e mi ritrovo qui con lei a parlare di te, di noi, di come tutto è nato e finito in una sola notte. Mi volto a guardarla qui accanto a me, con gli occhi smeraldini che sprizzano energia e curiosità, voglia di sapere e di conoscere, che io stavolta non le negherò.

  • Era lo stesso mare di oggi. Le stesse nuvole che sovrastavano il cielo, stesso grigio, stessa minaccia di tempesta. Ricordo che in balia delle onde annaspavo verso la riva. Osservavo la spiaggia speranzosa, ma non vi era anima viva. Alzai lo sguardo verso la scogliera, avevo la vista annebbiata, gli occhi mi bruciavano per la salsedine che schizzava tra le onde che disordinate, si scontravano tra loro e cercavano di allontanarmi dalla riva.

  • E papà era quassù che ti ha vista?

  • Non saprei – le sorrido - so solo che giunta sulla riva mi sono abbandonata sulla spiaggia e …

 

Finalmente ho toccato terra, non mi sembra vero, peccato che non riesca però ad alzarmi, non ne ho le forze, mi sento abbandonare, cerco di tenere gli occhi aperti, ma mi è molto difficile, anche se riesco a vedere però da lontano delle figure che stanno arrivando, oppure è una? Non riesco a capire se vedo doppio dallo sfinimento o se avanzano davvero in due. Oddio sono loro. Mi hanno trovata.Ti prego non lasciarti andare, Olympia, stai sveglia, resisti.

Credo di aver dormito per molto tempo, sento i miei muscoli rilassati, ma non trovo ancora le forze per aprire gli occhi, talmente li sento appesantiti. C'è però un piacevole calore accanto, cerco di muovermi appena e riesco a girarmi leggermente andando a sbattere il gomito contro qualcosa di morbido. Oddei, ma dove sono finita? Mi impegno ad aprire gli occhi e la vista sfocata mi permette di vedere al mio fianco destro delle fiamme che ondeggiano e a sinistra la spalliera di un divano, probabilmente. Strizzo gli occhi un paio di volte e finalmente tutto si presenta più chiaro e nitido: sono sdraiata infatti su un divano, sotto una pesante coperta e da dove sentivo arrivare il calore, c'è un camino con della legna che arde. Sospiro, cerco di alzarmi sui gomiti, ma nel farlo tiro giù un po' di coperta e vedo il mio corpo nudo e spaventata mi sdraio nuovamente e con le mani me la tiro su fino al collo, cercando di alzare solo la testa per vedere cosa c'è al di là della spalliera del divano, ma l'unica cosa che riesco ad intravedere è una piccola finestra da dove entra la luce della luna. In quel momento sento un fruscio vicino, mi volto e sobbalzo nel vedere accanto a me un ragazzo, in piedi accanto al divano, immobile, che mi guarda incuriosito e allo stesso tempo scocciato. E ora che faccio? Che vuole? Cosa ha voluto da me? Attendo che parli lui, che faccia una mossa, che dica qualcosa, ma non accade nulla. Si volta, si abbassa a prendere altra legna e la butta sul fuoco per alimentarlo di più, poi vedo che se ne va verso un mobile da dove sento provenire rumori di pentole e piatti. Vorrei dire qualcosa, ma non saprei da dove cominciare, però devo pure capire dove mi trovo e chi è questo giovane. Mi alzo a sedere e prendo il cuscino sistemandomelo dietro la schiena e appoggiarmi meglio, cercando di mantenere ferma la coperta per non farsì che scopra il mio corpo nudo. A tal proposito comincia a farsi dentro di me un brutto pensiero: perchè sono nuda a casa di costui?
L'oggetto del mio pensiero arriva lentamente, portando tra le mani una scodella che poi mi porge fissando sempre i miei occhi che stavolta lo guardano impauriti e non più sorpresi come prima. Afferro lentamente con entrambe le mani la scodella di ceramica che mi viene data e mi porto vicino alle labbra il brodo caldo che mi ha preparato. Non è il massimo del gusto, ma sempre meglio di niente, col freddo e la fame che ho, non posso di certo lamentarmi. Mentre sorseggio, lui se ne va via, ma lo sento dietro di me che si muove, percepisco dal rumore della sedia ed il tintinnio delle posate, che sta mangiando anche lui. Termino il brodo e vorrei alzarmi per andare a portarglielo, ma evidentemente mi ha sentito muovere e sento il rumore della sedia strisciare e lui che mi dice:

  • non ti muovere, vengo io. - ha una voce bassa e dura, imperiosa oserei dire.

  • Grazie – gli dico non appena mi prende dalle mani il piatto – dove mi trovo? - e attendo che lui mi dia una risposta, invece se ne va. Cerco di alzarmi per seguirlo, ma una fitta al costato mi costringe a riappoggiarmi, facendomi gemere e tossire.

  • Stai ferma, non ti muovere o è peggio! - la sua voce tenebrosa mi rabbrividisce e mi blocca all'istante.

  • Cosa mi è successo? - mi stendo nuovamente e mi stringo nella coperta

  • me lo dovresti dire tu – si presenta di nuovo davanti a me, sedendosi sul tavolino e puntando nel mio, il suo sguardo freddo, scrutatore e se posso azzardare anche minaccioso.

  • Non ricordo granchè – sussurro distogliendo gli occhi dai suoi e fissando le fiamme – tranne che cercavo di sopravvivere tra le onde. Mi hai portato tu fin qui?

  • Secondo te? - sospira per la stupida domanda – come ti chiami?

  • Olympia – lo guardo – e tu?

  • Hai ancora freddo? - risponde alzandosi e mettendo ancora legna

  • No, va molto meglio dopo il brodo caldo, a tal proposito volevo ringraziarti, era molto buono.

  • Faceva schifo! - si volta e dalla sua possente altezza mi osserva attentamente

  • mi hai spogliata tu? - gli chiedo, ma lui non risponde – almeno questo posso saperlo? Per favore – lo sento sospirare

  • si – vedo che prende degli abiti da una sedia e li controlla, li riconosco, sono i miei, ma evidentemente sono ancora bagnati perchè avvicina la poltrona di più al fuoco – ma prima di farlo ti ho coperta e poi li ho sfilati da sotto.

  • Sei stato molto gentile, grazie! - non un prego, un figurati, che maleducato! sento gli occhi chiudersi – posso dormire ancora un po'?

  • Fai cosa vuoi, io finisco la cena, sta diventando fredda. - se n'è andato senza più degnarsi di rivolgermi parola.

È pur vero che ho detto che vorrei riposare, ma non riesco a prendere sonno, ho un dolore atroce al costato non appena accenno ad un movimento. Forse è meglio se resto ferma in posizione fetale, mantengo anche di più il caldo avvolto a me. Ora che dormo da qualche ora però devo distendere le gambe, comincio ad essere scomoda in questa posizione, peccato che mentre mi giro una fitta mi fa gemere e svegliare. Apro gli occhi e trovo lui di fronte a me che dorme seduto sulla poltrona, con una coperta addosso e le gambe stese sul tavolino, cerco di fare un altro movimento e un altro gemito involontario esce dalle mie labbra facendolo svegliare di scatto.

  • Scusa, non volevo disturbarti.- temo che ora si arrabbi.

  • Hai ancora male? - mi chiede sorprendentemente con un tono gentile, ma forse è solo assonnato, per questo la sua voce è bassa e calda.

  • un po' – rispondo, lui si alza, va in un'altra stanza e torna

  • metti questo – mi porge un maglione e si volta verso il fuoco abbassandosi e aggiungendo poca legna per manterlo ancora vivo – avvisami quando hai fatto.

  • . - indosso il suo maglione velocemente, mi sta almeno quattro volte, non so quanto è alto, ma visto da sotto sarà almeno un metro e novanta! Senza parlare della sua bellezza, ammetto che è davvero un gran bel ragazzo – ho fatto, grazie!

  • Resta seduta – lui si avvicina e si siede dietro di me, mi alza leggermente il maglione e prima che possa dire qualcosa – è un po' fredda, resisti.

  • Mmmm - mi lamento un secondo al contatto con qualcosa di gelido – cos'è? - chiedo sospirando anche dal male che le piccole spinte contro il dorso mi procuparano

  • un unguento, dovrebbe farti passare questo dolore e questi lividi in qualche giorno.

  • Ti ringrazio. - attendo che mi dica “prego” ma non avviene di nuovo – perchè ho questo forte dolore? Cosa mi sono fatta? Dove mi hai trovata?

  • Svenuta sulla riva … ma credo tu abbia anche sbattuto contro qualche scoglio, questi graffi lo lasciano intendere. - mi abbassa la maglia.

  • Perchè dormi sulla poltrona? - chiedo innocentemente

  • Ma perchè fai così tante domande? - si alza infastidito e depone la crema sul tavolino - dormi, non è ora di discutere

Si sdraia nuovamente sulla poltrona e si volta di schiena, ignorandomi completamente e prendendo sonno, o almeno così sembrerebbe, io a differenza sua ci ho messo più tempo, ma una volta addormentata ho dormito senza più alcun dolore e pensiero, solo sonni agitati, ma che per fortuna non hanno più di tanto interrotto il mio riposo.

Ho trascorso due giorni e due notti su questo divano, con lui sempre a vegliare dalla poltrona, tutto sommato è stato gentile, anche se durante il giorno se ne stava ore e ore fuori, tornando giusto durante i pasti. Il suo unguento ha avuto la sua efficacia, mi sento meglio e ho potuto anche indossare finalmente i miei abiti, coperta di tutto punto e con la possibilità di muovermi liberamente nei momenti in cui il bisongo fisiologico chiamava.
Questa mattina ho voluto sdebitarmi con lui, in fondo senza sapere né chi sono, né perchè ero in mezzo al mare, si è preso cura di me aiutandomi e salvando la mia vita. Sarei potuta essere una persona pericolosa, anche se guardandomi in faccia tutto si vede, tranne il pericolo. Per questo sono scappata, perchè non contavo un cazzo da dove provengo e per usufrire dei miei diritti di donna, potevo solo provvedere a questa soluzione.
Lui è sotto la doccia, sento lo scroscìo dell'acqua appena accennato da dietro la porta. La voglia di spiarlo dal buco mi tenta, insomma, sono pur sempre una ragazzina di 17 anni con gli ormoni in crescita e lui è così … così … straordinariamente bello. Un Adone. Comunque, bando alle ciance e apriamo il frigo, stamattina gli preparo la colazione. Potrei lanciare un urlo che mi becco un eco che mi stordisce, tanto è vuoto e povero di cibaria. Adocchio una confezione di uova e ne prendo un paio, dopodichè controllo in dispensa se c'è della farina e ne trovo un pacchetto quasi alla fine, beh anche così poco basta per ciò che devo preparare. Mi metto all'opera e produco una ventina di pan cake minuscoli, tanto in frigo tengono bene e ne può mangiare per tutta la settimana. Sono intenta a ripulire nel lavandino tutto ciò che c'è da sistemare, quando una presa forte mi causa dolore al braccio e mi giro di scatto:

  • ahi... mi fai male!

  • Ma che cavolo stai facendo! - i suoi occhi di brace mi guardano irosi e mi mettono paura

  • ti ho preparato solo la colazione, volevo sdebitarmi per la tua gentilezza – cerco di riprendere possesso del mio braccio, ma lui non molla – ti prego lasciami, mi fai male

  • tu non devi toccare nulla qui dentro! - avvicina minaccioso il viso al mio – sai quanto ci metto per guadagnarmi il pane quotidiano IO? - e mi molla il braccio, strattonandomi e andandosene via sbattendo la porta.

Mi viene da piangere, anzi meglio che piango almeno mi tolgo questo peso dallo stomaco e quando torna sono pronta ad affrontare le sue ire. Mentre le lacrime mi scendono, riassetto la cucina, riordino il bagno, do una spazzata per terra e passo uno straccio velocemente, dopodichè mentre attendo fuori che tutto si asciughi, avanzo di qualche passo verso la stradina che porta verso il paesaggio sottostante, lo osservo dall'alto, in fondo in questi due giorni non ho messo piede fuori casa. Da quassù è tutto stupendo, le casettine si ammassano nel centro e poi man mano che si esce dal centro abitato, si diramano qua e là. Chissà se lui è andato a lavorare lì. Torno indietro e dalla parte opposta c'è invece il sentiero che porta alla spiaggia, deve essere lì che mi ha trovata, altrimenti non si spiega perchè mi abbia portato qui, semmai mi avesse trovato in una spiaggia vicino al paese, non sarebbe stato meglio in ospedale? Boh... in effetti è tutto molto strano, soprattutto lui, il suo sguardo, la sua voce così ombrosa. Quasi quasi me la svigno, tanto alla fine sto bene, posso continuare il mio viaggio verso il Pireo, così prendo la prima nave che parte verso l'Italia e lì cercherò … “si certo quanto sei cretina! Un paese di cui non conosci la lingua, senza un quattrino ….” a tal proposito corro dentro e mi fiondo verso la giacca, cerco il borsellino e verifico se c'è tutto. Non manca nulla: soldi, documenti, i due ori preziosi che ho di mia madre. Mentre li osservo penso che se fossi in balia di una brutta persona, a quest'ora non dovrebbero esserci più. Sospiro pensando che a 17 anni non è che sia così tanto furba da capire bene le persone, non ho così tanta esperienza.
Un tonfo mi fa sobbalzare, mi volto e mi trovo lui con le mani sui fianchi che mi guarda con un ghigno, mi fa paura:

  • bene – esclama – visto che vuoi tanto aiutarmi, cucinami questi – con la testa indica tre enormi pesci sul tavolo, ecco il rumore sordo che avevo sentito.

  • Mmm – mi avvicino fingendomi sicura di quello che faccio – come vuoi che te li preparo? - cerco di prenderli ma sono tremendamente pesanti tutti insieme, provo a toglierli dall'amo, ma non riesco.

  • Aspetta – con un brusco movimento li toglie tutti insieme e nel farlo sfiora la mia mano, io ho un brivido, lui mi guarda con un sopracciglio inarcato – come li sai fare?

  • In qualunque modo – mento io, ma più che al cartoccio o in padella con un po' di olio, non li ho mai fatti, ma soprattutto come cavolo si puliscono?

  • Beh allora fai tu – ghigna perfido, poi se ne va in bagno dove sento lo scrosciare dell'acqua.

Metto tutto nel lavello, prendo un coltello e comincio a togliere le squame, cercando di ricordarmi come lo faceva mia zia negli ultimi tempi che mia madre se n'era andata e che stavo da lei.
Certo se lui mi vedesse si accorgerebbe che non l'ho mai fatto, mi scivola di continuo e non riesco a raschiare come dovrei. Mi volto verso la porta del bagno e spio se sta uscendo, magari adesso riesco finalmente a svignarmela. Difatti, mollo il pesce sempre controllando la porta, apro la fontana del rubinetto per sciacquare la mani e come mi giro per richiuderla lancio un urlo nel trovarmelo a fianco. Di nuovo quel sopracciglio alzato, mi guarda dalla testa ai piedi e non si scompone.

  • sc... scusa, non ti ho sentito uscire e mi sono ….

  • spaventata? - chiede lui atono

  • si... - aspetto una sua reazione

  • . - lui guarda i pesci e poi guarda me, le labbra serrate e gli occhi fissi nei miei

  • e' da un po' che non cucino del pesce, sono fuori allenamento - mento

  • dammi qua – mi toglie dalle mani e fa tutto lui – ci penso io! Tanto si vede che hai le manine di fata, non hai mai fatto un cazzo nella vita ancora!

  • Senti io ti ringrazio per la tua gentilezza, per avermi salvato la vita, ma …. - cosa gli posso dire? Non ti permettere di trattarmi in questo modo? Lui dalla sua possente altezza mi guarda dritto negli occhi e attende che proseguo – ma non voglio ancora approfittare di te e della tua ospitalità, quindi ti lascio libero e proseguo per la mia strada! - indietreggio di qualche passo - Grazie davvero. Te ne sarò riconoscente a vita. - sorrido impacciata e gentile. Lui mi fissa, si volta e continua a pulire i pesci, senza scomporsi minimamente. A quel punto approfitto della situazione, prendo la giacca, lo saluto e mi avvio verso l'uscio

  • e dimmi …. - io mi blocco – dove staresti andando?

  • Torno a casa.

  • Mmmm … - un pesce lo ha già terminato di pulire e lo mette su di un piatto, poi mentre parla tiene il coltello puntato verso di me, o almeno credo, potrebbe anche darsi che lo mantiene e basta – quale casa? Quella da dove sei scappata? - mi guarda serio e poi torna a pulire il secondo

  • tu cosa … - mi blocco davanti alla porta e non so che dire, lui di spalle continua a fare ciò che avrei dovuto fare io – veramente stavo andando a casa ma … la barca su cui viaggiavo ha naufragato!

  • Già … - il suo tono mi fa capire che non mi crede – Ci sono due uomini che ti stanno cercando al villaggio! - si blocca e si volta osservandomi serio e attendendo una risposta

  • ecco vedi … - il terrore si impadronisce di me, ma cerco di nasconderlo - vado giù allora, non mi avranno visto tornare …. - evidentemente però non riesco a mentire, mi guarda impietosito, anzi no, spazientito - .. com'erano? - chiedo ansiosa

  • Chi sei? Perchè scappi? - molla tutto nel lavandino e con due falcate è di fronte a me – me lo devi visto che ho rischiato nel tenerti qui! - incrocia le braccia al petto - Non mi sembravano tizi molto amichevoli.

  • No. Non lo sono. Vogliono fare di me un oggetto di divertimento. - i miei occhi si riempono di lacrime, cerco di respingerle, ma non riesco, abbasso il volto e mi vergogno da morire

  • . - lui sospira pesantemente, si volta e torno verso la cucina e riprende il lavoro lasciato – puoi restare qui ancora qualche giorno, così pensi bene a dove andare! Intanto loro li ho spediti in un altro posto.

  • Davvero? - mi avvicino a lui rimanendo ad un passo di distanza – sei … sei davvero gentile, grazie.

  • Si però poi devi andartene – cambia tono e diventa più freddo di prima – io ho i cavoli miei da gestire e non posso stare dietro a te!

  • Si si, un paio di giorni e vado via! Lo prometto - poso la giacca e torno a da lui – ti aiuto?

Lui non dice nulla, ma mi passa un pesce sventrato ed io lo sistemo nella teglia insaporendolo con spezie e limone. Non mi parla, non mi guarda, ma almeno so che posso fidarmi di lui. Ha però uno sguardo strano, non capisco a cosa stia pensando, vorrei chiedergli di più su di lui, però ho paura, sembra quasi che anche lui voglia tenere nascosta la sua identità. In effetti non mi spiego come mai viva quassù isolato e lontano da tutto e da tutti.
A tavola però mi sorprende:

  • e quindi tu saresti dovuta essere una prostituta?

  • .. - mi blocco con la forchetta a mezz'aria e lo guardo sorpresa

  • scusami, non volevo essere indelicato – abbassa lo sguardo e riprende a mangiare – beh? - mi aggredisce di nuovo – mangia perchè continui a guardarmi così?

  • Scusami, mi hai solo colto di sorpresa! - addento il pesce e dopo qualche minuto – io ho perso mia madre molto presto e ho vissuto con mia zia! Lei mi ha tenuto con sé fino a qualche settimana fa, poi è morta anche lei e da lì ho scoperto che … - mi blocco e il mio respiro sta tremando

  • non parlare se non vuoi!

  • No te lo devo – lo guardo e lui si è appoggiato allo schienale con le braccia incrociate al petto e mi fissa. Dei che occhi meravigliosi – il giorno che hanno seppellito mia zia, gli amici di famiglia che credevo essere tali, ho scoperto essere i magnacci di lei e di mia madre! Io sono la figlia di una puttana! Ecco cosa sono – mi scende una lacrima e con stizza la asciugo con rabbia – quindi non avevo più nessuno che garantisse la mia incolumità. “sei giovane, sei bella, sei nuova, ti pagheranno molto bene, i tuoi incassi copriranno quelli di tua madre e di tua zia” … io … appena ho potuto, sono scappata …

  • - lui mi osserva, gli occhi si socchiudono leggermente, mi studiano

  • non ho mai fatto nemmeno una volta quel lavoro, lo giuro!

  • Tsk .. a me non interessa – risponde indifferente e strafottente

  • A ME SI! - urlo dalla rabbia, mi alzo di scatto e sto andando fuori

  • ehi datti una calmata – sibila mentre sempre da seduto allunga la mano e mi afferra il braccio bloccandomi – siediti, non voglio che ti veda qualcuno fuori – mi ordina imperioso. Faccio come dice e torno al mio posto.

  • e tu non rispondere così maleducatamente, insomma, ti dico che mi cercano per questo e te ne freghi pure se ho fatto o no ….

  • . - sospira pesantemente, si alza e sparecchia la sua parte – quanti anni hai?

  • Dicassette – mi alzo e sparecchio anche io la mia

  • che figli di puttana! - sussurra, ma io lo sento e da una parte mi rincuora – da dove vieni?

  • Da Evia.

  • E come hai fatto a scappare?

  • Eravamo in barca, mi avevano legato e lasciato nella stiva, io sono riuscita a liberarmi dalle corde, ma ho finto di esserlo ancora, tenendo le braccia dietro la schiena. Ho atteso che qualcuno entrasse per prendere delle cose sperando che lasciassero aperto la botola e così è successo. Per mia fortuna dovevano scaricare sulla scialuppa di un'altra imbarcazione, delle casse, hanno lasciato la botola apert ed io ho fatto la prima cosa che mi è saltata in mente, sono uscita e mi sono buttata in acqua, ho preferito morire piuttosto che diventare quello che volevano loro. Per fortuna eravano vicino alla terra ferma, almeno pensavo fosse un po' più vicina, invece vedevo terra e non la raggiungevo mai. Poi ricordo vagamente quello che ti ho detto quando mi hai trovata.

  • Incosciente - sorride, oddio quanto è bello.

  • Io mi ritengo temeraria – ribatto arrossendo per il suo sguardo, abbasso il mio e comincio a lavare le stoviglie.

  • Beh dai tutto sommato ti è andata bene – risponde mentre le asciuga e le ripone al posto giusto

  • tu invece quanti anni hai? - gli chiedo

  • Vecchio come te – sorride, poi torna serio – non chiedere il mio nome tanto non te lo dico – e se ne va a sistemare altra legna nel camino

  • posso sapere almeno il perchè? - mi avvicino con le mani in tasca nei jeans, ma mi tengo alla larga, lo vedo serrare la mascella e ho paura di aver osato troppo – scappi anche tu? – gli chiedo in un sussurro

  • - sospira, si alza, prende la coperta e poi mi guarda. Si avvicina a due palmi di naso e mi fissa, poi finalmente mi risponde – no. Ma devo restare in incognito. - mi punta un dito sul petto – ti basti sapere questo. - si volta e mentre si incammina verso la stanza – vieni con me. - Faccio come dice e lo seguo entrando in quella che poi è una cameretta arredata molto semplicemente e con un letto ad una piazza – puoi dormire qui, io resto sul divano.

  • Ma posso dormire io sul divano, tanto ci sono abituata e sono stata molto bene in queste due notti – gli sorrido
  • no, sarò anche un essere scontroso, ma so anche essere un cavaliere … a volte – si avvia verso la porta e prima di richiuderla, dandomi sempre le spalle – se vuoi cambiarti per la notte puoi mettere il mio maglione, te l'ho appoggiato lì – indicando la sedia vicino al letto, dopodichè richiude la porta alle sue spalle.


Io però non ho sonno e di guardare le stelle dalla finestra non ne ho alcuna voglia. Scendo dal letto ed esco dalla stanza raggiungendolo sul divano, dove pensavo di trovarlo, ma di lui non c'è l'ombra da nessuna parte. Mi avvicino alla finestra e lo vedo seduto fuori a guardare le stelle: chissà a cosa sta pensando, è sicuramente solo anche lui, altrimenti non mi spiego il significato di vivere quassù isolato e lontano dal mondo: deve avere per forza anche lui qualche scheletro nell'armadio. A differenza di questa mattina, però, non mi sento preoccupata o impaurita, se fosse una cattiva persona o malintenzionata, avrebbe già approfittato di me. Sposto la tendina e vado sul divano, mi raggomitolo nel suo maglione e resto al calduccio davanti al fuoco del camino, è così bella la sensazione che mi dona. Se solo potessi restare sempre qui, al contrario di quanto la sua scontrosità dimostra, io mi sento così protetta e lontana dal marciume da dove sono venuta.

Non so quanto tempo sia passato, so solo che sento due braccia sollevarmi dal divano, apro gli occhi e d'istinto mi abbraccio al suo collo, nascondendo il viso tra i capelli che lo circondano. Delicatamente mi appoggia sul letto, ma io mantengo la stretta, lui resta chinato su di me e mi guarda perplesso e profondamente negli occhi, non gli resisto, non so che cosa mi prende, ma lo attiro a me e lo bacio.

 

  • E poi?

  • E poi … - guardo mia figlia sorridendo – e poi sei piccola, hai solo 12 anni, certe cose non le devi sapere!!!

  • ahahhaa … dai mamma, la storia dei bimbi che nascono sotto il cavolo l'ho dimenticata da un pezzo!

  • La cicogna? - le chiedo speranzosa, ghignandomela sotto i baffi

  • Mamma! - mia figlia mi ammonisce con lo sguardo

  • lo so tesoro – le accarezzo il volto – e poi … niente, quella notte fu l'ultima che lo vidi. Il mattino dopo è uscito e non è più tornato. Non ho mai saputo che cosa gli sia capitato, mi ha solo detto prima di andare via che aveva un appuntamento con una persona... - volgo il mio sguardo altrove, non voglio che le lacrime riprendano a sgorgare, ne ho versate troppe in questi anni, ma ogni volta che penso a lui il mio cuore sanguina – ma non so questa persona se è stata la causa della sua scomparsa … so solo che qualche mese più tardi scoprii di aspettare te!

  • Se fosse tornato, secondo te, mi avrebbe voluta?

  • Certo che sì, tesoro mio – le accarezzo il volto rassicurandola, in fondo quella notte ci siamo amati tanto, l'ho percepito e ne sono sicura.

  • Pensi che gli sia successo qualcosa?

  • Credo di si. L'ho cercato, l'ho aspettato, ma non ha mai fatto ritorno.

  • Chissà che fine ha fatto – chiede mia figlia con aria innocente, volgendo poi lo sguardo verso il mare.

  • già, chissà …

 

Nota dell'Autore

Eggià, chissà che fine avrà fatto!

E soprattutto chi sarà mai?!

Spero vi abbia incuriosito e che abbiate voglia di scoprirlo al prossimo e penultimo capitolo

Grazie.

   
 
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