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Autore: Soul Mancini    28/02/2020    4 recensioni
Frammento dopo frammento, giorno dopo giorno, la vita di Ives scivola via e la sua anima si spegne pian piano. Quell'anima che era così pura e luminosa, ma che come la fiammella di una candela tremola a ogni soffio di vento.
Dai suoi primi giorni di vita, una serie di momenti che l'hanno portato a bucare la sua pelle con l'ultimo, fatale ago.
[Il capitolo "VIII" si è CLASSIFICATO SESTO al contest "November Rain" indetto da MaryLondon e giudicato da Juriaka sul forum di EFP.]
[Il capitolo 'XII - Like a crystal tear' si è CLASSIFICATO SECONDO al contest "This is our place, we make the rules" indetto da mystery_koopa sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Needles'
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VI
 
 
 
 
 
I'm cold, I'm drunk
I just don't care about, care about you
I smoke too much and I just don't care about you
I sing my songs and I just don't care about, care about you
I'm on my stars and I just don't care
[Måneskin – Shit Blvd]
 
 
 
 
 
Spingo piano la porta d’ingresso, che cigola fastidiosamente, e mi intrufolo in casa senza nemmeno accendere la luce. Spero davvero che zia Maura sia a letto e non si accorga di niente, non mi va di sentire una sua ramanzina e soprattutto non posso rischiare che veda i miei occhi.
Capirebbe, e allora sì che rimarrebbe delusa.
È stata una serata epica, come mai prima d’ora. Io e Ethan siamo andati in giro, abbiamo fumato marijuana, abbiamo combinato un sacco di stronzate con gli altri ragazzi del quartiere e alla fine il mio amico è riuscito a recuperare un paio di bottiglie di birra. Non so come abbia fatto, ha solo tredici anni, ma dice che è stato merito di Davi, il suo fratello maggiore.
Io non ho indagato troppo, un po’ perché Davi mi inquieta e un po’ perché Ethan è troppo riservato e non avrebbe senso fargli domande; se vorrà svelarmelo un giorno, lo farà di sua spontanea volontà.
Succede sempre così tra noi.
Muovo qualche passo in corridoio, ma subito la figura corpulenta di zia Maura mi si materializza di fronte. Nonostante la penombra, non mi sfugge la scintilla di rabbia che le attraversa gli occhi mentre mi afferra per la manica della maglietta.
Sono così frastornato che non ho la forza di reagire – forse ho un po’ esagerato stasera – ma mi ricordo di serrare gli occhi per evitare che si accorga di quanto sono rossi.
Cazzo, e se sentisse l’odore dell’erba sui miei vestiti o quello dell’alcol nel mio alito?
“Stavo per chiamare la polizia” ringhia.
So che dietro questo suo fare severo e aggressivo si nasconde un’enorme preoccupazione e allora mi sento un pochino in colpa, ma giusto un po’.
Cerco di scrollarmi le sue mani di dosso e scuoto il capo, lasciando che le mie ciocche corvine e ribelli nascondano il mio viso. “Dai, zia, siamo solo stati in giro e non mi sono reso conto dell’orario…”
“Ives, hai dodici anni ed è l’una di notte! Non voglio assolutamente che tu rimanga là fuori a quest’ora, intesi?”
Sbuffo e cerco di aggirarla, nella speranza che mi lasci in pace. “Buonanotte.”
“No, forse non ci siamo capiti!” Mi riacciuffa e mi costringe a voltarmi, poi mi afferra il mento e mi obbliga a guardarla dritta negli occhi.
Oscurità, ti prego, nascondi i segni dei miei eccessi.
“Non pensare che ora puoi fare quello che ti pare solo perché Maggie è andata a studiare fuori, sono pur sempre tua madre!”
“No, non sei mia madre” le sputo in faccia, sicuro di me come non lo sono mai stato. Può essere che sia l’alcol a disinibirmi in questo modo, ma adesso non ho voglia di pensarci.
Zia Maura mi lascia andare e all’improvviso i suoi occhi si incupiscono.
Finalmente riesco a sfuggirle e corro subito in camera mia, sbattendomi la porta alle spalle. Sì, mi prendo anche questo diritto, perché oggi sono il padrone del mondo, mi sento onnipotente.
Mi sentivo onnipotente con la canna tra le labbra.
Mi sentivo onnipotente col bicchiere tra le dita.
Mi sentivo onnipotente mentre le ragazze strette nei loro abitini ci lanciavano occhiate languide e sognanti.
Finalmente ho trovato un posto dove sentirmi a casa, una famiglia pronta ad accogliermi veramente e chi se ne fotte se zia Maura non approva, non mi può controllare come quando ero piccolo.
Del resto non l’ha mai fatto. Non c’era quando Stan mi picchiava o quando Maggie mi minacciava.
Metto su l’unica audiocassetta dei Clash che possiedo – loro sono gruppo preferito di me ed Ethan – e rovisto nel mio zaino alla ricerca di accendino e sigarette, poi mi dirigo alla finestra e ne accendo una, lasciando cadere la cenere all’esterno. L’aria della sera mi pizzica la pelle e il fumo mi pizzica i polmoni, l’adrenalina comincia a scemare.
Ora sì che sto bene.
Faccio scorrere lo sguardo per la mia stanza, illuminata solo dalla luce leggera della luna, e intravedo la sagoma del basso di Sammy abbandonato ai piedi del letto. Ormai quello strumento è più mio che suo, dato che ce l’ho sempre con me. E poi lui non lo sa suonare, non se ne fa niente.
So cosa farò per il resto della nottata: suonerò. Non c’è modo migliore per concludere una giornata perfetta come questa.
 
 
   
 
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